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Autore: DaveCerryman    01/08/2022    0 recensioni
Questa storia l'ho scritta a Dicembre del 2016. Doveva essere l'inizio della versione inizialmente ideata del progetto che poi ho intitolato "The Dark Amazons", ma alla fine l'ho interrotta. Quando ho ripreso il progetto, alla fine ho ideato una versione differente (ma non troppo) da quella originale. Quindi questa storia non è canonica per "The Dark Amazons", ma la direzione era più o meno quella. Alla fine le origini di Jane the killer le ho scritte in modalità narrata in prima persona senza dialoghi. Nella versione definitiva ho preferito tenere i dialoghi per le parti che ritenevo più importanti della storia. Comunque, in ogni caso, questa versione è abbastanza fedele alla versione originale ma non troppo. Questo perché "Born of Science" non era ancora stata pubblicata. Mi sono attenuto fedelmente alla descrizione del post in proposito di "Creepypasta ITA" del 1 Luglio 2015. Questa storia che ora pubblico doveva essere il capitolo 0 della versione originale della storia. Non l'ho mai pubblicata finora perché inizialmente era pensata come l'inizio della mia storia, ma visto che è cambiata ora la pubblico come storia di origini ispirata a quella originale. Buona lettura.
Genere: Dark, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jane the Killer, Jeff the Killer
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
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Mandeville, Louisiana
 
Estate del 2008
 
Quel giorno nonostante il tempo un po’ nuvoloso per me era stata una bella giornata passata con le amiche.
 
Ho in mente quel giorno lì preciso perché quella sera mentre tornavo a casa ho visto per la prima volta quei nuovi vicini:
erano una famigliola di quattro persone appena trasferita dalla grande città
era composta da marito e moglie con i loro due figli
due fratelli apparentemente quasi coetanei
sembrava quasi una di quelle famiglie felici come quelle tipiche stereotipate degli anni 50 che si nono viste in tanti vecchi film e manifesti che mostravano la tipica cosiddetta “American way of life”.
 
Sembravano tipi per bene, probabilmente nel corso dell’estate avrei potuto conoscerli e farci amicizia.
Poi, ora pensandoci bene quei due fratelli non sembravano al settimo cielo come i loro genitori . . .
poi beh si può pensare che per la stragrande maggioranza i traslochi non sono una cosa semplice e che avessero un po’ di nostalgia della vecchia casa, ma in quel caso forse potrei dedurre che c’era già qualcosa sotto . . .
 
Ma io non ci ho fatto troppo caso, visto che non era certo né la prima né l’ultima volta che si trasferiscono nuove famiglie provenienti da altre parti dello stato o della nazione.
 
Così torno a casa tranquillamente a cenare con la mia famiglia, due genitori a cui volevo più che bene e con cui avevo sempre nutrito un buon rapporto.
 
Nella mia vita filava tutto liscio, sì beh non era perfetta ma andava più che bene per me.
 
Io, Jane Arkensaw, classe 1994
nativa di New Orleans ho sempre vissuto nella vicina cittadina di Mandeville con i miei;
all’epoca avevo quasi 14 anni e avevo appena finito il primo anno di scuola superiore alla Mandeville High School.
 
Avevo una vita tranquilla e semplice.
 
Non so cosa darei o farei per riaverla indietro.
 
Diverse settimane dopo è avvenuto qualcosa che ha sconvolto la cittadina e in particolar modo noi del nostro quartiere
 
Un pluriomicidio
 
In casa dei nuovi arrivati
 
Il bello è che l’assassino è stato il maggiore dei due fratelli
 
Ha ucciso i genitori mentre il fratello minore è stato risparmiato
 
E’ stato anche assassinato un poliziotto nella propria abitazione.
L’agente Williamson, lo conoscevamo come buona parte della cittadinanza
 
C’era chi aveva sentito delle urla durante la notte in questione e forse anche chi aveva avvistato il killer
 
Ovviamente anche noi eravamo piuttosto allarmati dal fatto che un nostro vicino fosse diventato un killer
 
I miei genitori diventarono un po’ più protettivi con me, che d’altronde ero la loro unica figlia.
 
 
Poi arrivò quella notte.
 
Quella stramaledetta notte . . .
 
Il killer aveva cominciato a mietere vittime nella disgraziata cittadina
 
I miei genitori, più allarmati che mai, mi nascondono in uno stanzino usato come armadio e mi chiudono dentro per tenermi al sicuro.
 
