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Autore: Carmaux_95    24/07/2022    9 recensioni
«Fushiguro», lo sentì cantilenare per l’ennesima volta. «Non riesco a dormire. Guardiamo un film? Magari uno con Jennifer La-»
«No».
«Questo futon è scomodo. Non possiamo dividerci il letto?»
«No».
«Ma sto troppo scomodo!»
Megumi alzò gli occhi al cielo senza rispondere.
«Fushiguro… non potresti… fare quella cosa?»
«Quale cosa?»
«Quella che hai fatto l’altra notte per rilassarti.»
Il ragazzo arrossì leggermente: aveva aspettato che Yuji si fosse addormentato per farlo. O almeno così credeva. «No».
«Ma… perché no?»
[Itafushi fluffosi e hurt-comfortosi]
[ambientazione: metà prima stagione + qualche spoilerino degli ultimi due episodi]
Genere: Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fushiguro Megumi, Itadori Yuji
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Heartbeat Lullaby
 
C’erano tanti modi per descrivere Satoru Gojo.
Itadori avrebbe sfoderato il suo solito sorriso: «È il prof!»
Kugisaki avrebbe probabilmente scrollato le spalle: «Se devo essere sincera non è che lo conosca chissà quanto».
Inumaki avrebbe argomentato in modo inattaccabile: «Salmone».
Nanami sarebbe stato lapidario: «È un frivolo e, sebbene mi fidi di lui, non lo rispetto».
Quanto a lui, Megumi avrebbe potuto dire di tutto su Satoru Gojo: che – come chiunque avrebbe corroborato – era semplicemente il più forte; che aveva bloccato la sua vendita al clan Zenin e lo aveva “adottato”… avrebbe potuto dire che, più o meno, era il suo salvatore.
Allo stesso tempo avrebbe potuto dichiarare che non esisteva al mondo persona che avrebbe voluto prendere a pugni più di Satoru Gojo.
Certo, non era colpa sua se Todo aveva deciso di usare Megumi come punching ball personale, scaraventandolo contro i dormitori e facendogli sfondare la camera di Itadori (riconosciuta grazie a quel poster di Jennifer Lawrence che gli si era depositato in testa dopo che la parete alla quale era appeso era stata frantumata).
Era tuttavia decisamente colpa di Gojo se, adesso, Fushiguro si trovava a dover dividere la propria stanza con il compagno di corso.
«Ci sono un sacco di altre stanze libere!»
«È meglio se c’è più vita, no? Ti farà bene».
Si era morso l’interno della guancia, sbuffando, e Itadori era entrato in camera sua quasi saltellando e stringendo fra le mani un futon.
«Potrebbe aiutarti con quel problemino…», aveva aggiunto Gojo con un velo di malizia.
«Ti prendo a pugni!»
Fushiguro non si lasciava spaventare facilmente e aveva a che fare con demoni, ombre e maledizioni fin da bambino.
Se solo fosse riuscito a tenere a bada i propri incubi nei mesi passati…
Gojo, per quanto infantile sapesse essere, se ne era accorto subito. Non che la sua soluzione per conciliare il sonno, ovvero mangiare kikifuku mochi – in particolar modo quelli ripieni di crema di edamame e panna – fosse stata giudiziosa, oltre che efficace: quella notte non aveva dormito non tanto per gli incubi ma per la nausea dovuta ad una brutta indigestione.
E quella di prendere il soggetto e la vittima dei suoi incubi e farlo temporaneamente trasferire nella sua camera era un’altra soluzione altrettanto insensata.
Anche se, certo: non puoi avere incubi se non riesci nemmeno a chiudere occhio.
E Itadori, continuando a lamentarsi, sembrava proprio intenzionato a tenerlo sveglio tutta notte, come la notte precedente.
«Fushiguro», lo sentì cantilenare per l’ennesima volta. «Non riesco a dormire. Guardiamo un film? Magari uno con Jennifer La-»
«No».
«Questo futon è scomodo. Non possiamo dividerci il letto?»
«No».
«Ma sto troppo scomodo!»
Alzò gli occhi al cielo senza rispondere.
«Fushiguro… non potresti… fare quella cosa?»
«Quale cosa?»
«Quella che hai fatto l’altra notte per rilassarti.»
Il ragazzo arrossì leggermente: aveva aspettato che Yuji si fosse addormentato per farlo. O almeno così credeva. «No».
«Ma… perché no? Si chiama pet therapy, giusto? Sono sicuro che accarezzando il tuo cane di giada riuscirei a calmarmi e ad addormentarmi… come hai fatto tu».
 
