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Autore: ValeDowney    24/07/2022    3 recensioni
Stephanie Strange , brillante laureanda in Medicina alla New York University, comincia a sentire strette le maglie del camice bianco da neurochirurgo che il padre vorrebbe farle indossare. E se il padre è il famoso Doctor Stephen Strange, allora la faccenda si complica
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor Stephen Strange, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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UNA VITA IN GABBIA
 
 

Capitolo XI: L'amore di un padre


 
Stephen e Wong si trovavano nella biblioteca. Stephen era seduto, tenendo il gomito appoggiato sulla tavola e la mano sotto il mento. Sembrava pensieroso e preoccupato allo stesso tempo. Di tanto in tanto, guardava verso l’entrata della biblioteca, sperando nella comparsa della sua bambina, ma ciò non avveniva. Probabilmente si trovava ancora fuori a giocare con la cappa. Poi spostò lo sguardo sul bibliotecario; questi sembrava nemmeno non notarlo. Riguardò avanti, quando Wong ritornò, tenendo in mano un libro.
“Hai fatto presto” gli disse. 
“Sei stato veloce a memorizzare l’incantesimo e rimettere al suo posto questo libro. Ma non abbastanza da riagganciarlo alle catene” disse Wong.
“Avevo fretta di evitarti” disse Stephen. Wong sospirò e, mentre sfogliava il libro, Stephen aggiunse: “Cosa significava quel sospiro? Non volevi vedermi?”.
“Vuoi un elenco delle regole che non hai rispettato?” gli domandò.
“Mi metterai in punizione? Non pensavo di aver fatto il bambino cattivo” disse Stephen. Wong lo guardò alzando un sopracciglio; poi riguardò il libro e, continuando a sfogliarlo, chiese: “Sei proprio sicuro di aver memorizzato tutto l’incantesimo?”.
“Certo. Se no come mi spieghi che Stephanie sia ritornata bambina?” disse Stephen.
“E’ una fortuna che tu abbia una memoria fotogenica. Ci sono stati stregoni che ribadivano di saper imparare a memoria un incantesimo, per poi combinare disastri naturali” disse Wong.
“Be’, quegli stregoni non erano me” disse Stephen, sorridendo.
“E, visto che sei sicuro al cento per cento di aver memorizzato tutto, allora ti ricorderai anche delle avvertenze” disse Wong.
“Ecco…c’erano delle avvertenze?” disse Stephen. Wong inarcò nuovamente un sopracciglio, quindi Stephen aggiunse: “Oh certo, quelle avvertenze. Cioè…che dicevano…be’…lo sai anche tu. Sei lo stregone supremo dopotutto: dovrai sapere ogni cosa”.
“Bene, quindi saprai che l’effetto dell’incantesimo ha una durata di quarantotto ore, dal momento in cui è stato lanciato? E, se si vuole spezzarlo, bisogna riportare il soggetto dove è stato praticato?” domandò Wong.
“No, un momento, non c’era scritto così!” replicò Stephen, alzandosi e prendendo il libro dalle mani di Wong. Diede una letta veloce alle pagine, notando solo in quel momento delle avvertenze in fondo alla seconda pagina. 
“Dove hai lanciato l’incantesimo?” gli chiese Wong.
“Al Sanctum Sanctorum. Nella camera da letto di Stephanie” rispose Stephen, continuando a guardare le pagine.
“E ti ricordi anche l’orario?” domandò.
“Era mezzanotte” rispose. Poi lo guardò: “Ma questo cosa c’entra? Abbiamo tutto il tempo”.
“No, Strange. È vero, c’è scritto che l’effetto dell’incantesimo ha una durata di quarantotto ore dal momento in cui è stato lanciato. Ma c’è anche scritto, che può essere irreversibile se non si porta la persona interessata nel luogo giusto. È tempo che tu faccia una scelta” spiegò Wong.
“Non farò ritornare mia figlia com’era prima” ribatté Stephen, chiudendo il libro e depositandolo sulla tavola.
“Riflettici, Strange. Non puoi far rimanere per sempre Stephanie una bambina” disse Wong.
“Non rimarrà per sempre una bambina: crescerà come tutti gli altri” disse Stephen e si incamminò. Wong lo seguì: “Non è come anni fa: è vero, crescerà, ma vuoi morire prima di lei? Ho visto come faticavi a starci dietro”.
