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Autore: ChrisAndreini    27/07/2022    1 recensioni
Leonardo non è mai stato un tipo molto ambizioso. Certo, ha i suoi sogni e le sue speranze e le sue passioni, ma di certo non ha mai pensato che un giorno sarebbe finito in un universo parallelo a lottare per salvarsi la vita in mezzo a principi, cavalieri, spie di città nemiche e disapprovazione dei nobili e paesani.
Ma oh, uno deve sopravvivere come può, e se diventare il cuoco reale potrà allungargli la vita di qualche giorno, vale la pena ricevere occhiatacce.
Dopotutto, la via più veloce per il cuore di qualcuno passa per il suo stomaco, giusto?
Non che Leonardo, dichiaratamente omosessuale, abbia intenzione di fare stragi di cuore, sia mai!
Genere: Fantasy, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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- Questa storia fa parte della serie 'Rainbow Cookies'
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Il mio istinto da fratello maggiore pizzica… qualcuno pensi ai bambini!!

 

Leo non si era accorto di essersi addormentato, almeno finché non fu il momento di svegliarsi.

E il suo desiderio sarebbe stato di svegliarsi con un bacio di Daryan sulla fronte che gli annunciava che erano arrivati a destinazione. Sarebbe stato un bel modo di cominciare la giornata, prima dell’avventura pericolosa che lo attendeva.

Purtroppo fu altro a svegliarlo.

“LEONARDO RINALDI! APRI IMMEDIATAMENTE GLI OCCHI! SEI ARRIVATO E SE NON TI SBRIGHI RISCHIAMO CHE IL PRINCIPE AGISCA DI TESTA SUA!” gli arrivò in testa la voce tonante di Remington, che lo fece alzare di scatto, già con il mal di testa e super confuso.

-Che? Cosa? Come? Perché?- iniziò a chiedere, guardandosi intorno disorientato.

“Yu è spacciata… vabbè, almeno non potrà uccidermi” borbottò Remington.

Leo lo ignorò, e si massaggiò la testa dolorante.

Aveva dormito sorprendentemente bene per essere stato a terra, ma aveva comunque parecchi dolori in tutto il corpo.

Mentre la sua mente si ancorava alla realtà, si rese conto di parecchie cose, una dietro l’altra.

Innanzitutto la carrozza si era fermata, e la luce aveva iniziato a filtrare attraverso la tenda alla finestrella e la porta semiaperta. Aveva dormito tutta la notte.

Poi che era rimasto solo, e Daryan non si vedeva da nessuna parte.

Aveva anche urgente bisogno di andare in bagno.

E infine… la giacca del principe era poggiata su di lui come una coperta.

Awwww, che carino!

In un flash, Leo ricordò tutti gli eventi del giorno prima, e un rossore iniziò a tingergli le guance al pensiero che fosse reale.

Che lui e Daryan si fossero davvero…

“Tu e Daryan cosa?! Cosa è successo ieri?!” la voce sconvolta di Remington riscosse Leo dai suoi pensieri.

-Non sono affari tuoi- disse ad alta voce, alzandosi in piedi, indossando la giacca per non spiegazzarla, e prendendo la borsa con tutte le sue cose, un po’ più leggera ora che buona parte del cibo era stato consumato.

Erano ancora rimasti due sacchetti al suo interno: uno pieno di biscotti arcobaleno, e uno con gli oggetti che gli sarebbero serviti per la missione.

Missione che… era il caso di cominciare.

Mettendo la borsa a tracolla, si avviò velocemente fuori dalla carrozza, e per poco non venne accecato dal sole brillante che lo accolse all’esterno.

Non era più abituato alla luce, dopo un’intera giornata passata tra le ombre.

Iniziò a guardarsi intorno, cercando qualcuno, e notò parecchi cavalieri che lo fissavano.

Li salutò, un po’ imbarazzato da tutta quella attenzione, e cercò la familiare chioma bionda del principe.

Venne però distratto dallo scenario intorno a lui.

Una catena montuosa spoglia di alberi, che sembrava coperta di neve.

Ma come era possibile? Non erano andati così a nord, ed era piena estate nei sette regni.

E il monte più alto raggiungeva le nuvole, e non sembrava avere fine.

“Non è neve, è cenere. E quella montagna non è una montagna, è il più grande vulcano di Valkrest e luogo dove risiede il tempio di mio padre” spiegò Remington, sentendo i suoi pensieri affascinati.

-Cenere? Wow…- borbottò Leo, perdendosi nel paesaggio e dimenticando il motivo per il quale era lì.

Certo che i sette regni erano davvero variegati. Un giorno di viaggio ed era cambiato tutto completamente.

“E dovresti vedere il regno sottomarino di Katrang, o le gole oscure di Ombron. Quelli sì che sono luoghi magici” ridacchiò Remington, in tono complice, divertito dal suo stupore.

-Leonardo, sei sveglio- una voce conosciuta attirò immediatamente l’attenzione di Leo, che si girò verso il principe con un sorriso tutto denti.

Ancora non riusciva a credere che quanto successo il giorno prima fosse stato reale.

Chissà, magari era stato solo un sogno.

“Io ci riprovo… cosa è successo ieri?” la domanda di Remington venne completamente ignorata, mentre Leo si affrettava verso il principe, per controllare come stesse.

-Buongiorno pri… Daryan- Leo osò abbandonare le formalità, sperando che la complicità che avevano raggiunto nella carrozza fosse rimasta.

-Buongiorno Leona…- iniziò a salutarlo il principe, aprendosi in un dolce sorriso e dimostrando al ragazzo che no, non era stato un sogno.

Purtroppo il momento venne interrotto da Chevel, che si avvicinò a Leonardo con aria minacciosa.

-Cosa ti è saltato in mente, cuoco?!- tuonò, facendolo sobbalzare. Non si aspettava tutta questa veemenza.

-Buongiorno, sir Podbart- Leo lo salutò con un breve inchino, e un sorrisetto innocente che nascondeva quanto effettivamente si sentisse colpevole.

-Chevel…- provò a fermarlo Daryan, ma il cavaliere non lo sentì, o lo ignorò.

Doveva essere proprio arrabbiato, se ignorava il suo principe per rimproverare Leo.

-Infilarti nella carrozza di nascosto! Trascinare il principe Daryan con te, coinvolgerlo in un piano di cui non sappiamo nulla…- Chevel iniziò a fare una lista di tutti i crimini di Leo… beh, non crimini, piuttosto marachelle.

-Beh…- Leo provò a giustificarsi.

-Chevel…- lo richiamò Daryan, con voce più forte.

-E poi… aspetta, perché indossi questa giacca?! Non dovresti indossare la giacca del principe! È un’assoluta mancanza di rispetto- Chevel notò le condizioni di Leo, e guardò la giacca come se gli avesse fatto un torto personale.

Wow, era un grande osservatore. Come aveva fatto a capire che la giacca che indossava fosse del principe Daryan?!

…Probabilmente il fatto che era enorme e sembrava più un mantello che una giacca aveva contribuito.

-A proposito della giacca…- Leo provò a giustificarsi dicendo che era stato il principe a mettergliela addosso.

-Chevel!- Daryan lo anticipò, richiamando all’ordine il capo delle guardie con tono autoritario.

Chevel si zittì, e si voltò verso il principe sorpreso.

-Maestà! Ma il cuoco…- provò ad obiettare.

-Come ti stavo dicendo, ha un piano, ne abbiamo parlato, e ho deciso di…- Daryan esitò un attimo, come se gli costasse molto dire la successiva affermazione -…farlo andare, per il momento, da solo. E fidarmi del suo piano- spiegò.

Chevel scosse la testa, non credendo alle sue parole.

-Ma principe Daryan, il cuoco è completamente inaffidabile! Senza offesa. Si farà uccidere immediatamente!- si lamentò Chevel, e Leo non avrebbe saputo dire se fosse preoccupato di lui o per lui.

Si affrettò ad intervenire.

-Le assicuro che il piano è molto valido… non sono stato io ad elaborarlo, quindi ha una certa probabilità di funzionare, e sarò il collegamento costante con… oh, Daryan, dobbiamo creare il legame- Leo si ricordò che doveva ancora legarsi mentalmente al principe, e si rivolse a lui, indicandosi l’orecchino.

Daryan annuì.

-Davvero stai acconsentendo a questa follia?! Principe Daryan, è pericoloso!- Chevel era incredulo, e cercò di scoraggiarli dal continuare.

-Non preoccuparti, Chevel, ho avuto un’intera giornata per riflettere sulla cosa, e vi terrete pronti ad intervenire in ogni momento se le cose dovessero iniziare ad andare storte- Daryan non sembrava convinto, ma accennò un sorriso verso Leo, per dimostrarli che si affidava a lui.

Leo ricambiò, rassicurato.

Si guardarono dritti negli occhi.

“Spero davvero di non pentirmene. Ti prego, Leo, fa che non me ne penta. Se ti accadesse qualcosa non me lo perdonerei mai” gli arrivò la sua voce in testa, preoccupata e agitata.

Oh, Leo aveva di nuovo creato un legame senza rendersene conto.

Era davvero poco intuitivo, quel potere.

“Non si preoccupi, principe Daryan. Le prometto che andrà tutto bene” gli comunicò, rassicurante.

Daryan sobbalzò, sorpreso.

-Oh…- commentò, a voce alta -Suppongo che tu abbia creato il legame- arrossì appena, e distolse lo sguardo da Leo.

-Devo ancora diventare più esperto- Leo si massaggiò il collo, un po’ a disagio all’idea di avere il suo ragazzo in testa.

“IL TUO COSA?! DA QUANDO?!” gli urlò Remington, sconvolto.

“Non parlavo di te, ma di Daryan” Leo interpretò male il motivo del suo shock.

“Ci mancherebbe altro! No, ma sul serio. Da quando tu e il principino state insieme?!” Remington abbassò leggermente la voce, ma restava del tutto sconvolto.

Beh… non stavano effettivamente insieme. 

Cioè, si erano baciati, e confessati i rispettivi sentimenti, ma…

“OH PER TUTTI GLI DEI!”

…ma non è che si fossero dati un’etichetta.

“YU CI AMMAZZA APPENA LA SALVIAMO!!”

-Puoi piantarla?!- borbottò Leo, infastidito dai pensieri intrusivi di Remington.

-Tutto bene?- gli chiese Daryan, avvicinandosi.

