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Autore: LuLuM    22/07/2022    1 recensioni
One shot di Anna e Marco in un ipotetico ed immaginario spazio tra la 13 e 14 serie, in cui dimostrano di essere veramente diventati una squadra
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sono imperfetto, ma sei perfetta tu per entrambi.
MARCO’S POV
Sono trascorsi ormai più di 8 mesi da quando Anna è partita per la Siria e dovrebbe tornare a Natale, tra meno di 4 mesi. Adesso mi trovo qui con lei, ho trascorso le vacanze estive qui in Siria e, per qualche giorno, sono venuti anche il maresciallo ed Elisa. Ormai ho terminato le mie ferie ma tanto lei sta per tornare, o almeno così pensavo, anzi pensavamo entrambi, fino a qualche giorno fa, quando Valente le ha chiesto di prolungare la sua missione di 5 mesi. Sono un po’ sotto organico e capisco Valente che vuole che Anna termini la missione con lui; è brava la mia Anna e sul lavoro la sa veramente lunga, come su tutto. Per me è semplicemente perfetta.
La proposta di Valente, però, l’ha spiazzata anche perché lei stessa sa bene che non potrà tornare nemmeno a Natale, avendo terminato anche lei i suoi giorni di licenza. Io non posso raggiungerla nei pochi giorni liberi che ho durante le festività perché la Siria non è dietro l’angolo. Per i 5 mesi restanti, purtroppo, potrò solo sperare in qualche giorno di ferie del nuovo anno. Per il resto dovremo avere pazienza e aspettare. Certo, spero di non dover restare senza vedere la mia Anna per un totale di 9 mesi perché sarebbe decisamente troppo. 
Quando lei mi ha raggiunto in hotel, qualche sera fa, aveva il viso spento, triste, come di chi deve confessarti l’inconfessabile, nemmeno fosse colpa sua.
“Basta una tua parola ed io dico di no e, a Natale, faccio le valige e torno definitivamente, come doveva essere fin dall’inizio” mi aveva detto categorica. Poi ancora: “Ho deciso insieme a te di fare questa scelta e con te sceglierò se proseguire per i prossimi 5 mesi o meno”.
Mi si era stretto il cuore nel vederla così. Da una parte, vedevo nei suoi occhi la volontà di restare, di portare a termine la sua missione, il suo senso del dovere, il suo coraggio. Dall’altra, potevo evincere la sua voglia di tornare, di vivere finalmente quella vita normale insieme, di pensare al nostro futuro che, per un anno, avevamo messo in pausa, certi che il nostro amore avrebbe retto e così è stato. Leggevo tutto questo dietro le lacrime non scese che velavano le sue iridi verdi, lacrime che era libera di versare solo in disparte, solo con me. Lacrime che racchiudevano dentro tutta la difficoltà e la pesantezza di stare lì, in una missione che le aprirà un’infinità di porte, un incarico importante come militare. Un militare che, però, è prima di tutto una persona, con le sue debolezze e sofferenze da dover celare a tutti dietro alla divisa del capitano, un simbolo di forza, coraggio e sicurezza.  
Così, la prima cosa che avevo pensato di fare, prima di qualunque altra, era stato abbracciarla stretta, farle poggiare la testa sul mio petto, accarezzarle la testa, dirle con quei gesti che, comunque, io ci sarei stato, qualunque cosa avrebbe scelto poi di fare. Così come le avevo promesso quando doveva decidere se partire o meno.
“Non posso essere io a condizionarti nella tua scelta amore mio perché, se dovessi dare ascolto a ciò che sento e che voglio, ti riporterei a casa con me adesso. Ma quello che ti ho detto quella sera in cui abbiamo affrontato l’argomento della Siria, te lo ripeto ora: qualunque cosa tu deciderai di fare, io ci sarò e 5 mesi alla fine non sono tantissimi”.
“Non sono tantissimi se avessi la prospettiva di poterti vedere almeno a Natale, di non trascorrere queste festività da sola qui o se ci fosse la possibilità che tu mi raggiunga dopo le feste, ad anno nuovo. Invece sai bene che è tutto molto incerto e che potremmo anche dover passare i prossimi 9 mesi lontani ed è l’ultima cosa che vorrei”.
Dopo questo sfogo mi aveva abbracciato stretto e si era lasciata in un pianto liberatorio, per poi dirmi, con rimpianto, che avrebbe fatto meglio a conservarsi un po’ di giorni di licenza, ma non poteva prevedere questo prolungamento improvviso della missione. 
Alla fine Anna ha deciso di portare a termine il suo compito come, in fondo, pensavo. Quella mattina ha voluto che la accompagnassi in caserma e mi ha detto anche: “Spero che quando tornerò non sarai ormai stanco di aspettarmi”.
