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Autore: G_Monti_E_97    01/08/2022    0 recensioni
Lord Voldemort è rinato dopo la fine del Torneo Tremaghi, molti Mangiamorte si muovono nell'ombra e Silente riforma l'Ordine della Fenice. Per sconfiggere il Signore Oscuro chiederà aiuto a un ex agente del ministero, un ragazzo che è stato torturato da Voldemort per servirlo, diventando uno dei suoi più fedeli servitori.
Rinchiuso per anni a Nurmengard, ora ha la possibilità di aiutare Silente e il ragazzo che è sopravvissuto.
Il suo nome è Byron White.
(Storia di mia invenzione presente anche su Wattpad)
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Harry Potter, Nuovo personaggio, Severus Piton, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Harry/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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Il mattino seguente la colazione venne quasi del tutto ignorata, molti studenti infatti leggevano avidamente la prima pagina della Gazzetta del Profeta.

Dieci fotografie in bianco e nero spiccavano nella pagina, nove maghi e una strega. Alcuni si limitavano a esibire un'espressione beffarda, altri tamburellavano con le dita sulle cornici delle loro foto, con aria insolente. Sotto ciascuna immagine erano scritti il nome della persona e il crimine per cui era stata rinchiusa ad Azkaban.
Antonin Dolohov, diceva la didascalia sotto un mago dal viso pallido, lungo e contorto, che sorrideva sprezzante. Condannato per il brutale omicidio di Gideon e Fabian Prewett.
Augustus Rookwood, recitava quella di un uomo butterato dai capelli unti, appoggiato al margine della propria foto con aria annoiata, condannato per aver rivelato segreti del Ministero della Magia a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato.
L'unica strega presente aveva lunghi capelli scuri arruffati e incolti, le palpebre pesanti, e un sorriso di arrogante disprezzo le aleggiava sulle labbra sottili. Recava le tracce di una grande bellezza, ma qualcosa, forse Azkaban, doveva avergliela sottratta quasi tutta.
Bellatrix Lestrange, condannata per aver provocato con la tortura l'invalidità permanente di Frank e Alice Patiock.
Il titolo sopra le foto recitava:


EVASIONE DI MASSA DA AZKABAN
IL MINISTERO TEME CHE BLACK SIA

IL 'PUNTO DI RIFERIMENTO'
PER GLI EX MANGIAMORTE



"Non ci posso credere" sbottò Harry. "Caramell dà la colpa dell'evasione a Sirius?"
"Che altre possibilità ha?" ribatté Hermione amareggiata. "Dubito che potesse dire 'Ehi, scusate tutti quanti, Silente mi aveva avvertito che poteva succedere, le guardie di Azkaban si sono unite a Lord Voldemort'... smettila di piagnucolare, Ron... 'e ora i peggiori complici di Voldemort sono evasi'. Insomma, ha passato gli ultimi sei mesi a dire a tutti che tu e Silente siete due bugiardi, no?"
Lanciò un'occhiata al tavolo dei professori. Silente e la McGranitt erano immersi in fitta conversazione, e avevano l'aria molto seria. Byron muoveva la bocca rapidamente mentre fissava con insistenza il proprio piatto, Piton al suo fianco sembrava rispondergli nel medesimo modo. Nel frattempo, all'altro capo del tavolo, la professoressa Umbridge stava attaccando una scodella di porridge. Mandava giù i bocconi con aria contrariata e di tanto in tanto lanciava uno sguardo malevolo a Silente.
I mormorii intorno a Harry erano aumentati in quei giorni, eppure credette di riconoscere un leggero cambiamento di tono. Sembravano meno ostili, aveva sentito alcuni ragazzi parlare dell'evasione con una certa paura, altri stavano iniziando ad avere meno fiducia nel Ministero.

Tutti i membri dell'ES lavoravano ancora più intensamente da quando sapevano che c'erano altri dieci Mangiamorte in libertà, ma in nessuno il miglioramento fu vistoso quanto in Neville. La fuga degli aggressori dei suoi genitori aveva provocato in lui una incredibile trasformazione.

Di contro non era riuscito a parlare con Byron nemmeno una volta da quando era tornato, Piton sembrava sorvegliarli a vista, perfino a lezione non gli era concesso parlare, Piton lo riprendeva ogni volta o dava a Byron compiti inutili pur di farlo allontanare.

Le lezioni di Occlumanzia non miglioravano, al contrario, Harry avvertiva di peggiorare a ogni lezione.
La cicatrice non smetteva mai di bruciare, e spesso avvertiva un senso improvviso di fastidio o allegria che non aveva alcun legame con ciò che gli stava succedendo, accompagnato da una fitta particolarmente dolorosa alla fronte.

"Come va la mano Potter?" chiese Piton inaspettatamente mentre Harry tornava in piedi dall'ennesima intrusione mentale.

"Ehm... bene" rispose incerto

Piton fece qualche passo verso di lui e gli afferrò la mano bruscamente. Strinse gli occhi per distinguere le parole incise sulla pelle.

"È solo un graffio" si affrettò a dire cercando di sottrarsi dalla presa

"Non è solo un graffio" la voce di Piton era diventata ancora più dura. "Rimarrà una cicatrice" lasciò andare la mano di colpo e andò a cercare qualcosa sopra a uno degli scaffali più bassi. Quando tornò a torreggiare su di lui gli porse una piccola bottiglia di vetro contenente un denso liquido di un giallo vivo.

"È essenza di Purvincolo, allevia i dolori causati da abrasioni e tagli, aiuterà la pelle a guarire" spiegò asciuttamente.

Harry prese titubante la boccetta, la pergamena fissata su un lato era leggermente strappata.

"Grazie" sussurrò confuso mettendosela in tasca.

Piton non diede segno di averlo sentito, fece un passo indietro "Se la Umbridge..." la voce era insolitamente incerta, puntò gli occhi in un punto lontano. "dillo a qualcuno."

Harry annuì lentamente.

Piton non si era mai preoccupato per lui.

"Ora concentrati, svuota la mente" tuonò tornando al solito tono imperioso. "Al tre... uno... due..."

 

***


 

Lo spesso volume rilegato in pelle di drago che Byron teneva fra le mani si inclinò in avanti mentre le palpebre si chiudevano pesantemente. L'ultima sessione di Occlumanzia con Severus lo aveva stremato. La mente esausta si rilassò.

La stanza divenne buia e accogliente, la fioca luce delle candele arrivavano appena oltre le sue palpebre abbassate.

Strinse le dita lentamente e sentì qualcosa di morbido sotto i polpastrelli.

Aprì gli occhi e vide una poltrona davanti a se. Osservò le proprie mani, aveva dita lunghe e pallide, come se non avessero visto il sole per anni.

Sul pavimento davanti alla poltrona, nel cerchio di luce delle candele, era inginocchiato un uomo vestito di nero.
"A quanto pare sono stato consigliato male" disse Byron con una voce fredda che pulsava di rabbia.
"Padrone, imploro il vostro perdono" gracchiò l'uomo in ginocchio. La sua nuca brillava nella luce. Sembrava che tremasse.
"Non è colpa tua, Rookwood" disse Byron, lasciando la presa sulla poltrona. Si avvicinò all'uomo a terra e gli si fermò davanti.
"Sei sicuro delle tue informazioni, Rookwood?"
"Sì, mio Signore, sì... io lavoravo in quell'Ufficio dopo... dopotutto..."
"Avery mi ha detto che poteva prenderla Bode."
"Bode non avrebbe mai potuto prenderla, Padrone... Bode sapeva che non poteva... senza dubbio è per questo che ha resistito tanto alla Maledizione Imperius di Malfoy."
"Alzati, Rookwood" sussurrò Byron.
L'uomo in ginocchio quasi cadde in avanti per la fretta di obbedire. La sua faccia era piena di cicatrici. Rimase un po' curvo, come sul punto di inchinarsi.
"Hai fatto bene a riferirmelo" disse Byron.

"Molto bene... Ho sprecato mesi in piani infruttuosi, a quanto pare... ma non importa... da questo momento ricominciamo da capo. Hai la gratitudine di Lord Voldemort, Rookwood..."
"Mio Signore... sì, mio Signore" balbettò Rookwood, la voce arrochita dal sollievo.
"Avrò bisogno del tuo aiuto. Di tutte le informazioni che potrai darmi."
"Certo, mio Signore, certo... qualunque cosa..."
"Molto bene... puoi andare. Mandami Avery."
Rookwood si allontanò camminando all'indietro, inchinandosi, e sparì dietro una porta.
Solo nella stanza buia, Byron si voltò verso la parete. Un grande specchio scheggiato e annerito dal tempo era appeso nell'ombra. Si avvicinò.

La sua immagine riflessa si fece più grande e chiara nel buio... un volto più bianco di un teschio, gli occhi rossi, con pupille come fessure, mosse la testa di scatto di lato, per un attimo vide nello specchio il viso di un giovane ragazzo con una cicatrice a forma di saetta sulla fronte.

Chiuse gli occhi e li riaprì ritrovandosi nella stanza dei sotterranei a Hogwarts.

"Cazzo" sibilò mentre il libro che aveva fra le mani cadeva a terra con un tonfo.

