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Autore: Nao Yoshikawa    24/07/2022    2 recensioni
Dieci nuclei familiari, dieci situazioni diverse tra loro: disfunzionali o complicate o fuori dalla cosiddetta "norma".
Anche se alla fine, si sa, tutti quanti sono all'eterna ricerca di una sola cosa: l'amore.
Byakuya detestava tornare al proprio appartamento, specie a quell’ora. Dopo la morte di Hisana aveva preferito andare a vivere da un’altra parte, in un luogo dove non avrebbe avuto ricordi dolorosi.
A Orihime piaceva molto l’odore di casa sua. Profumo di colori a tempera misto a biscotti appena sfornati.
Ishida era un po’ seccato, non solo per la stanchezza, ma perché odiava quando Tatsuki non rispettava i piani. Anche se comunque non si sarebbe arrabbiato a priori.
Rukia era provata, si poteva capire dal suo tono di voce. Era brava a nascondere i timori dietro una facciata di allegria ed energia, ma Ichigo la conosceva bene.
Naoko era indispettita. Possibile che nessuno capisse il suo dramma?
Ai muoveva le gambe con agitazione. Indossava delle graziose scarpette di vernice nera e molti le dicevano spesso che aveva il visino da bambola, con i capelli scuri e gli occhi di una sfumatura color dell’oro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai, Yaoi | Personaggi: Gin Ichimaru, Inoue Orihime, Kurosaki Ichigo, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Capitolo trentaquattro
 
A Rukia i matrimoni erano sempre piaciuti. C’era sempre una bella atmosfera allegra e amichevole, come se chiunque lì brillasse di luce propria. E poi, puntualmente, non poteva fare a meno di ripensare al proprio matrimonio, avvenuto oramai dieci anni prima. Eppure sembrava ieri.
«Ichigo, hai di nuovo il colletto in disordine. E anche la cravatta. Lascia, faccio io.»
Rukia si sollevò sulle punte per aggiustare la camicia e la cravatta di Ichigo. Quest’ultimo, stretto nel suo smoking blu scuro stava benissimo, peccato fosse anche poco comodo.
«Ma fa caldo, ci saranno più di trenta gradi. Siamo in primavera, non in estate accidenti» si lamentò, facendosi però sistemare dalle sue abili mani. Rukia sorrise e poi si guardò intorno: aveva perso i gemelli di vista, i bambini avevano fatto gruppo e si erano cacciati chissà dove. Oh beh, dopotutto la cerimonia non era ancora iniziata.
Per il grande evento, Yumichika e Ikkaku avevano scelto una location all’aperto, scelta azzeccata vista la bella giornata. E c’erano fiori, fiori ovunque, che stavano facendo starnutire Ishida.
«Ho bisogno di un fazzoletto. E di un antistaminico, magari. Stupido polline. E stupida allergia» si lamentò, togliendosi gli occhiali e asciugandosi le lacrime. Tatsuki era accanto a lui e se lo trascinò dietro per raggiungere Ichido e Rukia.
«Tatsukiii! Ma tu guarda!» esclamò Rukia tutta contenta. «Stai benissimo. E sei così magra… come fai ad essere così magra anche se sei incinta?»
Tatsuki rispose che magra non si vedeva per niente. Al gruppo si unirono ben presto anche Ulquiorra e Orihime e Nnoitra e Neliel. Nnoitra sembrava un po’ nervoso e no, non era per il polline o per il caldo, ma perché ce l’aveva con qualcuno in particolare.
«Quel tipo, Zaraki, non mi piace» si lamentò mentre lo guardava da lontano. «Non lo so, dal momento in cui mi ha guardato mi ha dato l’idea di volermi sfidare»
Sua moglie gli tirò una ciocca di capelli.
«Non osare fare cose stupide. Comunque abbiamo perso Grimmjow di vista. E anche Naoko» disse Neliel, più preoccupata per Grimmjow che per le sorti di sua figlia.
Naoko infatti stava benissimo. Le bambine erano tutte entusiaste, adoravano essere vestite con degli abiti così carini (anche se la stessa Naoko si era già sporcata le calze di seta bianche) e si sentivano parecchio propense a dimostrazioni d’affetto nei confronti dei loro amici.
