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Autore: Altair13Sirio    29/07/2022    1 recensioni
[Darling in the FranXX]
Mille anni di pace non bastano a far svanire il passato. Quando dalle profondità della terra emergono dei giganti antichi, Hachi e Nana capiscono che il futuro dell'umanità è nuovamente incerto e dovranno agire per proteggere il mondo che hanno aiutato a costruire.
Formata una squadra di nuovi Parasite, i due adulti metteranno a disposizione le loro conoscenze e la loro esperienza per guidarli verso la battaglia, ma non tutto sarà facile per la nuova squadra e i ricordi di vecchi amici ritorneranno a galla dopo tanto tempo.
"Non credo che il caso possa andare così lontano... Forse il destino... E' così e basta. E ora noi dobbiamo prenderci cura di quei ragazzi!"
Genere: Azione, Science-fiction, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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C'era una serra simile a quella di Mistilteinn in cima al palazzo della Squadra Desia, quando Aiko lo aveva scoperto aveva subito deciso di andare a visitarla e aveva portato con sé Momo, Naho e Kaoru per compagnia. Il ragazzo non sapeva molto su come si curassero le piante, ma era contento di aiutare come poteva e passare del tempo con la sua darling senza preoccuparsi troppo del resto. Tecnicamente in quel momento avrebbero dovuto fare amicizia con i ragazzi dell'altra squadra, ma questi non sembravano volerli intorno, così erano rimasti senza una occupazione.
La città si muoveva pigramente sotto di loro. Da quell'altezza era possibile vedere le strade sporgendosi un po' dal parapetto della terrazza, ma Momo diventava particolarmente apprensiva quando qualcuno vi si avvicinava, quindi avevano deciso di limitarsi a guardare verso l'alto, dove palazzi più alti incontravano il loro sguardo, stagliando verso il cielo leggermente nuvolo.
«Certo che è buffo che proprio tu abbia paura dell'altezza…» Ridacchiò il ragazzo guardando la Sakei, dopo che li ebbe riaccompagnati al sicuro nella serra. In effetti era bizzarro, in fondo quando pilotava l'Aros raggiungeva altezze improponibili per una persona normale, eppure lì non aveva quella sensazione di terrore che la prendeva quando invece qualcuno si avvicinava al bordo della terrazza.
«In effetti hai ragione… Deve essere una reazione alla connessione, oppure semplicemente so di essere al sicuro quando sono sull'Aros. A te non succede?» Gli restituì la domanda.
«Chissà…» Borbottò lui. Qualcosa che normalmente non era capace di fare e che cambiava totalmente appena salito sullo Stridiosauro, cosa avrebbe potuto essere?
«Probabilmente l'imbarazzo che ti viene a stare vicino ad Aiko!» Lo prese in giro Naho, facendolo arrossire all'istante. «Ecco, vedi?» Le ragazze si misero a ridere finché non arrivò proprio l’interessata, sbuffando nel consegnargli un vaso carico di fiorellini bianchi ammassati tra di loro e dicendogli di annaffiarlo, invece di dire scemenze.
Kaoru le mandò un sorriso di ringraziamento quando lei gli passò accanto. Il rossore delle sue guance non si era ancora del tutto estinto e a vederlo in quello stato la ragazza fu colta da un'improvvisa voglia di stuzzicarlo e gli rubò un bacio sulla guancia, facendolo andare a fuoco un'altra volta. Anche lei arrossì, ma riuscì a dissimulare quell'imbarazzo nascondendolo dietro a una risatina divertita.
«Che razza di esibizionisti…» Borbottò Naho posando a terra il vaso che le aveva dato Aiko, mentre Momo vicino a lei se la rideva sotto i baffi.
Mentre riprendevano il proprio lavoro, la porta della serra si aprì lasciando entrare tre ragazze sconosciute. Gli sguardi si spostarono rapidamente su di loro, che furono sorprese di vedere altra gente in quel posto.
Una delle tre – Naho la riconobbe, era la ragazza che il giorno precedente si era fermata a guardarle nel corridoio, quella con la tuta da Parasite – li osservò per un attimo e si voltò a guardare una delle sue amiche. Le disse qualcosa a voce talmente bassa che nessuno a parte lei riuscì a sentirlo, e la sua risposta arrivò istantanea.
«No Ai, tranquilla: possiamo restare. Adesso siediti qui.» Disse questa, facendosi così riconoscere a sua volta da Naho grazie alla propria voce: era colei che era arrivata a recuperare l’amica nei corridoi.
«S-salve!» Salutò Momo, ma il suo sguardo rimase fisso sulla ragazza stralunata mentre veniva accompagnata a una sedia in disparte. Aveva una camminata incerta, tanto che la sua amica la teneva per le spalle per aiutarla a restare in piedi. Quando poi fu seduta, rimase a fissare il pavimento con sguardo annoiato.
«Che state facendo qui?» Domandò la terza ragazza, capelli rossi come il fuoco e lo sguardo corrucciato. Fu Aiko a rispondere, un po' impacciata.
«Volevamo vedere la serra. Ne abbiamo una simile a casa, ma se è un problema possiamo tornare un'altra volta…» Vista l'accoglienza che avevano ricevuto il giorno precedente, avrebbe preferito evitare uno scontro in quel momento; non era per niente convinta di poter affrontare una lite e non aveva intenzione di causare problemi.
La ragazza che aveva parlato sembrò pensarci su per qualche secondo, portò le mani ai fianchi e guardò lontano, ma alla fine sospirò e le disse che potevano restare, ma di non dare fastidio.
«Sì! Grazie!» Rispose Aiko sorridendo, immediatamente sollevata. L'altra fece una smorfia e iniziò a ignorarla; forse era solo un'illusione, ma c'era la possibilità di aprire un dialogo con la Squadra Desia in quel momento.
Dopo qualche istante passato in silenzio le nuove arrivate iniziarono ad armeggiare con alcuni arnesi da giardino, finché la stessa ragazza che aveva parlato con Aiko non si voltò tenendo in mano delle cesoie, presentandosi.
«Io sono Naka, piacere o come si dice…» Borbottò quasi come se fosse costretta a quella presentazione, poi fece un cenno verso le altre due. «Loro sono Ai e Hikari. Veniamo qui per prenderci cura delle piante, di tanto in tanto…»
Un po' sorpresa, Aiko ammiccò in risposta. «Anche noi facciamo giardinaggio a casa, è così rilassante! Io mi chiamo Aiko, queste sono le mie amiche Naho e Momo e lui è Kaoru.»
Kaoru alzò una mano da dietro un vaso in segno di saluto ma Naka non sembrò particolarmente colpita. «E' il tuo partner?» Domandò restando concentrata su Aiko. Questa annuì, curiosa di come avesse fatto a capirlo.
