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Autore: musa07    03/08/2022    4 recensioni
[Tsurune: Kazemai Koukou Kyudo-Bu]
[Tsurune] [Fujiwara Shuu Narumiya Minato Takehaya Seiya. Un po' tutti]
"Shuu sentiva lo sguardo di Seiya su di sé. Sempre!
E sinceramente non capiva perché Seiya pensasse di dover proteggere Minato da lui.
Ma in quel momento quello che sentiva su di sé era lo sguardo di Minato [...]
Ci sarebbe stato il tempo delle risposte. Ora c’era il tempo del dover recuperare quello perduto.
Ecco perché in quel tardo pomeriggio di metà Giugno, quando Minato e Shuu avevano passato la giornata insieme a casa della loro sensei, Minato stava correndo a perdifiato sulle scale della stazione deserta.
- Shuu? -
L’urgenza con la quale Minato l’aveva richiamato fece bloccare Shuu di colpo, con il cuore in gola. Sollevò gli occhi verso l’alto da dove vide spuntare il volto dell’altro, con il fiatone.
- Shuu vuoi mangiare takoyaki? -
- E-eh? -
Minato aveva voglia di passare ancora del tempo con Shuu. Ora sentiva come quei mesi di silenzio, distanti, gli fossero parsi come se si fosse trattata di una eternità. Aveva sempre impedito a se stesso di pensare alla terribile sensazione che gli procurava la lontananza da Shuu[...]"
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Grazie a chiunque si stia apprestando
a leggere questo secondo capitolo.
 
Enjoy
 
Ah! Stavo per dimenticare una cosa importantissima!
Incredibilmente questa volta ho trovato
il titolo alla stesura di metà capitolo
quindi non ci ho messo le vere ore come al solito.
(Alla faccia della cosa seria!ndKacchan
Ma ti ho sentito!ndClau)
 
 
 
Posizione corretta, centro assicurato
 
 
 
 
Capitolo 1
 
 
Le cose non programmate, quelle non pianificate, sono quelle che indubbiamente ci stupiscono di più. E che apprezziamo e godiamo di più. Fosse solo per il fatto che, proprio perché ci arrivano inaspettatamente, non abbiamo avuto modo di crearci aspettative ma le assaporiamo istante per istante.
 
Come il fermarsi a fare la spesa sulla via verso casa.
- Non so se ho polipo a sufficienza. - si era giustificato, quasi in imbarazzo, Minato, accarezzandosi la nuca – Spero che andar a far la spesa non ti sembri una cosa troppo da plebei. -
E Shuu era scoppiato a ridere, per nulla risentito. Sapeva che non c’era nessuna piccata in quelle parole.
- Guarda che vado anch’io al supermercato, eh. - aveva ridacchiato, nel momento in cui erano usciti dalla stazione e aveva avvisato i suoi che non sarebbe rientrato per cena. 
- Scusami. Ma tu sembri sempre così etereo, ho sempre l’impressione che tu non faccia le cose che facciamo noi comuni mortali. -
- Che pessima opinione che hai di me, Minato. - la risata cristallina proseguì, dandogli una piccola spintarella con la spalla, per niente offeso. Dopo che quel pomeriggio, durante l’incontro di sumo, si era permesso di allungare le mani su di lui e fargli il solletico – e Minato non si era negato, o peggio: irrigidito – ora Shuu sentiva di potersi permettere di sfiorarlo, senza essere troppo invadente. Ah, già! Quasi dimenticava che, qualche settimana prima, quando si erano rivisti per la prima volta dopo mesi, lui aveva ben pensato di posargli una mano all’altezza della cicatrice e mormorargli all’orecchio. E sopravvivere  da poterlo raccontar solo perché Seiya in quel momento stava dando loro le spalle.
A sua difesa poteva dire che davvero non c’era stato nessun intento malvagio, veramente era preoccupato per le condizioni fisiche, ed emotive, di Minato. Oltretutto lui non era uno avezzo facilmente al contatto fisico. Non che il contatto fisico gli desse fastidio ma semplicemente non era una sua caratteristica, non era uno da baci e abbracci quando incontrava qualcuno; erano poche le persone verso le quali sentiva il bisogno di aver un contatto fisico che avrebbe suggellato maggiormanete il rapporto con questa persona. 
Il desiderio, quindi, di sfiorare Minato era stato il primo campanello che gli era risuonato in testa, tempo addietro, e che gli aveva fatto capire che per quel ragazzo non è che provasse solo una forte simpatia – espressa comunque sempre nei suoi modi  discreti e mai invadenti. Puntando sul fatto che Minato sapeva perfettamente che lui non era uno portato alla fisicità, Shuu sperava di lanciargli dei segnali eloquenti. Non voleva traumatizzarlo dicendogli direttamente che provava un interesse nei suoi confronti ma voleva farglielo capire un po' alla volta. E capire a sua volta se avesse qualche speranza o meno con lui. Non era uno, per carattere, che si lanciava contro un treno in corsa, anzi: andava con i piedi di piombo. Non che fosse un codardo, sia chiaro, ma neanche voleva suicidarsi in quel modo. Oltretutto doveva capire se tra Minato e Seiya c’era qualcosa, giusto perché – se tra i due c’era già qualcosa – mai si sarebbe messo in mezzo. Non sarebbe mai stato così meschino e miserabile. La sua nobiltà d’animo si rifletteva anche nel suo modo di essere, non solo nel tiro con l’arco.
- E-eh? - tartagliò Minato – M-ma guarda che sarebbe un complimento, eh! Tu quasi non sembri appartenere a questo mondo. È un po' come la prima impressione che ho avuto di Masa-san. -
E Shuu non fece a tempo a crogiolarsi nel complimento ricevuto perché quel nome, il tono usato da Minato, come avesse sorriso appena, come gli si fossero inconsciamente colorate le guance, gli fecero assottigliare per un istante gli occhi.
- Ah! - e quell’unica sillaba e il modo e il tono in cui la pronunciò valse più di mille parole espresse – Il vostro giovane allenatore… -
Shuu non era abituato a provare sentimenti che lui reputava meschini – quali l’invidia, la gelosia, il fastidio – ma quando c’era di mezzo Minato era ovviamente tutto un altro discorso. Mentalmente Shuu annotò il nome di Takigawa Masaki nella sua personale, quanto vuota, lista nera.
- Shuu tutto ok? - chiese Minato perplesso quando arrivarono infine davanti al kombini vicino casa sua vedendo una strana luce attraversargli gli occhi.
- Hum? Sì sì. - e rieccolo il solito sorriso, alla Shuu, come lo definiva Minato. Minato ogni volta si chiedeva quante vittime mietesse quel sorriso anche se, al contempo, sapeva perfettamente come Shuu non provasse nessun tipo di superbia o vanità in questa cosa, nell’attirare sguardi per il suo aspetto esteriore. Sapeva che Shuu si chiedeva che merito ci fosse nell’ottenere ammirazione per qualcosa che non si era guadagnato con la disciplina e il sudore della fronte.
 