«Chi sarà il mio cavaliere stasera? Dunque, vediamo. Kiyoko sta con Kaien, Ai sta con Hikaru. Masato e Yuichi? Nessuno dei due vuole essere il mio accompagnatore?»
Yuichi, che se ne stava seduto sul bordo di una fontanella, per poco non cadde. Se ci fosse stato un ballo (e nei matrimoni c’erano sempre), lui avrebbe ballato con Masato! Dopotutto erano fidanzati. Anche se questo non lo sapeva nessuno.
«Ecco, veramente… io… emh… faccio coppia con Yuichi e basta» mormorò Masato, arrossendo. Kaien lo guardò, un sopracciglio inarcato. Poi però fece spallucce: in effetti cosa c’era da sorprendersi? Suo fratello e Yuichi erano sempre appiccicati. E nemmeno Naoko si fece troppi problemi. Piuttosto indicò Kohei, impegnato a osservare le formiche sull’erba.
«Allora balli tu con me, Kohei.»
«Eh? Ma io non so come si fa» rispose lui, in imbarazzo ma non così a disagio, perché Naoko gli piaceva, tra tutte le sue amiche era la più buona, bella e brava. Naoko gli strinse una mano.
«Tranquillo, nemmeno io so come si fa!»
Miyo sospirò. Adesso stava meglio, anche se aveva ancora il braccio fasciato.
«E io faccio da tappezzeria. Come al solito» disse alzando gli occhi al cielo, come una che si fosse già rassegnata al suo ruolo di lettrice solitaria. Ad un tratto i bambini sentirono qualcuno parlare a gran voce: si trattava di Yachiru Zaraki, sorella adolescente di Zaraki, una ragazzina dai capelli tinti di rosa e con una grande energia.
«Bimbi, voi! Mi raccomando, tutti al vostro posto. Deve essere tutto perfetto quando Yumichika arriva. In quanto io sorella del testimone, è mio compito controllare che sia tutto perfetto. E quindi sarete seduti alternando maschi e femmine. Coraggio, seguitemi!»
Kaien guardò i suoi amici come se si fosse ritrovato davanti ad una pazza. Però Yachiru era simpatica ed energica, quindi non fece troppe storie.
«Ehi, Ken-chan, Ikkaku. Qui ci penso io, non avete nulla da temere!» gridò la ragazzina, sbracciandosi.
Un nervoso Ikkaku, in piedi sotto l’arco nuziale di fiori, le fece un cenno col capo. E dire che fino a qualche ora prima non era affatto nervoso. Ora invece aveva le vertigini.
«Non ti metterai a piangere, spero» gli disse Zaraki, scocciato. Anche se in realtà così scocciato non era, perché la sua nuova ragazza (o almeno, non c’era ancora nulla di ufficiale, ma era giusto definirla così, oramai), gli aveva posato un bacio poco prima di andare a sedersi insieme agli altri invitati. E anche se si sforzava di non darlo a vedere, la sua presenza lo aveva parecchio ringalluzzito.
«Ma che piangere, non dire sciocchezze! Sono solo nervoso. Merda, e che faccio se Yumichika cambia idea all’ultimo minuto?» domandò Ikkaku. Zaraki sbuffò. Lo sapeva, in quanto suo testimone, era suo compito stargli accanto e non farlo impazzire. Peccato che lui non fosse molto bravo con le parole, anzi.
«Ah, non fare il cazzone. Non cambierebbe mai idea» cercò di consolarlo, goffamente. E in parte ci riuscì.
 
Ikkaku non era l’unico nervoso tra i due. Rangiku infatti si stava ritrovando a dover tranquillizzare un nervosissimo Yumichika, il quale stava cercando di non farsi venire un attacco di panico.
«Perché Renji ancora non è arrivato? È il mio testimone, dannazione a lui. Giuro che appena arriva… No, io non posso permettere che lo stress intacchi la mia perfetta bellezza. Ci sono stato ore a prepararmi!»
