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Autore: ValeDowney    28/07/2022    3 recensioni
Stephanie Strange , brillante laureanda in Medicina alla New York University, comincia a sentire strette le maglie del camice bianco da neurochirurgo che il padre vorrebbe farle indossare. E se il padre è il famoso Doctor Stephen Strange, allora la faccenda si complica
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor Stephen Strange, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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UNA VITA IN GABBIA
 
 

Capitolo XII: Lo stregone oscuro
 


Il mattino seguente, Stephanie si svegliò con il suono della sveglia. Tenendo ancora gli occhi chiusi, allungò una mano per spegnerla. Richiuse gli occhi, ma li riaprì, quando qualcosa non le tornava. Si alzò e, dopo essere scesa dal letto, uscì dalla camera. Si guardò a destra ed a sinistra, per poi dire:
“Papà. Papà, ci sei?” Ma non ricevette risposta.
Rientrò in camera; si lavò e vestì velocemente per poi cercare il padre dappertutto. Non c’era traccia di lui da nessuna parte. Stephen, di solito, la chiamava un minuto esatto prima che suonasse la sveglia. Non era da lui e, soprattutto, non era da lui andarsene senza lasciarne neanche un biglietto.
Guardò il cellulare: probabile che il padre le avesse lasciato un messaggio vocale, invece…niente nemmeno lì. La faccenda stava diventando strana. Ma Stephen era un maestro delle arti mistiche: se veniva attaccato, poteva difendersi anche ad occhi chiusi.
Per il momento decise di non darci molta importanza: lo avrebbe contattato una volta finito le lezioni. Prese un paio di biscotti e, velocemente, si diresse all’Università.
L’intera mattina e primo pomeriggio trascorsero normalmente. Stephanie rispondeva correttamente a tutte le domande poste dai professori e prendeva qualsiasi appunto possibile. Ormai le pagine dei suoi libri erano piene di ogni cosa – anche piccoli disegni di simboli delle arti mistiche, che ogni tanto scarabocchiava in un angolino della pagina quando si annoiava. Quanto avrebbe voluto praticarle, ma con suo padre era una battaglia persa.
Finalmente suonò l’ultima campanella. Stephanie depositò i libri nell’armadietto per poi uscire dall’Università. Si fermò; estrasse il cellulare e provò a chiamare suo padre, ma non rispose. Sbuffò, lasciandogli un messaggio vocale: “Appena riesci, richiami. Ti ho lasciato un sacco di chiamate e messaggi. Ma dove sei finito?” e riattaccò. Ora si stava preoccupando. Di solito Stephen la chiamava appena usciva dall’Università. Irwin si affiancò a lei.
“Ehi, ciao tutto a posto?” le domandò.
“No. Sono preoccupata per mio padre: gli ho fatto un sacco di telefonate e lasciato messaggi, ma nulla. Non è in lui. Di solito mi chiama appena esco e stamattina non ha nemmeno lasciato un messaggio, né mi ha svegliata. Non so che fare” rispose, mentre camminavano.
“Magari si sarà appisolato da qualche parte” disse Irwin. Stephanie lo guardò: “Stiamo parlando di mio padre: si addormenta solamente se c’è qualcosa, o qualcuno, che lo annoia. Ma non si dimentica mai di telefonarmi”.
“Ti va se ti accompagno a casa tua?” le chiese.
“A tuo rischio e pericolo. Ormai avrai capito che mio padre ti detesta e, meno ti vede, meno rischi di non finire sperduto chissà dove” rispose.
Arrivarono al bar dove, normalmente, si fermavano dopo l’università e videro uscire Christine. La raggiunsero: “Mamma, ho bisogno di parlarti”.
“Buon pomeriggio anche a te, tesoro” le disse; poi guardò Irwin, che disse: “Dottoressa Palmer, è un piacere rivederla”.
“Anche per me, signorino Peterson” disse Christine, sorridendogli; poi, guardò la figlia, domandandole: “Cosa è successo stavolta con tuo padre?”.
“Non riesco a contattarlo. Gli avrò lasciato un sacco di messaggi e stamattina non mi ha nemmeno chiamata prima della sveglia, così come non mi ha chiamato appena sono uscita dall’università” spiegò.
“Sicuramente sarà andato in quello strano posto a praticare le arti mistiche. Devi rilassarti, tesoro: sappiamo come è fatto. È molto protettivo nei tuoi confronti e difficilmente si farà scappare i tuoi spostamenti” disse Christine.
“E’ sempre stato molto protettivo ma, ultimamente, lo è diventato ancora di più. Non vorrei che ne avesse avuto per male quando gli ho detto che è appiccicoso e paranoico” disse Stephanie.
“Forse avresti potuto evitare di dirgli ciò: tiene molto a te. Pensa che, quando ti portammo a casa dall’ospedale, aveva spostato la culla accanto al nostro letto e rimaneva a guardarti finché non ti addormentavi. Poi, dopo che sei quasi annegata in quel laghetto, qualcosa in lui è cambiato. Non voleva che nessuno si avvicinasse a te, né ti toccasse. Era come se avesse costruito una campana di vetro intorno a te” spiegò Christine; poi fece un sospiro e, sorridendo, aggiunse: “Ma vedrai che sta bene e si farà sicuramente sentire. O lui, o quel suo amico”.