*
 
Era tutta colpa di Gojo.
Itadori sprimacciò il cuscino e si sistemò meglio sotto le coperte, il materasso già riscaldato dal corpo di Fushiguro spostatosi di lato per fare spazio al compagno di classe.
Megumi sapeva di aver appena firmato la sua condanna e pur con questa consapevolezza si era rifiutato di evocare i suoi shikigami. Erano qualcosa di troppo personale perché venissero evocati solo a quello scopo. Certo, lo aveva fatto lui per primo ma era stato diverso perché…
Insomma, non è che dovesse giustificarsi!
Semplicemente condividere il letto con Itadori gli era sembrata l’opzione migliore, ecco!
Socchiuse gli occhi ma – «Mi dispiace: il tuo amichetto non tornerà» – li spalancò subito nuovamente.
La prima volta era bastata solo la sua voce avvolta dall’oscurità a strapparlo al sonno.
Come se la mano di Sukuna avesse perforato la barriera dei suoi sogni per trascinarlo sulla superficie della veglia. Esattamente come aveva fatto strappando il cuore di Itadori, estirpandolo dal suo petto come fosse stato erbaccia.
Quell’immagine lo aveva tormentato a lungo nel silenzio delle notti, accompagnata dalla risata derisoria di Sukuna: «Non c’è bisogno di spaventarsi tanto».
La sua mente non doveva nemmeno lavorare di fantasia per proporgli l’atmosfera orrida tipica di un incubo; era grottesco esattamente come lo aveva vissuto di persona.
Gli tornò in mente il suggerimento di Gojo: “Potrebbe aiutarti con quel problemino”.
A cosa alludeva, con quel sorrisetto, quello sfrontato di Gojo? Insomma, lo conosceva da quando era piccolo per cui sapeva bene che non avrebbe ammesso il proprio tormento davanti al chissà come sopravvissuto Itadori – o a chiunque altro.
A parte Gojo… ma con lui era stato diverso: gran parte del merito andava a quest’ultimo e al suo essere terribilmente estenuante. Megumi aveva temuto di ritrovarsi con quello strambo che faceva irruzione durante le lezioni e gli allenamenti per tampinarlo fino a quando non avesse ottenuto una risposta… esattamente come faceva quando andava ancora alle medie. Tuttavia, da un certo punto di vista, Satoru Gojo era la sua famiglia, ciò che più si avvicinava ad una figura paterna, e per quanto immaturo sapesse essere non gli negava mai momenti di seria affettuosa dedizione.
Che, quindi, non volesse sottintendere niente ma gli stesse semplicemente consigliando di concedersi un attimo di umana debolezza?
Quando Itadori era crollato in terra, l’ombra di un ultimo sorriso ancora impressa sul suo volto, era rimasto pietrificato lì dove si trovava mentre la pioggia mimetizzava le lacrime sulle sue guance.
Trovata la forza di muoversi si era inginocchiato e lo aveva trascinato al riparo dal temporale.
Lo avevano trovato lì seduto in terra, la schiena di Itadori appoggiata inerme contro il suo petto, con una mano a coprire la voragine vermiglia da cui ancora sgorgava sangue.
«Che fai?»
Megumi, come si fosse ustionato, ritrasse la mano che non si era reso conto di aver appoggiato sul petto di Itadori, in quel medesimo punto.
«Fu-»
«Mettiti a dormire».
«Ma-»
Si voltò dandogli la schiena per nascondere l’imbarazzo: «Mettiti a dormire o ti caccio fuori».
 
