Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: MIV93    01/08/2022    0 recensioni
Sulle ali della trama originale, nella vita dei nostri eroi comparirà un nuovo gruppo di scalmanati il cui capitano è un vecchio amico di infanzia di Sinbad. All'interno del gruppo vi è una strana ragazza dalla vita misteriosa che ben presto si intreccerà con Sinbad e la sua famiglia. Un nuovo paese da salvare, nuove avventure, amori pericolosi e tanto altro..
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judal, Morgiana, Nuovo personaggio, Sinbad
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Intanto a Sindria..

Il sole splendeva alto nel cielo e i venti Alisei soffiavano da nord-ovest gonfiando le vele della Alsephina*, un maestoso veliero a tre alberi color mogano e dalle vele bianche come le nuvole. La navigazione verso Sindria era stata semplice e i venti avevano aiutato la nave a navigare velocemente e instancabilmente. Il veliero aveva navigato per diverse notti lungo la rotta commerciale tra Parthevia e Sindria, incrociando di tanto in tanto navi mercantili o piccoli pescherecci in cerca di pesche fortunate.

Mentre la nave percorreva i suoi ultimi nodi, i quattro giovani pirati si godevano la brezza marina che soffiava salmastra e calda sulla loro pelle. Proteus, non che capitano della Alsephina, era appoggiato sulla ringhiera legnosa a prua con lo sguardo fisso sulle vele che si muovevano spinte dai venti, quasi come se fosse ipnotizzato da quel movimento ritmico e incessante.

“L’ultima volta che sono venuto a Sindria avevo diciotto anni” il timbro della voce calda di Proteus si perse portata via dal forte vento. SI scostò una lunga ciocca di capelli ebano del viso, poi chiuse gli occhi dorati e lasciò che i tiepidi raggi del sole scaldassero la sua pelle ambrata.

Zenko si grattò rozzamente un orecchio peloso, poi appoggiò il suo corpo muscoloso e dall’aspetto lupesco lungo la ringhiera, aguzzando lo sguardo verso l’ormai visibile ingresso per Sindria. “Quindi è vero che te e quel tizio – si schiarì un po’ la voce – Sinbad dei sette mari?..siete grandi amici?”

“Ci siamo incontrati in un piccolo villaggio malmesso e povero a Parthevia – Proteus abbozzò un sorriso divertito – ne abbiamo passate tante insieme, ma un giorno abbiamo deciso di percorrere strade diverse…”

Lo sguardo del capitano e di Zenko si spostarono al terzo uomo, quest’ultimo intento a litigare con il voluminoso turbante che gli nascondeva completamente i capelli e che improvvisamente aveva deciso di slegarsi dalla sua testa e svolazzare sballottato dal vento. “Oh no – borbottò l’uomo nerboruto muovendo goffamente e freneticamente le mani per rimettere a posto il suo turbante – quello che volevo dire, perché proprio ora siamo tornati a Sindria?” finì di dire lui, dall’alto del suo un metro e novanta di muscoli e lunghi abiti color panna che gli ricoprivano tutto il corpo.

“Sono da tanti anni in viaggio, vorrei vedere come è diventata Sindria e, perché no, farvela conosce anche a voi - confidò Proteus – inoltre, gli ultimi avvenimenti nel mondo e l’arrivo di Yunan mi hanno lasciato un po’ perplesso, ho bisogno di ritrovarmi con Sinbad per discuterne”

“Conoscerò il famoso Fanalis di Sinbad?” esultò Lara, in piedi sul parapetto di legno, con le braccia aperte verso la distesa di mare e piedi che si alternavano ad ogni passo per camminare in equilibrio. “Ne avevo sentito parlare tempo fa a Reim, ma mai immaginavo che ci saremmo visti così presto” sussurrò Lara, i lunghi capelli rossicci scompigliati dal vento e il piercing sul mento che scintillava alla luce del sole.

“Almeno la finirai di menare me durante gli allentamenti” piagnucolò Senza Nome, guardando preoccupato Lara e allungando ogni due per tre le mani per la paura che la fanalis volasse in mare.