Dietro di lei comparve un portale, dal quale ne uscì Wong: “Parli del diavolo” disse Christine, voltandosi.
“Quale diavolo? Il diavolo si trova a Kamar-Taj e voi due dovete venire subito con me” disse Wong, indicando prima Stephanie e poi Christine. Questi domandò: “No, un momento, io cosa c’entro? Non ci sono nemmeno mai stata in questo posto”.
“Mamma, tranquilla: tu fai quello che ti diciamo noi. Cerca solo di rilassarti” cercò di rassicurarla Stephanie.
“Posso venire anche io?” chiese Irwin.
“Non credo tu possa essere d’aiuto, giovanotto” rispose Wong.
“Ha ragione, è meglio che rimani il più lontano possibile da mio padre. Te l’ho detto: meno ti vede e più sarai al sicuro” aggiunse Stephanie, guardandolo; poi guardò Wong che disse: “Presto, dobbiamo sbrigarci: vi spiegherò strada facendo” ed entrò nel portale. Stephanie guardò Christine e, dopo averle preso la mano, entrambe lo seguirono. Il portale si richiuse.
Irwin rimase lì: “Va bene, vi aspetterò qua…o a casa tua. Come preferisci” e si sedette ad uno dei tavolini del bar.
Wong, Stephanie e Christine comparvero nella foresta e, una volta che il portale si richiuse, Wong si incamminò, seguito dalle due donne. Stephanie gli fu a fianco, tempestandolo di domande: “Che cosa sta succedendo? Dove si trova papà? È da stamattina presto che non lo vedo e né si fa sentire. Ho provato a chiamalo un sacco di volte e mandargli messaggi sia scritti che vocali, ma non mi ha mai richiamato. Non è da lui e sono molto preoccupata. Sai qualcosa?”.
Wong non rispose, continuando a camminare a passo spedito; finché non si fermò. Stephanie aspettò che la madre l’affiancasse, per poi chiedere: “Prima, cosa hai voluto dire con il diavolo si trova a Kamar-Taj?”.
Wong le guardò con un’espressione piena di paura; riguardò avanti, mentre Stephanie e Christine si avvicinarono a lui. Rimasero a bocca aperta: davanti a loro si ergeva Kamar-Taj in rovina ed in fiamme.
“Andiamo” disse semplicemente Wong incamminandosi. Le due lo seguirono e, una volta entrati tra le mura distrutte, Stephanie domandò: “Che cosa è successo? Sembra che sia appena terminata una guerra”. Poi guardò Christine, aggiungendo: “Mi dispiace mamma, ma Kamar-Taj di solito non è così”.
“Dovranno mettere un’immagine diversa sui volantini se vogliono attirare i turisti” disse Christine.
“È stata solo una persona a causare tutto ciò” disse Wong.
“Chi?” chiese Stephanie, ma la risposta la ebbero, quando una figura, poco più in là, si voltò: si trattava di Stephen. Questi vestiva di abiti neri – anche il mantello e, sul suo volto, era presente un sorriso maligno. Ai suoi piedi giaceva un apprendista privo di vita, così come altri sparsi tra le macerie.
L’ex stregone supremo avanzò verso di loro e, mentre Stephanie e Christine si fermarono, Wong proseguì il cammino. I due furono uno di fronte all’altro e Stephen disse: “Bene, mio servitore: vedo che hai fatto ciò che ti avevo ordinato ed anche in breve tempo”.
“Mi aveva detto che mi avrebbe torturato molto lentamente se non avessi adempiuto al suo ordine” disse Wong, tenendo bassa la testa.
Stephen guardò Christine e Stephanie; poi riguardò Wong dicendo: “Molto bene, ora non mi servi più” e, con un colpo di mano, fece volare Wong da una parte.
“Zio Wong!” disse Stephanie e, stava per andare da lui, quando Stephen camminò verso di loro. Si fermò di fronte a Christine: “Christine, così bella e con la pelle delicata come la porcellana” le disse, accarezzandole una guancia con il dorso della mano; poi continuò: “Eppure, così sciocca ed egoista nell’andare con il primo che capita, incontrandolo in una lavanderia a gettoni. Non provavi pietà per me e tua figlia, che eravamo stati cancellati dalla faccia della terra? Hai fatto presto a consolarti”.
“Stephen, questo non sei tu che parli. Ti prego, ritorna in te. È solo il tuo odio che si manifesta” disse Christine.
Stephen fece un piccolo sorriso, per poi dire: “Credi veramente di farmi pietà?! Entrambe siete vive per una sola ragione: regnare al mio fianco come regina e principessa. Prima Kamar-Taj e poi gli altri santuari. Mostrerò a tutti il potere della dimensione oscura e metterò fine a chi oserà mettersi contro di me. Vi consiglio di fare le brave e forse vi risparmierò”.
“Stephen ti prego” disse Christine. Stephanie, con la punta dell’occhio, vide Wong riprendersi; riguardò il padre, quando chiese: “Allora, che cosa scegliete? Vivere o morire? Non mi sembra difficile per voi”.
Christine stava per replicare, quando Stephanie la interruppe: “Ho un piano migliore: e se andassi a prelevare personalmente gli stregoni degli altri santuari? Li costringerò a venire al cospetto del potente oscuro stregone supremo”.