“Era solo una tua impressione. Sono perfettamente capace di prendermi cura di una bambina di quattro anni. L’ho già fatto in passato” disse Stephen.
“Era diverso: non avevi tutti i problemi di ora. Conducevi una vita agiata; avevi il mondo ai tuoi piedi e primeggiavi su tutti. Per non parlare della strada che stavi creando per Stephanie” disse Wong.
“Non mi sembra che, ora, le cose siano poi così diverse: conduco ancora una vita agiata; primeggio sugli altri e sto tracciando la strada per la mia Stephanie. È tutto come prima” disse Stephen.
“E’ tempo che tu faccia una scelta” disse Wong. Stephen si fermò, per poi voltarsi: “Non decidi tu per me! So io cosa è meglio per Stephanie! Ho cercato di tutto pur di proteggerla e, ora che ho più possibilità di farlo, non mi farò scappare questa occasione!” e, rivoltandosi, si incamminò. Wong sospirò, per poi seguirlo.
Si fermarono all’ingresso del tempio. Stephen si guardò intorno, non vedendo la figlia da nessuna parla. Quindi la chiamò: “Stephanie. Stephanie. Cucciola, dove sei?” Ma nessuno rispose.
“Probabile che sia fuori a giocare” disse Wong. Così uscirono dal tempio, ma videro solamente gli apprendisti e gli insegnanti nel cortile centrale. Stephen iniziò ad ansimare. La sua piccola non c’era da nessuna parte. Strinse le mani a pugno ed iniziò a formarsi qualcosa dentro di sé. Sentì come una forte rabbia ma, allo stesso tempo, anche paura.
Wong si accorse dell’improvviso cambiamento dell’amico, quindi gli disse: “Strange, cerca di calmarti. Vedrai che Stephanie sarà qui da qualche parte. E poi non dimenticarti che con lei c’è anche la tua cappa: la proteggerà”.
“Ho come la sensazione che le possa essere accaduto qualcosa” disse Stephen.
“Ora non trarre conclusioni affrettate” disse Wong.
“Un padre lo sente, quando la propria figlia è in pericolo” disse Stephen guardandolo e portandosi una mano sul petto. Poi aggiunse: “Ma è anche vero che tu non puoi capirlo”.
“Cerco solo di non farti perdere la ragione. Potresti diventare molto pericoloso e non posso permettere la distruzione di Kamar-Taj. Quindi, per favore, ascoltami e, per il momento, reprimi la tua rabbia. Chiederò agli apprendisti ed insegnanti se l’hanno vista e, da lì, potremo iniziare con le ricerche. Non credo si possa essere allontanata più di tanto con la tua cappa al seguito: quell’oggetto è molto più intelligente di parecchie persone che conosco” spiegò Wong, guardandolo a sua volta. Stephen non aggiunse altro.
Nel frattempo, Stephanie si stava avventurando sempre di più nella foresta, con la cappa che la seguiva, standole il più vicino possibile.
Si guardava intorno, alzando lo sguardo e cercando di vedere le punte più alte degli alberi, quando sentì un rumore. Si fermò, così come la cappa che le volò accanto: davanti a loro c’era un coniglietto.
“Assomiglia al mio coniglietto di peluche. Forse, se lo prendo, posso mostrarlo a papà e chiedergli se possiamo portarlo a casa” disse Stephanie. La cappa “scosse” negativamente la parte superiore. La bambina la guardò: “Perché no? Dove abitiamo c’è tantissimo spazio e, poi papà mi dice sempre di sì. Mi compra qualsiasi cosa. Piacerà anche alla mamma” e, rivoltando lo sguardo in avanti, si avvicinò lentamente al coniglietto.
Cercò di compiere passi brevi e silenziosi in modo da non spaventare il coniglietto ma, appena gli fu vicino, l’animaletto alzò lo sguardo e drizzò le orecchie, per poi correre via.
“No, non te ne andare” disse Stephanie. Stava per seguirlo, quando si sentirono dei rumori. Qualcuno si stava muovendo tra gli alberi. La bambina vide dei movimenti veloci. La cappa si mise davanti a lei, quando, comparvero delle persone: due uomini ed una donna. Questi la guardarono, compiendo qualche passo verso di lei e circondandola come avvoltoi.