-Uh? Sì, scusa. Sono pronto per la missione!- Leo cercò di apparire rilassato e determinato.

-Continuo a non essere per niente convinto della cosa- Chevel scosse la testa.

-Ti capisco, Chevel, ma è la possibilità migliore- Daryan prese le parti di Leo, e gli accarezzò dolcemente i capelli.

Leo gli sorrise, incoraggiando il suo tocco, ma il suo cuore perse un battito quando notò l’espressione di Chevel, che si era ammutolito nel notare la scena, e li stava fissando ad occhi sgranati.

La rabbia era sparita dal suo volto.

Sembrava… ferito, confuso.

Leo si ritrovò a scansarsi, senza sapere bene il motivo.

-Meglio che vada a prepararmi, devo anche andare un attimo in bagno. Scusate, torno presto- indicò gli alberi più vicini, anche se erano pochi e spogli, e si avviò in fretta in quella direzione, per liberarsi.

Mentre andava, gli arrivarono alcuni strani pensieri, in testa, con la voce di Daryan.

“Qual è il problema di Chevel? Ne vuole parlare adesso? Oh, non so che dire… No, no, meglio parlarne prima con Leonardo”

Leo scosse la testa, cercando di zittire la conversazione e chiudere momentaneamente il collegamento.

Non voleva farsi tutti i fatti di Daryan. Non gli sembrava giusto.

E poi doveva concentrarsi sulla missione, non sui suoi problemi di cuore.

“Ben detto! Ricorda di prendere la busta con i materiali, e segui tutte le mie indicazioni!” Remington tornò sul pezzo, mettendo da parte la faccenda con Daryan per concentrarsi a sua volta sulla missione di salvataggio.

Leo era pronto.

Avrebbe seguito le istruzioni come un bravo soldatino, e tutto sarebbe andato bene.

Doveva andare bene.

 

Leo si era preparato con attenzione, nascondendo il sacchetto con gli oggetti per la missione tra i vestiti, e al momento stava seguendo le indicazioni di Remington all’interno del labirinto di corridoi, sperando di non sbagliare strada perché, chissà, non si può mai dire, con le istruzioni da remoto. Remington non poteva neanche vedere dove Leo stesse andando, dopotutto.

Effettivamente… come sapeva così bene la piantina dell’edificio, se non c’era mai stato e non poteva vedere dove Leo fosse?

“Non farti queste domande! Ho i miei mezzi. Allora, gira un’ultima volta a destra, e ti ritroverai nel punto esatto… sei hai fatto tutto bene” gli riferì Remington, senza perdere occasione di bullizzarlo.

Leo dubitava di aver fatto tutto bene, ma sperava di sì, per non subirsi l’astio di Remington.

Iniziava ad essere davvero sgradevole nei modi, da quando aveva scoperto cosa fosse accaduto tra Leo e Daryan il giorno prima.

Ahhh, Daryan… 

Ogni volta che pensava a lui, Leo non riusciva a non sorridere.

Le cose erano andate così bene…

Spero che non sia in pericolo… dovrei chiamarlo? No, potrei distrarlo. Mi manca. Per tutti gli dei, non avrei dovuto lasciarlo andare da solo…” gli arrivò un flusso di pensieri in testa, che lo fece sobbalzare un attimo.

Oh, probabilmente aveva attivato il collegamento con Daryan inavvertitamente.

“Daryan” lo chiamò, deciso a rassicurarlo.

“Oh, Leonardo! Va tutto bene? È successo qualcosa?” gli arrivò la voce di Daryan in testa, molto più forte del flusso precedente.

Era come se quello di prima fosse un semplice sussurro, e adesso Daryan gli stesse parlando consapevolmente.

Era davvero particolare, e confondeva Leo parecchio.

“Sono il pensiero profondo e il pensiero consapevole” spiegò Remington, distrattamente.

“Puoi spiegarti meglio?” indagò Leo, interessato.

“Il pensiero consapevole è quello che dici nella tua testa consapevolmente, come se parlassi. Il pensiero profondo viene più dall’inconscio, è un flusso di pensieri a volte neanche del tutto coerente, che ti arriva dalle persone con le quali sei collegato senza che loro se ne accorgano. Di solito ti arriva elaborato in modo che tu capisca meglio, ma comunque è meno chiaro rispetto al pensiero consapevole” Remington continuò a spiegare.

“Oh… interessante. Quindi tu senti tutti i pensieri profondi che faccio? Anche quelli che neanche io mi rendo del tutto conto di fare?” Leo cercò di capire meglio.

“Sì, ma i pensieri profondi sono a senso unico. Io sento i tuoi, tu non senti i miei. Stessa cosa con il principe: tu senti i suoi, lui non sente i tuoi. Dipende da chi ha creato il legame e detiene il potere” il tono di Remington era molto più amichevole mentre spiegava i dettagli dei poteri che al momento lui e Leo condividevano.

Per il cuoco era una miniera di informazioni e una buona distrazione.

“Interessante” ammise, anche se gli sembrava ingiusto che ci fosse una tale differenza di potere tra lui e Daryan, al quale era collegato.

Ma era meglio così, in effetti. Sicuramente i pensieri profondi di Leo avrebbero allontanato Daryan di chilometri e chilometri.

“Concordo. Ma ora concentrarti! Hai girato a destra?!” Remington cercò di farlo tornare al presente.

“Leonardo, sei ancora lì?” chiese il principe Daryan, dando a vedere che non avesse sentito la loro conversazione.

Leo annuì.

“Sto girando l’angolo in questo momen…” iniziò a riferire, sia a Remington che a Daryan, probabilmente, ma venne interrotto quando andò a sbattere contro qualcuno, che era di spalle.

“Cosa è successo?” chiesero entrambe le voci nella sua testa, notando l’interruzione.

Leo si affrettò ad indietreggiare, rendendosi conto che probabilmente aveva sbagliato.

“Maledizione, Leo! Le miei indicazioni erano… oh, aspetta…” Remington iniziò ad insultarlo, poi si interruppe, rendendosi conto di qualcosa.

La persona contro la quale Leo si era scontrato si girò verso di lui, rivelandosi un omone alto probabilmente due metri, e super pompato.

“Che fusto!” si lasciò sfuggire Leo, dimenticandosi per un attimo che aveva il collegamento aperto con Daryan.

“Cosa?! Chi?! Leonardo, che succede?!” chiese quest’ultimo, preoccupato e forse anche un po’ geloso, a giudicare dal tono di voce.

-Chi sei tu?- chiese il fusto, squadrando Leo dalla testa ai piedi.

“Perfetto, procede tutto secondo i piani, ricorda cosa ti ho detto” lo incoraggiò Remington, soddisfatto.

In effetti, Leo non aveva sbagliato.

Era finito esattamente dove voleva: davanti ad un ribelle di guardia.

-Salve, il mio nome è Remington, e sono un semidio… il figlio di Veer- si presentò Leo, cercando di imitare i modi pomposi di Remington, ma fallendo miseramente e risultando piuttosto ridicolo.

“La mia reputazione…” sospirò Remington, ma non lo fermò.

“Leonardo, dimmi che non ho capito il tuo piano…”  Daryan invece sembrava decisamente preoccupato.

-Lascia fare- si fece sfuggire Leo, rassicurante, anche se non era per niente sicuro.

Il fusto lo guardò stranito.

-Che ci fai qui?- chiese, tranquillo.

Non sembrava molto sveglio.

“Per questo l’ho scelto” si vantò Remington.

Solo che Leo adesso non sapeva come reagire.

Si aspettava che una volta scoperta la sua finta identità venisse interrogato, o direttamente catturato.

Non si aspettava di dover sostenere una conversazione civile.

Non era abituato in quel mondo, almeno non con persone appena incontrate.

-Eh… niente, passavo di qua…- iniziò a svagare, cominciando a chiacchierare.

Ma si può sapere che sta succedendo? Chi è quel tipo? Perché Leo pensa sia un fusto? Gli piacciono i pompati?” sentì il pensiero sussurrato di Daryan, che lo distrasse appena.

Leo cercò di concentrarsi.

-…come ti chiami?- chiese alla guardia.

“Leo, si può sapere che cavolo stai facendo?!” si lamentò Remington.

Non lo sapeva neanche Leo, stava andando nel panico.

Quel tizio era alto il doppio di lui, praticamente! Ed era largo il triplo.

Leo si sentiva piuttosto intimorito, giustamente!

-Mi chiamo Faust- rispose il fusto.

Un momento…

-Fausto il fusto!- esclamò Leo, senza potersi trattenere, ricordando un adesivo attaccato al frigo di sua nonna da quando lui era piccolo.

-Cosa?- chiese Fausto il fusto, confuso.

“Cosa?!” chiese Daryan, geloso.

“COSA!!!” si esasperò Remington, che non ne poteva più dell’incompetenza di Leo.

-Aspetta un momento! Tu sei un semidio?- Fausto il fusto finalmente si rese conto di cosa fosse esattamente Leo.

-Eh… sì! So che state cercando semidei, e sono venuto qui, completamente disarmato, e solo, per chiedere, gentilmente, di liberare Gia… Yu, per cortesia. Vi prego, non rapite anche me- Leo tornò al piano.

Farsi rapire poteva sembrare un piano stupido, ma era la via più veloce verso le prigioni dove tenevano Giada, e da lì fuggire sarebbe stato più semplice grazie alle cose che Leo aveva preparato.

Daryan però non era dello stesso avviso.

“…Devo immediatamente andare da Chevel, dirgli di procedere con la missione, e salvare Leo il prima possibile. Lo sapevo che non dovevo lasciarlo entrare” Leo lo sentì borbottare tra sé.

“Non andare da Chevel, e non venire a salvarmi, è tutto sotto controllo” lo fermò in fretta, sicuro di sé.

-Mi dispiace, ma non posso lasciarti andare. Ho ordine di catturare tutti quelli che passano di qua, soprattutto i semidei- si scusò Fausto il fusto, prendendogli il braccio per impedirgli di fuggire. Non che Leo ne avesse la minima intenzione.

-Oh, no… vabbè, lo capisco, è il tuo lavoro. Catturami- Leo non oppose alcuna resistenza.

E poi, obiettivamente, anche se ci avesse provato… non avrebbe avuto speranze contro quel bestione.

“Leonardo, ti stai facendo catturare! Non posso ignorare la cosa!” si lamentò Daryan, agitato.

“Fa parte del piano” lo rassicurò Leo.

