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Autore: Aagainst    25/07/2022    1 recensioni
“ Lexa se n’era andata senza nemmeno salutarla. L’aveva sedotta per poi abbandonarla, gettarla via come una scarpa vecchia. Le aveva preso tutto, il suo cuore, la sua anima, il suo amore e l’aveva resa un guscio vuoto, incapace di sentire qualsiasi cosa all’infuori di un insopportabile dolore. E, nella penombra della sua stanza, Clarke giunse alla più beffarda delle conclusioni. Non avrebbe mai smesso di amare Lexa Woods. Non ne sarebbe stata capace. Mai.”
Sono passati tre anni da quando Clarke si è risvegliata senza Lexa accanto, tre anni in cui, eccezion fatta che per qualche panel o intervista a cui entrambe hanno dovuto presenziare, le due attrici si sono a malapena rivolte la parola. Tre anni in cui Clarke non ha mai ricevuto risposte e in cui Lexa non ha fatto nient’altro che sfuggire qualsiasi domanda.
Eppure, il destino è dietro l’angolo
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Madi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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25.

 

I shouldn't have wasted those days 
And afternoons and mornings 
[…]
I've looked in the mirror
My world's getting clearer
So wait for me this time
(Chantal Kreviazuk-Time)

 

 

 

 

Lexa avrebbe voluto urlare. Era riuscita a mettersi nella peggiore delle situazioni. Tutto quello che avrebbe dovuto fare era scendere dal tetto di quella dannata roulotte, salutare Clarke e dire qualche frase di circostanza, qualcosa come a presto o ci sentiamo. Di sicuro, baciarla e andarci a letto non sarebbe dovuto minimamente succedere. Lexa si coprì il volto con le lenzuola, sforzandosi di non emettere alcun suono. Clarke dormiva beata, ignara della tragedia che si stava consumando accanto a lei. Già, Clarke. Lexa si voltò verso di lei. Pur se nella penombra della notte, era così bella. I lunghi capelli biondi le incorniciavano il viso e le mani strette a pugno accanto al naso la facevano sembrare quasi una bambina. Lexa sentì le lacrime fare capolino e le ricacciò indietro, nemmeno lei seppe come. 

“Mi dispiace.” sussurrò. Si alzò e corse in bagno. Aveva bisogno di sciacquarsi la faccia e ritornare in sé. Non poteva permettersi di lasciarsi andare ai sentimenti, non in quel momento. Alzò lo sguardo. L’immagine riflessa nello specchio la fissava, gli occhi carichi di dolore. Lexa scosse il capo. Chiuse il rubinetto e ritornò in camera. Raccolse i suoi vestiti da terra e si voltò nuovamente verso Clarke. Dormiva ancora e Lexa non riusciva a smettere di pensare a quanto le sarebbe piaciuto ritornare a letto con lei, stringerla a sé, perdersi in lei, nel suo profumo, nei suoi occhi azzurri. No, doveva smetterla. Non ci sarebbe stato alcun futuro per lei e Clarke, mai. Si rivestì in silenzio, ormai succube del pianto. Si asciugò gli occhi con la manica della felpa e si apprestò a radunare le proprie cose. Si avvicinò nuovamente al letto e si sedette, lo sguardo fisso su Clarke, le sue iridi smeraldine intente a fissare nella memoria ogni minimo dettaglio di quella giovane donna che, Lexa ne era più che certa, aveva ormai rapito il suo cuore. Due grosse lacrime caddero sul lenzuolo e, per un istante, l’attrice temette di non riuscirsi a trattenere oltre. Con il dorso della mano carezzò la guancia della bionda, con una cura e una delicatezza che non aveva mai riservato a nessuno. Quando però Clarke si mosse, si ritrasse subito. Il terrore che si svegliasse e la scoprisse in quelle condizioni le mozzò il respiro. Non poteva farsi trovarsi in quello stato. Avrebbe dovuto mentirle ed era consapevole che non ne sarebbe stata in grado. Le accarezzò per un’ultima volta il viso. Non voleva andarsene. Non voleva separarsi da lei. Eppure, non aveva scelta. Si sporse in avanti e le baciò la fronte, lentamente. 