Girò per la stanza misurandola a grandi passi fino a quando Piton non tornò nel suo ufficio, sentì la porta oltre alla parte sbattere.
"Severus lo ha visto anche Harry, non sta migliorando" Byron picchiettò con le nocche sulla scrivania dietro la quale era seduto Piton.

"Non si impegna abbastanza, gli piace avere quelle visioni"

"Non dire idiozie!" sbottò

"Parlo sul serio, si sente importante, utile, dopo che ha salvato Arthur Weasley"

"Ma non deve vederle, il signore oscuro si è accorto della mia presenza ieri sera, e se anche Harry continua a... siamo in troppi, tre in una mente sola."

"Lo so" sussurrò Piton lasciandosi ricadere sullo schienale della sedia

"Lasciami venire questa sera" implorò

"No, è troppo..."

"Cosa? Pericoloso? Tanto anche stare lontano da Harry non lo ha aiutato"

Piton abbassò lo sguardo sulle pergamene sparse sulla scrivania pensieroso.

"Solo questa sera, se qualcosa va storto, se succede qualcosa..."

"Te lo dirò" assicurò annuendo.

***


Harry bussò alla porta dell'ufficio di Piton con il solito sconforto. Quando alzò lo sguardo aspettandosi di vedere il pozionista incrociò invece degli occhi chiari.

"Byron, che ci fai qui?"

"Ti do una mano, visto che sei una schiappa." disse con un largo sorriso.

"Io... ci provo ma..."

"Non ti preoccupare, l'occlumanzia è una disciplina difficile e impararla di fretta di certo non aiuta" disse comprensivo. "Severus ha il suo metodo" indicò con il pollice sinistro il professore alle sue spalle che aspettava in piedi davanti alla scrivania "Ma non è detto che funzioni con te"

"In che senso?" chiese confuso Harry

"Stai cercando di sgombrare la mente, vero?"

"Sì" annuì sforzandosi di non guardare Piton

"Va benissimo, ma all'inizio è difficile svuotarla e non pensare a niente, soprattutto quando qualcuno ci vaga dentro." si schiarì la gola rumorosamente "Prova invece a fissarti su un ricordo futile, tipo la colazione di questa mattina, o quelle pallose lezioni di Divinazione" Byron gesticolò animatamente con le mani. "Ogni volta che Severus cerca di guardare altri ricordi tu svialo verso quello che hai scelto"

"Ma così non lo scaccerò" disse Harry inclinando la testa

"No, infatti, bhe a meno che tu non gli mostri dei ricordi o pensieri imbarazzanti, che so prova a immaginarlo nudo"

"White!"

"Scherzavo" si affrettò a dire voltandosi verso il pozionista.

"Ma neanche tanto" sussurrò tornando a guardare Harry prima di fargli l'occhiolino. "Seriamente, prova a riportarlo sui ricordi che scegli tu, è un po' come una battaglia, tu devi avere il controllo della tua mente, questo alla lunga lo sfinirà, anche cercare di indagare in un'altra mente è faticoso, come difenderla. Quando senti un cedimento spingilo fuori"

"Tu fai così?"

"Sì, più o meno" annuì Byron

Piton fece qualche passo in avanti affiancando Byron, non era più così strano vederli vicini, certo avevano dei caratteri diversi, ma c'era qualcosa nel loro sguardo che li rendeva più simili di quanto avesse mai notato.

"Proviamo?" chiese Piton con una voce stranamente morbida.

Harry annuì in silenzio, cercando si scegliere un ricordo su cui fissarsi.

"LEGILIMENS!"
Un centinaio di Dissennatori si avvicinavano a Harry attraverso il lago... contrasse il viso per concentrarsi, provò a ripensare a qualche mattina fa, mentre leggeva il giornale con l'annunciò dell'evasione dei Mangiamorte, cercò di ricordare i nomi di tutti gli evasi... i dissennatori si avvicinavano... ricreò nella sua mente la foto di Bellatrix Lestrange... iniziava a intravedere Piton in piedi davanti a lui, gli occhi fissi sul suo viso, che mormorava a mezza voce... e in qualche modo l'immagine di Piton si faceva più chiara, e quella dei Dissennatori
sfumava...

Harry alzò la bacchetta. "Protego!"
Piton barcollò, la sua bacchetta volò verso l'alto, lontano, e all'improvviso la mente di Harry si riempì di ricordi non suoi: un uomo dal naso adunco che urlava contro una donna che cercava di difendersi, mentre un bambino piccolo coi capelli neri piangeva in un angolo... un adolescente dai capelli unti sedeva solo in una camera buia, puntando la bacchetta al
soffitto per ammazzare le mosche... una ragazza dai capelli rossi rideva mentre un ragazzo ossuto tentava di cavalcare una scopa imbizzarrita... Sentì una spinta all'indietro ma strinse i denti continuando a guardare con curiosità... un giovane ragazzo con i capelli scuri affrettava il passo per raggiungere Piton.

"Non hai bisogno di quegli idioti."

"Non sono idioti."

"Avery lo è e Mulciber... dai non è nemmeno normale."

"Sono miei amici"

"No Sev, io sono tuo amico."
"BASTA COSÌ!"
Harry sentì una forte spinta sul petto; indietreggiò di vari passi, urtò contro qualcosa di duro e sentì due mani afferrargli le spalle. Alzò lo sguardo confuso e vide Byron dietro di se.

"Tutto bene?"

"S... sì, grazie" balbettò rimettendosi dritto.

Piton tremava leggermente ed era molto pallido.
Uno dei contenitori alle spalle di Byron si era rotto; la cosa viscida che c'era dentro si agitava in quel che restava della pozione.
"Reparo" disse Piton e il recipiente si sigillò all'istante. "Bene, Potter... questo è stato un vero miglioramento..." Con il respiro un po' affannoso, Piton sistemò meglio il Pensatolo in cui aveva riposto alcuni pensieri prima della lezione, come per assicurarsi che ci fossero ancora. "Non ricordo di averti insegnato a usare un Sortilegio Scudo... ma senza dubbio è stato efficace..."
Harry non disse nulla; sentiva che parlare poteva essere pericoloso. Era sicuro di essersi intromesso nei ricordi di Piton, di aver appena visto immagini della sua infanzia. Era fastidioso pensare che il bambino che poco prima aveva visto piangere mentre i suoi genitori urlavano ora si trovava di fronte a lui con tanto disprezzo nello sguardo.

Byron girò introno a Harry e andò ad affiancare Piton.

"Vedi che con i giusti consigli funziona?"

Piton sbuffò sonoramente "Riproviamo Potter?"
Harry incrociò lo sguardo incoraggiante di Byron e annuì.
"Al mio tre, allora" disse Piton, levando ancora la bacchetta. "Uno... due..."
Harry non ebbe nemmeno il tempo di provare a concentrarsi su un ricordo.

"Legilimens!"
Stava correndo lungo un corridoio scuro... ripensò ai giorni a Grimmauld Place mentre parlava con Byron sul divano... Un enorme Basilisco lo stava rincorrendo... si concentrò sul volto di Byron, gli occhi chiari che si assottigliavano mentre rideva... durante un'esercitazione dell'ES Luna riuscì a disarmare Ron... Rookwood inginocchiato davanti a lui... Byron che gli raccontava di sua madre... Hermione che lo abbracciava... stava cavalcando sulla scopa il primo anno e stava per cadere... Piton lo aveva salvato cercando di combattere la maledizione di Raptor... la sua mente si riempì di quella consapevolezza. Scattò in avanti, aprì gli occhi e si ritrovò nel sotterraneo, questa volta era in piedi, con il fiato corto.

Byron davanti a lui alzò i pollici verso l'alto con un largo sorriso.

Piton abbassò la bacchetta lentamente.

"Bene Potter, così può andare." era la prima volta che Piton non lo riprendeva o non gli faceva commenti acidi, uno strano calore si propagò nel petto.

Con nuova carica Harry si impegnò più del solito nelle lezioni dell'ES. I miglioramenti in Occlumanzia e il fatto di poter vedere Byron avevano reso quelle serate meno pesanti.

A volte si chiedeva come avrebbe reagito la Umbridge quando tutti i membri dell'ES avessero preso 'Eccezionale' nell'esame di Difesa contro le Arti Oscure.
Fra l'entusiasmo generale avevano finalmente cominciato a lavorare sui Patronus, anche se, come continuava a ricordare loro Harry, evocarne uno in tutta sicurezza e in un'aula illuminata a giorno era ben diverso dall'evocarlo di fronte a un Dissennatore.
"Non fare il guastafeste" lo rimproverò allegramente Cho, seguendo con lo sguardo il suo Patronus,un cigno argenteo, che svolazzava nella Stanza delle Necessità durante la loro ultima lezione prima delle vacanze pasquali. "Sono così carini!"
"Non devono essere carini, devono proteggerti» le spiegò Harry paziente. «Quello che ci servirebbe è un Molliccio o qualcosa del genere... è così che ho imparato: evocando un Patronus mentre il Molliccio faceva finta di essere un Dissennatore...»
"Ma sarebbe spaventoso!» disse Lavanda, dalla cui bacchetta uscivano solo sputacchianti sbuffi di vapore argenteo. «E a me... ancora... non riesce!» aggiunse stizzita.
Nemmeno Neville se la cavava troppo bene. Aveva il volto contratto in una smorfia di concentrazione, ma dalla punta della sua bacchetta uscivano solo sparuti ciuffi di fumo grigio.
"Devi pensare a qualcosa che ti renda felice" gli ricordò Harry.
"Ci provo" disse avvilito Neville, e in effetti s'impegnava tanto che aveva la faccia tonda lucida di sudore.
All'improvviso un profondo boato riempì la Stanza delle Necessità.