-Niente di personale- Faust si caricò Leo in spalla come un sacco di patate, e iniziò a dirigersi più all’interno dell’edificio, ai piani inferiori della rocca scavata nel terreno.

“Non è un piano, è una trappola” continuò ad obiettare Daryan. 

“Si farà ammazzare! Perché ho accettato?! Perché quei suoi occhi da cerbiatto mi fregano sempre?! È diventato la mia più grande debolezza, maledizione!” diceva nel frattempo il suo pensiero profondo, piuttosto nel panico.

“Smettila di battibeccare con il tuo ragazzo!” si lamentò Remington, ma Leo lo ignorò completamente.

“Senti, Dary, fidati di me, ho davvero tutto sotto controllo, è una cattura temporanea, ti giuro” cercò di rassicurarlo, stando attento che la sacca con i materiali fosse ben nascosta tra i suoi vestiti, e sperando che Fausto il fusto fosse troppo stupido per pensare di perquisirlo.

“Mi fido di te. È di Fausto il fusto che non mi fido!” borbottò Daryan.

“Sgrunt, fusto. Anche i miei addominali non scherzano però” arrivò poi il pensiero profondo del principe, mostrandosi più irritato.

Uhhh, Leo li avrebbe voluti vedere.

“Lo sai che sei l’unico per me, Daryan” lo rassicurò il cuoco, cercando di non farlo essere geloso.

Mmmm… addominali… Leo non vedeva l’ora di finire la missione per passare un po’ più di tempo con Daryan ora che stavano praticamente insieme.

“SMETTILA DI FLIRTARE CON IL TUO RAGAZZO E CONCENTRATI” Remington interruppe il flusso poco etero e poco PG-13 dei suoi pensieri, più disgustato che arrabbiato, ma Leo pensava di essere concentrato abbastanza.

Gli rispose per le rime:

“Tanto mi sta solo portando verso la cella. Non è che devo fare conversazione con lui. Non mi ha neanche chiesto di fornirgli qualche prova che sono davvero Remington…” in effetti era strana questa cosa.

-Hey, non hai bisogno di qualche prova che io sia davvero Remington?- chiese ad alta voce, rivolto a Fausto il fusto.

Leo sentì nella testa il suono che avrebbe potuto fare un facepalm.

Un mentalpalm.

Insomma, avete capito.

“Ritiro, continua pure a flirtare con il principe. È meglio per tutti” si lamentò Remington, sospirando stancamente.

“Leonardo, se non la smetti di scavarti la fossa, entro davvero lì a salvarti” lo minacciò Daryan, facendogli battere il cuore furiosamente.

Awwww, che carino!

Ma Leo non poteva permettere che entrasse e finisse in pericolo.

Dopotutto lui era benedetto, quindi rischiava decisamente meno degli altri.

“No, no, va tutto bene, giuro!” continuò a rassicurarlo.

-No… ma perché dovresti mentire e farti rapire?- Faust rispose alla domanda che Leo aveva fatto ad alta voce, ed effettivamente aveva una certa logica.

“Fortuna che lui è più stupido di te” non per Remington, che grugnì appena, ma sembrava felice che la guardia fosse troppo stupida per farsi domande, perquisire Leo, e capire la macchinazione in atto.

Un momento… come aveva fatto a sentire la frase di Fausto il fusto?

“Non farti queste domande complesse, e rispondigli prima di sembrare strano!” Remington lo incoraggiò a non pensarci.

-Mi sembra giusto- Leo rispose una frase generica, e continuò a farsi trasportare come un sacco di patate.

Durante il tragitto non incontrarono nessun’altra guardia. Probabilmente bastava la massa di Fausto il fusto a tenere lontani gli intrusi in quella parte della base.

Forse erano anche a corto di personale.

Nel raggiungere le celle, Leo si accorse presto che non sarebbe stato solo, perché iniziò ad udire delle voci.

-Ti direi tutto, ma è spoiler! E non posso fare spoiler, è proprio un blocco- la prima voce era familiare, e le parole che disse fecero subito rendere conto a Leo di chi fosse.

Oh, sarebbe stato quello il loro primo incontro ufficiale?

“Incontro ufficiale? Con chi?” indagò Remington.

Leo lo ignorò.

-Se volessi dirmi qualcosa troveresti il modo, Pay. E non mi piace questa faccenda. Sembra completamente irregolare!- la seconda voce, invece, sembrava sconosciuta, ed irritata.

-Dammi un anno e sono sicuro che mi darai… oh, LEO!- appena voltato l’angolo, la prima voce sembrò accorgersi immediatamente del cuoco, prima ancora che Leo riuscisse a vederlo, dato che gli dava le spalle.

-Chi?- chiese la seconda voce.

-Leo?- chiese Fausto il fusto, confuso.

-Ehm… cioè… eh…- la prima voce, che apparteneva palesemente a Payas, sembrò in difficoltà.

-È il mio soprannome! Remington anche detto Leo, sì. Mi chiamano tutti così, i miei amici- si inventò in fretta Leo, per salvarsi da quella situazione.

-Oh, capisco… in effetti è più breve- Fausto il fusto non fece altre domande, e dopo aver aperto una cella, ci buttò Leo dentro con ben poca grazia.

“Spero vivamente che nessuno inizierà a chiamarmi Leo d’ora in poi. Sarebbe troppo umiliante” borbottò Remington, irritato.

Leo, indovinate, lo ignorò.

Iniziava ad essere bravo a ignorare Remington.

“Te la farò pagare”

-Bene, ora vado ad avvertire i capi, e tra poco verrai interrogato. Non provare a scappare, mi raccomando- si fece assicurare Fausto il fusto, chiudendo la cella e assicurandosi che fosse bloccata.

Leo si guardò intorno.

Era in una cella singola, e ce n’erano altre intorno a lui.

Una era occupata da Payas, che sembrava parecchio imbarazzato, e Nox, che Leo riconobbe nonostante l’avesse visto di sfuggita alla festa, e che guardava Leo con sospetto, braccia incrociate, e testa piegata da un lato.

Inoltre, nella cella proprio accanto a quella di Leo, c’erano due bambine, gemelle, che dovevano avere nove o dieci anni, e che sembravano albine, a giudicare dalla pelle lattea e dai capelli bianchi come la neve.

Che ci facevano due bambine così piccole in una cella così orrenda?!

-Guardia? Avresti qualcosa da mangiare? Stiamo morendo di fame- una delle due, che aveva i capelli raccolti in due code e abiti più leggeri, si rivolse a Faust, in tono lamentoso.

-Mi dispiace, ma non è ora di pranzo. Più tardi vi porto qualcosa- rispose lui, dispiaciuto, prima di uscire dalle celle.

-Uffa, però! Noi abbiamo fame!- si irritò la bambina, che non sembrava affatto spaventata, sedendosi accano alla sorella sul letto della cella.

La sorella, che al contrario aveva i capelli sciolti, una mantellina, e pesanti stivali, sembrava più preoccupata per la situazione, e si teneva la pancia, chiaramente affamata.

Non commentò.

Leo si pentì di non aver portato i biscotti arcobaleno avanzati, ma non c’era spazio per entrambi i sacchetti, e il materiale per la fuga per la missione era molto più importante.

Si avvicinò comunque alle due bambine, per controllare che stessero bene.

Prima che potesse però fare la domanda, tre voci gli parlarono nello stesso istante.

“Sei solo?” chiese Remington, pronto a continuare il piano.

“Leonardo, tutto bene? Stai bene? Devo mandare i miei uomini a soccorrerti?” si preoccupò Daryan, apprensivo.

-Tu chi sei? Perché mi sembra chiaro che non sei Remington- chiese invece Nox, sporgendosi verso di lui e osservandolo dalla testa ai piedi.

-Vi prego, uno alla volta!- chiese Leo, che non era riuscito a distinguere tutte le parole.

Nox inarcò un sopracciglio, confuso.

Anche le due bambine si voltarono verso di lui, sorprese.

Leo decise di rivolgersi per prima cosa alle persone nella sua testa.

“Daryan, va tutto bene, sto per scappare e dirigermi al salvataggio di Yu” si affrettò come prima cosa a rassicurare Daryan, che era la sua priorità.

Poi bloccò il collegamento con lui per avere la mente un po’ più libera.

“Dovresti rivedere le tue priorità… allora, sei solo?” chiese Remington, impaziente.

“Fausto il fusto se n’è andato, ma ci sono altri quattro prigionieri vicino a me” gli riferì Leo, assicurandosi che Faust non tornasse indietro. 

“Sì, Nox, le gemelle e Yu. La vedi? Sta dormendo? È per questo che non mi ha ancora insultato perché sei lì?” Remington rispose, ovvio.

Leo sobbalzò.

Vero!

Si era fatto catturare per farsi rinchiudere nella cella dove stava Giada.

Ma lì intorno Giada non c’era.

Leo si guardò intorno controllando più attentamente.

“No, Giada non c’è. Il quarto è Payas” informò Remington, che rimase zitto qualche secondo.

“Payas, ma che ci fa lì?!” commentò lui, sorpreso.

Leo lanciò un’occhiata al figlio di Kalea, che stava parlando sottovoce con Nox.

“Ne deduco che non dovrebbe essere qui?” suppose, chiedendosi perché si fosse fatto rapire.

Forse, come al ballo, voleva incontrare Leo prima del loro incontro ufficiale?

“Allora, che faccio? Scappo?” Leo tornò al piano, iniziando ad armeggiare con la sacca che teneva nascosta tra i vestiti.

“Aspetta qualche minuto, mi informo meglio sulla tua posizione e su quella di Giada. Tieniti pronto!” Remington sparì dalla sua mente, e Leo tirò un sospiro di sollievo, felice di avere qualche minuto di pausa per riordinare le idee, a mente sgombra.

Forse poteva attivare il collegamento con Daryan e flirtare un po’? 

Prima che potesse provarci, la sua attenzione venne attirata.

-Scusa… hai del cibo, Remington Leo?- chiese la bambina con le codine, tirandogli la camicia attraverso le sbarre che separavano le loro due celle.

Leo si piegò appena verso di lei.

-Mi dispiace, non ho cibo con me. Come ti chiami?- chiese, gentilmente.

La bambina sembrò un po’ offesa dalla domanda.

-Sono Snow, figlia di Noella. E tu sei il figlio di Veer, giusto?- suppose, osservandolo con attenzione, soprattutto i capelli.