“Ciao, piccola: cosa ci fa una bambina come te da sola in questo posto?” domandò la donna.
“Mi…mi sono persa” rispose con paura Stephanie.
“Che peccato e scommetto che i tuoi genitori saranno molto preoccupati” disse la donna.
“C’è solo il mio papà e si trova al tempio con un uomo buffo” disse Stephanie. La cappa continuava a stare davanti a lei, “guardando” i tre che giravano intorno a loro.
“Quella cappa mi è molto familiare. Assomiglia molto a quella del Doctor Strange” disse la donna.
 “E’ il mio papà” disse entusiasta Stephanie. Poi chiese: “Anche voi lo conoscete?”.
“Certo. Lo abbiamo incontrato un po' di anni fa, ma non andavamo molto d’accordo” rispose la donna. Uno dei due uomini, invece, guardava la cappa, che volse “lo sguardo” verso di lui. Poi la donna propose: “Facciamo così: tu ci porti da lui ed io prometto che ripartiremo con il piede giusto”.
“Il papà mi ha detto di non parlare mai con gli sconosciuti” disse Stephanie.
“Hai parlato con noi fino adesso, no? Su, fa la brava e sono sicura che nessuno si farà del male” disse la donna. Nessuno si mosse. Poi, però, Stephanie corse via.
I tre le corsero dietro, ma la cappa riuscì a bloccare uno dei due uomini. La bambina continuava a correre e, di tanto in tanto, si voltava indietro per vedere i due che la inseguivano.
Contemporaneamente, la cappa si era messa sul viso di uno dei due uomini. Questi cercava di togliersela di dosso, quando ci riuscì, gettandola a terra. L’uomo corse dietro agli altri. La cappa si riprese, per poi volarsene via.
Stephanie continuava a correre, finché non si andò a nascondere all’interno di un piccolo tronco di un albero a metà. I tre si fermarono lì ed uno dei due uomini disse: “Dove si sarà cacciata quella mocciosa?!”.
“Sarà qua nei paraggi. Non penso possa essersi allontanata più di tanto senza quella cappa. Meglio tenere gli occhi aperti: il caro paparino potrebbe venirla a riprendere da un momento all’altro” disse la donna.
“Sempre se si è già accorto della sua assenza” disse l’altro uomo e se ne andarono. Stephanie sbucò con la testa, per vederli allontanarsi; poi rientrò nel tronco, sedendosi e portandosi le ginocchia al petto, appoggiando sopra di esse la testa e dicendo: “Papino dove sei?”.
Stephen osservava Wong, mentre parlava con ognuno degli apprendisti ed insegnanti. Stava in cima alle scale del tempio, con le mani chiuse a pugno, notando che nessuno pareva aver visto la sua bambina. Quella sensazione di prima; quell’odio si stava riformando dentro di sé. Se Wong non fosse stato nei paraggi, di sicuro avrebbe scatenato la sua ira.
Lo stregone supremo lo chiamò. Stephen lo raggiunse e Wong gli disse: “Sembra che nessuno l’abbia vista”.
“Come è possibile?!È una bambina, non un granello di polvere!” replicò Stephen.
“Calmati, Strange, te l’ho detto anche prima. Arrabbiarsi non risolverà la faccenda. Se non è qua, vorrà dire che sarà uscita dalle mura” disse Wong.
“Stephanie è intelligente: non farebbe mai una cosa del genere!” ribatté Stephen.
“Ma stiamo pur sempre parlando di una bambina: bisogna ragionare come lei. I bambini sono curiosi e, al primo movimento di qualcosa, vogliono scoprire che cosa sia. Sarà scappata via e la tua cappa, onde evitare che si trovasse in pericolo, l’ha seguita” spiegò Wong. Stavolta Stephen non replicò, ma si limitò a passare accanto all’amico, uscendo dalle mura di Kamar-Taj. Wong lo seguì, fino ai piedi della foresta e fu lì che trovarono il coniglietto di peluche. Stephen si abbassò per raccoglierlo.
“E’ della mia bambina” disse; poi si rialzò e, guardando verso la foresta, aggiunse: “E’ sicuramente andata lì dentro. Potrebbe essere in pericolo”.