«Vi avevo visti assieme l'altro giorno e mi siete sembrati subito una coppia affiatata. Bé, complimenti.» Spiegò quella prima di tornare ad occuparsi delle piante.
Quelle parole così schiette diedero una sensazione nuova alla coppia, come di imbarazzo ma in un senso diverso; davano l'impressione di una "coppa affiatata", significava quasi sicuramente che sembrassero due fidanzatini anche agli occhi di un estraneo. Provarono uno strano senso di pudore a quel pensiero, tanto da farli agire in modo impacciato per il resto della giornata, ma Naka non sembrò farci caso.
Naho tornò ai propri incarichi e per un po' cercò di non dare fastidio a nessuno, ma più passava il tempo e più la ragazza di nome Ai continuava a darle una strana sensazione; da quando era arrivata, se n'era rimasta seduta a guardare le piante senza aiutare in alcun modo. Non parlava nemmeno e, se da una parte avrebbe potuto attribuire questo suo silenzio all'imbarazzo causato dalla loro presenza, le sue compagne sembravano chiacchierare occasionalmente anche se a bassa voce, non meno di Momo e Aiko almeno…
Di certo non voleva fare domande inopportune, ma non era solo la sua infinita curiosità a pressarla di cercare una risposta in quello strano comportamento della ragazza, bensì la scena a cui aveva assistito il giorno prima ad averla messa sull’attenti. Tuttavia, doveva essere discreta: fu quando notò un grosso vaso posto in un angolo della serra sopra a un paio di tavolette di marmo che le venne un'idea e, presa una scopa, si avvicinò alla ragazza misteriosa.
«Ehm… Ciao, Ai.» Le sorrise cercando di apparire meno minacciosa possibile.
Inizialmente la ragazza non sembrò vederla, ma poi alzò la testa e si fissò sul suo volto e le rivolse uno sguardo interrogativo. Aveva aperto un contatto.
«Vorrei pulire sotto a quel vaso, ma non riesco a spostarlo da sola. Mi aiuteresti, per favore?»
Ai in un primo momento sembrò confusa, guardava Naho e poi il vaso da lei indicato come se non fossero veramente lì; poi però, senza dire una parola, saltò giù dalla sedia e si avviò verso il vaso, ma a quel punto Naka la fulminò.
«No! Lei non può!» Scattò per afferrare le spalle della sua amica e la portò di nuovo a sedere. Questa non si oppose e rimase a fissare Naho davanti a sé, impassibile. «Ti aiuto io a spostarlo.»
Naho fu tanto sorpresa da quella reazione improvvisa e quasi violenta che decise di non insistere per non infastidirla; si allontanò dando un'ultima occhiata ad Ai, che però non ricambiò e rimase ferma come in catalessi.
«Allora… Chi è il tuo partner?» Borbottò cercando di cambiare argomento, mentre lei e Naka sollevavano il vaso.
La ragazza inarcò un sopracciglio e non disse niente finché non ebbero posato il grosso vaso lontano dal punto iniziale, rivelando i mucchietti di sporco accumulatisi sotto di esso. «Yuki Tsunami. Perché ti interessa?»
Avrebbe dovuto aspettarsi una reazione del genere, ma Naho non seppe come rispondere per due buoni secondi. Riuscì comunque a mantenere la calma per dare una spiegazione credibile alla sua curiosità:«E' perché hai indovinato subito di chi fosse partner Kaoru, così ho pensato di chiedertelo…»
«Conosci Yuki?»
La seconda domanda di Naka fu ancora più sospettosa, Naho sentiva di star veramente scegliendo con cura le parole adesso.
«No, ma una mia amica lo ha incontrato ieri… Ha detto che è un tipo simpatico.» E cercando di nascondere la propria difficoltà in quella conversazione, si concentrò sullo spazzare.
Il broncio di Naka si alleviò per un attimo e borbottò:«Sì, lo è…» Poi rimase in silenzio aspettando che Naho finisse.
«E loro, invece?» Domandò la ragazza facendo un cenno verso le due compagne di squadra di Naka. Questa si girò a guardarle e lasciò che a rispondere fosse Hikari.
«Il mio partner è Harada. Ehm… Forse ricorderete quel tipo particolarmente scontroso nel nostro primo incontro, ieri…» Sembrò in imbarazzo nel ricordare quell'evento. Le ragazze non ci misero neanche un secondo a ricordare il ragazzo dall’aria a dir poco minacciosa dell’altro giorno, e a quel punto capirono il perché dell'imbarazzo di Hikari.
Gli sguardi poi si spostarono sulla ragazza silenziosa seduta sulla sedia, che alzò lo sguardo a sua volta e si guardò intorno smarrita prima di rispondere con un filo di voce:«Tetsu.»
Non del tutto prive di dubbi, le ragazze rimasero in attesa per sapere se avrebbe aggiunto qualcosa, ma poi Naka prese la parola:«Sì, Nagashima. E' il suo partner.»
Quando sentì pronunciare il suo cognome, la ragazza cambiò solo per un momento e il suo volto si illuminò di colpo, come se avesse ricordato qualcosa di molto piacevole; Naho notò quella reazione, così come il suo ritorno a uno stato quasi catatonico, e non disse più niente che potesse sembrare indiscreto alle altre ragazze. Tuttavia sentiva che con Naka non ci fosse tutto quell'astio mostrato dagli altri membri della Squadra Desia e pensò di provare ad avvicinarsi un po' di più a lei; sapeva bene che Suzuko aveva chiesto a tutti di mantenere il segreto su quello che avevano scoperto e infatti non avrebbe dato a intendere di aver fatto domande in giro, ma doveva trovare un modo per risolvere quella situazione e far andare d'accordo le due squadre!
«Scusami, Naka…»
«Chiamami Takagami.»
«Giusto.» Si ricordò improvvisamente di non essere minimamente in confidenza per chiamarla liberamente con il suo nome. «Non vorrei sembrare scortese con questa domanda, ma… Posso sapere perché la tua squadra sembra così contraria a collaborare?»
Naka la guardò con un sopracciglio inarcato dopo che ebbero messo a posto il vaso di prima, poi sbuffò quasi divertita. «Non farti ingannare dalle apparenze; non siamo tutti come Harada e il caposquadra.»
Sentendosi colta in fallo, Naho ci tenne a correggersi. «No, certo che no! E' solo che avevamo paura di non essere i benvenuti, quando siamo arrivati qui… I coordinatori ci hanno lasciato due giornate libere per conoscerci meglio, ma non sembra che le cose stiano funzionando e il tempo scorre…»
Naka sospirò e si distrasse a guardare un bonsai che stava gettando i primi boccioli, ne accarezzò un rametto prima di rispondere:«E' proprio il tempo che ci manca.»