I pochi Patronus che erano riusciti a evocare svanirono in una nebbiolina perlacea, lasciando la stanza molto più buia di prima.

Harry si avvicinò cautamente a una parete specchiata con la bacchetta levata. Un altra forte scossa, come a preannunciare un terremoto fece crollare lo specchio che si frantumò a terra.

Con orrore Harry vide oltre un largo buco nel muro il volto della Umbridge che puntava la bacchetta verso di lui.
"Metterò fine a questa storia." disse muovendo la testa con disappunto. "Bombarda Maxima"

Harry si tuffò all'indietro, in mezzo al trambusto e la polvere sollevata dalla parete vide le sagome dei compagni spaventati.
"CHE COSA ASPETTATE?" urlò.

"SCAPPATE!"
Si lanciarono tutti insieme verso l'uscita, accalcandosi sulla porta; poi cominciarono a riversarsi nel corridoio. Harry sentì i primi allontanarsi di corsa e si augurò che avessero il buonsenso di non andare verso i rispettivi dormitori. Mancavano ancora dieci minuti alle nove: se si fossero rifugiati
in biblioteca o nella Guferia, tutt'e due più vicine...
"Vieni, Harry!" strillò Hermione dal centro della mischia.

Uscì per ultimo dalla Stanza delle Necessità, sbattendosi la porta alle spalle. Si guardò intorno, i suoi compagni se la stavano svignando così alla svelta che per un momento intravide solo un turbinio di piedi in fondo al corridoio, e poi più nulla. Si slanciò verso destra; più avanti c'era un bagno, se fosse riuscito a raggiungerlo poteva fingere di essere sempre stato lì...
"AH!"
Qualcosa lo aveva afferrato alle caviglie, facendogli fare una caduta spettacolare... prima di fermarsi, scivolò in avanti per quasi due metri.
Qualcuno rideva alle sue spalle. Rotolò sulla schiena e vide Malfoy nascosto in una nicchia, dietro un orrido vaso a forma di drago.
"Incantesimo d'Inciampo, Potter!» disse soddisfatto. "PROFESSORESSA! Ne ho preso uno!"
La Umbridge arrivò di gran carriera dall'altro capo del corridoio, col fiato corto e un sorriso deliziato.
"È lui!" esultò, vedendo Harry sul pavimento.

"Eccellente, Draco, eccellente, oh, sì... cinquanta punti a Serpeverde! Adesso ci penso io... in piedi, Potter!"
Harry si rialzò, fulminandoli con gli occhi. Non aveva mai visto la Umbridge così soddisfatta. Gli strinse le dita come una morsa attorno al braccio e si voltò sorridendo verso Malfoy.
"Cerchi di acchiapparne qualcun altro, Draco. Dica agli altri di controllare in biblioteca... chiunque abbia il fiatone... e anche nei bagni, la signorina Parkinson può controllare quello delle ragazze... andate, svelti... Quanto a lei, Potter...» aggiunse con la sua voce più sommessa e più pericolosa, mentre Malfoy si allontanava, «verrà con me nell'ufficio del Preside."
Furono davanti al gargoyle di pietra nel giro di pochi minuti. Harry continuava a chiedersi se avevano catturato qualcun altro. Pensò a Ron, la signora Weasley lo avrebbe strozzato e a come ci sarebbe rimasta male Hermione se l'avessero espulsa prima del G.U.F.O. E per Seamus quella era stata la prima riunione... e Neville era così migliorato...
"Ape Frizzola" cantilenò la Umbridge; il gargoyle si scostò, la parete si spalancò e i due salirono la scala mobile di pietra. Quando raggiunsero la lucida porta col batacchio a forma di grifone, la Umbridge, sempre tenendo stretto Harry, entrò senza nemmeno bussare.

L'ufficio era pieno. Silente era seduto dietro la scrivania, l'espressione serena, le lunghe dita unite in punta. La professoressa McGranitt gli stava accanto, irrigidita dalla tensione. Cornelius Caramell, il Ministro della Magia, si dondolava gongolante sulla punta dei piedi accanto al fuoco. Kingsley Shacklebolt e un mago dall'aria dura, con cortissimi capelli ispidi, che Harry non aveva mai visto, erano piazzati ai lati della porta come guardie; e l'occhialuto, lentigginoso Percy Weasley oscillava eccitato accanto a una parete, una penna d'oca e un rotolo di pergamena fra le mani, pronto a prendere appunti.
Mentre la porta si chiudeva alle loro spalle, Harry si divincolò dalla stretta della Umbridge. Cornelius Caramell lo fissò con soddisfazione.
"Bene, bene, bene..." disse.
Harry lo ricambiò con la sua occhiata più velenosa. Si sentiva il cuore in gola, ma il cervello stranamente freddo e lucido.
"Cercava di raggiungere la Torre di Grifondoro" disse la Umbridge.
Nella sua voce vibrava un'eccitazione indecente, la stessa gioia perversa che Harry le aveva visto mentre guardava la professoressa Cooman sciogliersi in lacrime nella Sala d'Ingresso. "È stato il giovane Malfoy a fermarlo."
"Malfoy, eh?"si compiacque Caramell. "Devo ricordarmi di dirlo a Lucius. Bene, Potter... suppongo che tu sappia perché sei qui, vero?"
Harry era pronto a rispondere con un 'sì' di sfida: aveva già aperto la bocca e la parola gli era già quasi uscita dalle labbra quando vide il volto di Silente. Non guardava esattamente lui - teneva gli occhi fissi su un punto appena sopra le sue spalle, ma lo vide chiaramente scuotere il capo di una frazione di centimetro.
Senza esitare, cambiò idea a metà parola.
"Sss...no."
"Prego?" chiese Caramell.
"No" disse Harry deciso.
"Non sai perché sei qui?"
"No, non lo so."
Lo sguardo incredulo di Caramell si spostò da lui alla professoressa Umbridge. Harry ne approfittò per lanciare di soppiatto un'altra occhiata a Silente, e lo vide rivolgere al tappeto un impercettibile cenno d'assenso e l'ombra di una strizzata d'occhio.
"Dunque non ti rendi conto..." riprese Caramell, la voce traboccante sarcasmo. "di aver infranto le regole della scuola?"
"Regole della scuola?" ripeté Harry. "Non che io sappia" ribatté Harry affabile.
Il cuore continuava a battergli molto in fretta. Valeva quasi la pena di mentire così spudoratamente per vedere alzarsi la pressione di Caramell.
"Ma noi abbiamo una informatrice." intervenne melliflua la Umbridge.
Caramell lanciò un'occhiata maligna a Silente.

"Non c'è nulla di meglio di un buon testimone, eh, Silente?"
"Assolutamente nulla, Cornelius" concordò Silente in tono grave, inclinando la testa di lato.
La Umbridge posò una mano sulla spalla della ricciuta amica di Cho, Marietta, che si nascondeva la faccia tra le mani.
"Non abbia paura, cara, non ce n'è bisogno" la incoraggiò mielata, dandole dei colpetti sulla schiena. "Ha fatto la cosa giusta. Il Ministro è molto contento di lei. Dirà a sua madre quanto è stata brava."

"Tale madre, tale figlia, eh?" disse il ministro calorosamente. "Su, cara, guardami, non essere timida, sentiamo cos'hai da dire... Per tutti i gargoyle galoppanti!"

Marietta quasi non fece in tempo ad abbassare le mani e alzare la testa che Caramell indietreggiò sgomento, evitando per un pelo di finire nel fuoco, e prese a calpestare imprecando l'orlo bruciacchiato del mantello. Con un gemito, Marietta si tirò il colletto della veste fin sopra gli occhi, ma tutti fecero in tempo a vederle la faccia orribilmente sfigurata da una serie di fitte pustole che formavano la parola spia.
"Non si preoccupi per qualche brufolo, cara" la esortò impaziente la Umbridge. "Abbassi quel colletto e racconti al Ministro..."
Per tutta risposta, Marietta gemette di nuovo e scosse freneticamente la testa.
"E va bene, sciocca ragazza, glielo dirò io" scattò la Umbridge.
"Le cose stanno così, signor Ministro. Questa sera dopo cena, la signorina Edgecombe è venuta nel mio ufficio e mi ha detto che in una stanza al settimo piano, nota come Stanza delle Necessità si sarebbe tenuta una spece di riunione."
"Sei stata molto coraggiosa, mia cara, a raccontare tutto alla professoressa Umbridge. Hai fatto bene. Adesso, da brava, perché non mi dici che cosa succedeva durante queste riunioni? Qual era il loro scopo? Chi vi partecipava?"
Marietta scosse di nuovo il capo in silenzio, gli occhi sgranati e impauriti.