Poi lui arriva . . .
 
La mia famiglia viene freddamente assassinata e io . . . non posso fare niente.
 
Poi . . .
 
Fiamme.
 
Lui non sa della mia esistenza e dà fuoco a tutto.
 
L’inferno era arrivato in casa mia.
 
Non so, non ricordo come ho fatto a sopravvivere.
 
Successivamente vengo presa in custodia in un orfanotrofio locale.
 
Continuo tuttora a covare un odio e una rabbia infiniti verso quel malefico demone che mi ha portato via tutto.
 
Jeff the killer.
 
Così chiamato dai media “Jeffrey Alan Woods il ragazzo quindicenne impazzito e divenuto un psicopatico serial killer”.
 
Sono passati 4 anni dalla notte in cui la via vita è stata distrutta e quel killer è ancora in circolazione . . .
 
Ah! Ma vedrete! Io lo troverò . . . e lo spedirò dritto all’inferno!
 
Prima o poi . . .
 
 
“Spero non ti stia stressando, è l’ennesima volta che te la racconto”
 
“Non preoccuparti, è il mio lavoro.
Cosa pensi di fare ora?”
 
“Non so . . . probabilmente appena compiuti 18 anni vado via da qui e abiterò per conto mio, poi potrei volendo entrare nella polizia.
Di sicurò qualcosa di utile per trovare e punire quel killer.”
 
“Ma per caso ti sei mai chiesta cosa penserebbero o vorrebbero i tuoi genitori?”
 
“Forse . . . però in un modo o nell’altro lo devo punire quel killer per come mi ha portato via tutto davanti ai miei occhi.”
 
“. . . e poi cosa farai, dopo che l’avrai punito?”
 
Jane rimane in silenzio per quasi una decina di secondi, poi guarda la sua psicologa e le risponde “. . . non so, magari potrei ricominciare una nuova vita. In un modo o nell’altro . . .”
 
“. . . ok dai, per oggi abbiamo finito.”
 
Jane si alza dal lettino, uno di quelli usati comunemente dagli psicologi, poi si rivolge alla psicologa “Grazie di tutto, Alexandra.”
 
Davanti seduta sulla poltrona c’è la signorina Alexandra Schiffer, giovane donna bionda e amichevole nonché psicologa esperta nel campo della psiche personale, le risponde sorridendo “Figurati! Ci vedremo fra una settimana allora.”
 
“Ok, a settimana prossima allora”
 
Così Jane esce dallo studio della psicologa dallo stile fuso tra il vintage e il moderno e si incammina nella sua stanza al dormitorio; nel mentre si immerge nei suoi pensieri mettendo le mani nella sua comoda felpa nera dei Black Sabbath.
 
Arrivata in camera sua Jane si accascia sul suo comodo letto e si mette l’Ipod per immergersi nella sua musica per qualche ora, tornando nella sua monotona vita quotidiana.
La stanza di Jane era sempre la stessa da quando era venuta lì, a parte il fatto che nel corso di quattro anni se l’era personalizzata con vari poster di band rock e metal come Black Sabbath, Led zeppelin, Nirvana, Green day, Red Hot Chili Peppers, Iron Maiden, Metallica, Evanescence e svariate altre oltre a un poster di Batman e uno di Pulp fiction; Jane in quei anni era passata nel mondo culturale e musicale Metal e Dark, le piace leggere libri e fumetti soprattutto di genere thriller e giallo, guarda film di vari generi e gioca a videogames come giochi di ruolo online.
Jane è cambiata radicalmente dopo la perdita dei genitori: è diventata meno allegra e spensierata di prima ed è più fredda e silenziosa.  Ha qualche ragazza conoscente che ogni tanto le fa visita e con cui ogni tanto esce ma nulla dì più, è un tipo chiuso e riservato, nonostante sia una bella ragazza dai capelli medio lunchi castani scuro.
Ormai è quasi maggiorenne e non vede l’ora di andarsene da quel posto dove non si mai sentita veramente a casa e di andare fuori in azione, è un tipo determinato e vuole che è successo a lei non capiti più a nessuno; ha praticato un po’ di arti marziali e di box per sfogare un po’ il suo rancore, cosa che funziona abbastanza.
 