-Veramente…- Leo iniziò a negare.

-No, non è Remington. Remington è più alto, e ha i capelli e gli occhi rosso fiamma- Nox lo interruppe, con uno sbuffo.

-Perché hai detto di essere Remington, allora?- chiese nuovamente la bambina, senza capire.

-Per venire catturato, e poi evadere e andare a salvare Giada, la mia migliore amica, che è stata rapita a sua volta. L’avete vista?- Leo decise di confidarsi, e si rivolse soprattutto a Nox, che ancora lo fissava con un certo sospetto.

-Chi è Giada?- chiese Snow, sporgendosi verso di lui.

-No, non si è vista la tua “migliore amica”, mi dispiace- rispose Payas, in tono freddo, mimando le virgolette con le dita. Evidentemente non gli stava simpatica, per qualche motivo.

-Capisco… oh, mi sto riferendo a Yu, la semidea. Qui la chiamate Yu…- Leo provò ad insistere, ricordando il nome dei sette regni dell’amica.

-Sì, sì, lo so. E confermo che non si è vista- insistette Payas, scuotendo la testa.

-Yu? Perché Yu dovrebbe… un momento, è tornata nei sette regni?! Questo è problematico- Nox iniziò a camminare avanti e indietro nella cella.

-Pensavo che saremmo stati solo in tre nel ratto dei semidei- osservò Snow, molto confusa.

-Shhh, Snow, non puoi parlare della Storia che sappiamo. Sennò la mamma si arrabbia- la riprese la sorella, a bassa voce, parlando per la prima volta e alzandosi dal letto.

-E tu come ti chiami?- le chiese Leo, rivolgendosi a lei.

La bambina non lo guardò, e rimase a testa bassa, imbarazzata.

-White- rispose, in un sussurro.

-Come fai a non saperlo?! Siamo semidee!- si irritò Snow, mettendosi a protezione.

-Chiedo scusa. Non sono molto esperto di semidei e famiglie nobili, purtroppo. Ho ancora molto da imparare- si giustificò Leo, un po’ imbarazzato.

-Tu come ti chiami? Per ora sappiamo solo che non sei Remington- Snow lo squadrò, sospettosa.

-Mi chiamo Leonardo, potete chiamarmi Leo- si presentò lui, sollevando una mano.

-Leonardo? Mai sentito questo nome- rifletté Nox, pensieroso.

-Ohhhh, sei l’outsider! Mamma mi ha parlato di te!- esclamò Snow, indicandolo eccitata, come se fosse un animale esotico piuttosto raro.

-Uh… outsider?- chiese Leo, confuso.

-Sì! Vieni da un altro mondo e stai facendo un casino con la Storia a Jediah, giusto?- insistette Snow. 

La sorella le tappò la bocca.

-Non puoi dire queste informazioni tra i ribelli. È pericoloso- la fermò.

-Oh… ehm…- Leo non sapeva che dire.

C’era un termine per quelli come lui? 

E soprattutto… la dea Noella sapeva della sua esistenza? Leo si sentì un po’ intimorito. Non pensava di aver dato troppo nell’occhio, tranne magari a Jediah, a Valkrest, e forse a Lumai.

Ma addirittura a Nivern sapevano chi fosse?!

Wow… preoccupante.

-Probabilmente ho capito male… un outsider? Un outsider vero, da un altro mondo?- chiese Nox, che aveva iniziato a fissare Leo come se fosse un’arma di distruzione di massa.

-Shhh, White ha ragione, è pericoloso parlarne nella base dei ribelli- lo fermò Payas, guardandosi intorno.

-Un momento, un momento, un momento… tu lo sapevi?! È per questo che ti sei fatto rapire anche se non avresti dovuto far parte del ratto dei semidei?!- Nox si rivolse a lui e lo fulminò con lo sguardo.

-Beh… che dire… mi dispiaceva non vederlo per…- silenzio -…quindi… ops, ho quasi dato via un’informazione fondamentale. Fortuna che ho il filtro anti-spoiler- commentò poi, ridacchiando appena tra sé.

-E scommetto che è anche il motivo per il quale eri a Jediah, al compleanno della principessa Opal. Come ho fatto a non pensarci! Eri davvero strano quel giorno!- Nox continuò a guardarlo storto.

-Senti, tesoro, io te l’avrei anche detto, ma poi tu l’avresti detto a tuo padre, che l’avrebbe detto alla dea della luce, e le cose si sarebbero potute complicare. Era uno spoiler!- si giustificò Payas, a disagio.

-Non chiamarmi…- iniziò a lamentarsi Nox, allontanandosi appena da lui, ma venne interrotto da White.

-Smettetela di parlare degli dei! Non dobbiamo farlo!- urlò a pieni polmoni, facendo sobbalzare tutti tranne Snow, che annuì appena, dandole ragione.

-Ne parleremo quando ci salveranno, tra due giorni- Nox accettò il cambio di argomento, ma lanciò a Payas un’occhiata assassina.

Payas sembrava ferito.

Sospirò.

-Allora, Leo, qual è il piano?- chiese a Leo, cercando di tornare allegro.

-Non ho il permesso di dirlo, mi dispiace- Leo evitò la domanda, e Payas, concentrandosi invece sulle bambine.

Un’idea iniziò a formarsi nella sua mente.

-Verrete salvati tra due giorni?- chiese, rivolgendosi a tutti e quattro.

-Non possiamo parlarne- rispose White, chiudendosi a riccio.

-Una spedizione da Nivern ci recupererà tutti e tre… quattro, e ci riporterò a casa- diede invece l’informazione Snow, con un certo orgoglio.

-Tra così tanto tempo? Non preferireste tornare a casa prima?- chiese Leo, pensieroso.

Certo, non era nei piani, e la priorità doveva essere Giada, ma non poteva mica lasciare due bambine intrappolate per due giorni? Al freddo, scomode e senza cibo decente.

-Beh, certo. Ma non possiamo- Snow alzò le spalle, un po’ delusa, ma rassegnata.

-Che stai proponendo, esattamente?- Nox lo squadrò con sospetto.

Leo tirò fuori la sacca con i materiali, e iniziò a spiegare il suo piano.

-Beh, ho un congegno per aprire le serrature che dovrebbe funzionare anche per queste celle. Posso liberare anche voi, vi unite a me, e prima di salvare Giada vi porto in superficie. C’è un gruppo di cavalieri da Jediah che possono tenervi al sicuro dai ribelli, e potreste tornare tutti a casa prima- spiegò Leo, iniziando ad armeggiare nel sacco, distrattamente.

-Un congegno?- chiese Snow, interessata.

-Non possiamo cambiare la Storia!- Nox scosse la testa.

-Che nobile che sei, Leo- Payas lo guardò con un sorrisino.

-Non è pericoloso?- White sembrava atterrita.

-No, non è pericoloso, e il congegno è questo- Leo tirò fuori qualcosa che dalla forma gli era sembrato l’aggeggio giusto.

I quattro semidei lo guardarono con espressioni piuttosto confuse.

Payas per poco non scoppiò a ridere.

-Cosa?- Leo si girò a guardare cosa avesse in mano, e impallidì.

-A me sembra un biscotto- osservò Snow, squadrandolo con attenzione e avvicinandosi.

-No, non è un biscotto. Non vedi che è colorato?- la contraddisse White.

Leo si affrettò a controllare la sacca, ma i suoi incubi si rivelarono realtà.

Aveva confuso le due buste, e aveva preso quella con i biscotti arcobaleno.

“Uhm… Remington?” chiese, attirando l’attenzione del semidio.

“Sì, sì, ci sono. Allora, esci dalla gabbia e poi vai verso il corridoio da dove non sei arrivato, e da lì…” Remington, che non aveva sentito la conversazione precedente, si sintonizzò e iniziò a dargli istruzioni.

“Ehm… c’è un piccolo problema” Leo lo interruppe, girandosi un biscotto tra le mani.

“Problema?” chiese Remington, in un sussurro.

Leo non sapeva come dirglielo.

“Spero per te che sia un problema stupido tipo che ti sei rotto un’unghia, e non un problema serio tipo che non hai portato i materiali con te” Remington iniziò ad agitarsi, con tono minaccioso.

Wow, come aveva fatto ad indovinare?!

“LEONARDO! STAI SCHERZANDO?!” Remington gli urlò contro, incredulo, facendogli venire il mal di testa.

-Mi sono sbagliato, okay? Ho portato i biscotti al posto dell’aggeggio! Può capitare a tutti!- provò a giustificarsi, a voce alta, per equilibrare l’urlo di Remington.

-Biscotti!- esclamò Snow, avvicinandosi con occhi brillanti.

-Biscotti?- White sembrava meno convinta, e fissava il biscotto arcobaleno nella mano di Leo con le sopracciglia aggrottate.

-Sì, sono i miei famosi biscotti arcobaleno… ne volete?- Leo porse il sacchetto verso le bambine, distrattamente, e tornò alla conversazione mentale con Remington.

“NON RIESCO A CREDERE CHE HAI FALLITO UNA COSA COSÌ SEMPLICE! AVEVI UN SOLO COMPITO!” si stava lamentando Remington, irritato.

“Facile per te parlare dalla tua cameretta al sicuro! Troviamo una soluzione alternativa!” Leo ribatté, e cercò di farsi venire qualche idea.

“Potresti far rapire anche il tuo fidanzato, così porta l’aggeggio. Sicuramente è più affidabile di te!” propose Remington, abbassando solo leggermente i toni, ma restando palesemente furioso.

Era sicuramente una buona idea, ma Leo scosse la testa.

“No, non metto Daryan in pericolo. Facciamoci venire un’altro piano!” rischiare la vita lui, okay. Aveva la benedizione divina. Ma Daryan, assolutamente no!

Se le cose fossero andate storte, Leo non se lo sarebbe mai perdonato.

Intanto, alle sue spalle, le due gemelle stavano facendo una lotta all’ultimo sangue per appropriarsi del sacchetto con i biscotti.

Snow stava provando a prenderlo per assaggiarne qualcuno, mentre White glielo stava tenendo lontano.

E stava avendo parecchio successo, dato che lei e i biscotti erano diventati invisibili, quindi Snow non sapeva dove potesse essere.

Per cercare di individuare la sorella, iniziò a far cadere una leggera neve all’interno della cella, che evidenziò la forma della sorella, dando via la sua posizione.