Gin, che se ne stava seduto a guardarlo, avrebbe tanto voluto fare una battuta per sdrammatizzare, ma da come Rangiku lo guardò, capì che forse sarebbe stato meglio tacere. Oh, Rangiku era bellissima. Sembrava lei la sposa, ma anche questo fu attento a non dirlo.
«Su, su. Adesso respira» Rangiku prese Yumichika per le spalle. «Tutto può andare soltanto bene, te l’ho detto.»
Yumichika respirò profondamente e poi inspirò. Doveva fidarsi di Rangiku, o si fidava o gli sarebbe venuto un esaurimento nervoso. Ma gli veniva da piangere e diamine, ci aveva impiegato ore anche a truccarsi, non avrebbe mandato tutto all’aria in questo modo.
«Va bene, sono calmo. Ah, non è vero! E se Ikkaku cambia idea? Sono stato più insopportabile del solito, ultimamente.»
Gin tossì. Forse poteva dire la sua senza pronunciare parole sbagliate.
«Ma no, ti avrebbe già mollato. E invece è qui perché ti ama. Scommetto che anche lui è in panico, me lo sto immaginando piuttosto bene.»
Poi rise e suo malgrado rise anche Rangiku. Yumichika non rise, però si rilassò appena. Fu una fortuna per Renji arrivare proprio in quel momento, perché se fosse arrivato qualche istante prima, Yumichika se lo sarebbe divorato. Col fiato corto, la giacca un po’ sgualcita, ma c’era. E no, le suppliche e le minacce dello sposo non erano bastate a convincerlo a tingersi i capelli.
«Scu… scusate il ritardo» ansimò, piegato su sé stesso. «La moto non partiva.»
«Finalmente!» esclamò Yumichika. «Stava per venirmi un esaurimento nervoso. Adesso precedimi, brutto screanzato!» lo afferrò per l’orecchio, tirandolo così forte da farlo diventare rosso come i capelli di Renji. Rangiku rise ancora e poi si voltò verso suo marito.
«Amore mio, andiamo?» domandò, tendendo un braccio. Gin le fece il baciamano.
«Prima devo fare una chiamata ad una persona. Ti raggiungo tra poco.»
Rangiku non pose alcuna domanda, perché immaginava molto bene a chi Gin dovesse fare la sua telefonata.
 
Sosuke aveva pensato di buttarsi sul lavoro. Non era mai stato uno che si deprimeva e traeva sempre il meglio dalle situazioni. Ma quella volta era difficile. Allora doveva essere quello l’amore. L’amore quello vero, quello che ti portava a compiere idiozie, quello che ti faceva soffrire. Il dolore dell’amore era quello. Guardava lo schermo del portatile senza però osservarlo per davvero. Invece vide benissimo con la coda dell’occhio la chiamata di Gin sul display del telefono.
«Gin?» rispose. «Dimmi.»
«Allora, non vieni? Sei invitato anche tu, ti ricordo»
Sosuke ebbe l’impressione di vedere il suo sorriso beffardo. Si tolse gli occhiali e si massaggiò gli occhi.
«Non mi sembra il caso visto che sono presenti sia la mia quasi ex moglie e il suo amante adesso compagno, immagino.»
Gin annuì. E poi sorrise di nuovo.
«Sosuke, vallo a raccontare a qualcun altro.»
Quel suo tono gli fece sgranare gli occhi. In tanti anni era la prima volta che si rivolgeva in tono così confidenziale.
«Che vuoi dire?»
«Voglio dire che non sono Momo e Toshiro a impedirti di venire. È per Shinji. Tu hai paura. Anzi, sei terrorizzato. E va bene, alla fine sei umano anche tu. Ma magari questa è la tua ultima occasione, che ne sai? Non è possibile che tu ti sia rassegnato all’idea di perderlo. Ottieni sempre quello che vuoi. Vuoi cominciare a mollare proprio adesso?»
