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Autore: Il cactus infelice    01/08/2022    2 recensioni
Estate 2020. Il riscaldamento globale colpisce non solo il mondo Babbano, ma anche quello dei Maghi. La frenesia dei social, della tecnologia, sta travolgendo anche i maghi e le streghe. Bisogna tenersi al passo coi tempi.
Ma mentre queste questioni vengono lasciate ai Babbani - che se ne intendono di più - il Mondo Magico avrà un'altra gatta da pelare.
Harry Potter si ritroverà a dover risolvere un altro mistero, forse addirittura a combattere un'altra guerra e questa volta lo riguarda molto, molto da vicino.
Tutto inizia con un ritorno inaspettato una mattina del 10 Luglio 2020.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley, I Malandrini, Nimphadora Tonks, Teddy Lupin | Coppie: Bill/Fleur, Harry/Ginny, James/Lily, Teddy/Victorie
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Penso di essermi scavata la fossa da sola con questo capitolo XD


***

 

ESITO

 

Victoria stava ravanando nell’ufficio di Sirius da una decina di minuti ormai. Doveva trovare un documento da inviare all’ufficio Misteri entro quella giornata e non riusciva a trovarlo da nessuna parte.
Sirius le aveva detto dove cercarlo. Più o meno. Le aveva detto che poteva essere sul tavolo o nel primo cassetto o addirittura nello schedario dietro la scrivania, ma non lo aveva trovato in nessuno di questi posti e lo schedario era troppo grande e troppo pieno per poter perdere tutta quella giornata a cercare un foglio di pergamena. Aveva del lavoro da fare e non era che il dipartimento degli Auror fosse così pieno di Auror da potersi prendere una giornata e passarla a cercare qualcosa.
Sirius era un bravo capo, ma non per quanto riguardava l’ordine. Nono che i precedenti capi fossero stati molto più ordinati. Quella non era una caratteristica richiesta agli Auror dopotutto, anche se forse, considerando la quantità di scartoffie che avevano, forse era il caso di assicurarsi che le future generazioni imparassero a esserlo.
La porta dell’ufficio si aprì e Victoria alzò il capo di colpo colta un po’ alla sprovvista, rilassando le spalle non appena vide che era James.
“Oh, scusa. Non sapevo fossi qui”, le disse lui.
“Sto cercando un documento. Ma non riesco a trovarlo”. 

James richiuse piano la porta e si avvicinò alla scrivania. “Sirius non ti ha detto dov’è?”
“Sì, ma è stato molto vago e ho paura di chiamarlo perché non vorrei che fosse col fratello o qualcosa di simile. Non mi sembra il caso di rompergli le palle per questioni di lavoro ora e io sono la vice quindi dovrei sapere dove…”.

“Ehi, ehi”, la bloccò James quando vide che Victoria stava iniziando a dare vagamente di matto. “Non ti preoccupare. Se vuoi ti do una mano a cercarlo”. 

“C’è troppo lavoro da fare e non voglio distrarti”.

James le sorrise. “In due faremo prima. E poi, un po’ di distrazione ora mi farebbe comodo. Tanto se i cattivi vogliono attaccare, lo faranno sia che siamo attenti o distratti”.  

Victoria si morse il labbro inferiore e aprì di nuovo il primo cassetto, tirando fuori una cartella e crollando sulla poltrona dietro la scrivania.
“Comunque sia, come sta Sirius? Gli ho scritto per chiedergli di Regulus ma mi ha dato una risposta molto vaga e… Non so, ho paura di farmi gli affari suoi”. 

“Regulus ha avuto un danno al nervo ottico”, disse James semplicemente, cercando di mantenere un tono neutro intanto che apriva uno dei cassetti dello schedario.
“Sì, quello me lo ha detto, ma… E’ riparabile?”
“Non lo so. Potrebbe perdere la vista”.

“Cazzo!” esclamò Victoria alzando lo sguardo su James. “Gli servirà qualche giorno di permesso in più immagino”.

“Credo di sì. E non è proprio il momento adatto, ma…”.

“Be’, non sarà il momento adatto ma… Se fosse mio figlio me ne fregherei”. 

James annuì mestamente e per un po’ i due rimasero in silenzio, ognuno cercando in due parti dell’ufficio diverse.