“Dobbiamo andarci cauti: la foresta non è un posto sicuro” disse Wong. In quel momento, videro qualcosa muoversi velocemente tra gli alberi, diretto verso di loro. I due erano pronti a difendersi quando, quella cosa, si fermò: si trattava della cappa. Si muoveva in modo agitato, volando a destra ed a sinistra.
“Smettila! Non riesco a seguirti!” replicò Stephen. La cappa “lo guardò”, per poi indicare il peluche in mano a lui. Stephen lo osservò e capì; guardò Wong: “Me lo sentivo: Stephanie è in pericolo. Dobbiamo fare presto!”.
“La foresta è immensa: come faremo a trovarla in tempo?” domandò Wong.
“Sei lo stregone supremo e fai queste stupide domande?! Mi meraviglio che ti abbiano dato il titolo!” replicò Stephen e, dopo che la cappa se ne fu andata sulla sua schiena ed ebbe messo il peluche ben stretto nella cintura su un fianco, se ne volò via.
“Devo fermarlo prima che possa uccidere qualcuno” disse Wong, aprendosi un portale ed entrandoci.
Stephanie uscì dal suo nascondiglio. Si guardò intorno, cercando la via che l’avrebbe condotta a Kamar-Taj. Inoltre, era rimasta da sola: la cappa era sparita. Si incamminò, sperando di ritrovarla, quando qualcuno, da dietro, la prese per la maglietta. Era la donna di prima e, con lei, c’erano anche gli altri due uomini.
“Sapevo che non eri andata tanto lontana. Si sentiva così vicina la tua paura. Così persa senza quell’oggetto; così persa senza il tuo adorato papà. Ma non temere: presto lo rivedrai, in tempo perché lui possa guardare mentre metterò fine alla tua vita. Lo voglio vedere soffrire, come lui ha fatto soffrire tempo fa il nostro grande maestro Kaecilius. Eravamo così vicini a Dormammu, ma il caro Doctor Strange ha messo fine alla nascita di un grande impero. Forse non tutto è finito” disse la donna.
Stephanie la guardava con paura, quando le sputò in un occhio. La donna abbassò lo sguardo; poi riguardò la bambina, sorridendo maliziosamente. Le mise l’altra mano sul petto, tirandone via l’energia. Stephanie gridò.
Stephen stava sorvolando la foresta, guardando dappertutto, quando sentì gridare. Si fermò ed il nome di sua figlia uscì dalla bocca: “Stephanie!”. Velocemente scese, atterrando dalla fonte e fu lì che vide i due uomini e la donna, che stava assorbendo l’energia alla sua bambina. In un attacco di rabbia, Stephen creò un incantesimo, lanciandolo contro la donna, che lasciò cadere Stephanie.
Stephen cercò di andare da lei, ma gli altri due uomini lo attaccarono contemporaneamente. L’ex stregone supremo cercava di difendersi, anche se veniva ripetutamente picchiato. Fu a terra. I due uomini sopra di lui e la donna che avanzò, tenendo in mano una lancia di vetro appena creata: “Doctor Strange, sapevo che prima o poi avrebbe strisciato ai nostri piedi”.
“Lasciate stare mia figlia! Lei non c’entra niente!” replicò Stephen, togliendosi con il dorso della mano, un po' di sangue dal labbro inferiore.
“Oh, invece credo ci sarà molto utile. La sua paura, è nostra fonte di potere. Più grida e più ci rafforziamo. Come credi che siamo sopravvissuti per tutti questi anni?” disse la donna.
“Pensavo nascondendovi per la vergogna!” ribatté Stephen, quando uno dei due uomini lo calciò sul viso, facendolo cadere a terra. Stephanie guardava con le lacrime agli occhi, mentre quelle persone cattive facevano del male al suo papà. Poi però il suo sguardo divenne serio; si alzò ed avanzò verso di loro, stringendo le mani a pugni.
“Abbiamo sentito che non è più lo stregone supremo, quindi perché continuare a perdere tempo con lei? Forse, una volta, ci saremmo potuti divertire, anche se era ancora alle prime armi ma, ora, che senso avrebbe? Facciamo così: le daremo la possibilità di vedere la sua adorata mocciosa morire davanti ai suoi occhi e, poi, ci occuperemo di lei” disse la donna e, si voltò, proprio nel momento in cui Stephanie, creò una catena dorata, che lanciò addosso alla donna, tirandole via la lancia di vetro.