Si era veramente arrivati al colmo! Era la prima volta che Gin si comportava da amico. Che lui gli permetteva di comportarsi come tale. Non stava dicendo cose inesatte: Sosuke nella vita aveva sempre ottenuto ciò che voleva. E adesso che avrebbe dovuto fare di tutto per avere Shinji, ad un passo da lui, si comportava come un codardo.
«Io non lo so, Gin. Senti, devo andare adesso.»
E chiuse la chiamata. Gin aveva ragione. Ragione su tutto. Sosuke Aizen poche volte in vita sua aveva avuto paura o anche solo timore.
Era una di quelle volte.
 
Shinji era nervoso all’idea di trovarsi nello stesso luogo in cui era presente Momo Hinamori. Ma non aveva potuto fare altrimenti: Yumichika aveva richiesto che i Vizard si esibissero al suo matrimonio e in quanto manager (e amico) doveva essere presente. Aveva appena preso posto, accanto a Hiyori e al resto della band. Per sua grande fortuna, Momo e Toshiro si trovavano seduti dal lato opposto, anche se a debita distanza. Non volevano dare troppo nell’occhio, anche se in molti lì già sapevano.
«Stupido Shinji!» bisbigliò Hiyori. «Vuoi stare fermo? Ti muovi tutto e mi stai facendo innervosire!»
«Mi dispiace! Ma la presenza di Momo mi rende nervoso, sai com’è» si lamentò. Sperava tanto di non incrociarla. Non avrebbe saputo che dirle e d’altronde cosa si diceva in certi casi? Scusa se sono stato l’amante di tuo marito? Scosse la testa, cercando di non pensare a Sosuke. Lui non l’aveva più cercato e d’altronde era giusto così. Era quello che voleva, no?
Lui non fa mai quello che dico, ha dovuto cominciare proprio adesso.
«Ti prego, niente scenate. Sennò Yumichika ci ammazza» gli suggerì la sua ex.
Non aveva intenzione di fare scenate. Sperò che fosse lo stesso anche per gli altri.
Il resto degli invitati prese posto e i bambini, sotto direzione di Yachiru Zaraki, si accomodarono tutti insieme. Anche Hayato era arrivato da poco, seduto rosso in viso tra Rin e Miyo. Rin sembrava particolarmente euforica, Miyo più tranquilla.
«Hayato, quando ci sposiamo noi, voglio anche io un matrimonio bellissimo» decise. Hayato sentì le guance andare a fuoco. Sapeva di non doverci fare troppo caso, Rin blaterava sempre di sposarlo (e non solo a lui), ma in quel momento gli fece un effetto strano.
«Io non mi sposerò mai» rispose infatti, facendo una linguaccia. Poi Miyo gli diede una gomitata, gli fece segno di zittirsi. Un delicato suono di violini ed ecco che la marcia nuziale era iniziata. Ben presto le attenzioni degli invitati furono tutte su Yumichika, luminoso, bello (e nervoso) nel suo completo bianco. E i fiori in mano, perché aveva preteso i fiori, tulipani bianchi e profumatissimi. Ikkaku lo attendeva sotto l’arco e si era immobilizzato come un idiota nel vederlo. Allora Yumichika non era scappato, non aveva cambiato idea. Accanto a lui si ergeva Zaraki, che odiava i matrimoni e le smancerie come poche cose al mondo, ma che tutto sommato era soddisfatto del suo ruolo di testimone, e avrebbe afferrato Ikkaku nel caso fosse svenuto. E in effetti lo sposo era vicino allo svenimento, anche se era più lo shock e la consapevolezza dello stare per sposare il suo compagno di una vita. Renji, che aveva il colletto troppo stretto, sorrise quando vide arrivare Yumichika e guardò tra gli invitati. Byakuya era uno sfacciato che non aveva occhi che per lui, anche in un momento come quello, ma ne fu felice.
Yumichika arrivò di fronte il suo futuro marito, sorridendogli.
«Oggi sei bello quasi quanto me, tesoro» gli disse. E lo fece ridere.
«Questo non è possibile. Tu sei inarrivabile»
Zaraki tossì, in imbarazzo. Quei due dovevano proprio guardarsi in modo così innamorato? Al solo pensiero che anche lui potesse fare quella fine quasi si sentì male.