“Tu e Sirius…”, fece James a un certo punto senza guardare la collega. “Non devi dirmelo se non vuoi, ma… Tu e Sirius state insieme?”
Victoria inarcò le sopracciglia, un po’ perplessa, un po’ confusa. Pensava che James fosse l’amico al quale Sirius diceva tutto, ma forse quella non era una di quelle questioni. Non poteva dire che non sentì un piccolo colpo di dispiacere nel petto.
“So che vi state frequentando”, aggiunse James probabilmente notando l’espressione dell’altra.

“Sì, be’... tecnicamente sì. Non abbiamo ufficializzato niente. E’ un po’ complicato. Lui è il mio capo e io ho un figlio e… Ora con la questione di suo fratello credo… Non ho pretese e possiamo anche restare in questa sorta di limbo”. 

James inclinò il capo da un lato. “Però ti piacerebbe avere qualcosa di più”.
Victoria sospirò. “Non sono una ragazzina. Sì, Sirius mi piace molto ma non voglio farmi illusioni. Abbiamo due vite piuttosto diverse”.

James richiuse il cassetto con un colpo senza tirnarne fuori nulla e, guardando il muro, disse: “Sirius è sempre stato vago nelle sue relazioni, anche ad Hogwarts. Non ha mai cercato o desiderato qualcosa di veramente stabile, ma quando era adolescente ci poteva stare. Forse ora gli farebbe bene avere qualcuno. Penso che tu abbia quel giusto elemento per compensare quello che manca a lui, ma ovviamente non voglio insinuare niente e non voglio forzare la mano. Sirius sta facendo del suo meglio per ricucire il rapporto con Regulus, quello è vero, e quindi chiunque dovrà accettare che lui è la sua priorità. Se poi… Se poi Regulus dovesse veramente perdere la vista… Be’, capisci che le cose si complicano. Ma questo non toglie che anche Sirius merita di avere una vita ed essere felice con qualcuno, se lo vuole”. 

Victoria fece un piccolo sorriso osservando James. Quelle parole l’avevano colpita, probabilmente per la fraterna dolcezza che l’altro aveva usato. Qualunque cosa fosse successa tra lei e Sirius, era contenta che l’Animagus avesse un amico così sul quale poter contare.

“Ti ringrazio. Probabilmente sarà il tempo a dare le risposte”.

“Probabilmente sì”. 

Victoria aprì il secondo cassetto della scrivania e, tirando fuori un foglio di pergamena, esclamò con entusiasmo: “Trovato!” 

James alzò due dita in segno di vittoria. “Oh, meno male”.

“Devo seriamente spedire questo all’Ufficio Misteri. Tu torna al lavoro e… Ci sono un sacco di cose da fare, tra i Mangiamorte tornati in vita, gli Snakes’ Brothers ancora in libertà e tutti gli altri piccoli crimini che ci tocca sistemare”.
“Lo so, è un vero delirio”.
“Spero davvero che i nuovi Auror siano pronti in tempo”. 

Victoria salutò velocemente James e, lasciandolo nell’ufficio di Sirius, uscì di corsa senza perdere altro tempo. James restò a fissare la porta che si era richiusa dietro di lei, pensieroso. 


Sirius si mordeva le pellicine delle dita dal nervoso e, appoggiato alla finestra della stanza dov’era ricoverato suo fratello, continuava a far tremare il ginocchio; ci aveva provato a stare fermo, a darsi una calmata, ma sembrava che il suo corpo avesse bisogno di sfogare un’energia nervosa che non trovava modo di essere incanalata. Aveva provato a sedersi, aveva provato a non bere caffè dopo il terzo della mattina, aveva provato a pensare a qualcosa di rilassante, a chiamare James, ma niente.
Il motivo? Quel giorno avrebbero tolto le bende a suo fratello e finalmente avrebbero saputo la diagnosi. Sapeva di non doversi fare illusioni, il medico che lo aveva curato era stato chiaro, ma Sirius se le stava facendo lo stesso. Era una persona speranzosa, dopotutto.
Ma se lui era in quello stato, non osava immaginare come doveva sentirsi Regulus. Quest’ultimo era sempre stato bravo a nascondere le sue emozioni, a mantenere un’espressione neutra e impenetrabile per non far capire quello che provava. E Sirius sapeva anche che era così a causa del modo in cui era stato cresciuto; nell’antica e pura Casa dei Black non c’era spazio per le emozioni o per la debolezza. Sirius era riuscito a scampare a tutto quello e dai Potter aveva avuto la possibilità di essere sé stesso, di mostrarsi debole e pieno di emozioni contrastanti.
Regulus no.
E il pensiero che il suo fratellino non potesse avere un attimo di respiro nemmeno ora lo faceva stare visceralmente male. 