Poi le saltò addosso per bloccarla, ma lei fu abbastanza rapida da scansarsi, tornando visibile.

Payas faceva il tifo dall’altra cella, Nox scuoteva la testa.

Leo non si accorse di nulla.

“E allora cosa proponi, sentiamo?! Tu che hai sempre un piano per ogni cosa! Sappi che hai poco tempo, dato che Faust potrebbe tornare da un momento all’altro!” Remington continuò a prendersela con Leo, che in effetti non aveva altre idee.

Cercò di farsi venire in mente qualcosa.

Il sacchetto di biscotti, che lo colpì con precisione sul retro del capo, distrasse i suoi pensieri.

-Wo, cosa…?- si girò verso le gemelle, e recuperò il sacchetto. Per fortuna i biscotti non si erano rovesciati, anche se iniziavano ad essere fin troppo sbriciolati.

-Non accettiamo il tuo cibo avvelenato!- lo accusò White.

Che assoluta mancanza di fiducia.

-Non sono avvelenati! Anche se forse sono un po’ sbriciolati, ma ancora buoni!- ne prese uno, e lo mangiò con gusto.

“LEONARDO, NON È IL MOMENTO DI DIFENDERE LA TUA CUCINA!” lo riprese Remington, irritato.

-Zitto, non sto difendendo la mia cucina, voglio solo assicurarmi che le bambine mangino qualcosa!- si lamentò Leo, ad alta voce. Il suo scopo primario della vita era, dopotutto, nutrire il prossimo.

Era un cuoco, non un salvatore!

-Visto, White?! È buono! Non è avvelenato!- Snow sembrava convinta, e guardava il biscotto con occhi brillanti.

Che tenera!

-Non lo so! Magari ha preso l’unico biscotto non avvelenato- White, però, non lo era affatto.

Che tristezza…

Essere così prese di mira a causa dei propri natali che persino a otto anni si temeva un avvelenamento.

Che razza di mondo!

Leo si mise in ginocchio davanti alle bambine, e offrì a White il sacchetto, in modo che lei potesse prendere qualsiasi biscotto volesse.

-Prendine uno a caso, e lo mangerò. Non sono avvelenati, lo giuro- cercò di rassicurarla, con più calma.

White lo squadrò con sospetto, ma alla fine si convinse, prese un biscotto, e lo imboccò a Leo, che la fece fare, tranquillo.

Erano rimasti davvero ottimi, nonostante fossero stati sballottati da una parte all’altra.

Se lo gustò, lasciandosi sfuggire qualche verso di apprezzamento.

-Sono vivo- disse una volta ingoiato tutto, facendo alla bambina un occhiolino complice.

Snow lo prese come un lasciapassare per prendere un biscotto a sua volta, e anche White, dopo qualche tentennamento, si lasciò convincere, facendo vincere la fame.

Entrambe, dopo il primo morso, si illuminarono.

-È buonissimo!- dissero insieme, la prima con più entusiasmo, la seconda lasciando completamente perdere l’ostilità, e iniziando a fare scorta di biscotti.

-Woah, woah, piano, tigre. Se ne mangi troppi rischi di fare indigestione. Sono pur sempre dolci- Leo cercò di fermarla, ma non trattenne un sorriso soddisfatto, e non le tolse i biscotti dalla portata.

-Grazie di averli condivisi anche con noi, eh- si lamentò Nox, dall’altra cella, borbottando.

-La tua debolezza: i dolci- lo prese in giro Payas, dandogli una pacca sulla spalla.

-Ho solo fame, Payas! E comunque dubito che saranno all’altezza di quelli al compleanno della principessa Opal- Nox scosse la testa, ostentando un’aria di superiorità.

Payas sghignazzò.

Leo non trattenne un sorrisino.

-Mi fa piacere le siano piaciuti i miei dolci. Qual è stato il suo dessert preferito?- indagò Leo, curioso.

Nox rimase in silenzio qualche secondo, rendendosi conto ancora meglio di chi fosse Leo.

-Beh, la torta alle fragole era…- iniziò a confessare poi, con tono meno duro.

“LEONARDO! PIANTALA DI TERGIVERSARE CHE POI IL CAPITOLO DURA QUARANTA PAGINE! HAI UNA MISSIONE DA COMPIERE!” l’ennesimo urlo in testa a Leo lo fece sbottare, interrompendo le chiacchiere sui dolci.

-Piantala di starmi addosso! Non mi aiuti così!- si lamentò, e fece sobbalzare i quattro semidei, che non si aspettavano che si mettesse ad urlare, così dal nulla.

-Non parlavi con me, vero?- chiese Nox, per sicurezza.

-Remington- Leo si indicò la testa.

-Ah, capisco…- Nox gli lasciò i suoi spazi.

Sembrava essersi riscaldato nei confronti di Leo, forse perché aveva apprezzato il modo in cui si era comportato con le figlie di Noella. Forse perché sperava di riuscire a mangiare altri suoi dolci.

“SEI TU CHE NON TI STAI AIUTANDO! STAI PERDENDO TEMPO E NON HAI IDEE! CHIAMA DARYAN!” Remington continuò ad urlare in testa a Leo, che decise di concentrarsi su come uscire da lì, soprattutto se doveva salvare anche gli altri semidei.

“Salvare gli altri semidei?! Ma non ci pensare nemmeno!” subito si oppose Remington, in tono offeso.

-Tu non sei il mio capo! E io non ho la minima intenzione di coinvolgere Daryan!- Leo iniziò ad irritarsi.

Non gli piaceva essere comandato a bacchetta in questo modo.

Un conto era affidarsi a Remington perché lui aveva più esperienza ed era più intelligente, ma non significava che Leo avrebbe rinunciato alla sua moralità e ai suoi ideali per seguire quegli ordini.

Non avrebbe messo in pericolo Daryan.

E di certo non avrebbe lasciato lì due bambine piccole alla mercé dei loro rapitori! Non era un mostro! 

“Ma tanto vengono salvate comunque! Che te ne importa?!” obiettò Remington, esasperato.

-Ma tra due giorni! E se poi qualcosa dovesse andare storto?! Non posso andarmene e non aiutarli- insistette Leo, fermo sui suoi ideali.

“Beh, non salverai neanche te stesso se non ti farai venire un’idea per scappare da lì! E Faust sta per tornare!” insistette Remington, tornando all’argomento principale.

Proprio in quel momento, purtroppo per Leo, Daryan aprì il collegamento mentale, chiamando il ragazzo.

“Leonardo, tutto bene? Scusa se ti chiamo, ma non ti sento da un po’ e inizio a preoccuparmi, sei…?”

Proprio mentre Leo sbottava, irritato: 

-E vorrà dire che sedurrò Fausto il Fusto per farmi liberare. Sempre meglio che…- 

Si interruppe nel momento stesso in cui si rese conto che Daryan poteva sentire tutto quello che diceva, e si coprì di scatto la bocca, imbarazzato.

Ma ormai il dado era tratto.

Sentì Snow ridacchiare.

E vide Nox scuotere la testa.

Ma tutta la concentrazione di Leo si spostò su Daryan, che aveva sentito l’ultima frase di Leo, e si era zittito.

“NON È COME PENSI! NON STAVO PARLANDO SUL SERIO!” si affrettò a giustificarsi Leo, tornando in chat privata perché non voleva coinvolgere ulteriormente i semidei dei suoi casini romantici.

Certo che Leo non ne azzeccava una, quel giorno!

Non vedeva l’ora di togliere l’orecchino e smettere con tutti quei contatti mentali. Erano un disastro!

“Sedurre… Fausto il fusto?” arrivò la voce, molto bassa, di Daryan.

“Gli piace?! Cos’ha lui che io non ho?! Sono stato solo un’avventura?! Forse è poligamo?! Dovremmo parlarne. Ma non adesso. Adesso deve uscire da lì. Magari non seducendo Fausto il fusto, possibilmente” arrivò il pensiero profondo, che per la prima volta fu più rumoroso di quello consapevole.

Leo voleva seppellirsi.

-No! No! No! Non ho intenzione di sedurre nessuno! Ero solo irritato con Remington! Non farei mai una cosa del genere!- Leo tornò a parlare a voce alta per far passare il suo punto.

“Io penso che ti abbandono a te stesso perché mi sono davvero rotto di starti in testa” borbottò Remington, abbandonando il piano. 

Leo doveva sentirsi perso, ma fu sinceramente felice che Remington se ne andasse.

Così poteva concentrarsi su Daryan, che si dimostrò davvero maturo e abbandonò in fretta l’argomento ‘Fausto il fusto’.

“Perché sei irritato con Remington? Che succede? Era una trappola?! Hai bisogno di aiuto?” chiese, preoccupato.

Awwww, che carino!

“Perché una persona irritata con qualcuno dovrebbe minacciarlo di sedurre qualcun altro? Non è che gli piace anche Remington? Quante persone devo temere? Uff” il suo pensiero profondo rimase ancora sulla seduzione, ma Leo decise di concentrarsi e rispondere solo al pensiero consapevole.

“No, va tutto bene, è tutto sotto controllo, giuro. Io…” la bugia di Leo venne interrotta dalla porta che si apriva.

Leo si aspettò Fausto il fusto, dato che Remington gli aveva anticipato che sarebbe arrivato presto, ma rimase sorpreso quando notò un bambino di dieci o undici anni, al massimo, che portava un vassoio con del pane raffermo.

Era a testa bassa, vestiti sporchi e rovinati, e aveva un vistoso livido sulla guancia.

E Leo… lo conosceva.

Rimase congelato sul posto, sconvolto.

-Ancora pane? Uffi! Non avete almeno un po’ di carne da aggiungere?- si lamentò Snow, vedendo approcciare il tanto agognato cibo, e rivolgendosi al bambino come se lo conoscesse bene.

-Ci passano solo questo, non ti lamentare, principessa- rispose il bambino, a denti stretti, lo sguardo fisso sul pane con sofferenza, come se volesse mangiarlo lui e si stesse trattenendo a stento.

-Sono una semidea!- lo corresse Snow, con superiorità.

-Snow, non provocarlo- le suggerì la sorella, afferrandole il braccio in segno di protezione.

-Non mi interessa. Lo vuoi il pane, o no?- il bambino porse il vassoio verso le due, rischiando di far cadere il contenuto.

Snow afferrò due pagnotte, e il bambino si rivolse a Payas e Nox, dando del pane anche a loro.