Stephen fece un piccolo sorriso; si avvicinò a Stephanie e, dopo averle messo una mano sulla guancia, disse: “Ecco perché sei la mia prediletta: ragioni come me”. Poi volse lo sguardo verso Wong e, con uno scatto della mano, lo condusse verso di sé, dicendogli: “E, per fare in modo che non mi deluderai, lui verrà con te ma badate, avrete tempo fino al calar del sole. Se non riuscirete nell’intento, metterò fine alla vita di Christine e poi anche alle vostre” e guardò la donna in modo maligno.
Stephanie guardò la madre, che le disse: “Andate pure. Non vi preoccupate per me”. La ragazza annuì e, dopo che Wong le fu andato accanto, uscirono da Kamar-Taj. Stephen li guardò malamente, poi voltandosi si incamminò, ma con un cenno della mano, avvolse Christine con una forza invisibile, che la costrinse a seguirlo. La donna guardava con paura i corpi senza vita degli apprendisti e le tante macerie sparse che facevano da contorno a quella fortezza ormai distrutta. Quello non era Stephen, ma forse qualcosa di buono era ancora rimasto in lui.
“Ti prego, Stephanie, torna presto” sussurrò Christine ed una lacrima le rigò il viso.
Wong e Stephanie stavano camminando per la foresta. Poi la ragazza chiese: “Allora qual è il piano?”.
“Credevo ce l’avessi tu” disse Wong.
“Era solo un pretesto per non morire subito. Anche se, in fondo, credo che papà sia ancora presente. L’oscurità non si è ancora impossessata del tutto di lui” disse Stephanie.
“Quando è arrivato era furioso. Man mano che ha incominciato ad utilizzare la magia oscura, il suo vestito si è tinto degli stessi colori. Anche la cappa di levitazione non ha più controllo” disse Wong. Sospirò; poi aggiunse: “E, forse, so anche come è successo”.
In quel momento, Stephanie si portò una mano sulla testa e le venne in mente lei da piccola, che osservava il padre sollevato da una donna, la quale stava trasmettendo magia oscura in lui. Poi lei che creava una catena dorata, legando la gamba della donna, che lasciò cadere Stephen a terra. Sbattè gli occhi un paio di volte. Wong l’osservò, chiedendole: “Tutto bene?”.
“Ti sembrerà strano, ma ho appena visto me stessa da piccola che osservava papà trattenuto da una donna che gli passava l’energia oscura. È così che è diventato cattivo?” rispose, guardandolo.
“Non è strano: cosa ricordi dei due giorni appena passati?” le domandò.
“Non molto, se non me…da bambina e che utilizzavo la magia proprio come papà” rispose.
“E’ una storia un po' lunga, ma credo che sia tuo padre che debba raccontartela” disse Wong.
“Papà non è mai stato bravo a raccontare le storie: quando ero piccola, le mischiava sempre. Diceva che i sette nani erano andati a stare nella casa dei sette capretti e che i lupi di cappuccetto rosso e dei tre porcelli erano andati in pensione. Però mi piaceva” disse Stephanie. Wong fece un piccolo sorriso; poi la ragazza aggiunse: “Sarò sincera, non ho un piano vero e proprio. Ovviamente non andremo dagli altri stregoni, per convincerli a venire qua, ma ricordo di aver studiato qualcosa sugli dei tibetani. Ci deve essere qualcuno che può curare la magia oscura”.
Wong si fermò, così come Stephanie; poi disse: “Curare no, ma la può fermare tramite un oggetto. Seguimi, dobbiamo fare presto” e riprese il cammino, seguito da Stephanie.
Lasciarono Kamar-Taj e la foresta alle spalle, arrivando ai piedi di un sentiero che proseguiva fino in cima ad una montagna. Si fermarono.
“Ci siamo: il posto è questo” disse Wong. Stephanie si guardò a destra ed a sinistra, per poi riporre lo sguardo sullo stregone supremo: “Ma qua non c’è nulla”.
“Da qui inizia la nostra strada. Dovremmo arrivare fino in cima” disse Wong, indicando il sentiero.
“Bene: apriamo un portale e saltiamoci dentro” disse Stephanie.
“Non funziona così: per raggiungere un tempio sacro, bisogna percorrere il percorso con le proprie forze, per mostrare di essere degni al dio che si sta visitando” spiegò Wong.
“Ma ci impiegheremo tutto il pomeriggio: non ci arriveremo mai per il tramonto” disse Stephanie.
“Allora faremo meglio ad incamminarci” disse Wong, guardandola; poi spostò lo sguardo avanti e si incamminò. Stephanie sbuffò, per poi seguirlo.
Nel frattempo, a Kamar-taj, Stephen era entrato nel tempio, seguito da Christine, che si guardava intorno con paura. Poi si fermò davanti allo specchio riflettente: “Questo specchio mostra la parte oscura di ognuno di noi”. Fece un piccolo sorriso maligno ed aggiunse: “Be’, con me ci sta riuscendo”.
“Stephen, ti prego, ritorna in te. So che non sei diventato ancora del tutto oscuro” disse Christine.
“Tutti noi nascondiamo un lato oscuro, sai? Anche tu, mia cara Christine” disse Stephen e la guardò; la donna se ne stette in silenzio, mentre Stephen continuò: “Non ti ho mai perdonato per quella volta che nostra figlia è quasi morta in quel laghetto ghiacciato! Non avrei mai dovuto dartela, ma i servizi sociali volevano ciò e la legge era chiara!”.