La donna la guardò malamente e, insieme ai due uomini, avanzò verso di lei. Stephanie indietreggiò e Stephen disse: “Stephanie, vattene via!”. Cercò di alzarsi, ma ricadde a terra.
La donna riprese la lancia di vetro; i due uomini crearono catene dorate. Poi la donna replicò: “Non avresti dovuto, mocciosa! A giocare troppo con il fuoco, ci si brucia!” e, contemporaneamente, lei ed i due uomini, le lanciarono la lancia e le due catene. Stephanie creò due scudi, proteggendosi.
In quel momento, tramite un portale, Wong arrivò accanto a Stephen. Lo aiutò a rialzarsi, chiedendogli: “Tutto bene?”.
“Ho visto di peggio” rispose Stephen. Entrambi guardarono Stephanie che, tramite gli scudi, continuava a difendersi dagli attacchi dei nemici. Wong disse: “E’ incredibile. Ha creato due perfetti scudi. E dire che, qualche giorno, da adolescente, non ci riusciva”.
“E’ mia figlia! Ti aspettavi di meno? Lei è perfetta in ogni cosa ed io non potrei che andarne orgoglioso” disse Stephen.
“Glielo hai mai detto questo?” chiese Wong, guardandolo. Stephen lo guardò a sua volta, ma non rispose. Riguardarono avanti, quando i nemici riuscirono a rompere gli scudi di Stephanie, la quale cadde a terra, anche dovuto allo sforzo compiuto.
“Adesso basta giocare! Finiamola qui!” replicò la donna e, abbassandosi, stava per prendere la bambina. In uno scatto veloce, Stephen andò da lei e, prima che gli altri due uomini potessero fermarlo, spinse Stephanie da una parte.
La donna era furiosa. Vide Stephen privo di forze, quindi ne approfittò: lo prese per il colletto del vestito, alzandolo, per poi dirgli: “Potrei ucciderti qua all’istante!”.
“Allora perché non lo fai?” chiese Stephen.
“Perché ho qualcos’altro in mente per te” rispose, sorridendo beffardamente. Stephen cercò di liberarsi, quando dagli occhi della donna uscì una strana energia oscura. Stephen fu come ipnotizzato. Quella magia oscura stava entrando in lui e non riusciva a fermarla.
Wong cercò di andare in suo soccorso, ma venne braccato dai due uomini, con i quali iniziò a lottare.
Stephanie guardò il padre: “Papino!” gridò, con gli occhi lucidi. Si rialzò, dirigendosi verso di loro, mentre nelle mani fuoriuscivano scintille arancioni.
“Presto sarai sotto il controllo del potere oscuro. Niente ci potrà fermare” disse la donna, quando qualcosa le si legò ad una gamba. Venne trascinata, seppur di poco, all’indietro, facendole mollare la presa di Stephen. Questi cadde a terra. Sbattè un paio di volte gli occhi per poi compiere respiri profondi. La vista gli era ancora un po' annebbiata, ma gli bastò per rialzarsi e creare anche lui una catena dorata, legando un braccio della donna, che volse lo sguardo verso di lui. Era intrappolata tra i due Strange.
Wong riuscì a mettere fuori gioco i due uomini, per poi dirigersi verso i tre, dicendo: “Zara, quanto tempo che non ci si vede. Credevo fossi stati tutti esiliati nella dimensione oscura”.
“E invece no! Non potete sconfiggere gli zeloti! Kaecilius sarebbe orgoglioso di noi” replicò Zara.
“Non se ti uccido!” ribatté Stephen e, con l’altra mano, formò una lancia di vetro. Era pronto a trafiggerle il petto, quando Wong lo fermò: “No! Non è così che agisce uno stregone supremo”.
“Io non lo sono più” replicò Stephen, facendo un piccolo sorriso beffardo, ma quasi maligno.
“Non importa! Non è ciò che ti ha insegnato l’Antico! Vuoi davvero commettere un’uccisione davanti a tua figlia? Che insegnamento le daresti?” disse Wong.
Stephen guardò Stephanie dall’altra parte; riguardò Zara e, infine, fece cadere la lama di vetro a terra.