-Grazie- gli sorrise Payas. Nox si limitò a borbottare qualcosa che Leo non riuscì ad afferrare.

E alla fine, il bambino andò verso di lui, sempre con sguardo basso.

“Leonardo, tutto bene? È successo qualcosa? Perché ti sei interrotto?” chiese Daryan, preoccupato.

Per la prima volta, Leo lo ignorò.

Ma si sbloccò abbastanza da parlare finalmente al ragazzino.

-Cosa ci fai qui?- gli chiese, preoccupato, abbassandosi e cercando il suo sguardo.

-Cosa?- il bambino sollevò la testa, guardando finalmente Leo, e sembrò riconoscerlo anche lui, perché sgranò gli occhi, e lasciò cadere il vassoio con l’ultima pagnotta ammuffita.

Fece qualche passo indietro.

-Il signore dei biscotti…- sussurrò, sorpreso.

Infatti era il bambino che Leo aveva incontrato l’unica volta in cui era uscito da palazzo per andare in città e fare rifornimento.

Il bambino che, insieme a sua sorella, aveva tentato di derubarlo, e a cui Leo aveva dato alcuni biscotti arcobaleno.

Era molto più malmesso, ed erano passate poche settimane.

-Stai bene? Cosa è successo? Cosa fai qui?- indagò Leo, avvicinandosi il più possibile.

-Cosa… sei un semidio? No, non puoi essere un semidio! Eri a Jediah, come…- il bambino sembrava molto più sconvolto di lui.

Si guardava intorno in cerca di una qualche risposta, che nessuno però sembrava potergli dare.

Tutti i semidei osservavano la scena con interesse, mangiando il loro pane, come se fosse un qualche spettacolo.

Leo valutò come comportarsi.

La sua missione era passata completamente in secondo piano, di fronte ad un bambino denutrito e maltrattato.

Lo stavano costringendo a lavorare per loro? Che razza di persone erano?! E dov’era sua sorella? Stava bene?

Leo non sapeva come comportarsi, non aveva il potere di cambiare le cose, era solo un cuoco.

“Leonardo, mi sto preoccupando. Chi c’è con te?” la voce di Daryan, sempre più tesa, gli diede un’idea.

Aveva un principe, dalla sua parte.

Un principe poteva senz’altro fare qualcosa.

“Daryan, c’è un bambino, massimo undici anni, ferito e denutrito” gli spiegò, con urgenza, avvicinandosi alle due semidee figlie di Noella.

-Potreste per favore restituirmi i biscotti avanzati?- chiese, con gentilezza.

-Perché?- White li strinse a sé.

-Biscotti?- il bambino osservò il sacchetto, confuso.

-Non li vorrai dare a lui, vero?- indovinò Snow, lanciando al bambino un’occhiataccia.

“Un bambino? Hanno rapito un bambino?!” chiese Daryan, sconvolto.

“Credo lavori per i ribelli. Potrebbero essercene altri, dubito abbia molta scelta. Tu puoi fare qualcosa, vero?” Leo spiegò meglio, cercando di concentrarsi nel frattempo anche sulla conversazione reale.

-Dammi i biscotti, per favore. Ce ne sono abbastanza per tutti- insistette, in tono gentile ma fermo, rivolto a White, che alla fine cedette, e gli porse il sacchetto.

-Non li voglio! Non hai risposto alla mia domanda! Sei un semidio?- il bambino indietreggiò fino a ritrovarsi dalla parte opposta della stanza, ma non fece cenno di volersene andare, non prima di aver ottenuto risposte.

Leo tirò fuori un biscotto, e lo porse verso il bambino.

-Come ti chiami?- chiese, proprio mentre Daryan gli rispondeva mentalmente.

“Non riesco a crederci… pensi che riusciresti a portarli fuori da lì? Potremmo offrire a lui e agli altri bambini cibo, cure e un posto dove stare” propose Daryan, in tono concitato.

Leo accennò un sorrisino. Sperava che gli avrebbe offerto supporto, e non era rimasto deluso.

Daryan era un bravo principe, sempre attento al suo popolo.

-Non la riguarda, signore… devo tornare a lavoro- il bambino scosse la testa, abbassò nuovamente lo sguardo, e fece per riprendere il vassoio e andarsene.

Leo non poteva lasciarlo andare così.

Doveva scoprire qualcosa in più.

-Aspetta, prendi almeno un biscotto. Per tua sorella!- provò ad insistere, porgendo con più forza il biscotto arcobaleno.

Il bambino esitò un attimo, poi si girò, e alla fine decise di afferrare il biscotto che Leo gli stava porgendo.

I loro occhi si incrociarono per un secondo.

…Leo non avrebbe mai imparato ad utilizzare quel potere in modo intuitivo.

Ma per una volta la sua incompetenza fu davvero importante.

“Spero che Daisy stia bene. Oh dei vi prego fate che stia bene. Ho paura. Era di turno a prendere l’acqua al pozzo. Spero sia tornata. Ho paura. Cosa ci fa lui qui?! Non voglio che gli facciano male. Ho così tanto paura! Sembra gentile… è un bugiardo. Devo andarmene! È un semidio? Ho paura! Se ritardo Lui mi colpirà. Non posso ritardare. Ho paura! Spero non trovi il biscotto. A Daisy era piaciuto tanto. Posso rischiare? Sì, purché non colpisca lei. Ho tantissima paura! Anche a Yara erano piaciuti… no, non posso prenderne altri. Non posso. Verremo puniti. Non posso permettere che vengano tutti puniti! Devo andare, devo andare. Ho paura!!”

A Leo arrivò un’ondata di pensieri terrificanti detti in estrema velocità, con tono velato di panico.

Il bambino davanti a lui, che lo fissava ostile mentre prendeva il biscotto, era in realtà terrorizzato.

A Leo venne quasi da piangere.

Doveva aiutarlo.

Questa volta non poteva lasciarlo andare e sperare per il meglio, con solo qualche biscotto.

No, questa volta doveva impuntarsi e aiutarlo, al massimo delle sue forze.

Giada avrebbe aspettato.

-Aspetta!- lo richiamò, notando che era in procinto di andarsene.

“Che vuole ancora? Cosa vuole?! Gli sono grato per i biscotti, ma non gli devo niente! Non gli devo niente, giusto? Meglio ridargli il biscotto. Non voglio avere debiti!” gli arrivò la voce del bambino in testa, che osservò il biscotto che aveva in mano, e fece per ridarlo a Leo, che però scosse la testa, e decise di rispondergli mentalmente, per non rendere tutti partecipi di quello che aveva sentito.

“Tienilo pure, non hai nessun debito nei miei confronti, e non mi devi niente” gli riferì Leo, con estrema calma, sperando non si spaventasse.

Il bambino sobbalzò, e si guardò intorno, molto sorpreso.

“Cos’era? Era il signore dei biscotti? Ma come? Non ha aperto la bocca? È davvero un semidio? Se è qui deve esserlo, giusto? Ma allora è in pericolo. Ed è così gentile. No, non mi deve interessare. Devo pensare al gruppo” Leo sentì tutta la sua confusione.

E sentiva anche una costante litania di sottofondo che sembrava ripetere a oltranza “Ho paura, ho paura, ho paura…”

“Puoi chiamarmi Leo. E posso comunicare con la tua mente. Non l’ho fatto di proposito, ma voglio aiutarti ad andartene da qui” Leo cercò di mostrargli tutte le sue buone intenzioni.

-Perché dovrei fidarmi di te?- chiese il bambino, schivo.

“L’ultima volta che mi sono fidato di un uomo amichevole sono finito qui. Non commetterò di nuovo lo stesso errore per uno stupido biscotto!” sembrava pieno di rabbia, e fissava il biscotto con odio, come se fosse il responsabile di ogni suo guaio.

“Non ti sto chiedendo di fare nulla per noi, non ti sto chiedendo di metterti in pericolo, non lo farei mai. Ma se vuoi andartene, possiamo portarti con noi quando scapperemo” gli rivelò Leo, incoraggiante.

-Avete intenzione di scappare?- chiese il bambino, sgranando appena gli occhi.

-Leonardo, non sarai così stupido da rivelare i tuoi piani ad un membro dei ribelli, vero?- chiese Nox, capendo ciò che stava succedendo nonostante potesse sentire solo una parte della conversazione.

Leo gli lanciò un’occhiata sdegnata.

-È un bambino, Nox. Merita di essere aiutato!- disse con sicurezza, facendo ritirare appena il semidio, che non si aspettava una presa di posizione così salda e un tono così serio.

Ma Leo aveva un fortissimo istinto di protezione verso i bambini, soprattutto se vedeva qualcuno patire la fame o venire picchiato.

Preferiva pentirsi, piuttosto che ignorare la sofferenza che quel bambino e i suoi amici stavano subendo.

“È serio? Vuole scappare? Se mi dice il piano e lo rivelo a Lui, forse ci daranno qualcosa da mangiare. No, legge i miei pensieri, sa che voglio tradirlo, non me lo dirà mai, adesso, e non mi aiuterà. Io ho bisogno di aiuto! Walt ha solo quattro anni! Non può stare ancora qui!” Leo sentì il pensiero veloce e confuso del bambino, ma si concentrò solo sull’ultima informazione.

“Quattro anni?! E cosa gli fanno fare?!” chiese, preoccupato.

“Daryan, com’è la politica di questo mondo sul lavoro minorile?” chiese poi al principe, che era rimasto in stand-by aspettando sue notizie.

“I ragazzi possono lavorare dai quindici anni, ma solo un determinato numero di ore, e solo previo consenso di un tutore, fino ai diciotto anni. Le leggi della dea Noella stabiliscono completa tutela dei bambini. Al di sotto dei quindici anni il lavoro minorile è completamente illegale!” rispose immediatamente, in tono offeso “Quanti anni ha il bambino?” chiese poi, mentre egli rispondeva alla domanda precedente.

-Di tutto. Ci fanno fare i compiti che loro non vogliono fare. Pulizia, cucina, raccolta di ingredienti, e… altre cose- rispose, in un sussurro.

-Aspetta, ma come è possibile?! Il lavoro minorile è bandito!- si infiammò Snow, iniziando a capire un po’ la situazione.

-Già… quanti anni hai? E quanti bambini siete?- chiese Leo, a voce alta così che anche gli altri fossero partecipi, e potessero aiutarlo a convincere il bambino a fidarsi di loro.