“Mi dispiace e mi rendo conto di come ti sei sentito” disse Christine.
“No, invece! Nessuno ha mai capito quanto abbia sofferto! Mi hai quasi portato via la mia bambina e solamente perché l’hai persa di vista!” replicò Stephen, avanzando verso di lei, mentre nelle sue mani si formava magia nera.
“E’ storia passata ormai. Pensavo l’avessi superata” disse Christine.
“Stai zitta!” urlò, mollandole un forte schiaffo e facendola cadere a terra. Christine non fece in tempo ad allontanarsi, che Stephen si avvicinò a lei e, dopo averle preso il viso con una mano, la sollevò. Christine lo guardò con paura: i suoi occhi azzurri, erano oscurati da tutto quell’odio. Non emanavano più quella luce, ma solo oscurità.
Mise le mani sul suo polso, cercando di allentare la presa. Stephen ribatté: “Sai, forse più tardi potrei anche fare una visita al tuo caro Charles. Sarà in pensiero non trovandoti”.
“Lui non c’entra niente. Lascialo stare, ti prego” lo implorò Christine.
“Lo lascerò stare, se mi prometti di fare la brava e, soprattutto, se ti dimenticherai di lui e rimarrai sempre al mio fianco. Saremo di nuovo tutti e tre una famiglia” disse Stephen e sorrise malignamente.
Il sole stava piano piano calando. Stephanie e Wong continuavano a camminare lungo il sentiero: “Non pensavo fosse così ripido. Fermiamoci qui” disse Stephanie e si appoggiò contro una roccia.
“Ormai manca poco: non possiamo mollare proprio ora” disse Wong.
“Allora vai avanti tu. Io non sono abituata con i sentieri che vanno verso l’alto. Sono più per percorsi solamente in orizzontale” disse Stephanie.
“Non otterremo ciò che vogliamo, se andrò solo io. Servi tu” disse Wong. Stephanie lo guardò stranamente; si alzò e disse: “Non mi dire che…cioè…serve un sacrificio?”.
“Ma no, non viviamo mica all’età della pietra” disse Wong.
“Ma…insomma…” iniziò col dire Stephanie, ma dopo che Wong ebbe inarcato un sopracciglio, aggiunse: “Ci sono certe religioni che venerano degli dei molto oscuri. Hai mai visto estrarre il cuore a qualcuno?”.
“Tuo padre ti fa guardare troppe robe strane. Una volta che sarà ritornato in sé, glielo dirò” disse Wong e, dopo aver ricominciato a camminare, aggiunse: “Coraggio, ancora un po' di strada e ci siamo”.
“Si vede che lui non avrà mai guardato un film di Indiana Jones” disse Stephanie e lo seguì.
Poco dopo, arrivarono in cima, dove trovarono un tempio, davanti al quale c’erano due statue di leoni. Mentre passavano accanto a loro, Stephanie li guardava: avevano un’aria solenne, ma allo stesso tempo anche minacciosa. Ricordava di aver letto qualcosa nei libri di arti mistiche, la loro funzione di tenere alla larga sia spiriti maligni, che persone malintenzionate.
Salirono le scale e, una volta alla soglia del tempio, Wong si fermò, facendo un inchino. Invitò Stephanie a fare lo stesso. Poi Wong si incamminò, affiancato dalla giovane Strange. Questi si guardava intorno meravigliata: “Non avrei mai immaginato di camminare in un tempio tibetano. Sì, l’ho già fatto a Kamar-Taj, ma è diverso”.
“La prima volta fa sempre questo effetto su tutti. A me capitò quando ero un bambino. Visitai il mio primo tempio con mia nonna” disse Wong.
“Ed è stato lì che hai capito che avresti voluto diventare uno stregone?” gli chiese.
“Sentivo che potevo aiutare le persone, ma facendole stare in armonia con il proprio spirito. Come pensava tuo padre, non siamo fatti solo di materia e l’Antico me l’ha fatto capire molto bene” rispose.
“Papà non era mai stato un tipo molto credente. Era più da scienza. Ma, dopo essere venuto qua, ha incominciato a vedere le cose sotto un altro aspetto, anche se non mi ha mai permesso di diventare un’apprendista. Mi piace studiare medicina e mi sono sentita bene quando ho salvato la vita a quel ragazzo alla festa. Papà era orgoglioso. Non lo avevo mai visto così felice. E dire che, poco prima, lo avevo persino drogato. È stato emozionante, ma sento che manca qualcosa in me. Come se non fossi perfetta” spiegò Stephanie.
“Nessuno lo è. Nemmeno tuo padre, ma non lo ammetterà mai” disse Wong.
Si fermarono davanti all’enorme statua dorata. Wong spiegò: “Stephanie, ti trovi al cospetto del dio Bhaisajyaguru: signore della medicina e del suo potere curativo”.
“Che coincidenza. Papà era un neurochirurgo; io aspiro a diventarne uno e tu mi porti dal signore della medicina. Dillo che lo avevi pensato fin dall’inizio” disse Stephanie.
“Non esattamente, ma era da un po' di tempo che volevo far vedere questo tempio a tuo padre, ma poi avevo paura che ripensasse alla sua vita prima che diventasse stregone supremo e cadesse in depressione” disse Wong.