A quel punto l’avevo baciata di slancio, anche se eravamo davanti alla caserma e lei non aveva opposto nessuna resistenza. Le avevo detto che quel bacio era la mia risposta alla sua frase priva di fondamento e lei mi aveva sorriso come solo lei sa fare.
Ormai sto preparando le valige. Domani pomeriggio ho il volo per tornare in Italia e voglio preparare tutto ora che Anna sta finendo di lavorare perché stasera ceneremo insieme, lei dormirà con me in hotel e domani ha la giornata libera e potremo stare insieme fino alla mia partenza.
ANNA’S POV
Sono in caserma e sto aspettando che finisca il mio turno e per la verità oggi non vedo l’ora di uscire per stare con Marco. Domani pomeriggio avrà il volo per tornare in Italia e per un po’ di mesi non potremo vederci. 
Qualche sera fa, dopo mille dubbi, discorsi e angosce, alla fine ho deciso di restare per altri 5 mesi. Valente mi ha pregato di farlo perché sono sotto organico e la missione è stata prolungata. Non posso dire di essermi pentita di aver accettato: questo lavoro mi piace, è ciò che ho sempre voluto fare e ne sono felice, soprattutto per le possibilità di carriera che mi aprirà poi. Tuttavia, questo periodo extra non era previsto e nemmeno prevedibile, altrimenti né io né Marco avremmo esaurito tutti i periodi di ferie e licenze. Sarei dovuta tornare definitivamente a Natale, tra meno di 4 mesi e, invece, dovrò restare ancora un po’. 
Inizialmente non volevo accettare ma Marco, come al solito, non ha voluto condizionarmi, anzi. Mi ha incoraggiata, sostenuta, consolata, abbracciata e mi ha ribadito che ci sarebbe stato a prescindere, qualunque cosa avrei scelto. Sono un capitano dei carabinieri ed ho scelto, insieme a lui, di portare a termine il mio lavoro. Tutto ciò, però, non rende meno triste il fatto che, se va tutto bene, rivedrò Marco dopo le festività natalizie, altrimenti se ne riparla tra 9 mesi. Mentre penso mi rendo conto che il mio turno è finito, vado in camerata, mi cambio e raggiungo Marco in hotel.
Quando arrivo da lui mi abbraccia stretta e mi bacia. Come succede sempre ogni volta che dobbiamo separarci, mette su la sua espressione più ironica, rassicurante ed estremamente dolce. Questa sera però non voglio pensare ai mesi che ci attendono e che dovremo trascorrere lontani. Questa sera e questa notte saranno solo per noi e per il nostro amore. 
Marco mi ha stupito come sempre: visto che in hotel ha l’angolo cottura, ha deciso di cucinare lui anziché andare al ristorante. Il profumo è delizioso e lui resta l’ottimo cuoco che ho conosciuto. Non vedo l’ora che questi momenti tornino ad essere la nostra quotidianità, anche se dovremo aspettare un po’. La serata che ci dedichiamo è meravigliosa: piena di dolcezza, risate, coccole e amore. Ci addormentiamo sereni, abbracciati, anzi avvinghiati, perché niente potrà mai separarci davvero, nemmeno la distanza.
La mattina purtroppo arriva decisamente troppo presto, o siamo noi che ci siamo addormentati troppo tardi. Quando ci svegliamo, dopo un po’ di tenerezze mattutine, ci vestiamo e scendiamo a fare colazione. Oggi ho la giornata libera che trascorro interamente con Marco. Purtroppo, però, il momento di raggiungere l’aeroporto e salutarci arriva in fretta. Un lungo, lunghissimo bacio dolcissimo, un abbraccio affettuoso e poi devo proprio dirgli: “buon viaggio amore mio, chiama appena arrivi”. Marco attraversa il gate e torna a casa.
Stavolta salutarlo è stato veramente tanto difficile ed ho addosso una sensazione stranissima. Sicuramente è così perché so che la lontananza sarà molto più lunga delle altre volte.
MARCO’S POV
Anna mi ha accompagnato all’aeroporto. La serata di ieri e la nottata rientrano sicuramente tra le migliori della mia vita, ma ora è arrivato il momento di andare. 
Dopo aver salutato adeguatamente la mia Anna, raggiungo il gate. Questa volta sento veramente una strana sensazione dentro. È come se sentissi uno strappo più forte del solito. Di certo è perché so che, per almeno 4 mesi o forse di più, non ci rivedremo. 
Salgo sull’aereo con una malinconia indescrivibile ed è come se stavolta stessi lasciando qui la parte più importante di me. Ho sempre avuto questa impressione in questi mesi, ogni volta che salutavo Anna, ma ora sembra amplificata.