Che cosa provava? Paura? Terrore? Preoccupazione? Ansia?
Sirius sapeva solo che se fosse stato al posto suo non sarebbe stato in grado di mantenere quell’apparenza tranquilla e disinvolta. O forse era il fatto che non riusciva a vederlo negli occhi. Si dice che gli occhi sono lo specchio dell’anima per un motivo, giusto?
Un giovane medimago era entrato nella stanza pochi minuti prima, esibendo un sorriso entusiasta e allegro, e aveva chiuso le tende per far passare meno luce. C’era un sole che spaccava le pietre quel giorno. Poi il medimago aveva fatto sedere Regulus sul bordo del letto e aveva iniziato a togliergli le bende, un lembo dopo l’altro, in un’azione che sembrava molto più lenta di quello che doveva essere, come se anche lui volesse rimandare il momento della verità il più possibile.
Era stato allora che Sirius si era piazzato vicino alla finestra, in silenzio e con nervosa attesa. Una parte di lui voleva stare vicina a suo fratello, tenergli la mano e rassicurarlo, dirgli che sarebbe andato tutto bene. Ma sapeva che era meglio non intralciare il medico, lasciarlo fare e poi… Poi ci sarebbe stato per suo fratello, qualsiasi fosse stato l’esito. Il suo respiro era irregolare e il battito accelerato del suo cuore era l’unico rumore che riusciva a sentire nella stanza. Regulus era parzialmente celato dal Medimago e Sirius non riusciva a vederlo bene, a vedere se anche lui respirava male, se avesse le palpitazioni. Suo fratello teneva le mani sul materasso e la schiena dritta, proprio come la sua educazione da Purosangue richiedeva.

Sempre con la testa alta, sempre orgoglioso.
Forse era anche quello che faceva male a Sirius, sapere che Regulus sarebbe sempre stato quello. Un Black non piange, non si dispera, non abbassa mai la testa. 

Finalmente anche l’ultimo lembo di benda cadde tra le mani del medimago che la ripose in un contenitore di metallo. 

Sirius osservò il volto di suo fratello, ora finalmente libero e provò del sollievo che non sapeva bene identificare. Il viso di Regulus era rimasto uguale e non sapeva esattamente che cosa ci dovesse essere di diverso. Regulus però teneva gli occhi chiusi e questo era sufficiente a Sirius per capire che non era così tranquillo come dava a vedere.
“Ho bisogno che apri gli occhi ora”, disse il medimago gentilmente, quasi dolce, come se capisse davvero la difficoltà di quella situazione e volesse cercare di renderla il meno spiacevole possibile, infondendo calma con la voce. 

Sirius guardò suo fratello aprire piano gli occhi, sbattere un paio di volte le palpebre mentre inspirava ed espirava con un piccolo singulto quasi impercettibile. 

Il Medimago si posizionò meglio di fronte a Regulus e gli fece sollevare il capo. Poi prese la bacchetta, l’accese con un Lumos e puntò la luce negli occhi di Regulus.
Sirius non riusciva a vedere bene a quella distanza, ma notò che suo fratello aveva assottigliato gli occhi non appena il medimago glieli aveva illuminati e questo lo fece raddrizzare e abbandonare il comfort del muro, più speranzoso di prima.

Forse… Forse c’era ancora qualche possibilità. 

“Riesci a dirmi cosa vedi?” chiese il medimago, sempre con lo stesso tono gentile. 

Regulus esitò prima di rispondere, come se dovesse ponderare bene quello che aveva da dire.
“Non-Non molto. E’ tutto un po’... Confuso? Vedo solo dei… Colori… Che si sovrappongono?” 

“Vedi delle ombre? O delle forme?”
Regulus ci pensò un po’ su. “No”.