Stephanie guardò meglio la statua, alla ricerca di qualcosa o di anche un piccolo indizio che potesse aiutarli; poi domandò: “Che cosa ci serve per far ritornare papà come prima?”.
“Bhaisajyaguru illumina gli esseri immersi nelle tenebre e riconduce sulla retta via coloro che si sono smarriti. Ma questi sono solo due dei dodici elementi che lo rappresentano. I suoi poteri sono incastonati in diverse pietre preziose presenti nel suo Palazzo Celeste” spiegò Wong.
“Il Palazzo Celeste?! E come ci arriviamo? Su una nuvola magica dorata?” disse stupita Stephanie, guardandolo. Wong la guardò stranamente. Stephanie riguardò la statua ed aggiunse: “Ah già, vero, papà mi fa guardare troppe robe strane, ma dovresti dare un occhio anche tu a certi cartoni animati. Insegnano parecchio su alcune culture in giro per il mondo”.
“Una leggenda narra che Bhaisajyaguru può donare una delle sue pietre, solo a colui – o colei – che ne è degno e che vuole usarla unitamente per scopo benefico. Se anche solo una delle sue pietre cade nelle mani sbagliate, può portare a terribili conseguenze” spiegò Wong.
“E come facciamo a farla comparire? È una statua costruita per adorarla. Non è un essere senziente” disse Stephanie.
“Ed è per questo che entri in gioco tu. Devi desiderarlo con tutto il cuore. Pensa a tuo padre; pensa al bene che gli vuoi e lui ne vuole a te. Solo i puri di cuore possono raggiungere la richiesta a Bhaisajyaguru” rispose Wong. Stephanie lo guardò in silenzio; poi riguardò la statua, inginocchiandosi di fronte ad essa. Socchiuse gli occhi e pensò a tutti i bei momenti passati insieme al suo papà.
 
Un ricordo fra tutti le ritornò in mente:
 
Stephanie, a quattro anni, stava correndo per il parco, andando su e giù per lo scivolo. Rideva, mentre Stephen l’osservava con occhio vigile, standosene seduto su una panchina. Di tanto in tanto, la bambina lo guardava, salutandolo, continuando a correre da tutte le parti. Stephen le sorrideva, quando sentì piangere. Si alzò, correndo verso la fonte e con la paura che fosse successo qualcosa alla figlia. Invece, si trattava di un bambino che era caduto dallo scivolo e si teneva dolorante un braccio. Stephanie era al suo fianco, così come anche la madre, che cercava di consolarlo, ma con scarsi risultati.
Intervenne Stephanie: “Il mio papà è il miglior neurochirurgo che esista” iniziò a dire con orgoglio; poi aggiunse: “Può guarirlo lui. Vero, papi?”.
Normalmente, Stephen non prendeva mai in considerazione quei tipi di casi, ma come faceva a dire di no alla figlia? Sorridendole disse: “Cucciola, tu sarai la mia assistente speciale” e le mise una mano sulla testa. Poi guardò la madre: “Lei, invece, si faccia da parte”.
“Ma mio figlio…” iniziò col dire la donna, ma Stephen la interruppe: “Le ho detto: si faccia da parte e lasci il posto alla mia bambina! Sarà lei ad aiutarmi e nessun altro”. Stava già perdendo la pazienza. Odiava ripetersi ed odiava quelle persone. Ma, cercò di restare calmo per sua figlia.
La donna si spostò, lasciando il posto a Stephanie. Stephen le disse: “Tesoro, devi cercare di farlo stare a suo agio, mentre io guardo cosa possa avere”.
Stephanie guardò il bambino: “Io mi chiamo Stephanie e lui è il mio papà, il Dottor Stephen Strange. Oggi è la prima volta che lo assisto. Vedrai che ti farà stare bene. Lui, tutti i giorni, salva le vite di tantissime persone. È il migliore che c’è. Anche la mia mamma è una dottoressa come lui”.
Mentre Stephanie lo distraeva, Stephen aveva potuto capire cosa avesse il bambino. La madre gli domandò: “Allora, che cos’ha?”.
“Ha una spalla fuori posto. Devo rimettergliela dentro. Non lo nego: sarà molto doloroso, quindi chi è molto sensibile, può anche andarsene”. Alcuni se ne andarono; altri rimasero, ovviamente anche la madre che, stava per aprire la bocca, ma Stephen, guardando la figlia, la interruppe nuovamente: “Cucciola, continua a tenerlo a suo agio”.
“Va bene, papino” disse Stephanie, guardandolo; poi riguardò il bambino, riprendendo a parlargli. Stephen ne approfittò per prendergli il braccio e, in uno strattone veloce, glielo rimise a posto. Il bambino urlò, ma fu un istante.
“Ecco fatto: ora dovete portarlo in ospedale dove faranno il resto” disse Stephen, rialzandosi.
“Visto, che ti avevo detto: il mio papà è il migliore. Lui aggiusta tutti” disse Stephanie. Stephen le porse la mano e lei, prendendogliela, si alzò, mettendosi al suo fianco.
“Grazie ancora” disse la madre.
“Non ringrazi me, ma mia figlia: se non me lo avesse chiesto, non mi sarei nemmeno prodigato ad aiutare suo figlio. Non sono casi che mi riguardano” disse Stephen e, senza neanche salutare, se ne andò con Stephanie.
Mentre camminavano fianco a fianco, Stephanie guardò il padre: “Papino”.