1 mese dopo
ANNA’S POV
È trascorso circa un mese da quando Marco è partito ed io sto già pensando al suo regalo di Natale visto che glielo dovrò anche spedire. 
Sono giorni complicati al lavoro. In più, da un paio di settimane mi sono resa conto di avere un ritardo. Fino a qualche giorno fa nemmeno ci avevo prestato troppa attenzione perché pensavo fosse dovuto allo stress. Tuttavia, si è aggiunta anche una stanchezza assurda, mi viene da piangere per niente e, soprattutto, ho una persistente nausea mattutina.
Pensandoci su, mi chiedo se potrei essere incinta e mi rendo conto che effettivamente la probabilità c’è ed è anche abbastanza elevata. Però no, mi dico che non posso essere incinta. Con Marco non ci abbiamo ancora pensato seriamente perché, anche un figlio, come il matrimonio, fa parte di quei progetti di vita che abbiamo rimandato a dopo la fine di questa missione. Cerco di essere razionale e mi dico che il ritardo e tutto il resto sono sicuramente causati dallo stress di questo periodo. Con il test mi toglierò il dubbio.
Dopo essere andata in farmacia mi chiudo nella mia camerata. Non nego di aver immaginato questo momento più volte ma, di certo, non mi ero mai immaginata di viverlo qui, da sola, con Marco e tutta la mia famiglia a migliaia di chilometri di distanza. Invece, penso che mi dovrò adattare ed anche ricredere: i miei dubbi erano fondati. Il test è positivo.
Sono confusa, spaventata, emozionata, felice. La prima cosa che mi viene in mente è solo che vorrei Marco accanto a me. La seconda è che avrei il dovere di terminare la mia missione, che sono un capitano dei carabinieri e che ho un incaricato che verrà inevitabilmente sconvolto da questo imprevisto. Un imprevisto di cui, però, sono incredibilmente felice e sento una gioia incontenibile dentro che non avevo mai provato prima e che non mi fa ragionare.
Penso che voglio dirlo a Marco prima possibile ma non posso farlo al telefono o in videochiamata. Voglio dirglielo mentre lo guardo negli occhi, anche se un po’ di paura per la sua reazione ce l’ho; una paura irrazionale che so essere infondata.
Sono decisamente confusa ma cerco di pensare lucidamente. Prima di tutto devo avvisare Valente: non posso ovviamente portare a termine la missione e vorrei tornare a casa anche prima di quanto inizialmente programmato, visto che mancherebbero ancora tre mesi e, facendo un rapido calcolo, il primo mese di gravidanza è già passato.
LUCIO VALENTE’S POV
“Come sarebbe a dire che sei incinta? Come è possibile?”
Anna mi guarda con un’occhiata confusa ed io non so se essere arrabbiato o sbalordito per farle queste domande. È normale che potesse capitare perché in fondo è fidanzata stabilmente ormai da quasi un anno e, con Marco, si può dire che stiano insieme da anni. Lei, infatti, mi ha parlato molto di loro due ed è chiaro che non avevano certo bisogno chissà quanto tempo per essere certi del loro amore, visto che aveva resistito ad oltre due anni di separazione ed a diversi terzi incomodi tra loro due. Pensavo però che avrebbero atteso il ritorno a casa di Anna, tutto qui.
Dalla confusione che vedo nei suoi occhi non credo lo avessero programmato. In questo momento sprofonda nel vuoto definitivamente ogni minima speranza di far colpo su Anna. È una donna meravigliosa e non posso negare di averci fatto più di qualche pensierino. Ma non ho mai avuto veramente dubbi sul fatto che lei potesse amare un altro uomo. Marco è e sarà sempre l’unico uomo della sua vita, salvo che il bambino che aspetta non sia un maschietto.
Anna logicamente mi sta chiedendo di farla tornare a casa prima possibile ed è strasicura di tenere il bambino. Purtroppo, tutto ciò che posso concederle è di concludere la sua missione a Natale, come doveva essere all’inizio. Non posso farla rientrare prima perché abbiamo troppe carenze di organico al momento.
ANNA’S POV
Altri tre mesi qui. Valente non mi ha potuto concedere altro e potrò tornare a casa solo a Natale. Ovviamente mi ha, almeno, esonerata dagli incarichi più rischiosi e faticosi. La mia preoccupazione più grande è quella di dover affrontare questi primi mesi di gravidanza da sola, senza Marco e, soprattutto quella di doverlo mettere davanti al fatto compiuto.