Naho non capì cosa intendesse. Pregava che si spiegasse meglio, ma non poteva parlare per non farla sentire sotto pressione, così rimase a guardarla in attesa.
«Il caposquadra pensa che affidarci alla forza di un'altra squadra sia una pessima idea.» Disse infine, abbandonando il bonsai. «Abbiamo affrontato un numero impressionante di battaglie in pochissimo tempo e secondo lui ne siamo sempre usciti alla grande; questo significherebbe che siamo più che in grado di occuparci della prossima battaglia da soli, giusto?»
La domanda che le rivolse sembrava quasi volerla mettere a disagio di proposito. Naho trattenne il respiro mentre lo sguardo di Takagami si posava su di lei, poi questa si girò a guardare la sua compagna di squadra con rassegnazione.
«Ma non è così. Semplicemente stiamo facendo finta di stare bene, quando in realtà le nostre ferite sanguinano senza fermarsi.» Ai si stava dando dei pizzicotti a un braccio mentre faceva andare la testa ritmicamente da un lato all’altro, intonando una flebile canzoncina; Naho però non guardava lei, ma il volto triste di Naka, che sembrò dire molto più di quanto volesse.
«Respingere gli aiuti non vi renderà più forti.» Disse all’improvviso, sorprendendosi di come non fosse riuscita a trattenere la lingua. Takagami si girò con uno sguardo incredulo e Naho si portò le mani davanti alle labbra; avrebbe voluto sprofondare nella terra!
«Scusa!» Balbettò facendo un passo indietro. «Non volevo… Non intendevo…»
Ma Takagami sorrise, anzi sembrò proprio dover sopprimere una risata fragorosa e a quel punto interruppe Naho.
«No, scusami tu! Mi sono incupita un po’ troppo.» Disse agitando una mano alle proprie spalle.
Naho continuava a vergognarsi da morire, nonostante il tono rilassato dell’altra. «Non avrei dovuto farti una domanda così personale…»
«La colpa non è tua.» Borbottò Naka coprendosi il volto per un istante e ricomponendosi; quando abbassò la mano sembrò cambiare totalmente. «Hai centrato in pieno il problema: Kano pensa che dovremmo concentrarci ad aumentare le ore di allenamento invece che cercare un'alleanza con altri Parasite, e per questo era particolarmente seccato all'idea di dover perdere tempo con voi.»
Adesso si spiegava l'impazienza del ragazzo mostrata nel colloquio con Jun e Kyu, tuttavia Naho ancora non riusciva a capire quale fosse l’origine di tutto quell’astio, né perché si ostinassero a resistere tanto; la decisione era stata presa, la Squadra Anemone era arrivata continuare così avrebbe solo peggiorato la situazione, quindi tanto valeva cercare di andargli incontro.
Ma fare altre domande sarebbe stato inopportuno; vide Takagami allontanarsi come se quella conversazione fosse chiusa e allora la lasciò stare. A quel punto Naho capì che forse non avrebbero scoperto subito tutti i retroscena di quella storia, ma il loro obiettivo doveva essere quello di conoscere la Squadra Desia e mostrargli che fossero persone di fiducia. Come aveva fatto con Katsuki. Così decise di darsi da fare e aiutò le nuove arrivate con i loro compiti nella serra, tirando in mezzo anche Aiko, Momo e Kaoru.
 
*
 
Yoshiki aveva avvicinato Yumu il pomeriggio precedente, gli aveva fatto una buona impressione e adesso aveva una persona fidata all’interno della Squadra Desia, ma il suo lavoro non era certo finito lì. Anche se Sentakami gli aveva chiesto di non essere troppo invadenti, voleva affrontare quel ragazzo così scontroso della giornata precedente e cercare di farselo amico.
Aveva scoperto che passava parecchio tempo nella palestra in compagnia di un certo Saitō, così pensò di farsi accompagnare da Tetsuya – che era totalmente ignaro dei suoi piani – e cercare di instaurare un rapporto più civile.
La palestra era silenziosa, c'era solo il ronzio costante dei macchinari in uso a fare da colonna sonora agli allenamenti; Suzuki non doveva essere riuscito a riparare lo stereo. Meglio così, avrebbero potuto parlare più chiaramente.
Quando lui e Tetsuya entrarono nella sala, sentì subito gli sguardi sospettosi dei due ragazzi già presenti posarsi su di loro. Cercò di assumere un tono casuale e li ignorò per un po', parlando con Tetsuya del più e del meno mentre iniziavano a capire come funzionassero i macchinari. Aveva bisogno di trovare un pretesto naturale, altrimenti avrebbe rischiato di avere l'effetto contrario e farli chiudere a riccio; così passarono venti minuti senza che le due coppie di ragazzi si calcolassero, quasi come se si stessero evitando.
Era piacevole avere un posto dove allenarsi. Quando erano partiti Tetsuya aveva temuto che avrebbero saltato i loro allenamenti, ma lì c'erano tutte le attrezzature necessarie per mantenere il ritmo e anche spingersi più in là. Solo che, a giudicare dagli sguardi di Harada e Saitō, non sembrava che avessero bene inteso come funzionassero…
«Che avete da ridere?» Sbuffò Yoshiki, prendendo al volo la sua occasione. Forse sarebbe sembrato aggressivo, ma era sicuro di poter guidare la conversazione verso un dialogo pacifico. «Se siamo tanto ridicoli, perché non ci mostrate come si usano questi attrezzi?»
Tetsuya si girò prima verso i due ragazzi e poi verso Yoshiki, pregandolo a bassa voce di non iniziare discussioni, ma lui gli sorrise tranquillo e attese la risposta degli altri; Harada e il suo compare si erano già avvicinati.
«Quella macchina non si usa così.» Disse atono il primo, che però aveva un piccolo ghigno stampato sul volto. Yoshiki abbassò le braccia per mollare i manici dell'attrezzo che stava usando e si spostò dal sedile, chiedendogli di mostrargli come si usasse veramente.
Il ragazzo smise di sorridere e andò a sedersi. Si trattava di una macchina con una postazione con due manici ai lati che andavano sollevati mentre in una colonnina al lato andavano i pesi da selezionare per l'esercizio; innanzitutto, Harada prese posto sedendosi nel verso opposto di Yoshiki e subito lui e Tetsuya si resero conto di aver usato la macchina al contrario per tutto il tempo.
«Devi alzare i pesi usando i muscoli delle spalle, non quelli delle braccia.» Spiegò guardando Yoshiki con superiorità. Fece alcune serie di esercizi, poi lasciò nuovamente il posto al suo ospite.
Yoshiki si sedette scettico, pensando che non fosse poi tanto difficile, ma quando iniziò a sollevare i pesi si rese conto rapidamente della differenza. Harada e Saitō si misero a ridere.