D’un tratto qualcuno bussa alla sua porta, alzandosi scopre che si tratta di Joanne, una sua vicina di stanza che esclama: “Hey Jane! Come te la passi?”
“ . . . piuttosto bene.”
“. . . no niente, volevo dirti che giù ti chiamano che c’è qualcuno che chiede di te.”
“Ok, arrivo . . .”
Dopo che si è preparata e chiude a chiave la sua stanza Joanne esclama di nuovo “. . . nel caso dopo ti andasse dopo io, Peggy e Hannah vediamo ci vediamo un film sul PC, pensavamo o a Blade Trinity o a Resident Evil: Afterlife”
“. . . Ok, magari dopo passo”
“Perfetto! A dopo!”
 
 
Poco dopo giù nella sala d’ingresso incontra la direttrice e un uomo sulla quarantina in smoking.
Appena la vede la direttrice, una donna anziana con i capelli bianchi e un look anni 60, esclama “Ciao Jane! Ti stavamo appunto aspettando. Questo gentile signore aveva bisogno di parlarti di alcune faccende importanti.”
A quel punto l’uomo fa “Piacere di conoscerla signorina Arkensaw.”
Jane guardandolo gli chiede “Mi faccia indovinare . . . è per via dei miei genitori, vero?”
“In un certo senso ha azzeccato, cosa ne dice di farci una chiacchierata una mezz’oretta? . . .”
“Va bene.”
 
Successivamente dopo essersi spostati in un’aula piccola con un tavolo e due sedie e dopo essersi seduti, l’uomo in smoking inizia a parlare.
“Permetta che mi presenti, sono Norman Smithson e lavoro per un’organizzazione governativa speciale . . .”
Così dicendo l’uomo tira fuori un distintivo col l’emblema dello stato.
“Wow! Come in uno di quei tipici film di spionaggio . . .”
“Già, ma io non sono un Man in black, io lavoro direttamente per il governo degli Stati Uniti d’America.”
“Cosa vuole da me il governo?”
L’agente mette via il distintivo e incrocia le mani sul tavolo.
“Ecco . . . lei conosce Jeffrey Alan Woods o meglio conosciuto come Jeff the killer, vero?”
Jane a sentire pronunciare quel nome rimane immobile mentre gli balneano in mente le immagini delle fiamme che divorano la casa, poco dopo risponde freddamente “. . . in un certo senso.”
“Bene. Sono spiacente di nominarle quel suo tasto dolente del suo passato, comunque noi abbiamo investigato sui primi omicidi del killer nella cittadina di Mandeville e rintracciato le persone coinvolte in ciò e abbiamo trovato lei.
Arrivando al punto, lei ci può essere utile nel rintracciare quel killer.”
 
Jane a quelle parole le scintillarono gli occhi, poteva essere l’occasione perfetta che cercava.
“Continui . . .”
“Molto bene. Quello che le sto per proporre potrebbe sembrarle una cosa folle ma se accettasse lei ci sarebbe di grande aiuto:
Se lei viene a lavorare per noi la faremo diventare un nostro agente operativo in piena regola e riceverà un addestramento speciale che la farà diventare una spia efficiente, così inoltre potrà anche dare la caccia al killer che le ha assassinato la famiglia, punirlo a dovere e aiutare le persone minacciate da quest’ultimo.”
“. . . interessante!”
“Ci saranno solamente due condizioni:
Per primo, dovrà testare per noi uno speciale elisir che le donerà una maggior forza, agilità e intelligenza; potrebbe esserci forse un lieve effetto collaterale come un possibile schiarimento dell’epidermide oppure un leggero cambio di colore degli occhi o dei capelli, ma nulla di grave o irreparabile. Lo abbiamo testato e perfezionato su dei volontari che ci hanno aiutato a trovare l’attuale formula definitiva.
E, secondo, successivamente in qualità di agente operativo dovrà aiutarci a svolgere qualche lavoretto per noi come delle missioni operative ai fini di punire qualche malvivente sfuggito alla polizia, ciò volendo le potrebbe anche agevolare l’esperienza e l’abilità per la caccia al killer.”
Jane rimane in silenzio per qualche secondo, poi sbottona: “Come mai avete scelto proprio me per un compito simile?”
“Beh, ci siamo presi la libertà di dare un’occhiata alle informazioni che abbiamo su di lei; ad esempio ha praticato uno o due corsi di arti marziali e uno di boxe con dei buoni risultati, inoltre lei ci sembra una persona sveglia e determinata.
Per noi sono dei requisiti più che buoni.”
“Ha fatto proposte simili ad altre persone?”
“Qualcuna, poche, ma hanno tutte rifiutato.
Signorina Arkensaw le auguriamo di non perdere questa occasione, ci pensi pure su.”
Jane resta qualche decina di secondi in silenzio a pensare. Poi all’improvviso si decide definitivamente.
“Accetto!”
“Ne è assolutamente convinta, signorina Arkensaw?”
“. . . assolutamente.”
L’agente si alza in piedi dicendo: “Perfetto! Siamo lieti di averla con noi signorina Arkensaw. Ha il tempo per fare i bagagli e salutare i suoi compagni entro domani sera alle 21 in punto, dopodiché veniamo a prenderla e la porteremo al nostro quartier generale.”
 