Wong si avvicinò a loro e, una volta di fronte a Zara, mise delle manette dorate ad entrambi i suoi polsi, per poi dire: “Verrai esiliata, per il resto dei tuoi giorni, insieme ai tuoi seguaci. Stavolta per sempre” e, voltandosi, aprì un portale. Stephen e Stephanie fecero svanire le catene dorate. Zara, mentre veniva scortata da Wong, replicò: “Sconfitta da una mocciosa! Che disonore!”; poi guardò Stephen ed un sorriso malefico le si stampò in volto. Insieme a Wong oltrepassò il portale.
Stephen si abbassò, voltandosi verso Stephanie ed aprendo le braccia: “Piccola mia”. La bambina corse da lui, abbracciandolo forte. Stephen la strinse forte a sé; poi si guardarono: “Papino, ho avuto tanta paura” gli disse.
Stephen le mise una mano sulla guancia e, sorridendole, disse: “Ora non temere: siamo di nuovo insieme. Il papà è qua con te”.
Improvvisamente, uno dei due uomini, fu dietro di loro; Stephen spostò Stephanie, attaccandolo, ma non aveva fatto i conti con l’altro che, recuperando la lama di vetro lasciata precedentemente a terra da Stephen, gli fu addosso, ferendolo ad un fianco.
“No! Papino!” gridò Stephanie, mentre Stephen si inginocchiò a terra. La bambina stava per andare da lui, quando i due uomini si voltarono verso di lei. Stephanie indietreggiò, quando dietro di lei si aprì un portale, dal quale ne uscì Wong. Vide Stephen con una mano sul fianco e sofferente. Riguardò i due e, dopo essersi messo davanti alla bambina, creò due catene dorate, immobilizzandoli, per poi trascinarli nel portale. Successivamente li seguì.
Stephanie corse dal padre, inginocchiandosi accanto a lui: “Papino, hai la bua”.
“Non temere, cucciola: me la caverò. L’importante è che tu sia sana e salva” le disse, sorridendole. Stephanie lo abbracciò. In quel momento Wong ritornò: “Strange, tutto a posto?” gli domandò.
“E’ la seconda volta in meno di dieci minuti che me lo chiedi” rispose Stephen ma, dopo che Wong ebbe inarcato un sopracciglio, aggiunse: “Almeno non sto morendo” e, spostando il mantello, rivelò che, dove era stato pugnalato al fianco, vi era il coniglietto di peluche, con un taglio nella pancia.
“Il mio coniglietto” disse entusiasta Stephanie e, mentre il padre glielo consegnava, le disse: “Cucciola, mi salvi sempre la vita. Oggi sei stata magnifica” e l’accarezzò sulla testa; poi aggiunse: “Mi dispiace per il tuo coniglietto: una volta a casa te lo aggiusterò”.
“Forse se inizierebbe ad addestrarsi a Kamar-Taj, diventerebbe molto brava” propose Wong.
“Non ci provare! Sai già cosa diventerà” disse Stephen, guardandolo; poi, spostò lo sguardo su Stephanie, dicendo: “Lei sarà la più brava neurochirurga che esista”. Stephanie lo guardò a sua volta, sorridendogli.
Qualche ora dopo, Stephen si trovava seduto su una sedia al di fuori del tempio, tenendo Stephanie tra le sue braccia. La bambina si era addormentata poco prima. Wong li raggiunse, portando del tè che depositò sul tavolino davanti a loro, per poi sedersi su una sedia lì accanto. Stephen lo guardò, ma non disse nulla.
“Zara e gli altri due sono confinati nella prigione del santuario di Ait Ben Haddou, nel deserto del Sahara” disse Wong.
“Credo di non aver mai sentito nome più strano” disse Stephen.
“E’ una città marocchina vicina a Marrakech ed è considerata una vera fortezza urbana” iniziò a spiegare Wong.
“Non riesco ancora a capire del perché alcuni stregoni supremi abbiano voluto edificare un santuario in una città praticamente sconosciuta a metà mondo? Non erano meglio i Caraibi?” disse Stephen.
“Hanno girato lì vicino Lawrence d’Arabia. I precedenti stregoni del posto erano molto fan del film” aggiunse Wong.