“E la luce? Ti ha dato fastidio quando ti ho puntato la luce negli occhi?”
“Un po’. Più che altro mi bruciano un po’ gli occhi. Anche adesso”.

“Sì, è normale. Il nervo ottico è ancora un po’ infiammato, ma dovrebbe passare tra qualche giorno. E hai mal di testa?”
Regulus scosse il capo. “No”.

Il medimago sospirò. “Proviamo a fare una cosa”, esclamò e riprese di nuovo in mano la bacchetta, lanciando un altro Lumos, questa volta per illuminare tutta la stanza. “Questo lo noti? Ho acceso la luce”. Poi, con un altro gesto della bacchetta, fece tornare la stanza nella penombra di prima. “E adesso l’ho spenta. Dimmi se hai notato la differenza”.

“Sì, un po’ sì”. 

“Okay. Questo è un bene. Hai ancora la percezione della luce”.
Il medimago raccolse la bacinella con le bende, ripose la bacchetta e, con una certa finalità nella voce disse, guardando sia Regulus che Sirius: “Tra poco arriverà uno specialista che farà una visita più approfondita e eventualmente dirà cosa si può fare. Io vi devo lasciare ora, ma se avete bisogno di me chiamatemi”. 

Il medimago uscì dalla stanza un po’ troppo frettolosamente per i gusti di Sirius. Quest’ultimo esclamò: “Arrivo subito, Reggie”, e uscì anche lui inseguendo il medico. 

“Aspetti un attimo. Mi scusi!” 

L’altro, che aveva già raggiunto metà corridoio, si girò verso Sirius che lo rincorse a piccoli passi affrettati e un mezzo fiatone, ma non certo per la rincorsa.
“La prego, mi dica… Mi dica solo cosa succederà a mio fratello adesso? Riuscirà a vedere di nuovo?”
Il medimago sembrò studiare il pavimento bianco prima di alzare gli occhi sull’uomo di fronte a lui, un’espressione addolorata nello sguardo. “Lo specialista vi saprà dire di più. Io sono ancora solo uno studente. Ma, le posso dire al momento che, a giudicare dal tipo di danno che ha subito, è molto improbabile che suo fratello torni a vedere. Lo specialista vi saprà dire di più, ma…  Non si faccia illusioni”. 

Sirius sentì come un rumore di vetri rotti che si infrangono per terra. Erano le sue speranze. Lo sapeva, sapeva razionalmente che farsi delle speranze non aveva avuto senso, ma lui se le era fatte lo stesso. Si era detto che sarebbe andato tutto bene, che Regulus sarebbe tornato a casa sano e a posto e come prima.
Il medimago se ne andò, questa volta per davvero, e lui ritornò a passi lenti e strascicati nella stanza di Regulus. Trovò quest’ultimo steso sul letto in posizione fetale, le mani sotto il cuscino e gli occhi chiusi. Ma Sirius sapeva che non stava dormendo. 

Gli si avvicinò, sedendosi sulla sedia e facendo più rumore di quello che era solito fare. Se ne rese conto solo in un secondo momento. Suo fratello non reagì, ma Sirius sapeva che lo aveva sentito. Gli prese una mano tra le proprie e con quella libera prese ad accarezzargli i capelli con molta dolcezza. 

Forse era un gesto strano da fare tra fratelli, ma loro avevano sempre avuto un rapporto un po’ particolare e quell’esatto gesto Sirius lo aveva sempre fatto quando erano più piccoli e non andavano ancora ad Hogwarts e Regulus riusciva sempre a calmarsi sotto il tocco dolce del fratello, soprattutto dopo una scenata della madre.

“Appena torniamo a casa ti prendo il tuo gelato preferito, quello alle nocciole. E mangeremo tutti i piatti che vorrai, okay? Così ti rifai di questa sbobba dell’ospedale”. Sirius ridacchiò piano all’ultima frase, guardando il volto del fratello che non aprì gli occhi e restò in silenzio. Sirius allora gli posò un bacio sulle nocche e sentì Regulus rilassarsi leggermente.  