La cerimonia finalmente iniziò. Rukia e Neliel scattavano foto a più non posso, mentre i più sensibili si lasciavano andare alla commozione. Alcuni avevano un certo contegno, come Ichigo e Ishida. Altri decisamente meno.
«Urahara, la vuoi piantare? Mi stai dando fastidio» si lamentò Mayuri. Da un lato aveva Nemu, ma dall’altro aveva niente meno che Kisuke Urahara che piagnucolava come se non ci fosse un domani. Il primario si asciugò gli occhi con un fazzoletto.
«Mi dispiace, è che i matrimoni mi commuovono e mi fanno venire voglia di donare amore. Posso darti un abbraccio?»
«Fallo e questo matrimonio si trasformerà in un funerale» gli disse minaccioso, capendo che Urahara si era messo in testa di dargli fastidio. Nemu e Yoruichi intimarono loro di stare zitti come se si stessero rivolgendo a due bambini. Mayuri borbottò qualcosa e si imbronciò, con Kisuke che continuava a molestarlo.
Anche tra i bambini c’era un gran fermento. Le bambine in particolare furono attentissime mentre Ikkaku e Yumichika si scambiavano le promesse e poi le fedi. Nemmeno Masato e Yuichi erano rimasti indifferenti a tanto amore nell’aria. Anzi, ad un certo punto Masato si era accorto di come Yuichi lo fissava.
«Perché mi guardi così?» domandò. Yuichi sospirò e poi sorrise.
«Niente, pensavo… perché quando diventiamo grandi questa cosa non la facciamo anche noi?»
Masato era rimasto immobile, con il cuore che batteva all’impazzata. Una promessa d’amore da mantenere fino a quando sarebbero cresciuti? Masato in quel momento non pensò che spesso le cose cambiavano crescendo. Sapeva solo che Yuichi era la sua persona speciale e che probabilmente lo sarebbe stato per sempre. Così annuì energicamente.
«Ma certo. Lo voglio fare!» disse ad alta voce e Naoko, che si trovava in mezzo a loro, li zittì sonoramente. Un matrimonio, pensarono entrambi, si trattava di qualcosa di davvero bello e speciale. Quindi perché non scegliersi a vicenda?
Yumichika e Ikkaku si baciarono. E Masato sentì uno sfarfallio allo stomaco, vagando con l’immaginazione in un futuro lontano. Ad un tratto si sentì la voce di Yachiru, che si era trattenuta anche troppo per i suoi gusti.
«Siii, viva gli sposi! Vi voglio beneee!»
Ikkaku la guardò male, ma era fin troppo addolcito nell’abbraccio di suo marito per badarci. E poi si udì uno scrocio di applausi.
«Che carini» disse Rukia, asciugandosi una lacrima. «Finalmente si sono sposati. Piango sempre ai matrimoni. A te non capita mai, nii-san?»
Byakuya, seduto accanto a lei, in parte aveva seguito la cerimonia, ma per buona parte aveva fissato Renji per tutto il tempo. Non era da lui, ma stava iniziando a comprendere che l’amore spesso ti cambiava.
«Lascia perdere, Byakuya ha la testa da un’altra parte» disse infatti Ichigo. Byakuya finalmente lo sentì e tossì, in imbarazzo.
«Non so di cosa state parlando. Piuttosto, vado a congratularmi con gli sposi.»
 
Renji adesso si sentiva sollevato. Si sentiva nervoso come se il matrimonio fosse stato il suo (anche se fare da testimone, specie poi ad uno come Yumichika, non era certo una passeggiata). Si era sbottonato il colletto per cercare di respirare, e poi vide Byakuya che gli si avvicinava.
«Come sono andato? Ero terrorizzato all’idea di sbagliare» ammise.
«Sei andato molto bene. Tu sei… come dire. Sei perfetto» gli disse Byakuya e nel sentire quel complimento tanto inatteso, Renji arrossì.
«Figurati, sono molto imperfetto, invece.»