"Scopo della riunione" proseguì la professoressa Umbridge, "era persuadere i convenuti a aderire a un'associazione illegale, al fine di apprendere incantesimi e maledizioni che il Ministero ha ritenuto inadatti a studenti così giovani..."
"Penso che a questo proposito scoprirà di essersi sbagliata, Dolores" disse pacato Silente, scrutandola al di sopra degli occhialetti a mezzaluna appollaiati a metà del naso storto.
Harry lo fissò. Non riusciva a capire come il Preside potesse sperare di tirarlo fuori dai guai.

"Non intendo negare e nemmeno, ne sono sicuro, lo negherà Harry che quel giorno si trovava alla Testa di Porco allo scopo di reclutare studenti per formare un gruppo di Difesa contro le Arti Oscure. Mi limito a farti notare che Dolores sbaglia affermando che un gruppo del genere fosse all'epoca illegale. Se ben ricordi, il Decreto Ministeriale che bandiva tutte le associazioni di studenti è entrato in vigore solo due giorni dopo quell'incontro, perciò al momento Harry non stava infrangendo un bel niente."

"È vero, Preside" disse la Umbridge con un sorriso dolciastro. "ma ormai sono passati quasi sei mesi dall'entrata in vigore del Decreto Didattico Numero Ventiquattro. Se la prima riunione non era illegale, tutte le successive lo sono state senz'altro."
"Lo sarebbero state, se fossero proseguite dopo l'entrata in vigore del Decreto. Ha qualche prova che così sia stato?"
"Non ha sentito, Silente? Perché crede che la signorina Edgecombe sia qui?"
"Può aggiornarci sulle riunioni tenute negli ultimi sei mesi?" chiese Silente, inarcando le sopracciglia. "Avevo l'impressione che avesse parlato semplicemente di una riunione in corso questa sera."
"Signorina Edgecombe, mia cara" si affrettò a dire la Umbridge. "ci racconti da quanto tempo vanno avanti questi incontri. Le basterà annuire o scuotere la testa... sono sicura che i suoi brufoli non ne risentiranno. Allora... si sono svolti regolarmente negli ultimi sei mesi? Da brava, coraggio, vedrà che non succederà niente."
Tutti nella stanza fissavano Marietta, anche se soltanto i suoi occhi erano visibili fra il colletto rialzato e la frangia di capelli ricci. Marietta fece un cenno di diniego.
Lo sguardo della Umbridge guizzò da Caramell alla ragazza.
"Temo che lei non abbia capito la domanda, vero, cara? Le ho chiesto se negli ultimi sei mesi ha partecipato a queste riunioni. C'è andata, non è vero?"
Di nuovo Marietta scosse il capo.
"Che cosa vuole dire scuotendo il capo, cara?" insisté indispettita la Umbridge.
"A me sembra chiaro" intervenne brusca la professoressa McGranitt. "Vuol dire che negli ultimi sei mesi non ci sono state riunioni segrete. Giusto, signorina Edgecombe?"
Marietta annuì.
"Ma stanotte c'era!" sbottò furiosa la Umbridge.

“Me l'ha detto lei, signorina Edgecombe! C'era una riunione nella Stanza delle Necessità! E il capo era Potter, giusto? È stato Potter a organizzarla! Potter... Perché scuote il capo, ragazza?"
"Di solito" la informò gelida la McGranitt. "se una persona scuote il capo vuole dire 'no'. Perciò, a meno che la signorina Edgecombe stia usando un linguaggio dei segni ignoto agli umani..."
La professoressa Umbridge agguantò Marietta per le spalle, la costrinse a voltarsi e prese a scrollarla con violenza. In un secondo, Silente era in piedi con la bacchetta alzata, Kingsley si fece avanti e la Umbridge si allontanò di scatto da Marietta, agitando le mani come se si fosse scottata.
"Non le permetto di maltrattare i miei studenti, Dolores!" disse Silente, e per la prima volta parve in collera.
"Farà meglio a calmarsi, Madama Umbridge" la invitò Kingsley con la sua lenta voce profonda.

Marietta non sembrava turbata da quell'aggressione improvvisa, aveva lo sguardo fisso davanti a sé e continuava a tenere il colletto sollevato fino agli occhi stranamente vacui.

"Dolores" disse Caramell, con l'aria di chi vuole chiarire la faccenda una volta per tutte. "La riunione di stasera... quella che sappiamo per certo esserci stata..."
"Sì... Non appena la signorina Edgecombe mi ha avvertito, sono salita subito al settimo piano insieme ad alcuni studenti fidati, in modo da sorprendere i partecipanti in flagrante. Al nostro arrivo stavano fuggendo da tutte le parti. Comunque non importa. Ho i loro nomi. La signorina Parkinson è andata nella Stanza delle Necessità per vedere se vi avessero lasciato qualcosa: ci servivano prove, e le abbiamo trovate.
Inorridito, Harry la vide estrarre dalla tasca la lista di nomi che avevano affisso alla parete della Stanza delle Necessità e consegnarla a Caramell.
"Mi è bastato vedere il nome di Potter sulla lista per capire di che cosa si trattava” concluse la Umbridge a voce bassa.
"Eccellente." Caramell sorrise. "Davvero eccellente, Dolores. E... per tutti i tuoni... Visto che nome hanno scelto?" sussurrò Caramell.

"Esercito di Silente."
Silente tese una mano e prese a sua volta la pergamena. Fissò le parole tracciate da Hermione pochi mesi prima, e per un momento parve ammutolito. Ma quasi subito rialzò lo sguardo sorridendo.
"E così il gioco è finito" disse.
"Hai reclutato questi studenti per il tuo... esercito?"
"Quella di stasera era la prima riunione" disse Silente. "Per scoprire fino a che punto erano interessati a unirsi a me. Ma, a quanto sembra, ho commesso un errore invitando la signorina Edgecombe."
Marietta annuì. Caramell la fissò. Tornò a fissare Silente. E poi gonfiò il petto.
"Tu hai complottato contro di me!" esclamò.
"Proprio" ripeté ancora una volta Silente.
"NO!" urlò Harry.
Kingsley gli lanciò uno sguardo di avvertimento e la McGranitt lo fulminò con gli occhi, ma Harry aveva capito che cosa aveva intenzione di fare Silente e non poteva permetterglielo.
"No... professore!"
"Sta' calmo, Harry, o temo che dovrai uscire dal mio ufficio" lo zittì Silente. 

"Sì, Potter, chiudi il becco!" latrò Caramell, che continuava a fissare Silente con una specie di inorridita esultanza. "Quanto a te, adesso sarai scortato al Ministero per la formalizzazione dell'accusa, e poi ad Azkaban in attesa del giudizio!"
"Ah, sì" disse gentilmente Silente. "Sì, penso che ci sia un piccolo intralcio."
"Intralcio?" La voce di Caramell vibrava ancora di gioia. «Non vedo intralci, Silente!"
"Invece" insisté Silente in tono di scusa. "Io temo proprio di vederne uno."
"Davvero?"
"Mi pare che tu nutra l'illusione che vi seguirò... com'è che si dice? Senza opporre resistenza. Non ho alcuna intenzione di finire ad Azkaban."

La faccia della Umbridge stava diventando sempre più rossa. Caramell fissava Silente con l'aria sciocca di chi ha appena ricevuto un colpo inatteso e ancora non riesce a capire cos'è successo. Emise un suono strozzato e si voltò a guardare Kingsley e l'uomo con i corti capelli grigi, il solo nella stanza a essere rimasto in silenzio fino ad allora. Quest'ultimo gli rivolse un cenno rassicurante e fece un passo avanti.

La professoressa McGranitt infilò una mano sotto il mantello.

"Basta con questa buffonata!” latrò Caramell, estraendo la propria bacchetta. “Dawlish! Shacklebolt! Prendetelo!"
Un lampo argenteo attraversò la stanza, Fanny fece il giro dell'ufficio e si librò bassa sopra di lui. Silente levò una mano per afferrare la lunga coda dorata della fenice. Un attimo dopo erano entrambi scomparsi in un lampo di fuoco.
"Non le piacerà, Ministro..." cominciò a dire Kingsley "ma non può negare che Silente abbia stile."

 

PER ORDINE DEL MINISTERO DELLA MAGIA

Dolores Jane Umbridge (Inquisitore Supremo) sostituirà

Albus Silente in qualità di Preside della Scuola di
Magia e Stregoneria di Hogwarts.

Quanto sopra ai sensi del Decreto Didattico
Numero Ventotto.
Firmato: Cornelius Oswald Caramell, Ministro della Magia


L'avviso era comparso nella parete ormai piena della sala d'ingresso. Gazza stava richiudendo una lunga scala di legno con affanno, mentre Byron lo osservava dalla terza rampa di scale.

"Come farà quando il posto sarà davvero finito?" chiese osservando con preoccupazione una delle tante cornici di legno.

"Non ci dormo la notte per questa domanda, White" rispose la voce strascicata di Piton alle sue spalle. "Ora muoviti, abbiamo lezione fra venti minuti."

Con uno sbuffo lo seguì giù per le scale reggendo una pila di vecchi libri sotto braccio.

Sembrava che in tutta la scuola durante la notte ogni singolo abitante del castello fosse al corrente del fatto che Silente aveva sconfitto due Auror, l'Inquisitore Supremo, il Ministro della Magia e il suo Assistente per poi svanire nel nulla.