Il maggiore continuò a massaggiargli la testa sperando che quel gesto potesse aiutarlo a restare calmo, a trovare tranquillità come quando erano bambini. Ma quella era una situazione completamente diversa e, se Sirius aveva imparato a calmare il fratello dopo una sfuriata della madre, ora non sapeva cosa fare. Nessuno glielo aveva mai insegnato. Quando erano piccoli, Sirius era solito prendersi le colpe del fratello per non farlo finire sotto la bacchetta di Walburga, sapeva come proteggere Regulus e lo faceva volentieri pur di non fargli soffrire le Cruciatus. Ma ora? Cosa poteva fare ora? Quella non era una situazione in cui poteva prendersi le sue colpe o scambiarsi di posto.
Lo avrebbe fatto, oh se lo avrebbe fatto. 

L’unica cosa che gli veniva in mente di fare era confortarlo in quel modo, fargli sentire la sua presenza. Perché a quello si sarebbe ridotta la vita di Regulus d’ora in poi, giusto? Sentire la presenza di qualcuno piuttosto che vederla, percepirla, usare il contatto fisico. Peccato che a Regulus non piacesse molto il contatto fisico e c’era una ragione anche dietro a questo. Forse era questo che faceva più male di tutto. O forse era tutto insieme. Insomma, c’era una bella lista tra cui scegliere la cosa peggiore di quella situazione. 

E poi… Sirius faticava ad ammetterlo ma doveva farlo: aveva paura. Aveva paura per suo fratello, ma soprattutto aveva paura perché non sapeva come procedere. Esserci per Regulus e poi? Non bastava quello.
Sarebbero cambiate troppe cose e molte di queste Sirius non le conosceva. 

Sentì le lacrime pizzicargli gli occhi e la respirazione farsi irregolare. Non poteva farsi venire un attacco di panico ora, non poteva far capire a Regulus quanto fosse spaventato. Non era il momento.
Se non aveva avuto paura delle Cruciatus di Walburga, non si sarebbe lasciato spaventare neanche da quello.  

Almeno erano insieme, almeno non c’era una guerra alle loro calcagna e potevano permettersi del tempo per pensare e imparare insieme. 

“Siri?” chiamò Regulus con voce vagamente biascicata.

“Dimmi, Reggie”, rispose l’altro, parlando quasi sottovoce.

“Ti scoccerebbe chiudere meglio le tende?” domandò il più giovane. Non si era ancora mosso e non aveva aperto gli occhi. 

Sirius non lo biasimava.
“Certo! Faccio subito”. Padfoot si alzò e, senza fare domande, spostò le tende per impedire anche quel poco di luce del sole che passava attraverso le finestre già mezze chiuse.
Le tende erano di un caldo colore arancione, probabilmente scelte apposta per dare un po’ di vivacità al bianco dell’ospedale, ma Sirius non si soffermò più di tanto su quel pensiero. 

 

*** 

 

Buon Lunedi e buon primo di Agosto! L’estate sta volgendo al termine e io sono felice ^^ Si capisce che amo l’autunno e l’inverno? Hahah più che altro mi danno fastidio il caldo e le zanzare.

Allora, a dire il vero questo capitolo doveva essere più lungo perché pensavo inizialmente di inserire un’altra parte riguardante Regulus e la sua situazione, ma poi mi sembrava un po’ troppo fare tutto in un capitolo e quindi, a costo di far procedere questa cosa a rilento, ho preferito prendermi (e far prendere a lui) un po’ di tempo.
Per quanto riguarda l’incontro con Dominique, so che siete tutti impaziente di leggerlo, però capirete anche che se uno si risveglia da un incidente e scopre di aver perso la vista è difficile che riesca davvero a pensare ad altro, anche se si tratta della persona che gli piace ^^ Ci vorrà un po’ di tempo ancora, ma non demordete che siamo vicini :)
Spero però di essere riuscita a incanalare l’ansia che provava Sirius in questo capitolo. Io l’ho provata francamente. E alla fine quanto è dolce quando gli dice che gli prenderà il gelato? Il mio Sirius ç_ç quanto li amo quei due.

Ultima cosa prima di salutarvi: ho creato un profilo Instagram dedicato a Harry Potter, in particolare ai Malandrini, e lo potete trovare qui. E’ in inglese, ma se volete potete pure scrivermi in italiano. E accetto anche commissioni da lì :) 

Bene, fatemi sapere cosa ne pensate e - so che lo dico poco - ma sono veramente grata di tutti i commenti e di quanto successo sta riscontrando questa storia. 


 
   
 
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