«Non siete abituati a fare pesi, vero?» Commentò l'altro ragazzo.
«Noi di solito corriamo e basta.» Ammise Tetsuya, che aveva cambiato subito posizione sulla macchina per i deltoidi.
«Sì, si vede.» Rispose quello guardandolo. «Tu in realtà hai un bel fisico. Il tuo amico invece è un po' troppo mingherlino…»
«Ho una buona resistenza.» Sbuffò Yoshiki cercando di darsi delle arie, tra un sollevamento e l'altro. Harada e Saitō si guardarono ridendo, sicuri che un ragazzo così magro non potesse essere veramente tanto atletico, poi iniziarono ad allontanarsi.
«Bé, vedi di non strafare, o sarai inutile anche a bordo di uno Stridiosauro! Noi abbiamo finito per oggi, divertitevi…»
«Aspetta!» Un po' troppo energico, Yoshiki richiamò i ragazzi. Questi si girarono guardandolo perplessi.
Ci fu un momento di smarrimento, il ragazzo non aveva intenzione di urlare tanto, ma arrivato a quel punto non poteva più cambiare approccio.
«Vi va…» Iniziò aggiustando il tono della voce. «Vi va di spiegarci anche come funzionano gli altri macchinari?»
I due sorrisero divertiti; forse il fatto che un membro della Squadra Anenome gli stesse chiedendo aiuto in quel modo gli dava un senso di superiorità, oppure pensavano che fosse semplicemente buffo il cambiamento avuto dal ragazzo in pochi istanti. Alla fine si fecero avanti e si presentarono.
«Io sono Takuma Saitō, lui si chiama Akira Harada, ma sono sicuro che vi abbiano già detto tutto di noi…»
«Veramente no…» Commentò perplesso Tetsuya, alzandosi per presentarsi a sua volta.
«Non ci hanno mica dato i vostri dossier quando siamo atterrati.» Aggiunse ironico Yoshiki, strappando un sorriso a entrambi. Sentiva già che il suo piano stesse iniziando a funzionare.
 
*
 
Tooru Kawa si sentiva veramente persa, una disgrazia simile non avrebbe potuto prevederla nessuno; doveva trattarsi di un orribile scherzo del destino, perché il tempismo non avrebbe potuto essere peggiore di quello. Era bloccata in casa con una marea di estranei liberi di girare a proprio piacimento, ed erano appena finite le patatine!
Zero. Neanche un rimasuglio salato nel fondo di un pacchetto di carta o qualche bordino congelato da friggere e sgranocchiare nel pomeriggio. Niente di niente! Ricordava bene l'ultima volta che aveva aperto un pacchetto, consumandolo distrattamente mentre faceva i compiti come era solita fare, ma aveva completamente dimenticato che quello fosse proprio l'ultimo nella dispensa! E non poteva neanche andare a chiederne un po' ai suoi compagni, nella squadra era l'unica che mangiava quella roba perché quei salutisti da strapazzo di Harada e Saitō odiavano ogni tipo di snack che contenesse calorie in eccesso, il caposquadra non si curava di fare la spesa mentre gli altri sembravano degli automi perfetti privi di qualsiasi tipo di voglia o impulso, capaci quindi di controllare qualunque bisogno fisiologico molto meglio di lei. Se ne lamentò con la sua compagna di stanza, l'unica in grado di capirla in simili circostanze.
«E che problema c'è?» Borbottò Tomoko alzando lo sguardo dal suo fumetto. «Fammi finire questo capitolo e andiamo a comprarle assieme.»
«Ma è proprio questo il problema!» Tooru agitò le mani come se avesse di fronte uno sciame di zanzare da scacciare via. Lei aveva preparato un programma perfetto per la giornata in modo da non dover uscire dalla propria stanza e rischiare di incontrare i ragazzi della Squadra Anemone, i perfettissimi colleghi che erano venuti a fargli vedere quanto fossero migliori di loro; non voleva uscire con il rischio di incrociarli in ogni momento!
Tomoko, ragazza paziente ma dal temperamento burrascoso, chiuse il volume che aveva tra le mani e lo sbatté in testa alla sua amica. «Adesso smettila di dire scemenze e aspettami fuori in corridoio, vado a cambiarmi! Un po' d'aria fresca ti farà bene.»
Abbattuta, sconfitta, Tooru non poté che trascinarsi lungo l'appartamento fino a raggiungere la porta dove indugiò a lungo, ancora sotto lo sguardo sdegnoso della sua compagna di stanza, prima di uscire e accovacciarsi in un angolo a rimuginare nella speranza che non passasse nessuno di lì.
Non riusciva a credere che Tomoko fosse così crudele da farla aspettare tutto quel tempo fuori dal proprio appartamento! Apprezzava i suoi tentativi di farla diventare più socievole, ma non pensava che servissero veramente a qualcosa. Era stato già un miracolo che fossero diventate amiche, visto quanto fossero diverse, e anche se sembrava poco a Tooru questo bastava; le bastava essere riconosciuta dal resto della squadra, anche se magari non la consideravano veramente loro amica e ai loro occhi era solo la ragazza asociale che dovevano sopportare per continuare a convivere. Ma potevano veramente biasimarla, dopo quello che era successo a…?
La campanella dell'ascensore la fece sobbalzare e il rumore delle porte che scorrevano la mise sull'attenti; subito due serie di passi incerti entrarono nel corridoio mentre una voce borbottava frasi di disappunto. Tooru si fece minuscola, quasi smise di respirare restando con lo sguardo basso in quell'angolino, pregando di non essere notata.
«Non è questo il piano… E adesso l'ascensore è andato! Ma perché non lo hai tenuto aperto?»
«Scusa, credevo fossimo arrivati! Mi sono girato un secondo e…»
Non riconosceva quelle voci: erano sicuramente i ragazzi della Squadra Anemone, un maschio e una femmina, probabilmente partner. Fantastico, pensò: adesso l'avrebbero vista e avrebbero pensato anche loro che fosse strana.
«Adesso dobbiamo continuare per le scale… Che palle, invidio proprio Momo per essere in grado di fare tutte quelle corse nel parco!»
Passate oltre, per favore! Pregò Tooru chiudendo gli occhi, la testa nascosta in mezzo alle ginocchia.
I passi continuarono per qualche istante, poi esitarono un po' e infine iniziarono bisbigli e borbottii.
«Che c'è?» Domandò confuso Aki, voltandosi verso la sorella. Lei si schiarì ancora la voce e fece un cenno verso la ragazza accovacciata per terra. Lui scrollò le spalle come per chiederle che cosa volesse che facesse, ma lei alzò gli occhi al cielo e si avvicinò.
«Va tutto bene?» Domandò con grande gentilezza, facendo spaventare Tooru che non appena sentì le sue dita sul gomito sollevò lo sguardo con apprensione.