Ovunque andasse, il solo argomento di conversazione era la fuga di Silente.

"Quand'è che hai la prossima lezione con Harry?" chiese saltando gli ultimi due scalini

"Domani sera" rispose bloccandosi di colpo per non essere travolto dai gemelli Weasley.

"Dovresti essere contento, sta facendo progressi"

"Più o meno"

"Dai è bravo"

"Non ti allargare, è meno disastroso di altre volte" disse attraversando il corridoio con lunghe falcate, il mantello alle sue spalle ondeggiava facendolo sembrare ancora più grande.

"Ma non hai caldo con questo?" chiese cercando di afferrare al volo una parte del mantello

"No" rispose seccamente spostandosi di lato.

"Dovresti incoraggiarlo un po'"

"Ci sei già tu a incoraggiarlo e dargli vane speranze."

"Ma tu sei il suo insegnate da anni, dovrebbe essere affezionato."

Piton gli lanciò un'occhiata obliqua. "Dacci un taglio con questa storia, non voglio un altro Potter alle calcagna"

"Smettila tu di fissarti su questa cosa." Byron gli si parò davanti "Lui non è James."

Gli occhi del pozionista rotearono. "Il vostro apprezzamento reciproco denota il poco giudizio che avete."

"Tu mi apprezzi." gli fece notare Byron con un sorriso.

"Sì, soprattutto quando tieni la bocca chiusa."


 

***
 

Dopo cena Harry si diresse verso l'ufficio di Piton. A metà della Sala d'Ingresso, vide Cho venire in fretta verso di lui.

"Tutto bene? La Umbridge non ti ha interrogato sull'ES, vero?"
"Oh, no" rispose rapida Cho. "Era solo che... volevo solo dirti... Harry, non mi sarei mai sognata che Marietta... È una ragazza deliziosa, davvero” riprese Cho. "Ha solo commesso un errore..."
Harry la fissò incredulo. "Una ragazza deliziosa che ha commesso un errore? Ci ha traditi tutti quanti, te inclusa!"
"Sua mamma lavora al Ministero, sai, e per lei è difficile..."
“Anche il papà di Ron lavora al Ministero!» sbottò Harry, furioso. "E nel caso ti sia sfuggito, lui non va in giro con spia scritto sulla faccia..."
"È stato un giochetto orribile, quello di Hermione Granger!” replicò con veemenza Cho.

"Doveva dircelo, che aveva stregato la lista..."
"Secondo me è stata un'idea geniale” ribatté gelido Harry. Il volto di Cho parve prendere fuoco e i suoi occhi luccicarono.
"Ma certo, dimenticavo... se è stata un'idea della tua cara Hermione..."
"Non rimetterti a piangere" l'avvertì Harry.
"Non intendevo farlo!" gridò lei.
"Sì... ecco... bene... devo già affrontare abbastanza problemi al momento."
"E valli ad affrontare, allora!" strillò Cho, girando sui tacchi e allontanandosi in fretta.
Schiumante di rabbia, Harry scese le scale che portavano al sotterraneo e, pur sapendo per esperienza che se fosse arrivato pieno di collera e risentimento sarebbe stato più facile per Piton penetrargli nella mente, non poté impedirsi di rimuginare su un altro paio di cosette da dire a Cho sulla sua amica Marietta.
"Sei in ritardo, Potter" lo accolse gelido Piton mentre Harry chiudeva la porta.
Gli dava la schiena, e come al solito stava rimuovendo alcuni dei suoi pensieri per versarli nel Pensatoio di Silente.

Harry si guardò intorno.

"Dov'è Byron?"

"Sta correggendo dei compiti del settimo anno" Piton lasciò cadere l'ultimo filo argenteo nel bacile di pietra e si voltò verso di lui.
"Per potermi deliziare della tua compagnia devo lasciare indietro alcuni lavori di cui White si deve occupare" spiegò a bassa voce. "Credi di potercela fare senza la mascotte?"
"Sì" disse Harry concentrandosi su una gamba della scrivania.

Il cuore gli batteva rapido per la collera nei confronti di Cho e l'ansia per quello che Piton gli avrebbe estratto dalla mente.
"Al tre..." disse pigramente Piton. "Uno... due..."
All'improvviso la porta si spalancò ed entrò Draco Malfoy.
"Professor Piton, signore... oh, mi scusi..." S'interruppe, lo sguardo che andava stupito da Piton a Harry.
"Nessun problema, Draco" disse Piton, abbassando la bacchetta. "Potter è qui per qualche ripetizione di Pozioni."
"Non lo sapevo" disse Malfoy, lanciando un'occhiata furtiva a Harry, che si sentì arrossire. Avrebbe dato qualunque cosa per potergli gridare la verità o, meglio ancora, per scagliargli una robusta fattura.
"Allora, Draco, di che cosa si tratta?" chiese Piton.
"È la professoressa Umbridge, signore... le serve il suo aiuto. Hanno trovato Montague, signore. Incastrato dentro un water al quarto piano."
"E come c'è finito?"
"Non saprei, signore, è un po' confuso."
"Molto bene, molto bene. Potter, riprenderemo la lezione domani sera."
Si voltò e uscì in fretta dall'ufficio. Prima di seguirlo, Malfoy fissò Harry e mosse le labbra a sillabare "Ripetizioni?" poi se ne andò anche lui.
Furioso, Harry mise via la bacchetta e fece per uscire. Almeno aveva davanti ventiquattr'ore per esercitarsi; era stato fortunato a cavarsela per il rotto della cuffia, ma era dura sapere che Malfoy avrebbe raccontato a tutta la scuola che Potter aveva bisogno di ripetizioni in Pozioni.
Era già alla porta quando la vide: una chiazza di luce tremolante che danzava sullo stipite. Si fermò a guardarla perplesso, e poi ricordò: somigliava alle luci viste in sogno la notte prima nella seconda stanza dell'Ufficio Misteri.

Si voltò. La luce veniva dal Pensatoio sulla scrivania. Il suo contenuto bianco-argenteo fluttuava e turbinava. I pensieri di Piton... quelli che voleva tenere segreti nel caso che Harry fosse riuscito a superare le sue difese...
Fissò il Pensatoio con crescente curiosità... quali pensieri Piton era tanto ansioso di nascondergli?
Di nuovo la luce argentea tremò sulla parete... Harry fece due passi verso la scrivania, riflettendo. Possibile che fossero informazioni sull'Ufficio
Misteri che Piton voleva tenergli nascoste?
Si guardò alle spalle, il cuore che batteva sempre più forte e rapido.
Quanto ci sarebbe voluto a Piton per estrarre Montague dal water? E sarebbe tornato subito in ufficio o lo avrebbe accompagnato in infermeria?
Era molto più probabile che lo accompagnasse... in fin dei conti Montague era il Capitano della squadra di Quidditch di Serpeverde, e Piton avrebbe voluto assicurarsi che stesse bene.
Superò la breve distanza che ancora lo separava dal Pensatoio e rimase immobile, lo sguardo immerso nelle sue profondità. Esitò, le orecchie tese,
poi estrasse di nuovo la bacchetta. Nell'ufficio e nel corridoio regnava il più assoluto silenzio.
Immerse la punta della bacchetta nel fluido argenteo, che prese a turbinare rapido, e quando si sporse sul Pensatoio vide che il suo contenuto era diventato trasparente. Ancora una volta guardava una stanza dall'alto, attraverso un foro circolare nel soffitto... Per la precisione, e a meno di non
sbagliarsi di grosso, quella era la Sala Grande.
Il suo fiato appannò la superficie dei pensieri di Piton... il suo cervello sembrava incapace di decidere... era assurdo, ma la tentazione era irresistibile... tremava da capo a piedi... Piton poteva tornare da un momento all'altro... poi pensò alla rabbia di Cho e al ghigno di Malfoy, e una folle audacia s'impadronì di lui.
Prese fiato e tuffò il viso dentro i pensieri di Piton. Un attimo dopo, il pavimento dell'ufficio sussultò, rovesciandolo a capofitto nel Pensatoio... Precipitava in un'oscurità gelida, rotolando furiosamente, e poi... Era al centro della Sala Grande, ma le tavole delle quattro Case erano
scomparse. C'erano invece oltre un centinaio di tavoli più piccoli, tutti rivolti nella stessa direzione, ciascuno occupato da uno studente chino a scrivere su un rotolo di pergamena. L'unico suono era il raspare delle piume e il raro fruscio di una pergamena smossa. A quanto pareva, era in corso un esame.
I raggi del sole si riversavano dalle alte finestre sulle teste ricurve, traendone riflessi castani, ramati o dorati. Harry si guardò attorno. Piton doveva essere da qualche parte là attorno... dopotutto quello era un suo ricordo.
E infatti eccolo là, seduto alla destra di Harry. Il giovane Piton aveva un aspetto pallido, filaccioso, come una pianta cresciuta al buio. Aveva sottili capelli flosci e unti che sfioravano il banco, mentre scriveva col naso adunco a un centimetro dalla pergamena. Harry si spostò alle sue spalle e
lesse l'intestazione dell'esame:

DIFESA CONTRO LE ARTI OSCURE GIUDIZIO UNICO PER I FATTUCCHIERI ORDINARI.