So già che non mi chiederebbe mai di abortire ma avrei voluto decidere con lui di tenere questo bambino. Purtroppo non potrò farlo perché dovrei dargli la notizia attraverso uno schermo e non mi va. Quando gli dirò del bambino voglio che sia accanto a me. Ora so il perché di quella sensazione così strana quando l’ho salutato l’ultima volta che ci siamo visti. Avevamo appena concepito una nuova vita.
3 mesi dopo
MARCO’S POV
Questi 4 mesi senza Anna sono stati interminabili e, in questo periodo, sono ancora più malinconico. È quasi Natale ed è il primo che trascorriamo lontani da quando siamo tornati insieme, anche se la sento più vicina ora a migliaia di chilometri di distanza, che due anni fa, quando eravamo separati da un piano di scale e dai nostri errori. Tuttavia, avrei voluto essere con lei in questi giorni e mi fa male l’idea che sia in Siria da sola, con i pochi colleghi che resteranno lì, mentre io qui ho almeno la nostra famiglia, compreso mio padre che, finalmente, forse è guarito ed ha preso un appartamento in affitto vicino al mio.
Ieri Anna mi ha chiesto se mi fosse arrivato il suo regalo di Natale e, naturalmente, non ha voluto dirmi cos’è. Purtroppo non mi è arrivato nulla ancora. Io, invece, il mio regalo gliel’ho spedito leggermente in anticipo e lo ha ricevuto qualche giorno fa. Un kit nuovo da tennis perché il suo era un po’ usurato e ne è stata felicissima e mi ha detto che non vede l’ora di giocare con me.
Oggi sono di riposo e voglio prendermi una giornata di relax. Ad un certo punto suonano alla porta, giusto perché dicevo di volere una giornata tranquilla tutta per me. Quando apro rimango letteralmente impalato per qualche secondo: è Anna.
Dopo un istante mi sblocco e la abbraccio forte, fortissimo, la bacio e la trascino in casa, portando dentro i suoi bagagli. Non ci faccio troppo caso ma ha veramente tanta roba con sé. Probabilmente Valente le avrà concesso qualche giorno di licenza bonus per Natale e lei, freddolosa com’è, si è portata dietro l’intero armadio. Dopo aver chiuso la porta la abbraccio di nuovo. Poi le chiedo come mai sia qui visto che a Natale sarebbe dovuta restare in Siria. Quello che mi dice un po’ mi spiazza:
“Sono tornata definitivamente, la mia missione è terminata”.
“Ma come mai?” chiedo allarmato, “voglio dire, è successo qualcosa? Hai avuto dei problemi? Stai male? O forse hanno trovato altre persone per reintegrare l’organico e ti hanno fatto tornare?”.
“Marco calmati” mi dice. “Non ho avuto alcun problema e no, non hanno trovato volontari per colmare i vuoti di organico. Però si, qualcosa è successo”.
Quello che succede dopo mi lascia senza parole e mi manda nella confusione più totale, tanto che mi sembra di non essere più totalmente padrone dei miei pensieri e delle mie azioni. Anna si apre lentamente l’ampio giaccone militare che ha addosso e mi mostra il motivo per cui è tornata prima. È incinta ed è anche abbastanza evidente, di almeno 4 mesi, stando ad un rapido calcolo.
Mentirei se dicessi di non aver desiderato con tutto il cuore che ciò accadesse, ma non così. Vorrei essere felice ed abbracciarla come ho fatto appena qualche minuto fa, ma non ci riesco. Vedere quella pancia già così evidente mi fa sbarellare e mi riporta indietro nel tempo, a quando Anna decideva tutto da sola. Eccomi qui, di nuovo messo davanti al fatto compiuto, di nuovo lei che ha deciso prima e per tutti e due. Il mio volto si incupisce, la mia espressione si fa dura, mentre la sua è smarrita ed incredula. Come potrebbe non esserlo? Sto reagendo esattamente come lei non si aspetterebbe mai, come quei padri che non si vogliono assumere le loro responsabilità, quelli che io ho sempre criticato. 
“Marco si può sapere che hai? Perché hai quell’espressione in volto? Ti sto dicendo che aspettiamo un bambino. Non sei felice?” Mi chiede.
“E di cosa dovrei essere felice? Del fatto che stavolta nemmeno mi hai chiamato per venirti a prendere all’aeroporto o del fatto che mi stai mettendo davanti al fatto compiuto ancora una volta?”
Anna è sempre più incredula e terrorizzata: “Marco ma volevo solo farti una sorpresa. Quanto alla gravidanza, come avrei potuto dirti una cosa così per telefono o in videochiamata? Volevo dirtelo guardandoti negli occhi ma non sono riuscita a tornare prima. Ci ho provato ma non me lo hanno concesso”.