Mimò il sorriso più finto che potesse creare in quel momento e fece una risatina nervosa. «Ah, no… E' tutto a posto! Sto aspettando la mia amica per uscire, ecco…»
«Perché la aspetti seduta per terra?» Domandò l'altra. Dietro di lei, il fratello alzava lo sguardo con esasperazione: perché Rin doveva ficcare il naso negli affari di tutti?
Tooru però tradusse quello sguardo come un gesto di stizza nei suoi confronti, pensando di star facendo perdere tempo a quei due. Ecco, già mi odiano.
Peccato però, quel ragazzo non era male; aveva un bel faccino androgino e un fisico molto modesto, non pompato come Saito o Harada, del tipo che piaceva a lei. Fare amicizia con lui non sarebbe stato brutto, ma era inutile che si facesse tutti quei pensieri, sicuramente era già stato accalappiato dalla ragazza che aveva di fronte; era una cosa comune fra Parasite, finire assieme al proprio partner. Non per lei, Suzuki era troppo complicato perché potesse piacergli, anche se comunque non sembrava detestarla…
Rin agitò una mano, vedendo che la ragazza non rispondeva. «Sei sicura di stare bene?» Borbottò con la fronte aggrottata. «Sei pallida.»
Tooru si accorse di essersi persa nei propri pensieri e cercò una scusa all'istante. Non riuscì a dire niente e il ragazzo si fece avanti, prendendo sorprendentemente le sue difese.
«E' perché la stai spaventando, Rin. Sei troppo vicina, mai sentito parlare di prossemica?»
«Che? Hai ingoiato un dizionario sull'aereo o cosa?» Rispose acida lei voltandosi.
«Lasciala respirare!» Disse lui infine, esasperato. Poi si avvicinò a Tooru – anche se non quanto la ragazza – e le chiese di scusarla.
«Va tutto bene, mi spiace di avervi fatto preoccupare…» Borbottò in risposta, evitando il suo sguardo. Aki si girò verso la sorella e inarcò un sopracciglio, poi tornò a guardare Tooru con un sorriso incoraggiante, ma prima che potesse dire qualcosa dalla camera venne fuori Tomoko.
La sua salvatrice!
«Che fai lì per terra?» Domandò stranita, ignorando per un attimo i due estranei. Tooru si alzò di scatto e si pulì i pantaloni dalla polvere.
«Meditavo… Meditavo!» Rispose balbettante. L'amica scosse la testa esasperata, poi si rivolse ai due nuovi arrivati. Aveva detto che si doveva cambiare, e infatti si era cambiata: dalla tuta da ginnastica che le piaceva indossare quando non aveva nulla da fare, era passata a un paio di jeans aderenti che si fermavano alle ginocchia mentre per proteggerle le gambe dal freddo aveva indossato dei calzettoni neri e spessi, e il giaccone lasciato aperto per metà lasciava intravedere la camicetta bianca di sotto. Certo che Tomoko era proprio perfetta in ogni aspetto… Era una ragazza atletica e con cui era facile parlare, ma non era il tipo esageratamente sciatto e anzi, aveva un senso dell'estetica impareggiabile e riusciva a farsi stare bene ogni cosa che indossasse; tutto il contrario di Tooru, che sudava freddo a ogni domanda e l'unica cosa in cui si sentisse a suo agio era il pigiama… Se anche il belloccio non fosse stato insieme alla sua partner, ora che aveva visto Tomoko non l'avrebbe più degnata di uno sguardo.
«Voi chi siete?»
Aki sobbalzò, rendendosi conto di non essersi presentato. Non seppe se girarsi verso la ragazza appena arrivata o quella che aveva incontrato nel corridoio e alla fine rimase con una mano tesa verso la seconda mentre sua sorella si occupava delle presentazioni, sbuffando esasperata.
«Io sono Rin, e questo è mio fratello Aki.» Salutò affabile Tomoko, poi fece un grandissimo sorriso a Tooru che questa non riuscì a decifrare. «Scusatelo, è un imbranato ma è innocuo!»
Scocciato dalla descrizione della sorella, Aki preferì rimanere zitto per non scatenare altri commenti che avrebbero potuto metterlo in imbarazzo e lasciò che le altre si presentassero a loro volta.
«Oh, siete fratelli?» Commentò Tomoko, non molto sorpresa. «Non lo avrei mai detto.»
Rin rise con complicità, vedendo già nascere un ottimo rapporto con quella ragazza dalla battuta pronta e il sarcasmo pungente. Aki e Tooru rimasero a guardarsi come se provenissero da un altro pianeta.
Quindi quella era sua sorella? Che dire, Tooru non avrebbe mai immaginato di avere un colpo di fortuna simile, ma anche se carino e apparentemente single, Aki non avrebbe avuto motivo di interessarsi a una come lei.
«Io sono Higana, chiamatemi pure Tomoko. Lei invece è la mia amica Tooru.»
Gli sguardi di Tomoko e Rin si posarono su di lei, che ancora non aveva tolto gli occhi di dosso ad Aki. Alzò la mano come per stringerla al ragazzo, poi ci ripensò.
«Chiamami Ka-Kawa…» Balbettò.
«Kakawa?»
Merda! Voleva sprofondare nelle viscere della terra, non avrebbe potuto più guardarlo negli occhi dopo essersi presentata in un modo tanto ridicolo.
«Somiglia al nostro cognome, Okagawa!» Commentò Rin mettendo le mani sui fianchi.
L'imbarazzo di Tooru sparì, anche se il rossore delle sue guance si intensificò. Per qualche motivo l'avevano presa bene, tanto da renderle difficile trovare un momento per correggerli.
Tomoko intervenne mostrando il giubbotto, segno che fossero dirette fuori. «Ehi, mi è venuta un'idea! Stavamo per uscire a fare un po' di spesa, perché non venite con noi? Con la scusa possiamo fare quattro chiacchiere e mostrarvi un po' la città…»
No, perché glielo hai detto? Tooru aveva completamente dimenticato le patatine. Se fossero uscite con Aki e Rin, avrebbero scoperto il suo segreto, ovvero che preferiva passare le giornate in casa e sgranocchiare cibi poco salutari piuttosto che fare altre cose più produttive come le persone normali; le sue possibilità di piacere a qualcuno si sarebbero sciolte come neve al sole!
Rin sembrò cogliere la palla al balzo. «Stavamo proprio cercando una dispensa perché nei nostri appartamenti non c'era nulla e pensavamo che invece ci fosse un locale comune dove prendere da mangiare.»
Tomoko sorrise. «No, credo che si siano semplicemente dimenticati di riempire i vostri frigoriferi. Per fortuna avete incontrato noi, vi possiamo accompagnare al supermercato migliore della città e insieme non faremo alcuna fatica!»