“Dimmi, cucciola” le disse, guardandola a sua volta.
“Da grande voglio diventare proprio come te. Oggi mi è piaciuto aiutare quel bambino e, sono sicura, che anche io salverò tante vite” disse Stephanie.
Stephen si fermò; la prese in braccio, dicendole: “Ed io, sono convinto che diventerai la migliore neurochirurga che esista. Insieme, ci occuperemo dei casi più difficili e tutti vorranno venire da noi per essere operati. Io e te sempre insieme” e, dopo averla baciata su una guancia, la strinse forte a sé.
“Ti voglio tanto bene, papino” disse Stephanie, appoggiando la testa contro il suo petto.
“Anche io cucciola. Te ne vorrò sempre” le disse.
“Ci sarai sempre per me?” gli domandò, guardandolo. Stephen la guardò a sua volta, sorridendole: “Sempre. Promesso”.

 
Stephanie aprì gli occhi. Videro qualcosa brillare nella statua. La ragazza si alzò, avvicinandosi ad essa. Al centro era comparsa una pietra. La prese delicatamente, per poi allontanarsi; guardò la statua e poi la pietra: era azzurra e quasi ovale. Si voltò verso Wong: “E’ turchese. Secondo la credenza rappresenta l’ascensione e la purezza. Inoltre calma l’animo, trasformando l’ira in saggezza” spiegò.
“Speriamo solo che funzioni” disse Stephanie.
“C’è solo un modo per scoprirlo” disse Wong.
Uscirono dal tempio. Videro il sole che era in procinto di tramontare. Wong si voltò, aprendo un portale: “Come mai ora puoi farlo?” gli domandò.
“E’ solo la salita il passo più grande. La discesa, invece…” rispose Wong. Senza dire nulla, la ragazza oltrepassò il portale, seguita dallo stregone supremo. Una volta dall’altra parte, il portale si richiuse. Si ritrovarono alle mura di Kamar-Taj. Stephanie fece un lungo respiro, incamminandosi. Wong la seguì.
Stephen, insieme a Christine, si trovava in cima al tempio: “Il sole è quasi tramontato”. Poi guardò in basso, per vedere Stephanie e Wong camminare verso di loro. Sorrise malignamente, librandosi in volo, seguito da Christine, con la quale teneva intrappolata con la forza invisibile.
Atterrarono nel cortile: “Bene, vedo che siete ritornati come richiesto. Sapevo che non mi avresti deluso, mia prediletta” le disse.
“Papà, ti prego, ritorna in te: so che ce la puoi fare. Tu sei lo stregone supremo, padrone delle arti mistiche. Sconfiggi l’oscurità che è in te. Lascia il passato alle spalle. So che fa male, ma non puoi continuare a vivere nel rimorso” disse Stephanie.
Stephen fece un piccolo sorriso, per poi dire: “Tu e tua madre siete uguali: parlate per cercare di intenerire qualcuno e portarlo dalla vostra parte. Credevo di averti insegnato diversamente, invece mi rendo conto di aver solo sprecato il mio tempo. Ma non temere, rimedierò subito: una volta fatto fuori chi mi intralcia, tu ed io formeremo un nuovo impero e tu sarai mia per sempre”.
Wong si lanciò all’attacco, ma Stephen, scaturendo fiamme nere dalle mani, lo scaraventò via. Christine cercò di liberarsi, dandogli dei pugni dietro la schiena. Stephen si voltò e, con una mano, creò un forte vento, che la fece cadere più in là. Wong ritornò all’attacco ed i due iniziarono a scontrarsi, lanciandosi vari incantesimi.
Stephanie ne approfittò per correre dalla madre. Mentre l’aiutava a rialzarsi, disse: “Papà è fuori controllo: non l’ho mai visto così”.
“Quello non è Stephen, non almeno come lo conosciamo noi. È solo un uomo pieno di malvagità e rabbia repressa, che gli ha scaturito tutto questo”. Si guardarono intorno, vedendo gli apprendisti morti e le macerie; poi aggiunse: “Stephen non avrebbe mai causato morte e distruzione. Bisogna fermarlo prima che possa andare oltre”.
Stephanie aprì la mano, osservando la pietra. Anche Christine la guardò: “Non so se possa funzionare, ma è l’unico modo che abbiamo” disse Stephanie e lei e la madre si guardarono. Poi Christine mise una mano su quella della figlia, dicendole: “Stai attenta, tesoro”.
“Riporterò papà tra noi” disse Stephanie, sorridendole, per poi correre verso i due che stavano ancora combattendo.
Wong venne scaraventato a terra. Cercò di rialzarsi, ma Stephen gli diede un calcio in viso, facendolo rotolare. Lo stregone supremo era pieno di ferite e sangue. Vide Strange fermarsi di fronte a lui, per poi dire: “E’ finita. Mi dispiace solo non potermi divertire ancora. Ti credevo più forte. E dire che ti hanno fatto stregone supremo”.
“Ti rode non esserlo ancora, vero?” disse Wong, quando venne sollevato a mezz’aria da una forza oscura. Stephen disse: “E’ qui che ti sbagli: ti ucciderò, così diventerò nuovamente io lo stregone supremo. E farò in modo che nessuno si ricordi di te” e, in una mano, formò una fiamma nera. Era pronto a colpire Wong, quando…
“Fermati!” disse una voce. Stephen volse lo sguardo: si trattava di Stephanie. Lasciò cadere Wong e, mentre camminava verso la ragazza, chiese: “Non vorrai veramente metterti contro il tuo caro papà? Voltarmi così le spalle, dopo tutto quello che ho fatto per te?”.