“Beh già che c’eri potevi chiamarmi direttamente dall’ospedale al momento del parto. Come al solito hai deciso tutto da sola mentre, vista la situazione, avresti potuto magari fare un’eccezione e dirmelo prima, così giusto per avere il mio parere dato che sarei il padre. Invece te ne sei fregata e hai dato per scontato che a me andasse bene così”.
Anna a questo punto è rabbiosa perché queste parole non se le aspettava e mi dice: “Perché pensi che avrei abortito se tu me lo avessi chiesto? Sai che ti dico? Che hai tanto criticato quei padri che non si assumono le loro responsabilità e tu stai facendo molto peggio per una stupida presa di posizione”.
“E tu non perdi mai il vizio di decidere da sola e per entrambi. Ma stavolta io non ci sto. Per i prossimi giorni vado nell’appartamento che era il tuo, chiedo le chiavi al maresciallo”.
“Lascia stare, ci vado io. Non ti scomodare ad uscire dalla tua isola felice in cui tutto deve essere prevedibile”.
ANNA’S POV
Me ne vado sbattendo la porta dell’appartamento di Marco che è stata casa nostra finché non sono partita per la Siria e avrebbe dovuto esserlo d’ora in poi. Sono confusa, sbalordita, disorientata ma, soprattutto, sono disperata. Credo di aver appena rotto definitivamente con Marco e di aver visto un lato di lui che non conoscevo e che non immaginavo nemmeno. Marco, il mio Marco che mi amava incondizionatamente ha rifiutato me e nostro figlio solo perché non ha potuto decidere con me se tenerlo o meno. Lui che un figlio da me lo ha sempre desiderato. 
Sento le lacrime scendere prepotentemente senza possibilità di fermarle. Raggiungo il mio vecchio appartamento di cui ancora ho una copia delle chiavi e mi chiudo in casa, nella disperazione più totale. Dopo qualche ora provo a bussare a casa del maresciallo, sperando di trovarci anche mia madre e così è. In pochi minuti vuoto il sacco, sia sulla gravidanza sia su tutto il resto. Mamma e Cecchini sono esterrefatti quanto me perché mai avrebbero pensato che un uomo come Marco si sarebbe comportato così.
“Adesso gliene dico 4 a quel mascalzone” urla il maresciallo con una rabbia che difficilmente gli avevo visto in volto. La rabbia di un padre che vede la figlia soffrire perché qualcuno l’ha ferita. Perché io per lui sono come una figlia ormai. 
“Vengo con te” lo spalleggia mia madre.
 Io intervengo con le poche forze che ho perché sono stremata: “No, per favore. Vi chiedo di starne fuori stavolta. Marco ha preso la sua decisione e non posso obbligarlo a diventare padre se non vuole. Se mi volete bene davvero lasciate che sia il tempo a decidere come andranno le cose e statemi accanto perché ne avrò bisogno”.
Mamma e il maresciallo sembrano convincersi e, dopo avermi abbracciata, mi riaccompagnano al mio appartamento ed escono perché intuiscono che ho voglia di stare sola. Mi sento anche sola, svuotata, in un tunnel senza uscita. Mi siedo sul divano e mi addormento così.
MARCO’S POV
Ecco, proprio oggi che avrei bisogno di lavorare per non pensare, ho la giornata libera, ma forse è meglio così perché, con la confusione mentale che ho ora, al lavoro rischierei di fare solo danni. Decido, quindi, di uscire a farmi una passeggiata per schiarirmi le idee, per riflettere e per capire perché ho reagito così, senza aver apparentemente collegato lingua e cervello. In un secondo mi sono visto scorrere davanti le immagini di tutte le volte in cui Anna ha preso una decisione da sola, senza coinvolgermi, le immagini di quei due anni in cui stavamo insieme ma non eravamo una coppia perché i problemi lei sceglieva sempre di risolverli da sola. Mi chiedo perché l’abbia fatto ancora. Veramente non aveva altra scelta oppure non è cambiata come, invece, pensavo che fosse?
Sono arrabbiato, credo di esserlo almeno; o forse, più che rabbia è confusione e paura. C’è la paura di quello che accadrà, perché un figlio comunque ti cambia la vita e c’è la paura per quello che è già accaduto perché sono certo di aver rotto definitivamente con Anna. Ho respinto lei e nostro figlio e sono sicuro che questo non me lo perdonerà mai e non so nemmeno se mai mi permetterà di essere il papà di quel bambino. Improvvisamente mi assale una tristezza che non so descrivere, un dolore fisico al pensiero che, se solo avessi reagito in modo diverso, adesso potrei stare accanto ad Anna, a recuperare tutti quei piccoli momenti che non abbiamo vissuto in questi mesi in cui eravamo lontani.