Stephen lo guardò stranamente, per poi dire: “Non sapevo che ti intendessi di film vecchi, ma dovresti dare un occhio alla cinematografia più recente” e guardò avanti, così come Wong.
Ci fu silenzio, poi lo stregone supremo disse: “Il sole sta tramontando”.
“Se volevi un appuntamento, la tua amica Sara è più disponibile di me” disse Stephen. Wong divenne leggermente rosso in viso, per poi dire: “E’ una cosa seria”.
“Guarda che io non dicevo per davvero. Tu e lei…sì…insomma…” disse Stephen, guardandolo, ma Wong replicò: “Non è quello! Si tratta dell’incantesimo che hai fatto su Stephanie! Le quarantotto ore stanno per scadere e tu devi fare una scelta!”.
“Sai già cosa scelgo” disse Stephen e, dopo aver baciato Stephanie sulla testa, continuò a coccolarla, tenendola stretta a sé. Wong sospirò, poi disse: “Strange, ascoltami molto attentamente: ciò che hai praticato, è un incantesimo potente, ma altrettanto pericoloso. Non sappiamo le sue conseguenze, se non che Stephanie rimarrebbe una bambina. Hai visto i pericoli che ha corso oggi. È vero è riuscita a difendersi, ma tu hai quasi rischiato di morire pur di proteggerla”.
“E’ quello che farebbe un qualsiasi padre per il proprio figlio” disse Stephen, guardandolo.
“Non è questo il punto e, in fondo, lo sai anche tu. Da bambina è un bersaglio ancora più facile ed è bastato poco perché sfuggisse alla nostra vista. Gli zeloti non erano un gran problema, ma hai visto cosa sono riusciti comunque a causare. Con nemici più potenti cosa potrebbe accadere? Riflettici bene” spiegò Wong e, alzandosi, entrò nel tempio.
Stephen sospirò, per poi socchiudere gli occhi, appoggiando la testa contro quella di Stephanie e stringendola ancora stretta a sé.
Il sole lasciò presto posto alle stelle. Wong stava meditando con i monaci più anziani, quando Stephen, con Stephanie ancora addormentata tra le sue braccia, lo raggiunse. Wong si alzò, fermandosi di fronte a loro.
“Ho preso la mia decisione” disse Stephen.
“Ti ci è voluto tutta la serata ma, almeno, ne è valsa la pena?” gli chiese Wong.
Stephen guardò la figlia addormentata; la baciò sulla testa e, dopo aver appoggiato la testa contro la sua, una singola lacrima gli rigò il viso. Poi disse: “So che me ne pentirò, ma è anche la scelta giusta da fare. Lo faccio per il suo bene, perché non potrei vivere senza di lei. Stephanie è ciò che ho di più prezioso in questo mondo. Credevo che, facendola ritornare bambina, avrei avuto più possibilità di proteggerla, invece oggi ho quasi rischiato di perderla. Starle dietro si è rivelata un’impresa molto ardua, che non ricordavo. Forse anni fa era diverso e non avevo nemici che mi volevano morto. Non l’ho fatto per egoismo come sostenete tu e Christine: il mio è stato un atto paterno. Ma ora mi rendo conto del prezzo che dovrei pagare. Salvavo vite e mi arricchiva. Pratico le arti mistiche e devo scegliere, ma non voglio che sia Stephanie a rimetterci. Non lo merita” e riaprì gli occhi.
Wong lo guardò in silenzio; si voltò ed aprì un portale. Riguardò l’amico, facendogli cenno con le mani di incamminarsi. Stephen strinse a sé la figlia. Compì qualche passo, fermandosi accanto a Wong: i due si guardarono, ma poi l’ex stregone supremo entrò nel portale, che si richiuse dietro di sé.
Si guardò intorno: si trovava nella camera da letto di Stephanie al Sanctum Sanctorum. Depositò delicatamente la figlia sul letto, accarezzandole i capelli. Guardò la sveglia posta sul comodino: segnava quasi mezzanotte. Riguardò la bambina. Ormai mancava poco e non l’avrebbe più rivista così piccola.
Si sedette su una sedia lì accanto, mentre la cappa se ne volò dall’altra parte del letto. Stette ad aspettare, finché non si addormentò, per venire successivamente svegliato da una forte luce che proveniva da sua figlia e, quando essa scomparve, Stephanie era ritornata ad essere una ragazza.