Con quelle parole le speranze di Tooru si infransero definitivamente. Aveva già cominciato a pensare a come far finta di essere una persona responsabile che non cedeva alla gola ogni volta che vedeva uno scaffale di merendine, quando Aki le chiese se si sentisse veramente bene.
«Sai, mia sorella è un'impicciona, però ha ragione a dire che sei un po' pallida…» Mormorò, genuinamente preoccupato. Lei scosse la testa, esausta.
«Credo che sia solo un calo di zuccheri, adesso mi passa…» Sospirò portandosi le dita alla fronte.
Sentendo quelle parole, Aki si ricordò di qualcosa e si infilò una mano in tasca. «In quel caso forse ho qualcosa che può aiutare…» Disse, e tirò fuori un pacchetto che Tooru riconobbe troppo facilmente: era una famosa marca di dolci, più particolarmente un pacchetto di snack "da strada", piccoli grissini ricoperti di cioccolato da gustare mentre si passeggiava o anche in totale relax a casa. Erano così buoni che finivano in un istante, e per di più il pacco era totalmente sigillato!
«Quello da dove salta fuori?» Domandò Rin con un sopracciglio inarcato. Imbarazzato, Aki continuò a porgerlo alla ragazza mentre rispondeva alla sorella.
«Me lo ha dato Hachi sull'aereo, ha detto di avermi sentito che mi lamentavo per la fame, ma non li ho aperti perché… Ecco, non avrei saputo che fare della carta.»
«Insomma, le stai offrendo la tua spazzatura.» Lo prese in giro. Aki le fece una smorfia, ma sorprendentemente Tooru accettò quel gesto balbettando un ringraziamento.
Non riuscì a trattenersi, aprì subito il pacchetto e vi infilò dentro due dita.
«Aspetta, ma se l'hai tenuto in tasca da ieri…»
Prima che Rin finisse la frase, Tooru estrasse un bastoncino dove il cioccolato si era quasi sciolto. Lo osservò con un po' di disappunto, ma alla fine gli diede un morso comunque. Si sentì in imbarazzo a mangiare di fronte a tutti, in quel silenzio innaturale che era calato dopo le ultime parole della ragazza.
«Uhm… Sono ancora buoni.» Borbottò guardando dentro al pacchetto. Poi, sentendosi ridicola, allungò la mano offrendone un po' a tutti.
Ancora un po' perplessi, i ragazzi accettarono e Tooru si ritrovò a guardare dritto negli occhi di ognuno di loro: Tomoko sorrideva con soddisfazione, come se quello fosse tutto parte di un suo piano, Rin era divertita da quella buffa ragazza, mentre Aki le sorrideva nervosamente. Tooru non capì cosa significasse quello sguardo, quindi imboccò un altro bastoncino e alla fine sorrise a sua volta.
Forse era un bene che fossero finite le patatine…
 
*
 
Kya non era riuscita a trovare Ryo da nessuna parte; non voleva saltare a conclusioni affrettate, ma le sembrava che stesse cercando di evitarla.
Forse il trasloco a Desia era stato più impegnativo del previsto e non si era ancora ripreso dal viaggio, oppure doveva ancora disfare le valigie, anche se quel comportamento così sciatto non era per niente da lui. Decise che sarebbe andata a passare un po' di tempo con Yuki, magari sarebbe riuscita a farsi dire qualcosa di più su Kano; quando però arrivò da lui e bussò alla porta, a risponderle fu qualcun altro.
«E tu chi sei?» Disse al ragazzo mingherlino che si ritrovò davanti, capelli scuri e occhi blu come il cielo.
«Chi sei tu!» Le rispose quello, pronto a richiudere la porta. Una voce dal retro della stanza lo trattenne dallo sbatterle la porta in faccia; era Kano.
«E' la Randagia.» Burbero come al solito, eppure questa volta non sembrò troppo aggressivo, come se fosse troppo preso da qualcosa per litigare. Sorprendentemente, l’altro ragazzo sembrò prendere le difese di Kya.
«Shinji, devi proprio usare quel nomignolo?»
«Sì, diglielo!»
«Tu comunque non ti sei ancora presentata!» Reagì voltandosi di nuovo verso di lei. Non poteva negarlo, quindi si ricompose e gli porse la mano.
«Kya Nakamura, caposquadra di Anemone e Pistil dello Iustitia.» Disse con un sorrisetto compiaciuto. Quello la squadrò, poi annuì e le strinse la mano.
«Tetsuki Nagashima, piacere.»
«Hai intenzione di restare lì fuori ancora a lungo?» Sbottò Kano dall'interno della stanza. Nonostante fosse sempre sgarbato, sembrava star cercando di andarle incontro e Kya preferì non stuzzicarlo oltre, anche se non riuscì a trattenersi dal fare un commento sarcastico.
«Hai uno strano modo di fare gli onori di casa…» Disse entrando nella stanza, trovandolo in piedi, schiena contro il muro e mani incrociate in una posa di quasi meditazione.
Nagashima chiuse la porta, confuso sul perché l'amico avesse fatto entrare la ragazza pur non sopportandola e rimase a osservare la scena: c'era la loro ospite al centro della stanza, schiena dritta e sguardo alto corrucciato, rivolta verso la sua controparte di Desia che le mandava un'occhiata truce pur non avendo alcuna intenzione di iniziare uno scontro.
«Dov'è Yuki?» Domandò alla fine, rilassandosi un po'.
«Siete tanto amici?»
«Abbastanza da volerlo vedere.»
Kano la fissò in silenzio per un minuto intero. Lei non abbassò lo sguardo neanche per un istante finché il ragazzo non si fu deciso, e a quel punto sospirò con rassegnazione.
«Ha una visita.»
«Che tipo di visita?»
«Chi sei, sua madre? Una visita e basta!» Rispose irritato quello. Tutto nel suo linguaggio del corpo sembrava voler dire di lasciarlo stare prima che si infuriasse davvero e Kya non voleva assolutamente irritarlo oltre, ma pensava che quel comportamento fosse particolarmente sgarbato.
Dopo essersi guardata intorno, trovò una sedia e vi si sedette sopra; poi si imbronciò e iniziò a guardare la stanza senza dire una parola, sotto gli occhi esterrefatti di Nagashima che non aveva idea di cosa stesse succedendo.
«Sta male, non è vero?» Disse all'improvviso, facendo alzare lo sguardo al cielo a Kano, esasperato. Lui non rispose, confermando così i suoi dubbi. «Sono preoccupata, Yuki è anche amico mio!» Provò a giustificarsi.
«Non lo conosci per niente.» Reagì l'altro. «Che ti interessa se sta bene o male?»