Mentre cammino distrattamente al centro, mi accorgo di essere vicino ad un negozio per bambini. Vedo uscire una coppia con una carrozzina e vedo il loro bambino all’interno: deve essere nato da pochi giorni e quei due giovani sono il ritratto della felicità. Anche della stanchezza perché, si sa, i primi periodi da genitori possono essere molto faticosi, ma la loro gioia incontenibile è chiaramente visibile nei loro occhi.
Mi dico che sono un cretino perché, se solo fossi stato meno impulsivo, se per una volta non fossi giunto alla conclusione peggiore ed affrettata, ora questa passeggiata potrei farla con Anna, mano nella mano e, insieme, potremmo entrare in quel negozio a comprare il primo regalo per il nostro bambino che presto nascerà. 
Decido di entrare comunque e acquisto la prima tutina, colore neutro, che attira la mia attenzione e poi esco. Sono ancora distratto quando mi rendo conto di aver camminato in direzione della caserma e di stare, ore 12, sulla traiettoria di un Cecchini che mi viene incontro con aria a dir poco inferocita. È piuttosto evidente che sappia già tutto.
Si ferma volutamente a due metri da me e credo che, nonostante la differenza di corporatura, in questo momento me le darebbe di santa ragione se solo desse retta al suo istinto. Non faccio nemmeno in tempo a salutarlo quando inizia ad aggredirmi verbalmente:
“Ma cosa ti è saltato in mente mascalzone che altro non sei. Ti abbiamo accolto come un figlio e fatto sentire a tuo agio e ti abbiamo aiutato a recuperare la relazione con Anna e tu che fai? La rifiuti, incinta di vostro figlio. Lei torna dopo mesi di lontananza e tu la cacci e la lasci sola in un momento così. Ma che uomo sei? Un delinquente, traditore sei”.
Provo a difendermi: “maresciallo bisogna ascoltarle sempre entrambe le campane prima di giudicare. Invece di dirmelo subito, Anna ha aspettato che passassero 4 mesi, per poi tornare e mettermi davanti al fatto compiuto. Ha deciso ancora una volta da sola. Non sto dicendo che non volevo il bambino ma è una questione di principio”.
“Ma quale principio. Ha deciso da sola? E chi doveva decidere? Quella incinta è lei, è lei che era sola quando ha saputo la notizia e non sapeva che fare. Lei ha dovuto interrompere la sua missione e cercare di tornare prima possibile. Cosa avrebbe dovuto fare? Dirtelo per telefono o con un messaggino? Ma come fai a non capire?”
Non mi lascia il tempo di replicare e se ne va. Doveva dirmi la sua come un padre che difende la figlia, perché Anna è questo per lui e forse ha anche ragione. Anzi, sicuramente ha ragione. Tuttavia mi sento incompreso anche io. Mi chiedo perché nessuno prova a capire il mio punto di vista e nessuno si sforza di comprendere che anche io ho avuto paura. Perché in un attimo ho iniziato a viaggiare con la fantasia ed ho visto nostro figlio crescere ed Anna che decide tutto senza di me, che mi tiene fuori dalla sua vita e mi mette sempre, costantemente, davanti al fatto compiuto. La mia parte razionale sa bene che mi sto sbagliando ed anche il mio cuore lo sa, ma le paure sono irrazionali e spesso è proprio la paura di perdere chi ami che ti porta in quella direzione. Sorrido se penso che sono stato proprio io a convincere Anna ad andare in Siria dicendole che non si può vivere avendo paura.
Torno a casa, ancora ammaccato dopo le parole di Cecchini. Ho bisogno di stare solo e di pensare a cosa fare. Mentre salgo le scale del palazzo vedo la madre di Anna che sta rientrando nell’appartamento del maresciallo. Vorrei nascondermi perché, dopo il padre acquisito, non oso pensare a cosa potrebbe dirmi la madre vera, ma sono stato già abbastanza vigliacco con Anna e così decido di continuare a salire le scale. Elisa mi vede, ha un’espressione seria ed austera ma, stranamente calma, mi chiede:
“Ciao Marco, posso rubarti un istante?” 
Le dico di sì e mi fa cenno di entrare in casa. Mi fa accomodare e si siede davanti a me, occhi negli occhi ed inizia il suo discorso:
“Anna mi ha chiesto di starne fuori ma io, da madre, proprio non ce la faccio. Ti dirò poche parole però, perché nessuno ha il diritto di costringerti a fare nulla che tu non voglia, nonostante io disapprovi il tuo comportamento. Non so perché tu abbia reagito così o meglio, posso immaginarlo da quello che mi ha detto Anna. Tu sai bene quanto io e mia figlia ci siamo scontrate in passato per il suo carattere duro e spigoloso e per il suo voler fare sempre tutto da sola, tenendo gli altri fuori dalle sue decisioni. Però, forse, questa volta la verità può essere diversa. 