 
La sera seguente Jane esce dall’ingresso dell’orfanotrofio dove viene accolta dall’agente che la porta dentro una macchina nera ove parte per l’aeroporto Louis Amstrong di New Orleans; dopo un viaggio in un aereo privato fino all’aeroporto di Richmond, in Virginia, Jane viene scortata in un’altra macchina nera, qui l’agente le dice che oscureranno i tutti i vetri mentre l’autista userà degli occhiali speciali visto che al momento non sappia la precisa ubicazione della base.
 
Arrivati alla base, un edificio bianco grande come un centro commerciale, Jane viene portata in quello che sarà il suo alloggio; successivamente, dopo essersi cambiata con una maglietta smanicata nera leggermente scollata e dei pantaloncini jeans neri, viene convocata in un laboratorio dove l’aspetta l’agente Smithson.
 
“Ora, cara signorina, siamo giunti al momento clou: come stabilito lei dovrebbe prendere il nostro “Elisir di lunga vita”. Tra poco arriverà il professor Wilson con la fiala apposita, mi auguro che sia preparata al meglio. Ha valutato bene i rischi e i possibili effetti collaterali?”
“Un piccolo cambio estetico non sarà la fine del mondo, soprattutto se si tratta di capelli o degli occhi.”
“. . . e forse anche dell’epidermide, ma anche un possibile lieve schiarimento o inscurimento della pelle è facilmente rimediabile.”
“Se quello che ha detto lei è vero, un’occasione simile è da non perdere. Almeno nel mio caso.”
Poco dopo arriva il professore che dice: “Molto piacere signorina Arkensaw. Ora le dobbiamo chiedere di entrare nella porta accanto dove ci sono la porta della nostra “Test room” e il corridoio di osservazione dove noi la assisteremo. Nella Test room sono presenti una sedia e un tavolino con sopra la fiala contenente l’elisir.”
“Signorina Arkensaw, se non è convinta al cento per cento è anche libera di tirarsi indietro.”
“Sono arrivata fin qui e ora non voglio tornare alla monotona vita di prima.
Sono oltre il cento per cento.”
 
Subito dopo Jane viene portata nella Test room dove trova il tavolino co la fiala e una sedia accanto.
Poco prima di uscire l’agente le sussurra “ . . . in bocca al lupo, Jane!”
 
Jane rimane sola nella stanza bianca, dopo qualche secondo si avvicina al tavolino e prende delicatamente la fiala in mano e rimane immobile per qualche decina di secondi a contemplare il liquido di un colore semitrasparente con una sfumatura biancastra; dopo aver ripensato alla sua vita e a ciò che l’ha devastata e alla possibilità che gli si è aperta davanti, Jane finalmente decisa impugna saldamente la fiala e beve tutto d’un fiato.
Poco dopo le viene comunicato da un altoparlante di aspettare qualche minuto per gli effetti quasi immediati.
Così Jane si siede sulla sedia sentendosi inizialmente invariata, subito dopo però inizia a manifestare i primi sintomi prima con un leggero mal di testa, poi mentre poggia una mano sulla fronte inizia a sentirsi tutta indolenzita; dopo essersi alzata una manciata di secondi si accascia per terra sentendo male ovunque, sul punto di svenimento Jane  vede il suo braccio sbiancarsi pian piano.
 
Svenuta.
 
“Signorina Arkensaw, mi sente?”
 