“Ci rincontreremo ancora.” sussurrò. Era una promessa, più a sé stessa che a Clarke. Avrebbe cercato in ogni modo di rivederla, anche solo per un misero ed insignificante istante. Dopo quel giorno, Clarke l’avrebbe odiata, lo sapeva bene. Ed era giusto così. Eppure, Lexa non avrebbe mai finto, non con sé stessa almeno. Non l’avrebbe mai dimenticata, non avrebbe mai potuto. In fondo, era per amore che stava scappando. Era per amore che stava sacrificando tutto. Si diresse alla porta, senza voltarsi più. Sapeva che se l’avesse fatto, non avrebbe più avuto la forza di andarsene. 

“Lex.”. Quella voce. Lexa era paralizzata, il cuore in gola. Sentì Clarke rigirarsi nel letto, segno che stava ancora dormendo. 

“Ti amo.”. E Lexa si sentì morire.

 

“Tutto bene? Perché non torni a letto?”. Lexa scosse il capo. Era in piedi da almeno un’ora ormai, appoggiata al box culla di Ethan. Durante la sua assenza Clarke aveva deciso di sistemare un po’ la casa, in modo da spostare il bambino in un’altra stanza e concedere loro un po’ di privacy. Lexa si era mostrata un po’ titubante all’inizio, agitata all’idea di non riuscire ad intervenire in tempo nel caso di un’emergenza, ma poi aveva ceduto. In fin dei conti, era giusto così. Avevano bisogno dei loro spazi, era giunto il momento. La verità era che aveva usato Ethan come scusa per non affrontare il suo passato e i suoi sentimenti per Clarke, per l’ennesima volta. Ricordare era così spaventoso, così doloroso. Troppo doloroso.

“Dorme così pacificamente.” asserì sottovoce, senza voltarsi. Clarke sospirò, appoggiandosi al muro. 

“Pensi mai a quanto tempo sprechiamo dietro a cose che non ci renderanno mai felici?”. La bionda si morse il labbro, colta alla sprovvista da quella domanda.

“Spesso, sì.” rispose. “Ma poi realizzo che comunque qualcosa che mi rende felice c’è e, a quel punto, ignorarlo sarebbe da folli.”. Lexa annuì, poco convinta. Sentì le mani calde di Clarke circondarle il viso e costringerla a girarsi. Un’onda blu la investì e lei non fece nulla per evitarla. Non avrebbe avuto alcun senso. 

“Quando me ne sono andata, dormivi così serenamente. Non ho avuto nemmeno il coraggio di voltarmi un’ultima volta, sapevo che non sarei riuscita ad andarmene se l’avessi fatto.” spiegò. “Non mi pento di essere fuggita. Sarei pronta a rifarlo mille volte se questo significasse tenerti al sicuro.”

“Non…” provò a dire Clarke, ma Lexa le fece segno di farla continuare.

“Quello che veramente rimpiango è il tempo che ho sprecato cercando di convincermi che andarmene e starti lontana sarebbero stati il meglio anche per me.” confessò, chinando il capo. “Rimpiango il tempo che ho sprecato tentando in ogni modo di convincermi che tornare con Costia sarebbe stato il meglio per me.”. Clarke le carezzò con dolcezza la guancia e le asciugò le lacrime con i pollici. 

“Sai, non credo sia stato tempo sprecato.” dichiarò. Lexa le lanciò un’occhiata piuttosto confusa. 

“Non credi che sia stato tempo sprecato?” domandò, incredula.

“No, per niente. Al contrario, questi ultimi tre anni ci stanno permettendo di vivere la nostra relazione con una consapevolezza che, altrimenti, non avremmo avuto. Ne sono fermamente convinta.”. Lexa era immobile, le labbra tremanti. Clarke le sorrise, teneramente. La baciò, con una dolcezza che Lexa non aveva mai sperimentato in vita sua.