“Tu non sei il mio papà. Il mio papà è lì dentro, che sta combattendo contro i demoni del suo passato ed io voglio aiutarlo” disse Stephanie, indietreggiando.
“Non sai quello che dici. Vieni con me ed insieme costruiremo un impero tutto nostro, dove nessuno potrà fermarci. E ti insegnerò ad usare le arti mistiche” disse Stephen.
Sentendo ciò, Stephanie si fermò. Wong cercò di alzarsi, non riuscendoci; per poi gridare: “Stephanie, non starlo ad ascoltare! Vuole solo condurti dalla sua parte!”.
La ragazza lo guardò con la coda dell’occhio, per poi riporre lo sguardo sul padre, che disse: “Non era ciò che volevi fin dal principio? Il tuo caro papà te lo ha sempre impedito. Per lui esisteva solamente la medicina e volevi che diventassi la migliore in tutto. Non ti sei mai sentita soffocata dalla sua protezione? Io, invece, posso donarti la libertà. Darti la possibilità di fare tutto ciò che vorrai. Una ragazza come te non dovrebbe vivere sotto una campana di vetro. Coraggio, ti basta solo fare qualche passo e la tua vita cambierà per sempre” e le mostrò una mano.
Stephanie fu indecisa, quando Christine le disse: “Non farlo, Stephanie! Ascolta solamente il tuo cuore”.
“Il cuore” sussurrò Stephanie. Poi chiuse gli occhi, così come le mani, portandole al petto. Sentì i battiti del suo cuore, mentre ripensava a tutti i momenti con il suo papà, proprio come aveva fatto precedentemente al tempio di Bhaisajyaguru. Li riaprì. Si avvicinò a Stephen, prendendogli la mano, mentre lui sorrise malignamente. Poi però la ragazza disse: “Io ascolto il mio cuore. Ora devi farlo anche tu”.
Stephen inarcò un sopracciglio, ma abbassò lo sguardo quando capì cosa voleva fare Stephanie: questi aprì la mano, per poi mettere la pietra turchese dentro l’Occhio di Agamotto. L’oggetto iniziò a girare, inglobando la pietra dentro di sé.
“No!” gridò Stephen, cercando di togliere la pietra dall’amuleto, ma con scarsi risultati. Poi guardò malamente Stephanie, che indietreggiò, replicando: “Stolta ragazzina! Vorrà dire che ucciderò prima te e poi anche gli altri!” e, nelle sue mani, si formarono due fiamme nere.
Stephanie guardò Wong, chiedendogli: “Perché non ha funzionato? Quella pietra doveva fare qualcosa!”.
“Si attiverà solamente se verrà riempita con energia positiva. Ma deve provenire dal possessore dell’oggetto in cui è incastonata” spiegò Wong.
“Cioè da papà?! E come ci riesco?!” domandò Stephanie, ma non fece in tempo a ricevere risposta, che dovette schivare un raggio nero. Corse, nascondendosi dietro ad una roccia.
“Non scappare da me, ragazzina! Se sei veramente una Strange, dovresti avere fegato e combattere!” urlò Stephen.
“Non voglio combattere contro di te! Sei pur sempre il mio papà!” replicò Stephanie.
“Allora sei solamente una codarda!” ribatté Stephen. Sentendo ciò, Stephanie uscì da dietro la roccia; poi replicò: “Io non sono una codarda! E non lo è nemmeno il mio papà! E per ciò, gli dico di combattere con tutte le sue forze e cercare di sconfiggere il male”.
“Non servirà a nulla! Il tuo papà ormai è morto!” ribatté Stephen. Gli occhi di Stephanie divennero lucidi; camminò verso di lui, dicendo: “Un giorno, una persona mi disse che ci sarebbe stato sempre per me e che, insieme, ci saremmo occupati dei casi più difficili e che tutti sarebbero venuti da noi per essere operati. Non voglio perdere quella persona e, sono sicura, che anche per lui sia lo stesso” Gli si fermò di fronte, per poi abbracciarlo.
Christine e Wong rimasero in silenzio; le fiamme nelle mani di Stephen scomparvero e, anche lui, l’abbracciò, appoggiando la testa sopra quella della figlia. Poi disse: “Cucciola mia” e una lacrima gli rigò il viso.
Una forte luce provenne dall’Occhio di Agamotto: lo guardarono. Si trattava della pietra e stava brillando. La luce avvolse Stephen e, una volta dissolta, rimasero in silenzio.
“Papà” disse Stephanie. Stephen la guardò: mise le mani sulle sue guance, stringendola di nuovo a sé. Christine fece qualche passo verso di loro, così come Wong. Poi Stephen si guardò intorno, dicendo: “Che cosa ho fatto? Non volevo. Oddio, mi dispiace. Mi dispiace tanto”.
“Papà, non eri in te. Stai tranquillo. Ora è tutto passato” disse Stephanie. Stephen si osservò l’Occhio di Agamotto e la nuova pietra che stava brillando. Poi alzò lo sguardo verso Christine e Wong; si avvicinò a loro. Li vide con graffi ed espressioni pieni di paura, per poi notare una guancia rossa sul volto di Christine. Quindi disse: “Non dirmi che sono stato io”.