Quando lei ha scoperto di essere incinta ha provato ad interrompere subito la missione per tornare in Italia perché non poteva e non voleva darti questa notizia da lontano, ma non è riuscita a tornare prima. Si è trovata all’improvviso con la consapevolezza che la sua vita sarebbe cambiata da un momento all’altro ed era sola ad affrontare questa realtà, bellissima certo, ma pur sempre sconvolgente. Forse non aveva altra scelta. Del resto, come poteva dire a te che aspettate il vostro primo figlio attraverso una cornetta o uno schermo, senza poterti abbracciare, senza poter vedere da vicino la tua reazione. Tu pensi che Anna abbia voluto decidere da sola ma ricordati che è la stessa Anna che, un anno fa, avrebbe rinunciato alla Siria per non allontanarsi da te.”
“Elisa, ormai è andata e Anna questa non me la perdonerà mai” replico rassegnato. 
“Ascoltami. Tu sei diventato come un figlio per me e, anche se stai facendo soffrire Anna, ti dico che forse sei ancora in tempo per correre da lei e provare a rimediare. Ricordati però che una donna incinta, soprattutto per la prima volta, si trova forse in uno dei momenti di massima fragilità e forza allo stesso tempo e se tu la lascerai sola proprio adesso, allora si che probabilmente non te lo perdonerà mai”. 
Ho le lacrime agli occhi. Elisa mi ha parlato come ad un figlio quando io ho ferito la sua vera figlia e nemmeno poco. L’ho combinata molto più grossa di quando l’ho tradita e chissà se mi permetterà mai di rimediare. Per la mia maledetta paura le ho provocato un dolore enorme. Mia suocera, perché per me lo è anche se ancora io ed Anna non siamo sposati e chissà se mai ci sposeremo, mi porge un fazzoletto e le chiavi di casa di Anna. Io l’abbraccio e poi vado da lei per provare a chiederle perdono.
ANNA’S POV
Mi sono svegliata da poco e, quando ho aperto gli occhi, ho sperato che quello che ho appena vissuto fosse solo un incubo, salvo poi vedere le mie valige ancora da disfare a terra e realizzare che, purtroppo, è tutto vero. Mi alzo dal divano e prendo un bagaglio alla volta per andare in camera ed iniziare a sistemare il tutto. Mi fermo per un po’ in piedi davanti al letto, quel letto che ha visto il definitivo riavvicinamento tra me e Marco l’anno scorso e su cui dovrò tornare a dormire da sola. 
Sento la porta aprirsi e qualcuno entrare, probabilmente mia madre che mi riempirà il frigo di spesa. Non ho nemmeno la forza di dirle che sono in camera. Sono sovrappensiero e, senza nemmeno rendermene conto, inizio ad accarezzare la mia pancia che sta crescendo ed a sussurrare qualcosa al cucciolo dentro di me:
“Amore mio, ricordati che la tua mamma ci sarà sempre per te e che ti amerà incondizionatamente. Tu non hai nessuna colpa, anzi, sei il dono più grande che io abbia mai ricevuto e so che anche il tuo papà la pensa così, anche se ora è un po’ arrabbiato con me. Ma tu ricordati sempre che hai un papà meraviglioso e che, prima o poi, capirà che sei la cosa più bella che potesse capitarci”.
Improvvisamente sento qualcuno che mi abbraccia dolcemente alle spalle e che posa le sue mani sul mio ventre. È Marco, inconfondibile, che inizia a parlare dolcemente:  
“Piccolo mio, il tuo papà l’ha già capito che tu sei la cosa più bella che potesse capitarci. Quello che spera, però, è che la tua mamma non si renda mai conto di quanto lui possa essere imperfetto rispetto a lei. Lei che è perfetta anche quando sbaglia, lei che rende i suoi difetti, i suoi migliori pregi, lei che è perfetta per entrambi. Perché se la tua mamma capisse queste cose allora si che per lui non ci sarebbe più speranza di far parte della sua vita”.
Marco è commosso e pentito del suo comportamento e questo si evince chiaramente. Io sento le lacrime scendere senza possibilità di fermarle. Saranno gli ormoni e la voglia incontenibile di restare così tra le sue braccia per ore, quella voglia che ho dovuto reprimere quando gli ho detto di nostro figlio ed ha reagito male. Sento che dolcemente mi fa voltare verso di lui, mi posa le mani sulle guance per asciugare le lacrime e mi stringe a lui. Io non riesco a far altro che sciogliermi nel suo abbraccio, in un pianto liberatorio di dolore per quello che è appena capitato e che fa ancora male, ma anche di speranza per qualcosa che sembrava rotto e che, invece, si può aggiustare.