Lara scese con un balzo felino, poi si avvicinò a Senza Nome e gli diede una leggera spallata “Eddai, non fare così – gli sorrise cristallina – e poi se non mi alleno con te mi rimangono solo quelle schiappe di Zenko e Proteus.”

“AHAHAH i suoi calci hanno temprato il tuo corpo - sbottò Zenko erompendo in una risata grossolana e a tratti mostruosa - “AH? ASPETTA, cosa hei detto?” il licantropo ritornò serio per qualche istante, fulminando con lo sguardo la sua compagna di avventure.

Proteus esplose in una risata divertita, poi andò al timone e condusse la sua nave verso Sindria.

Finalmente l’enorme isola di Sindria apparve in tutta la sua grandezza: ad accogliere la loro nave fu un enorme ingresso scavato nella pietra che collegava il mare con il porto dell’isola, tutto intorno ad essa vi era il mare diviso da enormi mura rocciose che proteggevano la città.     
       
Assieme alla Alsephina, altre due navi mercantili entrarono nel porto, nel mentre, una grossa folla di commercianti e cittadini, si riunirono sulla banchina per aspettare l’arrivo delle rispettive merci.

“Hei, voi” una voce sorpresa e dal tono calmò attirò l’attenzione del trio, ormai sbarcato sulla banchina di Sindria.
L’uomo in questione, un mastodontico Imuchakk di più di due metri e dalla coda di cavallo azzurra, si diresse verso di loro alzando un braccio per farsi riconoscere in mezzo a tutta quella gente. “Ma tu sei…”

“Hinahoho! – urlò cristallino Poteus, allungando poi un braccio per salutare una sua vecchia conoscenza – sei invecchiato un sacco” lo punzecchiò il pirata.

“Non mi vedi da anni e questa è l’unica cosa che sai dirmi? – piagnucolò l’uomo fingendo un certo dispiacere – oh ma tu sei..un Imuchakk?” chiese poi Hinahoho, spostando lo sguardo dietro le spalle di Proteus e notando l’enorme uomo vestito di bianco e con il turbante in testa.

Senza Nome, per tutta risposta, abbassò lo sguardo sconfortato, prima di trovarsi sballottato dal suo amico di spalla Zenko:” Le presentazioni lasciamole a quando ci sarà tempo – abbozzò un sorriso che vagamente ricordava la mimica di un ringhio animale – ho fame, sono giorni che mangiamo porcate sulla nave” si intromise di prepotenza il mezzo lupo, strappando un sorriso divertito a Hinahoho.

“Prima di sguinzagliarvi per Sindria, penso che sia il caso di presentarvi a Sinbad e agli altri generali, eh?” lo rimproverò amichevolmente Proteus, appoggiando una mano sulla nuca pelosa di Zenko e destando in quest’ultimo un ringhio gutturale di disapprovazione.

Gli occhi di Lara scintillarono per un attimo. Aveva passato tutto il tempo in silenzio accanto a Zenko, ma il suo sguardo si era già posato su tutto quello che poteva osservare con i suoi occhi.

La città di Sindria era un’enorme isola caleidoscopica, dove si alternavano grosse distese verdi di piantagioni frutticole, mercati con i cibi e i colori più disparati circondate da rocce chiare e una distesa infinita di mare. Era un’isola rigogliosa, piena di vita, il cibo abbondava e il commercio era fiorente. Le lunghe strade della città erano fiancheggiate da negozi e case, quest’ultime dalle forme squadrate e senza tetto poiché un futuro, se si fossero trasferite altre persone, avrebbero potuto costruire la loro casa proprio sopra di esse. Il centro cittadino si estendeva in linea retta dal porto fino al palazzo reale ed era aperto mattina e sera, intorno e in mezzo alle numerose abitazioni c’erano svariati quartieri con strutture alberghiere di lusso, locali di intrattenimento, bar, teatri e persino un’arena.    

Sindria sembrava un vero e proprio paradiso, così festoso e rilassante da sembrare un posto letteralmente su un altro pianeta, specialmente se considerati gli ultimi avvenimenti bellicosi che si stavano svolgendo nel continente principale.