-Undici… credo… e siamo in sette. Io sono il più grande- rispose lui, guardandosi intorno per assicurarsi che nessuno lo stesse controllando.

“Se mi trovano qui sarò sicuramente punito. Lui mi ha detto di non interagire mai con nessuno dei prigionieri. Perché sto ancora parlando?! Ma se posso andarmene… se posso andarmene…” iniziava a convincersi, anche se era ancora terrorizzato.

“Undici anni. Ed è il più grande. Sono sette bambini. Abbiamo spazio per sette bambini, due semidee anche loro piccole, e due semidei adulti, non contando Giada?” Leo nel frattempo informò Daryan.

“Forse no, ma posso mandare due cavalieri nella città più vicina e noleggiare un’altra carrozza. Non ci vorrà molto. Tu esci presto?” chiese Daryan, mettendosi subito all’opera.

“Non lo so, in realtà… ti tengo aggiornato. Ma pensavo di liberare prima semidei e bambini e poi rientrare per Giada. Non è con tutti gli altri” spiegò Leo, il più trasparente possibile, senza ammettere di non avere la minima idea di come uscire da lì.

“Forse è una buona idea” ammise Daryan, anche se era chiaramente preoccupato.

-Appena torno a casa mi madre mi sente! Non possiamo permettere che dei bambini lavorino! È contro le leggi!- Snow era furibonda.

Il bambino sembrava piuttosto sorpreso da questa veemenza.

“Mi vogliono aiutare tutti? Perché? Cosa vogliono da me?”

-Non vogliamo niente, solo portarvi al sicuro- si affrettò a rassicurarlo Leo -…non so ancora come usciremo, e quando, ma usciremo presto, e se a te va bene, terrò il collegamento aperto con la tua mente, e quando saremo pronti a scappare, tu e gli altri sei bambini potete raggiungerci all’uscita, e vi porteremo fuori da qui. Vi daremo cibo, vestiti, un tetto e delle cure mediche- gli promise, incoraggiante.

“Possiamo davvero uscire? Mangiare?” il bambino sembrava davvero speranzoso.

Per un attimo, Leo fu certo che si fosse finalmente convinto.

Ma poi il suo sguardo tornò duro, e scosse la testa.

-No! È una trappola! Volete solo catturarci e torturarci per ottenere informazioni sui ribelli! E poi ci ucciderete quando non vi saremo più utili!- esclamò, gettando il biscotto a terra.

Leo si ritirò appena, sconvolto che un bambino di undici anni avesse questi pensieri per la testa.

Il peggio che era capitato a lui, a undici anni, era venire chiuso in camera la sera senza cena perché sbagliava un compito in classe o veniva sorpreso nelle risse.

Sempre traumatizzante, ma Leo non aveva mai pensato di rischiare la vita, o che le persone intorno a lui volessero torturarlo. Non a undici anni!

-Non è così. Voglio davvero il meglio per te e per gli altri. Non mi sognerei mai di fare del male a dei bambini!- insistette Leo, cercando di essere il più sincero e rassicurante possibile.

Aveva le lacrime agli occhi, che minacciavano di uscire da un momento all’altro.

Il bambino aveva iniziato a piangere, e scuoteva violentemente la testa.

“Non posso rischiare. Non posso rischiare che ci becchino intenti ad aiutarvi. Soprattutto se non so se posso fidarmi dopo. Potreste essere peggio di Lui!” i suoi pensieri erano un vortice che fece venire la nausea a Leo.

Però il cuoco non demorse.

-Non ti sto chiedendo di darci una mano per uscire, non ti sto chiedendo di tradire i ribelli e rischiare la vita per liberarci. Ti sto solo chiedendo di stare pronto per quando usciremo. Vi recupereremo, senza che i ribelli si accorgano di nulla, e vi porteremo via di qui. Non rischierete nulla, te lo prometto. E una volta fuori di qui, non permetterò a nessuno di fare del male a te e ai tuoi amici, io…- Leo sapeva che ci voleva qualcosa di serio per convincere il bambino che le sue intenzioni erano buone.

Sperò che l’idea che gli venne in mente fu abbastanza seria.

-…io lo giuro sui sette dei!- promise, in tono sacrale.

Tutti sobbalzarono, e si portarono una mano alla bocca, sconvolti, bambino compreso.

…sì, probabilmente era una promessa abbastanza seria.

-Sui sette dei?- chiese il ragazzino, incredulo.

-Giuro sui sette dei che non permetterò a nessuno di farvi del male, né qui, né fuori di qui, per faccende legate al vostro lavoro con i ribelli, ma anche in generale. Farò di tutto per tenervi al sicuro, e perché stiate bene, e in salute, e soprattutto ben nutriti- Leo insistette, non facendosi frenare dalle reazioni, e porse tutto il sacchetto con i biscotti arcobaleno per rendere ancora più chiara la sua decisione.

Il bambino lo prese in mano, senza credere che Leo avesse effettivamente promesso sui sette dei.

-È una promessa impegnativa- gli fece notare Nox, parecchio scioccato.

-Già… tipo, per ipotesi… se dovessi rompere questa promessa le conseguenze sarebbero dieci volte più gravi che se, per ipotesi, mentissi dicendo di essere sposato e di Lumai- gli diede manforte Payas, che però non sembrava molto sorpreso dalla scelta di Leo, anzi, aveva gli occhi brillanti.

Nonostante l’avvertimento, Leo non aveva alcun rimpianto.

Quella era una decisione che aveva preso con il cuore.

E aveva tutta l’intenzione di mantenere la parola data, con tutte le sue sei vite.

-Okay…- alla fine il bambino annuì -…raduno i miei amici… e poi vi vengo a liberare- strinse i biscotti al petto, e guardò Leo dritto negli occhi, con determinazione.

Leo cadde dalle nuvole.

-Cosa? No! No! È troppo pericoloso! Non devi librarci! Troveremo un altro modo! Io volevo solo aiutarvi, non devi ricambiare o altro!- provò a scoraggiarlo, anche se gli serviva davvero che qualcuno lo liberasse, dato che non aveva altri piani.

Ma era meglio chiamare Daryan piuttosto che mettere in pericolo dei bambini che aveva appena promesso di proteggere.

“Devo farlo, devo ricambiare! Non posso lasciarlo lì dopo che ha promesso di proteggermi. E se lo uccidono prima che si salvi? Lui ha promesso sui sette dei. Nessuno aveva mai promesso sui sette dei per me. Devo rendermi utile” diceva il pensiero profondo del bambino.

-Ehi, tu non mi devi niente, capito? Non devi renderti utile! Devi essere felice! È quello il tuo compito- lo riprese Leo, quasi rimproverandolo.

Il bambino gli lanciò uno sguardo quasi divertito.

-Quando sono pronto come mi metto in contatto?- chiese, con la mano già sulla porta, pronto ad uscire.

-Basta pensare il mio nome, Leonardo, o Leo, e il collegamento si apre da solo- rispose Leo, distrattamente -…ma non devi fare niente, capito?!- insistette poi nel fermare il bambino da quella missione che non approvava.

Ma lui sparì prima che Leo potesse riuscire a convincerlo.

-Maledizione!- borbottò, molto tra sé.

“Leonardo, tutto bene?” chiese Daryan, preoccupato.

“Sì, manda a prendere la carrozza, tra non molto dovrei liberarmi e venire all’uscita con tutta la banda” gli diede l’ordine, cercando di non mostrare quanto fosse nervoso per il modo in cui sarebbe uscito.

“Ottimo, saremo pronti!” gli promise Daryan, incoraggiante.

Leo interruppe il collegamento, ma uno nuovo si aprì immediatamente dopo.

“Leo…” era la voce del bambino.

“Sì, sono io, non devi minimamente liberarci se è troppo pericolo…” Leo provò immediatamente a convincerlo, ma il bambino lo interruppe.

“Volevo solo assicurarmi che funzionasse… mi chiamo Gideon, comunque” gli rivelò il nome, segno che aveva deciso di fidarsi interamente di Leo.

“Gideon… okay, bel nome, Poi mi presenterai anche tutti gli altri” si fece promettere Leo, incoraggiante “Però, sul serio, non devi…”

“Puoi lasciarmi libera la mente? Devo concentrarmi” gli chiese il bambino, tagliando la sua obiezione.

Leo scosse la testa, e sospirò, sconfitto.

“Okay, ma stai al sicuro!” si fece promettere, prima di chiudere il collegamento.

Si sedette sul letto, agitato.

-…psicologia inversa?- chiese Nox, sinceramente sorpreso dalle doti oratorie di Leo, che però scosse la testa.

-Assolutamente no! Non volevo che ci liberasse! Volevo solo aiutarlo- si difese, iniziando a sentirsi in colpa per aver coinvolto lui e il resto dei bambini.

-Devo ammettere che… è molto eroico- Nox decise di concedergli il beneficio del dubbio.

-Quindi… verremo liberati tra poco?- Payas fece il punto della situazione.

-Leonardo verrà liberato. E magari tu, dato che non dovevi essere qui, ma noi dobbiamo attenerci alla Storia e restare in cella finché non viene il gruppo di Nivern- Nox rimase fermo sui suoi ideali.

-Sì, è tutto previsto e saremo al sicuro- gli diede man forte White, annuendo.

-Cosa?! Ma perché?! Io voglio tornare a casa, da mia mamma, e mio padre, e i miei amici! Mi sono stancata di stare qui! Non possiamo unirci a Leo?!- Snow era di tutt’altro avviso, e iniziò a lamentarsi, buttandosi melodrammaticamente sul letto, e iniziando a far nevicare intorno a lei, per dare più enfasi.

-Se venite con me starete al sicuro, ve lo prometto! E tornerete tutti a casa molto prima!- promise Leo, cercando di convincere White e Nox.

-Prometti sugli dei anche per noi?- Nox scosse la testa e alzò gli occhi al cielo.

-No, ma farò da scudo umano. Sono benedetto da Jahlee, ho ancora sei vite- spiegò, sicuro di sé.

Nox rimase immobile.

-Benedetto da Jahlee?- ripeté, convinto di aver capito male.

-Figo! Qual è il simbolo?- chiese Snow, avvicinandosi.

-Il… cosa?- Leo sapeva minimamente a cosa si stesse riferendo.