“Ti amo.” le sussurrò, per poi stringerla a sé e cominciare a cullarla teneramente. Nel suo lettino, Ethan continuava a dormire di gusto, ignaro di quanto stava succedendo accanto a lui. E Lexa realizzò di non desiderare altro, se non trascorrere tutto il resto della sua vita così.

 

________________

 

Fino a qualche tempo prima, Clarke non avrebbe mai nemmeno lontanamente immaginato di potersi costruire una famiglia tutta sua con la donna che amava. Anzi, già il semplice frequentare quest’ultima sembrava un miraggio. Eppure, non aveva mai smesso di sperarci. In quegli ultimi tre anni, la maggior parte del suo tempo Clarke l’aveva speso chiedendosi cosa avesse spinto Lexa ad andarsene e pregando che tornasse da lei. Quando aveva conosciuto Finn, si era illusa di poter finalmente ricucire una ferita che, ogni giorno, non faceva altro che sanguinare dolorosamente. Invece, con il passare del tempo, Clarke si era resa conto di quanto la sua fosse solo una mera illusione. Nonostante i suoi sforzi, l’amore che provava per Lexa non sarebbe mai svanito. Scoprire i continui tradimenti di Finn le aveva solamente dato il pretesto di troncare una relazione che lei per prima non aveva vissuto in modo del tutto sincero. Non che ciò minimizzasse quanto avesse subito, lui era ingiustificabile sotto ogni punto di vista. Tuttavia, se voleva essere onesta con sé stessa, doveva ammettere di aver più volte usato il suo rapporto con Finn per smettere di pensare a Lexa. Invano, naturalmente. La prima volta che si erano incontrate, Clarke era rimasta rapita da quello sguardo così profondo. La ricordava così bene quella sensazione. Non si era più sentita la stessa da allora. Lexa l’aveva stravolta, completamente. Era come se attraverso di lei Clarke potesse vedere sé stessa, era come se attraverso quei due occhi verdi lei potesse imparare ad essere sé stessa. Inutile dire che tornare indietro dopo una simile presa di coscienza sarebbe stato impossibile. Come avrebbe mai potuto? Come sarebbe mai riuscita a fingere di non aver mai vissuto qualcosa di così sconvolgente, di così sconquassante? No, non ce l’avrebbe mai fatta, nemmeno con tutto l’impegno del mondo. Quella era la differenza fra Lexa e Finn. Quest’ultimo non l’aveva mai guardata così. Non era colpa sua, no. La verità era che nessuno ne sarebbe stato in grado. Mai. 

“Clarke, guarda!” la chiamò Adria, porgendole un foglio. L’attrice sorrise, ammirando quel piccolo capolavoro. 

“Questa sono io e questa sei tu.” spiegò la bambina, fiera del suo operato. Erano entrambe in giardino, sedute sull’erba. 

“E questa chi è?” chiese Clarke, indicando con il dito una terza figura. 

“È zia Lexa.” rispose Adria. “È in mezzo al fuoco perché ha appena finito di cucinare.”. Clarke si morse il labbro, sforzandosi in tutti i modi possibili di non scoppiare a ridere. 

“Ti piace?” domandò la bambina, gli occhioni scuri fissi su di lei e carichi di speranza. Clarke le carezzò la guancia con tenerezza e annuì.

“Certo.” le disse, baciandole la fronte. Adria finse un’imbarazzo che in realtà non provava assolutamente e scappò via, ritornando ai suoi pennarelli dall’altra parte del giardino. Clarke sospirò. Si ripromise di passare in qualche negozio specializzato e comprare a quella bambina qualche pastello. Quando era una ragazzina, suo padre disegnava sempre con lei e, anche se dalla sua morte  lo faceva più raramente, Clarke non aveva perso la passione. Chissà, magari lei ed Adria potevano creare qualcosa assieme. 