*
 
Si stropicciò il viso con la mano tentando di scacciare il sonno che gli appesantiva le palpebre.
Dopo la spiacevole figura di prima, l’idea di svegliarsi urlando con Itadori al suo fianco lo infastidiva e metteva ancora più in imbarazzo.
Sapeva che non sarebbe stato preso in giro – Yuji non lo avrebbe mai fatto – ma non si sentiva comunque pronto ad esternare i propri timori e le proprie emozioni.
Non ora che, rigirandosi sul materasso per incontrare il viso assopito del ragazzo dai capelli rosa, la sua mano si trovava di nuovo a qualche centimetro dal suo petto robusto.
Cercò di ignorare i propri pensieri, invano: non si sarebbe dato pace fino a quando non lo avesse constatato di persona.
Timoroso di svegliarlo, indirizzò la mano altrove. Le dita scivolarono delicatamente dal palmo di Yuji al suo polso e vi si soffermarono. Ispezionò ogni millimetro di epidermide; studiò ogni minima imperfezione fino a quando si fermò in un punto specifico, in una disperata ricerca.
Silenzio.
Si ritrovò a trattenere il fiato.
Poi all’improvviso lo sentì.
Tu-tum. Tu-tum. Tu-tum.
Percepire finalmente quella pulsazione sotto i polpastrelli gli strappò dai polmoni un sospiro sollevato.
Tu-tum. Tu-tum. Tu-tum.
Era davvero vivo.
Era davvero… lui.
Sukuna era ancora lì da qualche parte ma, in quel momento, il ragazzo disteso al suo fianco era semplicemente Yuji, con il suo coraggio e il suo sorriso allegro e spensierato… merce così rara tra gli stregoni.
Tu-tum. Tu-tum. Tu-tum.
Chiuse gli occhi.
Tu-tum. Tu-tum. Tu-tum.
Forse fu la stanchezza a parlare ma il battito cardiaco di Itadori gli sembrò quasi una delicata ninna nanna.
Con un sorriso appena accennato, assaporò quel ritmo che quasi gli provocò un brivido a partire dal polso, lungo le braccia, sul collo e infine sulla nuca come se lo avesse avvolto in una carezza.
Esalò un mugolio e abbandonò la mano su quella di Yuji, lasciandosi andare al sonno.

 
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Sapeva bene che rispuntare all’Istituto di Arti Occulte da un giorno all’altro dopo che i suoi amici lo avevano ritenuto morto per settimane avrebbe comportato delle conseguenze.
E Fushiguro non era mai stato di molte parole, quindi era spesso difficile capire cosa gli passasse per la testa. In principio, Itadori aveva semplicemente ritenuto che fosse arrabbiato con lui – ne avrebbe avuto ogni motivo.
Tuttavia, quella sua logorante guerra contro il sonno gli lasciava più interrogativi che risposte.
Dopo averlo sorpreso a sfiorargli il petto e averlo visto barricarsi ancora di più in sé stesso, Itadori aveva ritenuto meglio non insistere. Perciò era rimasto in silenzio ad osservarlo, fingendosi addormentato.
Non aveva colto il motivo di quel suo strano gesto fino a quando non lo aveva visto cercare la sua mano, stringerla appena per poi sospirare e, finalmente, chiudere gli occhi per addormentarsi.
Allora aveva capito.
Megumi poteva apparire glaciale e Yuji, che lo conosceva e sapeva quanto non fosse vero, si sentì terribilmente in colpa al pensiero che il ragazzo avesse passato notti insonni per colpa sua: Fushiguro, che senza neppure conoscerlo aveva deciso di salvargli la vita senza mai pentirsene nonostante le conseguenze, non se lo meritava.
Assaporò quel suo sospiro così pieno di significato e gli sfiorò la mano. Risalì lungo le braccia e il collo fino a raggiungere la nuca dove le sue dita si depositarono, accarezzando quelle ciocche nere così disordinate e morbide.
Il mugolio che ottenne in risposta gli fece capire che non sarebbe più riuscito a farne a meno. Lo strinse a sé lasciando che, troppo sonnolento per rendersene conto, Megumi si abbandonasse sul suo petto.
Chiuse gli occhi a sua volta e lo abbracciò, a sancire una promessa: in un mondo avvolto da oscurità e maledizioni, il buio faceva luce a troppi demoni ma dormire in due rendeva la notte meno opaca; da quel momento in poi sarebbero riaffiorati dalle ombre insieme.

 
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Angolino autrice:
Buona sera e buona domenica!
Dopo un mese di nulla cosmico e di serate passate a tirare maledizioni (anche per il caldo ‘^^) e a infastidire gente disperandomi per messaggio (scusa Leila T^T), finalmente oggi sono riuscita a sbloccarmi e a buttare giù qualche riga.
Era da un po’ che volevo fare il mio ingresso in questo fandom e, sebbene non sia convintissima del risultato di questa mia prima shottina – dato che, complice il caldo, non ho avuto la testa di rileggerla –  sono felice che questi due pulcini mi abbiano dato un po’ di ispirazione ♥
Non ho molto altro da aggiungere (se non che sto progettando da un po’ un AU con questi stessi personaggi… ^^), spero che vi sia piaciuta e che, nonostante il caldo, gli Itafushi vi abbiano scaldato un po’ il cuore.
Grazie a chi ha letto e a chi vorrà lasciare un piccolo parere ♥
A presto! ^^
Carmaux
  
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