“Festa del raccolto “Mahrajan”? Il vostro Re ha trasformato una mattanza di creature marine in una performance divertente” sbottò Zenko tirando una spallata al suo amico Senza Nome e facendolo inevitabilmente rotolare giù dalle infinite scale che conducevano al palazzo di Sinbad.

Lara scosse la testa e alzò gli occhi al cielo: “Perché devi essere sempre così manesco?”

“Z…Zenko…” piagnucolò Senza Nome rimettendosi in piedi, paonazzo in viso per aver fatto quella figuraccia.

“Serve per calmare le paure della gente e per attirare i turisti” rispose abbozzando un sorriso Hinahoho.

“Questa è la città dei Balocchi, ci sfonderemo come disgraziati” ringhiò il lupo scoppiando in un ululato di felicità e attirando sguardi incuriositi e stupiti allo stesso tempo.

“Non preoccuparti Hinahoho, anche se non ci divertiamo da tanto tempo, ti assicuro che non combineremo nulla” lo rassicurò Proteus, anche se alle loro spalle vi era Zenko intento ad urlare ai quattro venti a Senza Nome di tutto quello che avrebbero fatto per svagarsi dopo tanto tempo di restrizioni.

La struttura reale era pressoché mastodontica e si ergeva nel punto più in alto dell’isola esattamente a ridosso della scogliera di protezione posta a Nord. Numerose erano le arcate a volta delle finestre, lungo i lati vi erano tetti spioventi azzurri che circondavano l’intero complesso reale, mentre al centro di esso si arroccava una struttura enorme e dai tetti a cupola di diverse dimensioni. Le nuvole basse dietro al palazzo tipiche dell’oceano facevano assomigliare l’ammasso di mura bianche come sospese nel cielo, dando un senso ancora più forte di potenza e maestosità.

Ad attenderli poco prima dell’ingresso principale vi erano Sinbad assieme a Ja’far, anch’egli vecchia conoscenza di Proteus.

“Proteus, che bello rivederti qui dopo così tanto tempo” l’uomo dai capelli viola si diresse verso il suo amico di vecchia data e lo salutò porgendo un pugno verso di lui; quest’ultimo rispose al saluto facendo lo stesso.

“Sindria è ancora più bella di come la ricordavo – portò il suo braccio lungo le spalle di Sinbad e il suo amico fece lo stesso – hei Ja’far, non mi saluti?” lo infastidì il moro.
“Hei, Proteus” si limitò a rispondere l’albino, sospirando in un misto di velata felicità e rancore.

“Ce l’ha ancora con me, vero?” chiese Proteus inclinando leggermente la testa di lato fingendo stupore.

“È fatto così – scosse le spalle – non è cambiato sai? Non sa ancora divertirsi…” lo canzonò il Re di Sindria.

“Ah? Proteus che storia è questa? Non ce l’hai raccontata a noi” si intromise Zenko, seguito dal loro compagno che strabuzzava gli occhi per l’imbarazzo e che scuoteva la testa continuando a dire “a me non interessa”.

“Il piccolo Ja’far ce l’ha con me perché l’ho trascinato dentro ad un locale divertente per farlo crescere un po’…” iniziò a raccontare Proteus giulivo, seguito poi dal suo amico Sinbad: “peccato che poi si è dimenticato di lui dentro al locale, lasciandolo in balia di una dozzina di bellissime fanciulle che volevano solo divertirsi con lui” proseguì Sinbad fingendosi terribilmente dispiaciuto.

“GUARDATE CHE IO SONO QUI” sbottò Ja’far diventando improvvisamente paonazzo in volto.

“Suvvia, Ja’far, poteva andarti peggio, non ho fatto apposta a dimenticarmi di te, ero solo tremendamente ubriaco” lo burlò Proteus, poi si scambiò uno sguardo divertito con Sinbad e infine i due scoppiarono a ridere ricordando i vecchi tempi.

“Proteus vedo che sei sempre stato un dongiovanni – constatò Lara portandosi una mano sul viso con disapprovazione – peccato che poi non ti fila nessuna” concluse con un sorriso furbetto e divertito sul volto.