Dunque Piton doveva avere quindici o sedici anni, più o meno l'età di Harry. La sua mano volava sulla pergamena; aveva scritto almeno trenta centimetri più dei suoi vicini, e per giunta con una calligrafia minuta e stretta.
"Ancora cinque minuti!"
La voce fece sussultare Harry. Voltandosi, vide la sommità della testa del professor Vitious spostarsi fra i banchi poco lontano, passare accanto a un ragazzo con arruffati capelli neri... capelli neri molto arruffati...
Harry si mosse così in fretta che, se fosse stato solido, avrebbe rovesciato parecchi tavoli. Invece scivolò come in sogno attraverso due corridoi tra i banchi, e ne risalì un terzo... La nuca del ragazzo bruno era più vicina: si raddrizzava, riponeva la piuma, prendeva il rotolo di pergamena per rileggere quello che aveva scritto...
Harry si fermò davanti al tavolo e abbassò lo sguardo su suo padre. Suo padre a quindici anni.
Una vampata di eccitazione gli esplose nello stomaco: era come guardare se stesso, ma con alcuni errori intenzionali. James aveva gli occhi nocciola, il naso un po' più lungo di quello di Harry e nessuna cicatrice sulla fronte, però avevano lo stesso viso sottile, la stessa bocca, le stesse sopracciglia; i capelli di James stavano ritti esattamente come quelli di Harry.
James sbadigliò e si passò una mano fra i capelli, arruffandoli ancora di più. Poi, dopo un'occhiata al professor Vitious, si voltò per rivolgere un sorriso a un ragazzo seduto quattro tavoli dietro di lui.
Con un altro sussulto, Harry vide Sirius, rilassato sulla sedia in bilico sulle gambe posteriori, rivolgere a James un cenno soddisfatto. Sirius era molto attraente: i capelli scuri che gli ricadevano sugli occhi gli davano un'aria di distratta eleganza che né James né Harry avrebbero mai potuto eguagliare, e una ragazza seduta alle sue spalle lo fissava sognante, anche
se lui non pareva essersene accorto. E due banchi dietro la ragazza, di nuovo Harry si sentì stringere piacevolmente lo stomaco, c'era Remus Lupin. Sembrava piuttosto pallido, aveva l'aria malaticcia e non aveva ancora finito di pensare all'esame: rileggeva le risposte grattandosi accigliato il mento con l'estremità della piuma.
Ma allora anche Codaliscia doveva essere nei paraggi... e infatti Harry lo individuò nel giro di pochi istanti: un piccoletto con i capelli color topo, il naso appuntito e l'espressione ansiosa, che si mordeva le unghie, guardava la pergamena, strusciava i piedi, e di tanto in tanto lanciava un'occhiata
speranzosa al compito del suo vicino. Harry lo fissò un momento, diversi posti in avanti riconobbe anche Byron, aveva i capelli molto corti,un accenno di barba sopra il mento e rileggeva svogliatamente il proprio compito.
"Giù le piume!" squittì il professor Vitious.
Più di cento rotoli di pergamena sfrecciarono per aria e atterrarono fra le sue braccia tese, rovesciandolo a terra. Parecchi studenti scoppiarono a ridere; un paio nella prima fila si alzarono, lo presero sotto i gomiti e lo tirarono su di peso.
"Molto bene, potete andare!"
Voltandosi, Harry vide Piton muoversi fra i banchi verso la porta che dava nella Sala d'Ingresso, chiaramente ancora concentrato sull'esame.
Una banda di ragazze chiacchierine lo separava da James, Sirius e Lupin, e confondendosi tra loro Harry riuscì a non perderlo di vista e intanto a cogliere le voci di James e dei suoi amici.
"Ti è piaciuta la domanda numero dieci, Lunastorta?" chiese Sirius uscendo dalla Sala.
"Eccome” rispose allegramente Lupin. "Indicate i cinque segni che identificano un lupo marinaro. Un'ottima domanda."
"Credi di essere riuscito a individuarli tutti e cinque?" scherzò James fingendosi preoccupato.

"Credo proprio di sì" replicò serio Lupin, mentre si univano alla folla accalcata davanti al portone.

"Secondo me l'esame era una sciocchezza" sentì dire Sirius. "Mi stupirei se non prendessi come minimo 'Eccezionale'.”
"Anch'io." James infilò una mano in tasca e ne estrasse un agitatissimo Boccino d'Oro.
"E quello dove l'hai preso?"
"Sgraffignato" fu la distratta risposta. James prese a giocherellare col Boccino.
Si fermarono in riva al lago e si distesero sull'erba. Lupin aveva preso un libro e leggeva. Sirius guardava gli studenti che ciondolavano sul prato. James continuava a giocare col Boccino: lasciava che si allontanasse sempre di più e lo riacchiappava all'ultimo secondo.
Codaliscia lo fissava a bocca aperta, trattenendo il fiato e applaudendo a ogni presa particolarmente difficile. Dopo cinque minuti di quella scena, Harry cominciò a chiedersi perché James non gli diceva di darci un taglio, ma James sembrava godersi tutta quell'attenzione. Notò anche che suo padre aveva l'abitudine di passarsi una mano fra i capelli come per evitare che stessero troppo in ordine, e che continuava a lanciare occhiate alle ragazze in riva al lago.
"Mettilo via, dai" sbottò finalmente Sirius, mentre James eseguiva un'abile presa e Codaliscia strillava eccitato. "Prima che il nostro amico se la faccia addosso." Codaliscia arrossì, ma James sorrise.
"Se ti dà fastidio" disse, infilando di nuovo in tasca il Boccino.
"Che noia" disse Sirius.
"Questo ti tirerà su, Felpato" disse James sommesso. "Guarda chi c'è..."

Sirius voltò la testa. E s'immobilizzò come un cane che annusa la preda.
"Eccellente" sussurrò. "Mocciosus."
Harry si voltò per seguire il suo sguardo.
Piton si era alzato e stava infilando le pergamene del G.U.F.O. nella borsa. Mentre usciva dall'ombra dei cespugli e si avviava sul prato, anche Sirius e James si alzarono.
Lupin aveva ancora la testa china sul libro, ma gli occhi immobili, e fra le sopracciglia gli era comparsa una ruga sottile; lo sguardo di Codaliscia, invece, guizzava avido da Sirius e James a Piton.
"Tutto bene, Mocciosus?" chiese James ad alta voce.
Piton reagì con rapidità sorprendente, come se si fosse aspettato un at-
tacco: lasciò cadere la borsa, infilò una mano nella veste e aveva già la bacchetta a mezz'aria quando James gridò: "Expelliarmus!"
La bacchetta di Piton fece un volo di tre metri e cadde sull'erba dietro di lui. Sirius sbottò in una risata simile a un latrato.
"Impedimenta!" disse, puntando a sua volta la bacchetta su Piton, e facendolo cadere a terra lungo disteso.
Molti studenti si voltarono e alcuni si avvicinarono. Qualcuno sembrava preoccupato, qualcun altro soltanto divertito. Piton rimase a terra, ansante, mentre James e Sirius avanzavano verso di lui con le bacchette levate. James lanciava occhiate di sbieco alle ragazze sulla riva. Anche Codaliscia era in piedi ora e dopo aver girato attorno a Lupin per avere una visuale migliore, osservava avido la scena.
"Com'è andato l'esame, Mocciosus?" chiese James.
"Lo tenevo d'occhio, aveva il naso incollato alla pergamena» sogghignò Sirius. "Con tutto l'unto che ci avrà lasciato, non riusciranno a leggere una parola." Parecchi ragazzi scoppiarono a ridere. Piton tentò di alzarsi, ma l'incantesimo era ancora attivo e perciò non poté fare altro che divincolarsi, come trattenuto da funi invisibili.
"Aspetta... tu" ansimò, alzando su James uno sguardo carico d'odio. "aspetta... e vedrai!"
"Aspettare cosa?" chiese gelido Sirius. "Che cosa farai, Mocciosus, ci userai per soffiarti il naso?"
Dalla bocca di Piton scaturì un torrente d'imprecazioni miste a incantesimi, ma con la bacchetta a tre metri di distanza era impotente.
"Faresti meglio a lavarti la bocca» commentò freddo James. "Gratta e netta!"
Un attimo dopo, una saponosa schiuma rosea eruttò dalle labbra di Piton, provocandogli conati di vomito, soffocandolo...
"Lascialo STARE!"
James e Sirius si voltarono di scatto. La mano libera di James salì subito ad arruffargli i capelli.
A gridare era stata una delle ragazze in riva al lago. Aveva folti capelli rosso scuro che le arrivavano alle spalle e occhi a mandorla di un verde incredibile... gli stessi occhi di Harry.
Sua madre.
"Tutto bene, Evans?" disse James con una voce di colpo più profonda, più matura.
"Lascialo stare" ripeté Lily, fissandolo disgustata.
"Solo se esci con me, Evans" replicò rapido James. "Esci con me, e non alzerò mai più la bacchetta su Mocciosus."
Per la distrazione l'Incantesimo di Ostacolo stava svanendo, Piton rovinò a terra con un tonfo sputacchiando bolle di sapone.