Non agli occhi di Byakuya però. Byakuya che ora gli aveva poggiato una mano sul petto e Renji che invece gliel’aveva poggiata su una guancia, dimenticandosi del fatto che fossero in pubblico e che nessuno (esclusi i suoi familiari) sapessero.
«Ah, vedo che sei in compagnia, eh!»
Yumichika si era avvicinato stretto a Ikkaku. Già, Byakuya almeno in teoria era andato a congratularsi con loro, e invece aveva deviato. Si staccò da Renji.
«Congratulazioni a tutti e due. Bella cerimonia.»
«Già, puoi ben dirlo. Tutto questo sforzo è servito» sospirò Ikkaku, infinitamente più rilassato. Yumichika invece non aveva staccato gli occhi da Renji.
«Ma per caso vi siete messi insieme?»
Renji guardò Byakuya. E adesso? Anche se il loro rapporto era molto migliorato, non si erano ancora messi d’accordo sul dirlo o meno a tutti.
«No» rispose di getto.
«Sì» rispose Byakuya senza remore, stringendogli un braccio avvicinandolo a sé. «Stiamo insieme.»
Stiamo insieme, lo aveva detto davvero ad alta voce. Senza vergogna, senza alcun dubbio. Se avesse visto l’espressione sconvolta di Renji, probabilmente lo avrebbe trovato buffo.
«Sì?! E non mi hai detto niente? Ma che razza di testimone sei, si può sapere? Ikkaku, tu ne sapevi qualcosa?» domandò Yumichika, offeso. Ikkaku fece spallucce.
«… Avevo intuito qualcosa.»
Ma Renji non li stava ascoltando. Fissava Byakuya, il quale doveva essersene accorto, perché ad un certo punto si era voltato chiedendo cosa?
Renji scosse la testa.
«Niente. È tutto assolutamente perfetto.»
 
Il ricevimento si sarebbe tenuto nella stessa location della cerimonia e di questo Shinji ne fu grato. Se i Vizard dovevano esibirsi, non c’era tempo da perdere. La cosa interessante era che, da quando lui e Hiyori avevano smesso di litigare e avevano invece iniziato a collaborare, il lavoro andava molto meglio.
«Avete sistemato gli strumenti? Se non lo avete fatto, fatelo. Hiyori, lascio il controllo a te, io vado a vedere se hanno iniziato a servire gli alcolici, perché ne ho bisogno!»
Shinji si era depresso. La cerimonia inevitabilmente lo aveva fatto pensare a Sosuke e se c’era una cosa che odiava era essere di un sentimentalismo del genere. Ecco perché per quella sera voleva bere, seguire la band e non pensare.
Momo non gli toglieva gli occhi di dosso mentre Toshiro le parlava. La cerimonia l’avevano seguita distanti, lui seduta accanto a Gin e Rangiku, lei due file davanti.
«Credi che serva a qualcosa fingere? Oramai lo sapranno tutti di noi» le disse Toshiro, tenendo in mano un bicchiere.
«Eh? Ah, sì. Lo so, è solo che volevo essere discreta, ma in effetti…»
Non è che Toshiro si sentisse completamente a suo agio. Nessuno dei suoi amici lo avrebbe mal giudicato e lo sapeva, ma era comunque strano se pensava che al posto suo avrebbe dovuto esserci Aizen. Si era poi accorto di come Momo non togliesse gli occhi di dosso a Shinji.
«Ma cosa c’è?» le chiese infatti.
«Io… io voglio parlare con lui.»
«A-aspetta!» il ragazzo l’afferrò per un polso. «Sei sicura che sia il caso? E se litigate?»
«Non voglio litigare, voglio solo parlargli. Davvero, Toshiro» Momo lo guardò in un modo che Toshiro non poté fare altro che lasciarla andare, anche se a malincuore. Lì intorno, Miyo giocava con Hayato. Avrebbe tanto voluto che per gli adulti fosse così facile, lasciarsi tutto alle spalle e dimenticare. Ma dimenticare non era facile. Shinji si era avvicinato ad un cameriere e aveva preso qualcosa da bere. Il sollievo dato dall’alcol fu immediato.