Si riavvicinò a lei, accarezzandole i capelli e, in quel momento, Stephanie si svegliò. Ancora assonata e, guardando il padre, disse: “Papà, ho fatto uno strano sogno”.
Stephen sorrise: lei stessa, il giorno prima, una volta che si era svegliata da bambina, aveva pronunciato la stessa identica frase. Quindi le domandò: “Vorresti raccontarmelo?”.
“Sono molto stanca. Sembra che abbia vagato per molto” rispose.
“Non importa. Hai solo riposato tanto e non te ne sei accorta” disse Stephen. Solo in quel momento, Stephanie si accorse di avere qualcosa tra le mani. Lo guardò: si trattava di un coniglietto di peluche con un taglio nella pancia. Guardò il padre, che disse: “E’ stata la cappa a mettertelo. Lo ha trovato per terra e lo ha appoggiato nel primo posto a sua disposizione”.
Stephanie guardò la cappa, che si mosse in modo frenetico a destra ed a sinistra, per poi andare in un angolo, dando loro di spalle. La ragazza riguardò Stephen che, allungando una mano verso il coniglietto di peluche, disse: “Se vuoi, lo metto in qualche baule in soffitta”.
“No. Credo che lo metterò qua da qualche parte. Dopotutto l’avevo da bambina. Solo che non ricordo avesse questo taglio nella pancia” disse Stephanie.
“Se vorrai, te lo sistemerò” disse Stephen. Stephanie non disse nulla; poi il padre si alzò, aggiungendo: “Sarai ancora stanca e domani hai l’università. Dormi e, se hai bisogno, sai dove trovarmi” e, dopo averla baciata sulla fronte, si diresse verso la porta.
“Papà” lo chiamò. Stephen si voltò; Stephanie sorrise, per poi dire: “Grazie per essermi sempre vicina e proteggermi”.
Stephen rimase senza parole: poteva sua figlia avere qualche ricordo di ciò che era accaduto in quei due giorni? Forse sì. Si limitò a sorriderle e dire: “Sono tuo padre: è compito mio far sì che tu sia sempre al sicuro. Sei il mio tesoro più prezioso e di ciò che ho importante in questo mondo. Ci sarò sempre per te, ricordartelo” ed uscì.
Stephanie sorrise per poi osservare il coniglietto di peluche e depositarlo sul comodino; guardò la cappa ancora nell’angolo del muro, dicendole: “Non credo che papà sia ancora arrabbiato per la nostra scappatella nella foresta” La cappa si voltò, per poi volare nuovamente in modo frenetico. La ragazza scosse negativamente la testa, per poi rimettere la testa sul cuscino e socchiudere gli occhi.
Stephen era in camera sua. Si stava cambiando, quando si portò una mano sulla testa: gli iniziò a fare molto male. Se ne andò in bagno e, dopo aver acceso la luce, si lavò nel lavandino. Si asciugò per poi guardare il suo riflesso allo specchio. La testa gli fece ancora più male. Poi il dolore cessò. I suoi occhi assunsero un colore giallo e, sotto le palpebre, comparvero segni neri e crepe. Sul suo volto comparve un sorriso maligno. Qualcosa in lui era cambiato.






Note dell'autrice: Eccomi qua e buona sera. Stavolta un capitolo un pò lunghetto (lo sarà anche il 12) e spero di non avervi annoiato. Finale con un colpo di scena. Vi avevo avvertito che ci sarebbe stato uno strange oscuro (e no, non è il sinister strange del multiverso)
L'amore di un padre può portare a tutto e vediamo se, nel prossimo capitolo, Stephanie (e non solo lei) sarà in pericolo, oppure no. Vi svelo solo che il nostro strange sarà ancora più potente. Molto, molto più potente e pericoloso e solo qualcosa, o qualcuno, potrà calmarlo
Grazie a tutti (come sempre) per le bellissime recensioni. Grazie a chi segue la storia; a chi l'ha messa tra le preferite o chi passa semplicemente di qua per una letta
Grazie alla mia amica Lucia
Ci sentiamo al prossimo capitolo
Vi auguro un buon proseguimento di serata ed un buon inizio di settimana
Un forte abbraccio
Valentina

 
 
 
  
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