Dei passi affrettati si avvicinarono rumorosamente.

"Potter! Inutile verme codardo, lascialo stare!" gridò Byron parandosi davanti a Piton.

"Io sono un codardo? Detto da un Serpeverde"

"Perché devi sempre prendertela con Severus, che cosa ti ha fatto?" chiese Lily con rabbia
"Be'...» rispose James, fingendo di ponderare la questione, «è più il fatto che esiste, non so se mi spiego."

"Se vuoi duellare Potter va bene, ma non attaccare alle spalle" ringhiò Byron muovendo un passo in avanti

"Vattene White, tanto non ne vale la pena per Mocciosus"

"Vale molto di più lui di quanto potrai mai fare tu." Byron estrasse la bacchetta in modo talmente rapido che James ebbe appena il tempo di scattare in avanti, ne scaturì un lampo di luce, e su una guancia di James comparve un taglio che gli
schizzò la veste di sangue.

Nello stesso momento anche Piton strisciò verso la sua caduta a terra, James ruotò su se stesso, partì un secondo lampo di luce e un attimo dopo Piton penzolava per aria all'ingiù, la veste che gli ricadeva sopra la testa mostrando le pallide gambe ossute e un paio di mutande grigiastre.
Un applauso si levò dalla piccola folla; Sirius, James e Codaliscia si rotolavano dalle risate.
«Mettilo giù!» gridò Lily. La sua espressione furiosa aveva per un attimo quasi ceduto il posto al sorriso.
“Ai tuoi ordini.” James fece scattare la bacchetta all'insù, e Piton si afflosciò a terra. Districandosi dalla veste, si rialzò rapido, la bacchetta pronta, ma Sirius gridò: "Petrificus Totalus!" e Piton cadde di nuovo, rigido come un palo.
"LASCIATELO STARE!" urlò Lily, ed estrasse a sua volta la bacchetta.
James sospirò, poi si voltò verso Piton e mormorò un controincantesimo.
“Ecco fatto” disse, mentre Piton si rialzava a fatica. "Ti è andata bene che ci fosse Evans, Mocciosus..."
"Non mi serve l'aiuto di una piccola schifosa Mezzosangue!"
Lily trasalì, Byron al suo fianco osservò l'amico con la bocca dischiusa.
"Molto bene" replicò freddamente. "Vuol dire che in futuro non mi prenderò la briga di aiutarti."
"Chiedi scusa a Evans!” ruggì James, puntando la bacchetta contro Piton.

"Non voglio che mi chieda scusa perché l'hai costretto tu!" urlò Lily.
"Siete uguali, voi due."
"Che cosa?" protestò James. "Io non ti avrei MAI chiamato una... tu sai-come!"
“Sempre a esibirti con quello stupido Boccino e a camminare tronfio nei corridoi e lanciare incantesimi su chiunque ti infastidisca solo perché sei capace... sei così pieno di te che non so come fa la tua scopa a staccarsi da terra! Mi dai la NAUSEA."
Lily si voltò e corse via.
"Evans!" le gridò dietro James. "Ehi, EVANS!"
Lily non si voltò.
"Ma che cos'ha?" bofonchiò James, tentando, senza riuscirci, di comportarsi come se la risposta non avesse per lui alcuna importanza.
"Leggendo fra le righe, amico, direi che secondo lei sei un po' presuntuoso» rispose Sirius.
"Bene" disse James, che sembrava furibondo.

"Bene..."
Saettò un altro lampo di luce, e ancora una volta Piton si ritrovò a mezz'aria, a testa in giù.
"Allora... chi vuole vedermi togliere le mutande a Mocciosus?»

"Non ci provare Potter" Byron fece per scagliarsi contro James.

Harry non scoprì mai cosa accadde dopo, perché una mano gli serrò il braccio come una morsa. Si voltò di scatto per vedere chi lo avesse afferrato e scorse con un brivido di terrore un Piton adulto, pallido di rabbia.
"Ti stai divertendo?"
Si sentì sollevare e la giornata estiva svanì; fluttuava verso l'alto attraverso una tenebra gelida, la mano di Piton sempre stretta attorno al braccio. Poi, con la sensazione di aver fatto una capriola a mezz'aria, atterrò in piedi sul pavimento di pietra del sotterraneo accanto al Pensatoio, nel cupo ufficio dell'attuale insegnante di Pozioni.
"Allora" ripeté Piton, stringendogli il braccio con tanta forza da fermargli la circolazione. “Allora... ti stavi divertendo, Potter?”
"N…no" disse Harry, tentando di liberarsi.
Era uno spettacolo spaventoso: Piton era pallidissimo, le labbra tremanti ritratte sui denti.
"Un uomo spiritoso, tuo padre, vero?»" ringhiò, scrollandolo così forte da fargli scivolare gli occhiali sul naso.
"Io... non..."

Piton lo scagliò lontano con tanta violenza che Harry ruzzolò sui lastroni di pietra. "Se proverai a dire a qualcuno..."

"Mi dispiace Severus" balbetto con la bocca secca.

"Non ti azzardare Potter, non sei White" sibilò minaccioso.

Harry si rimise in piedi cercando di allontanarsi

"Non intendevo..."
"Fuori! Fuori di qui! Non voglio vederti mai più qui dentro!"
Mentre Harry correva verso l'uscita, un vaso di scarafaggi morti esplose sopra la sua testa. Spalancò la porta e fuggì in corridoio, senza fermarsi.

Solo quando si trovò nel cortile interno, circondato dal porticato si appoggiò a una parete con il fiato corto.

La mente si riempì delle immagini appena viste, chiuse gli occhi cercando di scacciarle, ma gli si pararono davanti con prepotenza.

Non era tanto la rabbia di Piton ad averlo colpito, ma la consapevolezza di cosa avesse provato. Sapeva fin troppo bene com'era essere bullizzati e umiliati davanti a tutti.

Suo padre era davvero arrogante come Piton gli aveva sempre detto.

"Ehi Harry, che succede?" proruppe una voce alla sua sinistra.

Sobbalzò aprendo gli occhi di colpo e si trovo davanti Byron.

Confuso e respirando ancora a fatica Harry gli raccontò ciò che aveva visto nei ricordi di Piton

"Non avrei mai dovuto guardare, non so perché lo fatto, era una cosa privata, non avrei dovuto." balbettò. "Ma... Mio padre era un vero stronzo"

"Sì lo era." annuì Byron tranquillamente.

"Ma mia madre... perché lo ha sposato?"

"Per il bell'aspetto immagino, un po' come il tuo." disse alzando le sopracciglia.

Harry sorrise appena "Quindi era davvero amica anche di Piton."

"Sì, bhe lo ha conosciuto prima di Hogwarts, sono io l'intruso del gruppo, li ho incontrati il primo giorno sul treno."

"Pensavo che fosse... non lo so."

"Immagino che Sirius e Remus non ti abbiano mai detto molto"

"No, mi hanno solo detto che assomiglio a mio padre ma... io non sono come lui, non voglio esserlo" disse con forza.

"Non lo sei" assicurò Byron "Harry non devi vivere nell'ombra dei tuoi genitori, e non è colpa tua ciò che James ha fatto a Severus"

"Ma aveva ragione, tutti questi anni... io pensavo che lo odiasse solo perché era invidioso, invece aveva ragione"

"Harry..." le mani di Byron s strinsero intorno alle sue spalle delicatamente "Calmati, non è colpa tua" ripeté lentamente fissandolo negli occhi.

 

***

 

"Dobbiamo fare qualcosa per l'ES" disse Hermione con forza mentre attraversavano un corridoio affollato del secondo piano.

"L'ES non c'è più Hermione, come Silente"

"Non possiamo arrenderci così, ormai si sta impadronendo di tutta la scuola."

"Cosa vorresti fare?" Chiese Harry girando l'angolo.

"Non lo so" ammise abbassando la voce "devo pensarci. Come vanno le lezioni di Occlumanzia comunque?"

"Bene, Piton dice che ora che ho le basi posso cavarmela da solo"

"Cosa?" chiese accigliata Hermione. "Ma hai ancora le visioni?"

"Molto meno di prima" si affrettò a rispondere

"Piton non avrebbe dovuto smettere, se non sei assolutamente sicuro di poterti proteggere!" esclamò Hermione indignata. "Harry, dovresti tornare da lui a chiedergli..."

Harry smise di ascoltarla appena vide in mezzo alla folla di studenti nel corridoio un largo mantello nero turbinare.

Di fianco a Piton c'era Byron che gli parlava a bassa voce inclinandosi in avanti.

"Harry è dispiaciuto davvero, ma almeno ora ha visto la verità, sa com'era James, oltre ai racconti di Black. Parlagli"

"Chiudi il becco" ringhiò Piton senza guardarlo

"Parla con lui, spiegagli..."

"La prigione ti ha davvero fuso il cervello" alzò lo sguardo sulle teste degli studenti e incrociò due chiari occhi verdi, il volto si contrasse per la rabbia e voltò le spalle di scatto allontanandosi dalla parte opposta del corridoio.