-Il simbolo! Della benedizione! Quando gli dei vogliono mostrare il supporto alla persona che hanno benedetto, lo fanno tramite un simbolo del colore del dio! Se ti ha benedetto Jahlee, dovresti avere un simbolo viola- spiegò Snow, eccitata, e iniziando a squadrare Leo alla ricerca di tale simbolo.

Il cuoco scosse la testa.

-Non ho nessun simbolo- ammise -Ma ho la benedizione. Me l’ha detto Jahlee in persona, al tempio, e mi ha salvato una volta. Mi rimangono sei vite, ancora- spiegò Leo, che non aveva mai sentito parlare di simboli.

Ma nessuno era stato benedetto da secoli, forse questa informazione era sfuggita agli storici. 

I semidei, però, erano sicuramente più esperti.

-Allora Jahlee non ti supporta pienamente. Ovvio, dato che sei un outsider. Comunque, io non verrò con te, preferisco attenermi alla storia- Nox si tirò fuori dall’operazione.

-Nox, se le semidee vengono con me, ci sarà una spedizione di Nivern pronta a salvarti?- gli chiese Leo, sinceramente curioso.

Nox lo guardò qualche secondo.

 

-Io non volevo venire, però!- si stava lamentando il semidio figlio del dio dell’oscurità, mentre insieme ad altri due ragazzi e a nove bambini stava correndo velocemente ma silenziosamente attraverso i corridoi bui dell’edificio.

-Forse avremmo dovuto seguire la Storia- pigolò una voce che non aveva corpo, dato che White si era resa invisibile ed era attaccata alla sorella, che al contrario era emozionata.

-Non vedo l’ora di tornare a casa!- esclamò, felice, saltellando.

-Shhhh, non dobbiamo attirare l’attenzione- li riprese una bambina.

Leo era molto bravo con i nomi, e li aveva già imparati tutti. Lei era la più grande dopo Gideon, e si chiamava Riley. Così come gli altri, aveva i vestiti rovinati e sembrava malnutrita.

Ma sembrava molto più aperta di Gideon, e quando aveva visto Leo, gli aveva sorriso e si era messa a disposizione.

Gli altri bambini erano Clay, di otto anni, che era stato il più reticente a seguirli, Daisy, la sorella di Gideon, che quando aveva riconosciuto Leo l’aveva abbracciato forte, Yara, che come Daisy aveva sette anni, che era molto minuta ed era andata in ricognizione perché si mimetizzava facilmente tra le ombre dei corridoi, Jack, cinque anni, che non smetteva di fare domande, ed era stato preso in braccio da Payas, ed infine Walt, il più piccolo di tutti, che si era appiccicato a Nox e non lo lasciava andare.

Leo non vedeva l’ora di portarli tutti al sicuro.

-Io non volevo venire, però- borbottò di nuovo Nox, che però teneva Walt con attenzione, ed era molto attento ai dintorni.

-Vedi il lato positivo, Noxy, almeno il ratto dei semidei è un evento senza conseguenze. Non è mica come il…- silenzio -…oh, giusto! Leo non sa ancora questa cosa- Payas si tappò la bocca con la mano libera.

-Di cosa stai parlando?- chiese Jack, curioso.

-Niente, niente...- Payas cercò di tralasciare l’argomento.

-Silenzio! Non dobbiamo farci beccare- insistette Riley, supportata da Gideon.

Quei bambini erano molto più competenti di tutti loro prigionieri messi insieme, soprattutto di Leo.

Stavano facendo tutto loro.

E Remington non si era più fatto sentire.

Non che Leo se ne lamentasse.

Aveva solo paura che non sarebbe stato così facile portare quel grande gruppo fuori dalla base dei ribelli senza dare nell’occhio.

Leo non aveva mai avuto fortuna per quelle cose, dopotutto.

Ma chissà, magari per una volta gli dei sarebbero stati dalla sua parte, ora che quattro loro figli erano con lui.

Laasya, dal suo trono, stava pregando sé stessa che Leo ci rimanesse secco.

Ma divinità a parte, il discorso tra Payas e Nox stava continuando, e attirò l’attenzione di Leo.

Gli piacevano gli spoiler che Payas si lasciava sfuggire. Ci capiva poco, ma gli davano comunque un’idea generale.

C’era un evento della Storia pieno di conseguenze che lui non conosceva ancora? Chissà cos’era.

-Stai parlando della caduta di…?- iniziò a chiedere Nox, facendosi quasi sfuggire lo spoiler che Payas era riuscito a trattenere.

Per sfortuna di Leo, Payas si accorse subito, e mise una mano sulla bocca di Nox, bloccando l’informazione.

-Questo Leo non lo può ancora sapere, sarebbe un disastro!- affermò, categorico.

-Che cosa non devo sapere?- provò a chiedere Leo, iniziando a preoccuparsi.

Venne interrotto dall’arrivo di Yara, che era andata in ricognizione.

-La via è libera fino all’uscita- affermò, con sicurezza, rimettendosi in fila insieme a loro.

Sembrava una ragazza piena di energia.

-Ottimo, Yara, sei stata fantastica. Ma per sicurezza continuo a stare io davanti, nel caso ci sia qualche imprevisto- Leo si complimentò con la bambina, che sorrise radiosa, felice per l’elogio, e poi continuò a camminare, sempre con circospezione.

Erano un gruppo abbastanza compatto, ma Leo si era messo come aprifila, seguito immediatamente da Gideon che teneva la sorella Daisy per mano, e dalle gemelle, anche loro per mano.

Poi c’erano Riley, Clay e Yara.

E infine i due semidei più grandi, con i bambini più piccoli in braccio.

Procedettero senza intoppi per buona parte del percorso, e in men che non si dica, Leo vide le prime luci dell’uscita.

Ce l’avevano fatta?

Era stato davvero così facile?

Certo, con delle informazioni interne di Gideon e gli orfani, e il sopralluogo di Yara, ma era stato davvero semplice.

Forse troppo semplice?

No, no, Leo doveva essere ottimista.

Sarebbero usciti sani e sal…

Neanche il tempo di finire il pensiero, che gli arrivò un urlo in testa, che lo fece fermare immediatamente sui suoi passi.

“LEONARDO ATTENTO! È UNA TRAPPOLA!” sentì la voce preoccupata di Remington.

-Tutti dietro di me!- urlò immediatamente Leo, ed ebbe a malapena il tempo di spingere Gideon dietro di lui, prima che un enorme muro di fuoco, proveniente da chissà quale arma, si avventò su di loro.

-Pensavate di scappare, eh?- sentì una voce schernirlo, che apparteneva a qualcuno che non riusciva a vedere, e sollevò la mano, un goffo tentativo di proteggersi, pronto ad essere arrostito a puntino e sperando che la benedizione lo proteggesse anche dal diventare un arrosto.

Anche se morire diventando cibo non era la peggiore delle opzioni.

Attese qualche secondo, spaventato.

Ma non accadde nulla.

Anzi, sentiva freddo.

Non aveva molto senso.

Forse si era ustionato così tanto che ora sentiva l’effetto opposto, ovvero il freddo?

Poteva avere senso.

Sentì un urlo, che lo fece sobbalzare, e gli fece aprire gli occhi di scatto.

-Snow, stai bene?!- chiese, riconoscendo la bambina che aveva urlato, e notando davanti a sé un grande blocco di ghiaccio, incredibilmente spesso, che aveva chiuso completamente il corridoio, e bloccato le fiamme.

-Wo!- esclamò, sconvolto, e si girò verso la semidea.

-Sei stata tu? Sei stata incredibile! Ti ha fatto male? Per questo hai urlato. Hai bisogno di…- iniziò a mettersi a disposizione, controllando nel frattempo gli altri membri del gruppo.

Erano tutti illesi, ma sconvolti, e alternavano lo sguardo tra il blocco di ghiaccio, e Leo.

-Non sono stata io!- Snow interruppe lo sproloquio di Leo, che si voltò quindi verso White.

Strano, pensava che la bambina diventasse solo invisibile.

Magari aveva due poteri? O un artefatto divino, come lui?

-White, sei stata tu? Ti ringra…- ma venne nuovamente interrotto quando la bambina scosse la testa, fissandolo a bocca aperta.

Era così sconvolta da essere tornata visibile.

-E allora chi…?- Leo si rivolse agli altri semidei.

Nox era impallidito.

Payas lo fissava con le lacrime agli occhi, sembrava commosso.

-Leo… sei stati tu- gli fece notare, indicando la sua mano.

Leo la guardò, senza capire, e sobbalzò nel notare che sul dorso della mano sinistra, quella che aveva sollevato per proteggersi, era comparso un simbolo, tracciato con inchiostro arancione, e aveva la forma arzigogolata di un fiocco di neve molto artistico.

Sembrava brillare appena, e poi divenne bianco, e al centro comparve una specie di orario, o timer: 6:59.

Lo fissò a bocca aperta, sconvolto.

-Ti ha benedetto! La mamma ti ha benedetto!- esclamò Snow, che aveva urlato non per paura, ma per gioia. Sembrava estasiata.

-Non è possibile… due benedizioni…- Nox sembrava spaventato.

Leo, però, era completamente senza parole.

Era appena diventato Elsa di Frozen?!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Da una parte ero molto felice di scrivere questo capitolo, dall’altra è stato davvero difficile gestire tutti quei collegamenti mentali, e tutti questi personaggi.

Davvero troppi personaggi tutti insieme, aaaaahhhh.

Ma è stato anche divertente, soprattutto Fausto il fusto e i battibecchi tra Remington e Leo.

La parte di Gideon è stata davvero difficile, e spero che sia uscita bene.

E non vedevo l’ora di scrivere della seconda benedizione di Leo. In quanti se lo sarebbero aspettato?! Soprattutto dopo la reazione di Noella nel capitolo precedente, ahahahah.

Che dire, alla fine Leo conquista tutti, soprattutto se tratta bene i bambini degli altri.

E con questo avete anche conosciuto tutti i semidei.

Ma c’è ancora una semidea da salvare, e sette orfani da portare al sicuro. Non c’è tempo da perdere!

Leo mi è piaciuto molto in questo capitolo. Fermo sulle sue idee, flirtante con Daryan, sempre il solito idiota che sbaglia ma che ha un grande cuore, insomma, è sempre piacevole scrivere di lui.

Vi do appuntamento al prossimo capitolo che spero arriverà il prima possibile! Non dovrei metterci molto, perché vorrei concludere la storia entro il 18 Agosto, e mancano solo tre capitoli.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, un grande bacione e alla prossima! 

   
 
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