“E così io sarei avvolta dalle fiamme, interessante.”. Clarke si voltò. Lexa era in piedi di fronte a lei, un sorrisetto furbo dipinto sulle labbra.

“Solo perché stai cucinando.” puntualizzò la bionda. Lexa alzò gli occhi al cielo e si sedette dietro di lei, circondandole la vita con le braccia e attirandola al suo petto. Le baciò il collo e poi la nuca, con dolcezza. 

“Ti amo.” sussurrò e Clarke non resistette oltre. La baciò, cercando il più possibile di trattenersi dall’esagerare. D’altronde, Adria era ancora lì in giardino con loro. 

“Anche io.” disse infine, mordicchiandole l’orecchio. Lexa appoggiò il capo sulla sua spalla, l’aria serena. Per la prima volta in tre anni, si sentiva realmente in pace. Adria era sdraiata in mezzo all’erba, intenta a disegnare, mentre Madi stava cercando di insegnare ad Aden a giocare a basket. 

“Stavo pensando a una cosa.” esordì. Clarke la guardò, confusa. 

“A cosa?” chiese. Lexa si spostò, in modo da avere Clarke di fronte a sé. Le circondò le mani con le sue e prese ad accarezzargliele. 

“Vuoi davvero traslocare?”. A quella domanda, la bionda inarcò un sopracciglio. 

“Lex, non si tratta di voglia. Insomma, non ho alternative. Ho già venduto la casa e diversi mobili.” spiegò. Lexa annuì, senza distogliere lo sguardo dagli occhi blu della sua ragazza. 

“Andrai da tua madre?”. Clarke era sempre più confusa. 

“Sì, non saprei dove stare altrimenti. Ovviamente si tratterà di una soluzione temporanea, non appena avrò di nuovo abbastanza soldi provvederò a…”

“Vieni a vivere con noi.”. Clarke spalancò gli occhi. Non era sicura di aver sentito bene. Quando realizzò la serietà di quella proposta, si sentì svenire.

“Lexa…” provò a protestare, invano. 

“Clarke, lo so che è un passo enorme, ma sono convinta che siamo pronte. I ragazzi ti adorano e tu ormai sei sempre qui. E, con tutta la sincerità di questo mondo, ci tengo a dirti che se dipendesse da me non ti lascerei mai andare via.”. Clarke aprì la bocca per replicare, ma non riuscì ad articolare nessuna frase di senso compiuto. “Ho passato tre anni senza di te. Ora vorrei solo trascorrere il resto della mia vita insieme a te, se mai me lo concederai.”. Clarke aveva le lacrime agli occhi e le labbra tremanti. Annuì, non essendo in grado di fare altro. Baciò Lexa, ignorando completamente il fatto di trovarsi in giardino davanti ai ragazzi. 

“Trovatevi una camera!” le prese in giro Madi, lanciando il pallone da basket verso di loro. Lexa fece per prenderlo, ma le sfuggì di mano e non potè fare altro che osservarlo finire fra i cespugli. 

“Corro a prenderlo io.” si offrì Madi. La ragazzina corse verso le siepi che delimitavano la villa e si mise a cercare disperatamente la palla. Finalmente, dopo svariati minuti, la intravide, incastrata fra i rami di un cespuglio. Fece per prenderla, ma si ritrasse subito, il cuore in gola. No, di fronte a lei non c’era solo il pallone. Scosse il capo, il respiro affannato e le mani che tremavano come foglie. 

“Ciao Madi, come stai?”.




Angolo dell'autrice

Rieccomi qui, con questo nuovo capitolo. Scopriamo il punto di vista di Lexa rispetto alla famosa mattina di tre anni prima e, soprattutto, finalmente vivono tutti un po' di pace. Almeno, fino alla fine del capitolo. 
Grazie mille per leggere e recensire, fatemi sapere cosa ne pensate di questa storia se vi va.
Alla prossima!

   
 
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