Dopo aver ripreso coscienza Jane sei accorge di essere sulla sedia di prima assistita dall’agente e dal professore, quest’ultimo poi ricomincia a parlare.
“Lei è rimasta priva di sensi circa una decina di minuti. Le è andata piuttosto bene alquanto vedo.”
Dopo essersi strofinata gli occhi Jane sussulta notando le braccia divenute di un bianco puro, poi tocca i capelli divenuti di un nero corvino.
“. . . santo cielo!” dice a bassa voce l’agente.
“. . . datemi uno specchio!”
“Sei sicura?” dice il professore.
“Voglio vedermi. ORA!!!”
Il professore corre fuori dalla stanza e torna poco dopo con uno specchietto rotondo da bagno.
 
Dopo averlo preso in mano e averlo posizionato pian piano, Jane contempla il suo nuovo aspetto:
 
La pelle tutta di un bianco puro.
I capelli tutti di un nero corvino.
. . .  e anche gli occhi.
Tutti neri. Tanto che non si vede quasi alcuna differenza tra l’iride e la cornea.
E le labbra pure, anzi in realtà sono di un rosso tanto scuro quanto vicino al nero.
 
Mentre si tocca il viso con un’espressione dubbiosa l’agente le fa “Come dicevo prima, gli effetti collaterali estetici non sono gravi e volendo si possono rimediare. Vuoi rimanere un po’ sola?”
“. . . forse è meglio.”
“Nel tuo alloggio c’è uno specchio grande e anche uno nel tuo bagno, puoi andare un po’ lì se vuoi. Inoltre è meglio che ti riposi un po’, ti faremo portare la cena. Nei giorni seguenti puoi venire a mangiare nella nostra sala comune.”
“Sì . . .”
Jane si alza pian piano mettendo lo specchietto sul tavolino e si dirige all’uscita della stanza.
 
 
Jane passa diverse ore a guardarsi allo specchio.
Nel mentre si era accorta che si sentiva assai meglio dopo essere uscita dalla stanza bianca, le erano passati tutti i malori dei sintomi della mutazione e ora si sentiva . . . praticamente perfetta.
Il suo nuovo aspetto che all’inizio l’aveva scossa ora non le dava più nessuna sensazione negativa, anzi forse iniziava ad abituarsi e a piacerle un po’; negli ultimi anni aveva abbracciato la cultura dark-metal e con ciò aveva un che di piacevole e interessante.
Forse l’unico pensiero negativo che la sfiorava era il fatto di assomigliare vagamente al killer in una foto vista tempo fa in un telegiornale.
 
Non c’è nessuno che conosce il vero volto di Jeff the killer, alcuni giornali lo ritraevano dipinto di bianco con dei tagli alle guance, alcuni TG invece come un viso grosso e ovale con un orripilante e disumano ghigno demoniaco e due occhi a palla che se si è particolarmente sensibili scava l’anima nel più profondo turbando perennemente l’animo.
Però Jane ha un vago ricordo che tende sempre a respingere in fondo di un’immagine del suo volto, forse la più realistica tra queste, un volto apparentemente normale con una grossa ciccatrice sul lato sinistro del volto.
Dopo essere riemersa dai suoi pensieri Jane si sente finalmente le idee chiare.
La mattina seguente Jane entra in quella che è la sala riunioni della base dell’agenzia incontrando l’agente Smithson con due suoi colleghi (o superiori forse) che esclama “Signorina Arkensaw! Che piacere vederla! La vedo meglio di ieri . . .”
“Quando inizio?”
“Ah! . . . E’ già pronta? Molto bene. Come si sente?”
“Lo ammetto, a meraviglia.”
“Ma è fantastico! Invece che dice del suo nuovo aspetto? . . .”
“Nessun problema.”
“No, perché se vuole possiamo anche . . .”
“Và bene così. Al limite in qualche caso posso usare qualche cosmetico o robe simili . . .”
“Già . . . non avevamo pensato purtroppo alla vita pubblica. Però vedo che lei ci ha già pensato su.”
“Me la caverò. Voglio iniziare.”
“Sono contento di vederla già pronta. Il suo addestramento completo durerà almeno due o tre anni, ora inizieremo con qualcosa di leggero ma vedrà in poco tempo diventerà un nostro perfetto agente operativo e avrà un posto d’onore nella nostra agenzia. Venga pure . . .”
“Perfetto . . .”
   
 
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