«Amh… Shinji» lo chiamò lei, arrivandosi alle spalle. Lui spalancò gli occhi e pian piano si voltò. Non si vedevano dal giorno in cui Miyo aveva avuto l’incidente e nemmeno allora si erano parlati molto.
«Momo… cioè, Hinamori» disse, un po’ teso.
Quindi eccolo lì, l’uomo che amava suo marito. L’uomo che probabilmente anche suo marito doveva amare. Aveva fatto male. Adesso il male stava sfumando.
«Ti prego, non agitarti, non sono qui per crearti problemi. Io in realtà ero venuta qui perché…. Perché volevo chiederti scusa. Mi dispiace averti colpito quella volta e averti detto quelle cose orribili. Non è da me, ma ero così arrabbiata.»
Shinji non capiva perché lei gli stesse chiedendo scusa. Era stato lui a rovinare la sua famiglia, era quello che continuava a ripetersi.
«Me la sono cercata, io non dovevo fare l’amante di un uomo sposato, tanto per cominciare» disse, un po’ in imbarazzo mentre si lisciava i capelli.
«È… è vero, ma non mi pare che io mi sia comportata meglio. Penso che alla fine sia stato meglio così, Sosuke non mi amava da tempo. E mi sono resa conto che nemmeno io lo amavo come pensava. Io amo Toshiro» e dicendo ciò sorrise. «Ed è evidente che Sosuke ama te.»
Era quello che Shinji aveva creduto. Era stata un’illusione dolce in cui crogiolarsi.
«Forse non mi ama abbastanza perché non sono abbastanza per lui. Mi vedi, no?»
Momo si fece seria e l’osservò. Per lei era strano parlare a quel modo all’amante di Sosuke, ma in parte sentiva di poterlo capire.
«Sì, ti guardo. Tu sei il suo totale opposto, credo sia anche per questo che vi attraete. E poi, anche se è doloroso da ammettere, lui ti guarda come non guarda  nessuno. Se lo conosco bene, credo che non sappia come gestire questo sentimento così grande. Forse ne ha addirittura paura. Lui è uno che ottiene sempre quello che vuole e se ti lascia andare è un idiota totale. Ognuno ha la propria persona. Non pensi?»
Shinji sentiva la gola e gli occhi bruciare. E non era l’alcol. Se una cosa del genere l’aveva capita perfino Momo, perché Sosuke non la capiva?
«… Io ho voluto chiudere con lui. E lui non va dietro a nessuno.»
«È vero, ma… già una volta ti è venuto dietro» disse Momo. Poi furono interrotti dalle grida entusiaste di Miyo e Hayato, lui che aiutava lei a fare scorta di stuzzichini. Momo sorrise nel vederli.
«Dovremmo proprio prendere esempio dai nostri figli, non pensi?»
«Già, ma casco male qui. Miyo è molto più matura di me. Ad ogni modo non credo che tra me e Sosuke le cose andranno bene, oramai ci ho rinunciato. Ma tu e Toshiro funzionerete. Trattamelo bene il piccoletto.»
Toshiro, avvertendo la tensione farsi meno tesa, era arrivato accanto a Momo.
«Piccoletto a chi?»
 
Si era fatta sera e c’era profumo di fiori. C’era perfino qualche lucciola, come se si trovassero in estate piena.
Il ricevimento iniziò ben presto e i Vizard diedero ben presto inizio alla festa. Anzi, prima della festa vera e propria ci voleva un ballo lento, per la gioia delle coppie e a disperazione dei single. La cantante Lisa aveva preso a cantare una canzone strappalacrime e romantica, con Yumichika al centro che ballavano.
«Amo questa canzone!» gridò Neliel tirando Nnoitra per un braccio. «Andiamo.»
«Per l’amore di… odio i lenti!» si lamentò lui, venendo trascinato senza sforzo alcuno da sua moglie. Grimmjow bevve, era già il terzo drink.
«Anche io li detesto!» si lamentò. Poi si accasciò e poggiò la testa sul tavolo. Infine sollevo lo sguardo e si accorse di una ragazza bionda, alta e dalla carnagione scura vicino al buffet. Nessun accompagnatore vicino a lei, quindi forse poteva avere il via libera.