Hermione abbassò la sua copia di Teoria della Magia Difensiva e osservò Harry che fissava con aria assente la parete di fronte, della sala comune.
“Qualcosa non va, Harry?”
“Come?” disse lui in fretta. “No, niente.” fece finta di cercare qualcosa nell'indice del libro di pozioni. La mente continuava a indugiare, sempre più depressa, sulla scena vista nel Pensatoio. Il ricordo gli rodeva le viscere. Era sempre stato così sicuro che i suoi genitori fossero persone meravigliose da non aver mai avuto difficoltà a ignorare le calunnie di Piton sul carattere del padre. Anche Sirius non era affatto simpatico, era stato lui a spingere suo padre a prendersela con Piton senza ragione, solo perché si stavano annoiando.
Però Lily era intervenuta, rifletté, sua madre era stata corretta e anche Byron era corso a difenderlo. Per un momento immaginò di vedere Hermione e Ron al loro posto, se al posto di James ci fosse stato Malfoy... Non erano poi così diverso.

Harry non riusciva a capire perché alla fine l'avesse sposato. Un paio di volte si chiese perfino se James l'avesse costretta...
Per quasi cinque anni, il pensiero di suo padre era stato per lui una fonte di conforto e d'ispirazione.

Cercò di fingere che il suo malumore dipendesse solo dagli esami imminenti e, dato che anche tutti i suoi compagni di Grifondoro erano stufi di studiare, la scusa sembrò funzionare, almeno per degli sguardi disattenti.

Durante il pranzo la Sala Grande era meno piena del solito, molti studenti erano rimasti in biblioteca o nelle rispettive sale comuni per ripassare. Picchiettò una patata al rosto verso il bordo del piatto con rabbia.
“Harry?” lo chiamò Hermione guardando alle sue spalle
"Che c'è?" Si voltò a guardare ciò che stava fissando l'amica e vide Byron in piendi davanti al loro tavolo.

"Come va lo studio ragazzi?" chiese osservando i tre alternativamente

"Benone " rispose Ron con uno sbuffo.

"Hermione tu sei già in pari, vero?" domandò con un sorriso

"Più o meno" annuì la ragazza seria.

"Harry, vieni con me?"

"Dove?"

"A fare un giro" propose con un'alzata di spalle

"Dopo abbiamo la lezione di Trasfigurazione" si intromise Hermione

"Torneremo in tempo" assicurò Byron annuendo

Harry si guardò intorno, lasciò cadere rumorosamente la forchetta sul piatto e si alzò di scatto

"Harry!" Lo richiamò Hermione

"Ci vediamo dopo" disse guardando l'amica

"Promesso"

Senza lasciare tempo di dire altro seguì Byron oltre la porta d'ingresso.
Attraversarono l'atrio quasi sgombro e uscirono nel cortile interno dirigendosi verso le scalinate che portavano fuori dalle mura.

"Dove andiamo?" chiese accelerando il passo per stargli dietro

Foresta si limitò a dire Byron superando la capanna di Hagrid.

"Perchè?"

"Voglio provare una cosa."

Quando furono in messo agli alti alberi, con ancora la luce esterna che passava fra i fitti rami si fermarono.

"Severus mi ha detto che sai parlare il serpentese"

"Sì" annuì Harry guardando le proprie scarpe

"Ma non mi piace"

"Non è una maledizione, è solo un'abilità in più"

"Odio qualsiasi cosa mi colleghi a Voldemort" disse con la voce dura.

Il tono di Byron si fece bassa, come se gli stesse rivelando un segreto. "Le tue abilità non definiscono chi sei, dipende come le usi."

Harry sorrise alzando lo sguardo su di lui

"Che c'è?"

"Niente è che... mi ricorda una cosa che mi ha detto Silente" spiegò osservandolo

"Bhe se lo ha detto Silente" annuì Byron con convinzione.

"Prova a dire qualcosa, per me" chiese assottigliando gli occhi.

Harry ci pensò un po' non riusciva quasi mai a distinguere il serpentese dalla lingua comune, non sapeva come poter fare. Provò a ricordare il secondo anno, in cui aveva urlato contro il serpente evocato da Malfoy per fermarlo.

Chiuse gli occhi e aprì la bocca lentamente. Sentì la propria voce farsi poco più di un sussurro, dei sibili prolungati arrivarono alle sue orecchie pochi attimi prima delle parole: "Vieni... vieni da me..."

Non seppe per quanto tempo restò in piedi con gli occhi chiusi a sussurrare. Ma non si sentiva a disagio o in imbarazzo all'idea che Byron lo vedesse così.

All'improvviso sentì qualcosa strisciargli sulla gamba, da prima pensò a una folata di vento, ma anche sulla sua maglia strisciò qualcosa.

Aprì gli occhi, ci mise un po' per mettere a fuoco la forma allungata di un piccolo serpente scuro che gli strisciava sul petto. Allungò lentamente un braccio in avanti e il serpente gli si attorcigliò cautamente.

Sapeva che non gli avrebbe fatto del male.
 

Abbassò lo sguardo sul terreno e vide altri serpenti poco più grandi strisciare verso di lui, guardò Byron che lo osservava con la bocca dischiusa.

Non sembrava spaventato ma stupito, eppure c'era qualcosa nei suoi occhi, una scintilla strana.

Harry aprì la mano e il serpente ci strisciò sopra alzando la piccola testa, la lunga lingua biforcuta sventolò nell'aria. Era strano sentire la sua pelle leggermente ruvida, si chiese se anche Nagini fosse così, infondo era solo un animale, non era colpa sua se Voldemort la usava per attaccare

"Sei incredibile" sussurrò Byron avvicinandosi lentamente.

Gli occhi di Harry vergarono sul volto del ragazzo davanti a lui, non aveva paura, non era terrorizzato dal sentirlo parlare in quella lingua oscura, non gli importava affatto del serpente che c'era fra loro.

Il cuore cominciò a battere all'impazzata, senza pensarci, incurante della situazione, annullò lo distanza fra loro e baciò Byron.

Non aveva idea di come si facesse, fu una cosa strana, sentì la mano di Byron fra i capelli, il piccolo serpente scivolò anche sul suo braccio. Qualcosa nel suo petto ruggì trionfante.

Byron allontanò lentamente la testa all'indietro.

"Harry aspetta" con ancora gli occhi socchiusi

"Non possiamo"

"Perché? Chiese Harry con un filo di voce.

"Io non... non è giusto" ispirò profondamente guardandolo negli occhi "sei troppo giovane e..."

"Non mi importa" si affrettò a dire Harry

"Black mi ucciderebbe"

"Solo se provassi a baciare lui" disse Harry inclinando la testa

Byron scoppio nella sua bassa risata.

Anche lui si unì alla sua risata all'idea della faccia di Sirius, ma non gli importava. Non gli importava di quello che avrebbe pensato, o quello che avrebbero detto tutti, stava bene, stava finalmente bene, non si sentiva sporco, arrabbiato, era sereno, dopo mesi.

Il sottile serpente scivolò verso il terreno girando attorno a un ramo affusolato.

Byron gli posò una mano sulla spalla sorridendo

"Dai, ti accompagno a lezione. Fra qualche giorno hai il primo esame del GUFO, vero?"

"Sì." annuì inspirando profondamente

"Bhe, in bocca al lupo allora"

"Grazie"

"Prima dovreste avere gli incontri di orientamento se ricordo bene" rifletté Byron incamminandosi fuori dalla foresta

"Sì, ho appuntamento con la McGranitt Lunedì dopo pranzo"

"Hai già qualche idea di cosa vorresti fare?" Indagò togliendogli il braccio dalla spalla.

Sentì un improvviso gelo appena sparì quel leggero peso. "Bhe... pensavo Auror" disse titubante

"Ti ci vedrei bene" commentò "Da quello che so te la cavi in Difesa e con le esercitazioni dell'ES..."

"Credi che mi prenderebbero, al Ministero?"

"Tu sei Harry Potter, il bambino che è sopravvissuto, sarebbero scemi a non prenderti"

"Ora come ora non gli sto molto simpatico" la bocca di Harry si arricciò in una smorfia.

"Le cose cambieranno, vedrai." annuì guardando il prato verde davanti a loro. "Le visioni invece, come vanno?"

"Bene in realtà, non ne ho più avute" ammise rilassato "Tu?"

"Nemmeno" scosse la testa "Sai ho provato a parlare con Severus... è arrabbiato ma forse..."

"Ha ragione, ha sempre avuto ragione" disse Harry sconsolato

"Senti..." Byron si bloccò poco distante dalla capanna di Hagrid e si girò per guardarlo negli occhi. "Io non so come è stato in questi anni ma lo conosco, è un tipo complicato, a volte odiosamente complicato." sorrise per alcuni secondi, come immerso in un ricordo lontano

"Ma è una brava persona, ha fatto degli sbagli, deve... doveva sentirsi importante e ha fatto delle scelte sbagliate, ma sta cercando di rimediare. Non lo ammetterà mai ma fa di tutto per proteggerti."

"Lo so." annuì Harry stranito "Il primo anno mi ha salvato da una scopa maledetta." ricordò.

"Non è un simpaticone, e di sicuro fa fatica ad andare oltre il ricordo di James, ma potrebbe imparare a conoscerti davvero."

"Non credo che gli interessi."

"Certo che no, è molto più facile detestarti a priori." Byron alzò le spalle rapidamente.


 

  
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