“Come ha appena detto Stephanie, non eri in te” disse Christine.
“Christine mi dispiace tanto. Non volevo farti del male. Sai che non te ne avrei mai fatto” disse Stephen con gli occhi lucidi.
“Non importa. Ora stai bene. Stiamo tutto bene, anche se mi sarei immaginata un’accoglienza diversa qua nel vostro posto di arti mistiche” disse Christine, facendo un piccolo sorriso. Anche Stephen sorrise, per poi mettere un braccio intorno Stephanie.
“Oggi ho capito che non dobbiamo mai farti arrabbiare. Hai quasi distrutto del tutto Kamar-Taj: ce ne vorrà di tempo per rimetterla a posto” disse Wong.
“Non è solo quello: ho anche commesso delle uccisioni e non si può rimediare a ciò” disse Stephen.
“Verranno onorati e dato loro una degna sepoltura. Ma ora bisogna occuparci dei feriti” disse Wong e, stava per andare da chi era rimasto, quando Christine propose: “Potrei venire anche io? Sarei d’aiuto”.
“Certo” disse semplicemente Wong e si incamminò. Christine stava per seguirlo, ma si voltò verso Stephen e Stephanie. Andò prima dalla figlia: “Sei stata molto coraggiosa, ma non farmi venire più una paura simile”.
“Ci proverò” disse Stephanie, sorridendole.
Christine guardò Stephen: “E’ colpa mia se hai dovuto avere dentro di sé così tanta rabbia repressa. Hai ragione: non so come ti sei sentito quando hai visto Stephanie su quella barella, dopo che era caduta nel laghetto ghiacciato. Ma nemmeno io mi sarei mai perdonata se nostra figlia sarebbe morta. Sono contenta di come l’hai cresciuta e ti stai occupando di lei, ma mi dispiace se non potremo stare insieme”.
“Non posso impedirti di costruirti la tua nuova vita. Vorrà dire che cercherò di conoscere meglio Charles” disse Stephen. Christine gli sorrise, mettendogli una mano sulla guancia. Poi si voltò e seguì Wong.
“Mi dispiace se ti ho spaventata. Non ti ho minacciato di ucciderti, vero?” domandò Stephen.
“Dopo che ti ho messo la pietra nell’Occhio di Agamotto, sì. Prima volevi che venissi con te per costruire un nuovo impero con la magia oscura. Eri davvero cambiato, ma sapevo che c’eri ancora tu dentro a tutta quella oscurità” gli rispose.
“Come ci sei riuscita? Intendo…come ci sei riuscita a far attivare questa nuova pietra?” chiese.
“Sei stato tu” rispose. Stephen la guardò; poi continuò: “Ho pensato a tutti i bei momenti che abbiamo passato, ma uno mi è parso davanti fra tutti: la prima volta che mi hai fatto assistere ad una tua operazione. È stato lì che ho capito che volevo diventare una neurochirurga come te”.
Stephen abbassò lo sguardo: aveva gli occhi lucidi, ma non voleva farsi vedere piangere davanti a Stephanie; poi lo rialzò, quando gli domandò: “E tu, come sei ritornato in te, se escludiamo la pietra? Wong mi aveva detto che, per attivarla, il suo possessore dove riempirla di energia positiva”.
“Quando mi hai detto che ci sarei sempre stato per te. Non ho mai dimenticato la promessa che feci quel giorno. Non ti abbandonerò mai. Qualunque cosa accada, io sarò sempre al tuo fianco” rispose e la strinse nuovamente contro di sé.
Stephanie era contenta di riavere il suo papà e ringraziò il dio Bhaisajyaguru per averla aiutata. Ma se davvero il ricordo più significativo per lei era stato quando aveva capito che voleva diventare una neurochirurga, allora la sua strada era davvero già stata segnata?.







Note dell'autrice: Eccomi qua e scusatemi per il capitolo lungo. Vi è piaciuto questo Doctor Strange oscuro? (che non è il sinister strange) Vi avevo avvertito che sarebbe stato molto malvagio e molto potente. Così mi è venuta in mente l'idea di mettere nuovamente una pietra all'interno dell'occhio di agamotto (ovviamente mi sono andata ad informare in giro per la rete sia per i vari dei tibetani (ed il loro significato) e le pietre tibetane (ed il loro significato)
Ok, Stephen è ancora innamorato di Christine, ma l'amore che prova per Stephanie è ancora più forte. E' un amore diverso: è l'amore di un padre e solo Stephanie (per me) poteva farlo ritornare in sè.
Volevo ringraziare enormemente tutti per le bellissime recensioni, in special modo Jarmione e Rainbow unicorn. Grazie ancora per le recensioni e non vi preoccupate se siete in ritardo a recensire: c'è tutto il tempo.
Grazie anche a tutti coloro che passano di qua o che hanno messo la storia tra le preferite e seguite
Grazie anche alla mia amica Lucia
Ci sentiamo al prossimo capitolo (nel quale compariranno alcuni personaggi a voi molto noti. Dopotutto siamo prima di spider man no way home, quindi....)
Vi auguro un buon proseguimento di giornata
Un forte abbraccio
Valentina

 
 
 
 
 

 
  
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