E mentre Proteus si deprimeva accovacciato per terra disegnando cerchi sul pavimento con un dito, Sinbad si avvicinò a Lara, si chinò verso di lei e le prese una mano tra le sue:” chi ho il piacere di conoscere, mia signora?” domandò Sinbad guardando Lara con occhi languidi e luminosi.

Lara piegò la testa di lato, poi assottigliò lo sguardo e strinse la mano di Sinbad come solo una donna Fanalis poteva fare:” Lara – sibilò lei – signorina Lara” concluse poi lasciando la presa.

Ja’far sospirò e alzò gli occhi al cielo, mentre Sinbad si guardò perplesso e dolorante la mano diventata incredibilmente rossa dopo la stretta di Lara: “O..ok” sussurrò prendendosi un sonoro due di picche dalla Fanalis.

Hinahoho alzò gli occhi al cielo:” Come ai vecchi tempi” sospirò tra il malinconico e il divertito.
 
 
[…]

 
 
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Sull’isola di Tenoran

La luce filtrava dalle finestre oblunghe posizionate su una parete circolare che si univa in cima a formare una specie di cupola da cui era visibile il cielo grazie ad un foro. Al centro della stanza vi erano sette colonne fatte di mattoni rossi e bianchi che circondavano una piscina scavate nella pietra, al centro di essa vi era una statua di un umanoide che indossava una vistosa e imponente maschera a forma di drago, la cui criniera fatta di piume ricadeva lungo la schiena. Lungo il perimetro della stanza, poste per terra sotto le finestre, vi erano piante di ogni tipo, alcune coltivate nella terra e altre immerse nell’acqua.

Una giovane e alta donna, con in mano un lungo bastone color mogano, guardava fuori dalle oblunghe finestre con uno sguardo malinconico e allo stesso tempo severo: “Mia sorella minore è stata dunque rapita da questa organizzazione ed è morta durante la battaglia” ripeté la donna massaggiandosi una tempia con un certo nervosismo.

Eris si sistemò una lunga ciocca albina dietro l’orecchio, poi punto i suoi occhi cremisi sulla regina, annuendo per l’ennesima volta a Neli: “L’abbiamo incontrata io e Yunan qualche mese fa che vagava da sola, l’abbiamo portata con noi nel nostro viaggio ma poi chi l’aveva catturata l’ha trovata e – esitò per qualche secondo – lo scontro è stato più violento del previsto, ho cercato in tutti i modi di salvarla…” strinse talmente forte i pugni da lasciare il segno delle unghie nella carne.

“Eris, lo so che avete fatto il possibile, stai tranquilla - la rassicurò la regina sospirando – non penso che tu ti sia fatta un viaggio così lungo e difficile se non ti fosse importato nulla” concluse abbozzando un piccolo sorriso stanco.

“Non ho idea del perché l’abbiano catturata e, ad essere sincera, non conosco nemmeno così bene quell’organizzazione, ma il magi che era in viaggio con me ha detto che è molto pericolosa e che ultimamente è molto attiva”

“Il nostro popolo è stato isolato per molti anni, molte delle innovazioni magiche e del commercio che c’è nel continente principale non ci riguardano da tempo..” disse la regina Neli, provando in qualche modo a distogliere l’attenzione di Eris sul perché avessero preso di mira sua sorella.

Neli sospirò nuovamente, si girò verso Eris e disse: “Ti ringrazio ancora per il tuo viaggio, le porte del mio popolo saranno sempre aperte per te.”

Eris si inchinò brevemente, poi uscì dalla stanza e si diresse nella sua stanza privata. Entrò in camera e poi uscì sul piccolo balcone che dava su tutta la capitale di Tenoran.