«Amh… vado a prendere qualcosa da mangiare» disse a Ulquiorra, il quale però lo udì a malapena. Anche lui era stato trascinato da Orihime, seguiti poi da Tatsuki e Ishida e da Karin e Chad.
 
«Mayuri, balliamo?» domandò timidamente Nemu a suo marito. Oh, erano anni che non facevano una cosa del genere, non era proprio da loro. Ai però sbucò all’improvviso.
«No, no, il primo ballo con me, con me!» esclamò tutta agitata. Nemu inarcò un sopracciglio, non aveva tenuto di conto di avere una rivale.
«Ma questo è un ballo per coppie.»
«E chi se ne infischia! Papà, scegli me, dai!»
Questa poi era veramente una situazione surreale. Mayuri sospirò e scosse la testa.
«Silenzio. Ballo con tutti e due, non c’è bisogno di litigare. Però vi avverto subito, se Kisuke Urahara fa un’altra mezza battuta gli infilo la testa nella fontana»
Ai si portò le mani davanti la bocca e rise. E rise anche Nemu, che si sentiva così enormemente grata e felice che tutto stesse andando bene.
Nel frattempo anche i bambini erano stati coinvolti da quel momento magico: Kiyoko riuscì ad ottenere il suo ballo con Kaien, Naoko si divertì a ballare con Kohei. Yami fece coppia con suo fratello fino a quando non furono raggiunti da Ai e allora la sorella le cedette volentieri il fratello. Yuichi aveva abbracciato Masato e allora avevano preso a muoversi lentamente, a girare, dimenticandosi di tutto. Rin invece se ne stava appiccicata ad Hayato, il quale più che ballare si muoveva appena, rigido come un bastone.
«Aaah, mi sento proprio una principessa con il proprio principe. Allora mi sposi? Adesso che posso scegliere io se sposarti o no, lo preferisco»
Hayato s’imbronciò.
«Non lo so, ci devo pensare. Posso ballare anche con Miyo?» domandò cauto. Rin si sarebbe ingelosita se fosse stato qualcun altro, ma visto che era la sua migliore amica, allora…
«Va bene. Ma non vi baciate o mi arrabbio!»
Hayato pensò che a baciare Miyo non ci pensava proprio, lei non gli piaceva in quel senso. Si avvicinò a Shinji che stava cautamente facendo fare una giravolta a Miyo.
«Emmh…. Signor Shinji, p-posso ballare con Miyo?» domandò in imbarazzo. Padre e figlia assunsero un’espressione sorpresa e lo stesso Shinji avvertì la dolcezza e l’amarezza di quel momento.
«Sì, immagino di sì. Se lei vuole, allora…»
«Voglio!» esclamò porgendogli la mano buona. «Ma piano, perché sono monca.»
Hayato le prese la mano e poi guardò Shinji. Si sentiva in dovere di dire qualcosa, qualsiasi cosa.
«Comunque, anche se ancora lei non mi piace proprio molto, penso che se ama mio padre dovreste stare insieme e basta. Altrimenti tutto questo sarà stato inutile, ecco.»
Miyo disse all’amico che era assolutamente d’accordo, Shinji invece si portò una mano sul viso. Tutti avevano capito. Tranne lui. Guardò Miyo e Hayato e pensò che per lui quella sera non ci sarebbe stato un lieto fine.
 
Aizen si era seduto in auto, ma non era ancora partito. C’era solo una meta dove poteva andare, quella più giusta. Oppure avrebbe potuto lasciar perdere tutto e tornare indietro. Ma sì, niente glielo impediva. Poi però ripensò alle parole di Gin.
Forse quella era la sua ultima possibilità.

Nota dell'autrice
Un bel matrimonio, eh? Ma non è ancora finito, tra l'altro Aizen deve ancora fare la sua mossa... quindi non mancheranno le sorprese. Sono quasi tutti felici e contenti, magnifico. Siamo quasi alla fine, ma a dopo i sentimentalismi.
Alla prossima :)
Nao
   
 
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