MARCO’S POV
Non riesco a credere che Anna si stia abbandonando così tra le mie braccia, invece di darmi un ceffone perché me lo meriterei tutto per come mi sono comportato. Invece la mia Anna mi ha spiazzato di nuovo, come solo lei sa fare e con questo lungo abbraccio mi sta dicendo che, nonostante tutto, si fida ancora di me. Quando si stacca da me, ancora con le lacrime agli occhi che sto tentando di asciugare, prova a chiedermi scusa ma la fermo subito:
“Non sei tu che devi scusarti, ma io. Mi sono comportato come un idiota ed un egoista e non ti ho lasciato spiegare le tue ragioni. Ho pensato solo a me, mentre tu non potevi agire diversamente e hai dovuto affrontare l’inizio di questa nuova avventura da sola ma, se lo vorrai, la proseguiremo insieme, per sempre”.
Anna mi bacia, mi abbraccia e la sento di nuovo piangere e questo mi provoca un dolore enorme perché piange per colpa mia.
“Non piangere amore mio, non piangere perché hai versato già troppe lacrime a causa mia e, d’ora in poi, voglio vederti solo ridere” le dico dolcemente.
Dopodiché mi piego sulle ginocchia e poggio la testa sul suo ventre che sta crescendo, lo bacio delicatamente mentre sento Anna accarezzarmi la testa. La perfezione è questa ed io, per il mio stupido orgoglio e per paura, stavo rovinando tutto. Ogni tanto sono proprio un cretino. Adesso però non si scherza più dottor Nardi perché stai per diventare padre e presto anche marito. Vedi di non fare più errori del genere, mi dico, perché lei ti ama ma non ti perdonerebbe certo infinite volte.
“Torniamo a casa nostra?” le dico senza smettere di abbracciarla. 
Lei annuisce e sta per prendere i bagagli ancora da disfare. La blocco e li afferro io al suo posto ma lei, orgogliosa e forte come sempre, mi dice:
“Guarda che ce la faccio e che non sono malata, ma solo incinta”. 
Le rispondo sorridendo: “Lo so che ce la fai, ma sollevare pesi può far male al bambino”. 
Lei mi bacia senza dire altro. Io non sono un genio con le parole e molte volte farei bene a stare zitto, se non sono in grado connettere in tempo la lingua al cervello. Ma con questi gesti e con le mie poche parole spero di averle fatto capire che ora si, sono veramente pronto ad assumermi tutte le mie responsabilità e che lei su di me potrà contare sempre.
Usciamo di casa per andare di sopra, nel nostro appartamento che è più grande e, a questo punto, necessario per accogliere il nostro bambino. Io porto le valige di Anna che non si stacca da me e continua a guardarmi sorridendo. Il suo cuore è grande almeno quanto la sua forza di perdonare gli altri, anche quando non se lo meriterebbero. Sul pianerottolo incontriamo Cecchini ed Elisa che ci vedono e credo capiscano da soli. Cecchini ha ancora lo sguardo inquieto ma, sotto sotto, sorride. Per parole, spiegazioni e chiarimenti ci sarà tempo. 
Adesso, il tempo lo dobbiamo dedicare a noi due, a recuperare i momenti perduti, a parlare e coccolarci, a preparare la nostra casa per accogliere il piccolino che sta per venire al mondo, ad essere una famiglia. Mancano pochi giorni a Natale ma qui ho già i miei regali preziosissimi: la mia Anna di nuovo con me ed il nostro bambino che sta crescendo dentro di lei.
“Grazie” le dico semplicemente.
“Per cosa?” mi chiede lei un po’ incredula.
“Per i migliori regali di Natale che potessi farmi: il tuo perdono per un errore veramente grave ed il nostro bambino”.
Anna mi bacia di slancio e poi mi dice:
“Guarda che c’è anche un altro regalo materiale da scartare eh. Pensavi fossi così tirchia da non comprarti nulla solo perché sono incinta? Ti ho detto che doveva arrivarti per depistarti sul mio ritorno, ma sta in valigia”.
Anna la apre e tira fuori un regalo meraviglioso per me. Non riesco ad aspettare la mattina di Natale per scartarlo. È un album di foto in cui ha messo i nostri scatti più belli e, a metà, ha lasciato una pagina vuota con scritto “La storia continua” e, successivamente, ci sono pagine e pagine da riempire con le foto della nostra famiglia e della nostra vita insieme. Una vita che sarà perfetta come è perfetta lei.


   
 
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