Tenoran** era la capitale di un arcipelago di tre grosse isole, le quali erano state rinominate “isole di Tenoran”. Nonostante Eris non avesse visto tutti i luoghi che caratterizzavano il continente principale, Tenoran era sicuramente una città completamente diversa dalle altre. L’arcipelago era posizionato a Sud, in mezzo al mare, a diverse miglia di distanza dalla punta del continente appartenente all’Impero di Kou. La capitale era un alternarsi di fiumi e cascate, alberi e distese erbose a perdita d’occhio, le città erano costruite lungo i fiumi e avevano dei tetti in mattoni che si dilungavano verso il cielo con una punta. I mattoni delle abitazioni e delle strade erano bianchi e rossicci, di tanto in tanto si vedevano dei grossi edifici simil-ziggurat color sabbia, ma nel complesso sembrava una città immersa nella giungla e collegata unicamente da fiumi e rari ponti. La capitale Tenoran era la più grande e prosperosa ma, le città minori, seppur più piccole, potevano godere dello stesso commercio e delle stesse opportunità della capitale.  

Fin dai tempi antichi erano state delle terre isolate dal resto del mondo, con una loro cultura e dei tratti fisici che ormai erano ben radicati e solidi all’interno della popolazione; di fatti, la maggior parte del popolo di Tenoran era caratterizzato da un’altezza superiore alla media umana, dalla pelle ambrata con lunghi capelli castani o corvini e dagli occhi quasi sempre marroni e raramente verdi.       

Benché Tenoran fosse isolata dal resto del mondo, il clima mite e il terreno estremamente fertile dato dal vulcano, avevano reso quell’isola completamente autonoma e autosufficiente. Inoltre, grazie ad una propensione alla magia della vita, seppur meno evoluta rispetto al resto del mondo, i Tenoriani erano diventati abili nel produrre piantagioni di qualsiasi tipo, sapevano curare le piante da qualsiasi malattia e ricreare un ambiente perfetto per la crescita di qualsiasi cosa.    

La politica del paese era basata su una monarchia, dove la famiglia imperiale, che da culto discendeva direttamente dal dio Quetzalcoatl, governava da generazioni e generazioni il paese. Sotto alla famiglia vi erano dei nobili minori che tendenzialmente ricoprivano ruoli legati alla forza militare del paese, mentre al di sotto di loro c’era il popolo che si occupava dell’agricoltura, della pesca e anche del commercio all’interno di tutto il paese. La schiavitù non era proibita, ma già da tre generazioni non esisteva più. L’esercito di Tenoran era caratterizzato da dei guerrieri temprati nel fisico, abili con armi inastate e protetti in battaglia da scudi rotondi con incisioni animalesche intimidatorie. Qualsiasi cittadino poteva far parte dell’esercito e le cariche più elevate potevano essere raggiunte da qualsiasi guerriero, sia nobile che no.

In quel paese tutto sembrava essere in perfetto equilibrio.

La giornata a Tenoran passò velocemente, poiché Eris dovette passare la giornata a fare rifornimento in vista del viaggio di ritorno verso il continente madre. Con l’arrivare della notte il clima umido e caldo cessò e la vegetazione rigogliosa e fresca permise ad Eris di avere un attimo di pausa da tutto quel caldo umido.

Neli si trovava all’ingresso del mastodontico ziggurat color sabbia, con lei vi era il suo consigliere Sten, un uomo alto e piuttosto emaciato, con metà testa corvina rasata e la restante metà piena di folti capelli che gli ricadevano di lato.

“Sua maestà – la chiamò Eris – ho finito di fare rifornimento per il mio viaggio, oggi part….” provò a dire Eris prima che un uomo, dai tipici abiti militari, arrivò in sella ad un pennuto dalle zampe sviluppate e un folto piumaggio color canarino e si accasciò a pochi metri dalla regina.

“Re..regina, a nord dell’isola – provò a dire ansimando e gemendo ad ogni movimento - ci stanno invadendo…” ma l’uomo non riuscì a finire la frase, poiché cadde a terra ed esalò l’ultimo respiro in una pozza di sangue.

“Un’invasione? – il suo sguardo sorpreso e allo stesso tempo terrorizzato guizzò da una parte all’altra del paese di fronte a lei – nessuno si era mai spinto così tanto, perché diamine ci stanno attaccando?” la voce della regina vacillò per qualche istante.