«Allora non sta male?» Lo incalzò. «Quindi perché dovresti essere così nervoso?»
Interdetto, Kano si morse un labbro e iniziò a battere un piede a terra, sempre più veloce. Kya lo fissò come se volesse accusarlo, ma non disse niente perché sapeva che alla fine avrebbe fatto tutto lui.
«Voi ragazzi di città, perfetti in ogni cosa, non fate nemmeno le visite mediche di routine?» Le domandò alla fine, in tono sarcastico. Kya fece una smorfia.
«Anche voi vivete in città.» Rispose ignorando il resto. «E comunque sì, ma non mi risulta che noi prendiamo strane medicine e abbiamo svenimenti di punto in bianco!»
A quel punto Kano si zittì, di nuovo. Quella ragazza era più attenta ai dettagli di quanto avrebbe scommesso, e in fondo aveva assistito a quella crisi di Yuki il giorno precedente; anche se non la sopportava, pensava che fosse gentile a preoccuparsi per lui nonostante fosse così cafona nel farlo.
«E' una visita medica particolare.» Fece infine una voce. Nagashima, il ragazzino che era sembrato tanto timido fino a quel momento; vedere il suo caposquadra litigare con Kya doveva essere stato frustrante. «La nostra squadra è seguita da degli specialisti, per via di alcuni… Incidenti.»
Kya girò lo sguardo verso l'altro ragazzo, finalmente interessata, e si alzò dalla sedia. «Che tipo di incidenti?» Ma questo non si volle sbottonare.
«Incidenti e basta. Alcuni membri della nostra squadra sono stati danneggiati, e così devono essere esaminati periodicamente…»
Questo spiegava perché Yuki prendesse quelle medicine e quei suoi mal di testa; giustificava anche il fatto che sembrasse così malconcio, anche se quello lo avrebbe attribuito alla sua mancanza di sonno… Tuttavia aveva l'impressione che stessero minimizzando sul problema.
«Tutto qua?» Domandò scettica. Nagashima rispose con fermezza.
«Tutto qua.»
Kya alzò lo sguardo sdegnosa verso Kano, che la fissava torvo in silenzio. «E per questa cosa tu devi trattarmi così?»
Kano si irritò tanto che finalmente decise di staccarsi dal muro. «Senti, perché non te ne vai? Non c'è niente da fare qua e noi non abbiamo intenzione di giocare…»
«Ero venuta a trovare Yuki!» Ripeté Kya seguendolo con lo sguardo. «Ora voglio accertarmi che stia bene.»
«Bé, Yuki non c'è e lo vedrai un'altra volta. A quel punto vedrai che sta benissimo!»
«Okay, che ne dici di abbassare un attimo la cresta e parlare come una persona civile?» Kya avanzò portandosi le mani ai fianchi, guardando Kano dall'alto in basso, ma lui scattò di fronte a lei e rispose con uno sguardo ancora più sdegnoso.
«No, che ne dici tu di abbassare la cresta? Sei qui da nemmeno ventiquattro ore e ti comporti come se fossi la padrona di tutto!»
«Voglio solo sapere come sta Yuki e se ci sia qualcosa che posso fare per aiutare! Io, al contrario di qualcuno, voglio collaborare!»
Kano assunse un tono di scherno e si voltò verso il compagno si squadra, che però preferì restare in disparte. «Oh, che gentile! La Randagia si preoccupa per noi, ha veramente un cuore d'oro!»
«E già che ci siamo, perché non parliamo di questa storia dei nomignoli? Perché a me non va proprio a genio essere chiamata in un modo tanto dispregiativo!» La ragazza lo fece voltare con la forza, ma ritirò subito le mani quando ebbe avuto la sua attenzione. Kano era furioso.
«A me invece piace chiamarti Randagia, perché è quello che sei!» Rispose fissandola dritto negli occhi. «Ho visto come fai le cose: ti lanci a capofitto nella battaglia, fai un sacco di casino senza curarti del pericolo in cui metti tutti quelli che ti stanno attorno. Ne faccio volentieri a meno della compassione di una così!»
«Almeno io provo ad averne! Ma mi sembra che a te non interessi veramente di come mi comporto io, perché qualunque sia l'argomento finisci sempre e solo per lamentarti di come io abbia fatto le cose meglio di te!»
«Ma per favore!» Sbottò di colpo, alzando un braccio come per farle segno di andare via, ma riabbassandolo subito. «Se avessi affrontato le battaglie che ho affrontato io, saresti sotto a tre metri di terra adesso!»
«Certo, mi sembra una cosa perfettamente ragionevole da dire alla persona che ha condotto la sua squadra verso la vittoria più volte, senza neanche un graffio!»
Quelle parole sembrarono colpire Kano nel profondo, che serrò le labbra e si morse la lingua con nervosismo per trattenersi dall'urlarle contro. Anche se timoroso, Nagashima cercò di mettersi in mezzo dicendo a Kya che avrebbe fatto meglio ad andare via, ma lei lo zittì e tornò a voltarsi verso il ragazzo che aveva di fronte.
«Che c'è, non riesci più a trovare delle cose cattive con cui ribattere? Tanto lo avrai capito che qualunque cosa dirai me la farò scivolare addosso come se niente fosse; perché io, al contrario di te, ho fatto il mio dovere come si deve! Quindi, invece di continuare a fare lo stronzo con tutti e fingere di non aver bisogno di aiuto, perché non indossi finalmente i pantaloni e inizi a darti da fare? Scommetto che quando avremo finito la prima giornata di test, saremo in netto vantaggio in tutte le prove. Vedremo allora se farai ancora il gradasso!»
Kya aveva preso un po' troppo gusto nell'urlare contro Kano, non si rese conto che aveva esagerato. Il ragazzo la guardava con il volto paonazzo e gli occhi lucidi, pronto a esplodere; e nonostante ciò, Kano non disse né fece niente. Dopo un lungo istante passato a fissarla con sdegno, ferito nell'orgoglio o qualunque altra cosa fosse che Kya vide nel suo sguardo, il ragazzo inspirò a fondo e si fece da parte.
«Ora vattene.» Disse a voce bassa. «Sei venuta qui con la scusa di voler vedere il mio amico, ma hai cominciato a spargere cattiverie e a insultare il mio operato di caposquadra, pur non sapendo niente di me; dici di voler dialogare, ma poi non fai altro che darti tutte queste arie… Forse non lo hai ancora capito e per questo continui a trattare tutto come un gioco, ma noi siamo in guerra. Cresci un po'!»
E le mostrò la porta. Kya fu felice di uscire da lì mentre Nagashima rimase in silenzio vicino all'uscita, a guardare il suo caposquadra che si allontanava con sguardo basso e camminata pesante.
Le faceva venire un nervoso tale che non sapeva più nemmeno che cosa volesse! Era andata lì per passare un po' il tempo in spensieratezza e si era ritrovata a gridare in faccia a quel cretino. Adesso tornava nella sua stanza a mani vuote, umore pessimo e una gran voglia di prendere a pugni qualcosa.
Gliel'avrebbe fatto vedere lei! Gli avrebbe fatto vedere quanto si sbagliava a trattarli in questo modo.
 
*
 
«Che cosa hai fatto?!»
La voce di Suzuko tuonò nella sala riunioni, sovrastando tutte le altre e zittendo il brusio che si era creato fino a quel momento. Kya sapeva che non sarebbe stata contenta di sapere cosa era successo il giorno prima, ma aveva comunque pensato di aggiornarla visto che probabilmente avrebbero dovuto affrontare la situazione insieme, come una squadra.
«Kya, lasciatelo dire: non hai proprio il minimo tatto!» Arrivò Yoshiki a supportare l'incredulità di Suzuko, che se aveva chiesto una cosa era proprio di restare discreti nel loro soggiorno a Desia. Lei però non si mostrò colpita e rispose con la sua solita lingua tagliente.
«Detto da mister delicatezza, lo prendo come un complimento.»
«Non hai capito, il nostro obiettivo doveva essere quello di far sentire la Squadra Desia a proprio agio in nostra presenza, così che potessero fidarsi di noi; non farli diventare nostri rivali!» Tornò a rimproverarla Suzuko, che era molto più infervorata di quanto desse a vedere; la sua statura non aiutava di certo, visto che Kya non sembrava prenderla sul serio.
«Bé, quella strategia non ha funzionato quindi ho deciso di cambiare approccio.» Rispose sbuffando. «Mettere un po' di competizione nei nostri rapporti renderà il tutto più genuino, e quando gli avremo fatto mangiare la polvere capiranno che aria tira!»
«Ma non è come dici tu!» Protestò Yoshiki. «Ci sono un sacco di persone pronte a collaborare nella Squadra Desia; non puoi prendere un caso isolato e fare di tutta l’erba un fascio solo perché è ciò che conviene di più a te!»
«Ormai ho deciso. Volete aiutarmi oppure dobbiamo iniziare a litigare anche tra noi?» Kya incrociò le braccia, visibilmente infastidita. Quella domanda aveva il sapore di un ultimatum e probabilmente si fondava su un ragionamento sensato, ma ciò che aveva portato a quella decisione era completamente sbagliato.
Suzuko si portò le mani alla fronte e digrignò i denti con frustrazione, poi si voltò dall'altra parte e borbottò:«Fa' come vuoi!» E continuò a imprecare a bassa voce, probabilmente maledicendo la sua caposquadra per aver fatto di testa propria ancora una volta. Yoshiki la guardò con dispiacere, pensando che ci fosse qualcosa che non avesse ancora detto: la sua reazione era stata comprensibilmente di frustrazione, ma sembrava aver preso quella situazione particolarmente a cuore e il suo procedere con le pinze mostrava quanto fosse una questione delicata. Se era vero che gli stava ancora nascondendo qualcosa, non si poteva certo biasimare Kya per aver agito incoscientemente non conoscendo la reale gravità della situazione… Ma quelle erano solo supposizioni.
All'arrivo di Hachi e Nana, che erano rimasti indietro per parlare con Jun e Kyu e farsi aggiornare sulla situazione, la squadra si riunì per ascoltare ciò che avevano da dire, ma con loro entrò anche il gruppo a loro contrapposto: le uniformi portate con fierezza, gli sguardi determinati, questa sarebbe stata la prima volta che avrebbero visto la Squadra Desia veramente compatta. Il caposquadra Shinji Kano aveva un cipiglio perenne dipinto in volto, a dimostrazione di non aver ancora digerito la lite con Nakamura, mentre la sua partner Saki Yumu procedeva silenziosa lanciandogli occhiate dubbiose; gli sportivi Akira Harada e Takuma Saitō erano tornati a quei loro sguardi di diffidenza iniziali, probabilmente erano stati messi al corrente dal caposquadra di quanto accaduto e per quanto Yoshiki e Tetsuya fossero riusciti a prenderli per le buone, sembrava che gli sforzi fatti fossero stati vanificati, mentre le loro partner Hikari Ōkubo e Tomoko Igana rivolgevano sguardi confusi ai ragazzi dell'altra squadra. Meno turbati, ma comunque non particolarmente allegri, Yuki Tsunami e la sua compagna Naka Takagami si scambiavano occhiate nervose, mentre poco distante da loro Ai Ogura e Tetsuki Nagashima avanzavano tenendosi per mano, lei stralunata come sempre. Gli unici a non sembrare turbati erano Katsuki Suzuki e Tooru Kawa, lui apparentemente rilassato e distratto e lei troppo impegnata a sistemarsi l'uniforme in cui evidentemente non si trovava a proprio agio.
Si posizionarono di fronte alla Squadra Anemone contrapponendo l'ordine della loro formazione ai loro gruppetti disomogenei e non dissero niente finché i coordinatori non furono al proprio posto ed ebbero iniziato a presentare il programma degli allenamenti. Nessuno stava ad ascoltarli però: Kya rimase a fissare Kano con sguardo di sfida e questo le rispose con occhi fiammeggianti, e in maniera simile fecero gli altri. C’erano dubbi e preoccupazione tra le due squadre, un senso di sfiducia imperante… Era una situazione difficile da sopportare, desideravano tutti di poter andare via da lì e salire sugli Stridiosauri il più presto possibile.
«Ci sono domande?» Chiese Nana dopo aver finito di esporre il tipo di esercitazioni che avrebbero svolto. Sia lei che gli altri adulti si erano ormai resi conto di essere stati ignorati completamente dagli adolescenti e infatti erano sul punto di chiudere la riunione, quando una mano si levò in mezzo al gruppo Anemone.
«Ryo?» Domandò Hachi voltandosi verso di lui, grato che qualcuno avesse ascoltato.
Il ragazzo inspirò a fondo mentre gli sguardi – tutti gli sguardi – si posavano su di lui, dandogli un enorme peso al petto. Tutta la tensione accumulata nelle ultime settimane, quella sensazione di bruciore dentro allo stomaco come se ci fosse qualcosa che scalpitava per uscire e fuggire dalla prigione che era il suo corpo, tornò a farsi presente dentro di lui e per un momento Ryo considerò l'idea di lasciar perdere e andare avanti come se niente fosse. Ma non poteva; non poteva più ignorare quella sensazione o avrebbe finito per provocare un incidente o creare una spaccatura nel suo rapporto con quella persona, e proprio per evitare che le cose diventassero irreparabili fece quella richiesta.
«Vorrei richiedere un partner shuffle.»
   
 
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