Eris si avvicinò all’uomo deceduto e raccolse una piccola toppa insanguinata e impolverata: “Questo è lo stemma dell’impero di Kou.”

“Lo sapevo – urlò Sten strabuzzando gli occhi completamente impazzito e puntando un dito contro Eris – il nostro popolo è stato isolato per anni e anni, protetto e al sicuro dal resto del mondo…ma da quando sei arrivata tu, guarda caso, arriva l’esercito di Kou ad invaderci”.

“Tu sei completamente pazzo” soffiò Eris, stringendo con forza la lancia nella sua mano destra.

Nonostante le grida in lontananza e l’odore acre del fumo trascinato dal vento, per qualche secondo scese un silenzio agghiacciante. Neli si avvicinò ad Eris, appoggiò una mano sulla sua spalla e la guardò con convinzione:” Non dubito di te Eris – lo scettro fatto di legno di Neli brillò per qualche secondo – lo sento, tu non avresti mai fatto una cosa del genere” concluse la donna, guardando la giovane come se avesse di fronte la sorella che aveva perduto pochi mesi addietro.

“Neli-sama, l’impero di Kou ha armi e una forza militare molto più forte di Tenoran, inoltre può fare affidamento su molti guerrieri dotati di Djinn – disse la donna dagli occhi cremisi mostrando alla regina l’arma di cui le aveva parlato pochi giorni prima – ma anche io ho un Djinn, possiamo affrontarli”.

“La nostra forza militare si è sempre addestrata per delle eventualità come queste – intervenne Sten – ma quella gente farebbe di tutto per sottomettere questo posto, mia regina, non siamo in grado di contrastare l’avanzata dell’impero di Kou”.

“Vuoi arrenderti? Davvero vuoi farlo?” si intromise Eris.

“Se ci arrendiamo subito, non morirà altra gente – constatò la regina, cercando di attingere a tutta la calma e alla freddezza che aveva in corpo – non voglio dare questo paese all’impero di Kou, ma cosa possiamo fare?”

“Combattere!? Questo paese è pieno di maghi, conoscete ogni singolo angolo di queste isole, avete un esercito su cui contare e io vi darò una mano con tutta la forza che in corpo, non sottovalutare i vantaggi che abbiamo” continuò imperterrita Eris.

“Rispondere alla violenza con altra violenza non ci porterà a nulla Eris, moriranno solo altre persone innocenti e io non posso permetterlo come regina” una lacrima le rigò il viso e l’unica cosa che riuscì a fare fu distogliere lo sguardo infuocato di Eris.

La regina si irrigidì di colpo, alzò lo sguardo e una strana figura comparve di fronte a loro, il rukh nero che emanava danzava intorno a lui come in preda ad una frenesia. “Vostra maestà, che ne direste di venire con me?” l’uomo di fronte a loro li fissava con piccoli occhi rossi, il volto nascosto da una maschera nera e lunghe ciocche verdi che danzavano al vento e nascoste da un folto turbante legato sulla testa.
 



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*È il nome della nave di Proteus. Il nome deriva da un nome di una stella tradizionale araba. La traduzione di Alsephina vuol dire proprio “nave”. Il nome, inoltre, deriva da un sistema stellare chiamato “Delta Velorum”, che in antichità appunto aveva come nome “Alsafinah”, che si riferisce a sua volta ad una antica costellazione Greco Argo Navis, nave degli Argonauti.

**Tenoran prende ispirazione dalla capitale azteca Tenochtitlàn, di fatti tutta l’ambientazione e la cultura assomiglia a quella azteca (dico che assomiglia e basta perché ovviamente non sono scesa nel dettaglio, ho preso spunto principalmente per il paesaggio, gli abiti e parte della loro politica, ma il resto l’ho rivisitato per adattarlo a mio gusto).

NB: le immagini contenute in questo capitolo non appartengono a me, sono state utilizzate solo come spunto per mostrare dei personaggi. La mappa che trovate nella seconda parte non è fatta da me, ho semplicemente apportato una modifica in basso a destra per far capire meglio la geografia di Tenoran.
 

 
 
   
 
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