Iniziarono a girovagare tra le corsie del supermercato pressoché deserto, vista l’ora particolare. Ancora troppo presto per gli impiegati che rientravano a casa dal lavoro, ormai troppo tardi per accaparrarsi le offerte migliori della giornata. Ma Minato, dalla sua, aveva un fiuto particolare per scovare i pezzi e le offerte migliori e girava tra le corsie con sicurezza e arguzia, dato che occuparsi della spesa era una cosa che a livello di gestione famigliare spettava a lui. 
Shuu lo osservava destreggiarsi tra le corsie, soppesando la diversa qualità dei prodotti che prendeva e sentì per un istante stringersi il cuore in una morsa, a pensare che quell’abilità gli era derivata dal fatto che avesse perso la mamma quando ero piccolissimo. Si chiese a quale dolore lacerante avesse dovuto sopravvivere, e al quale dovesse sopravvivere ancora adesso. Ripensò a quando era venuta a mancare sua nonna, che l’aveva praticamente cresciuto, e riflettè di dover centuplicare quel dolore per arrivare a quello che aveva provato, e che di sicuro stava ancora provando, Minato.
Era così perso in questi tristi pensieri che non si sentì subito chiamare.
- Shuu? - l’ennesimo richiamo da parte di Minato andò infine a segno.
- Sì? - si era destato dai suoi pensieri, con due buste di verdure tra le mani, cercando di capire quale fosse la migliore, non si poteva dire che Fujiwara Shuu non fosse uno che non si applicava.
- Sono felice. - disse semplicemente Minato, con un sorriso genuino. Quel sorriso che gli faceva formare una fossetta sulla guancia sinistra.
- C-come…? - tartagliò Shuu, interdetto, con ancora le due buste in mano.
- Perché non è cambiato niente tra di noi. È come se non ci fossimo mai persi.- spiegò, prendendogli la busta che aveva sulla sinistra e mettendola nel cestino.
Shuu sbatté per un attimo gli occhi. Non se l’aspettava di certo una cosa del genere. Perché anche Minato era uno che, nonostante non avesse problemi a stare in mezzo agli altri, faceva sempre un po' di fatica ad esprimere ciò gli si agitava dentro, i suoi sentimenti, sopratutto dopo la morte di sua madre. Per non essere in qualche modo di peso agli altri ma, d’altra parte, solo qualche settimana prima aveva detto a Seiya che si sarebbe sforzato un po' di più, di esprimere ciò che gli si agitava dentro. E questo suo pensiero lo aveva formulato proprio in vista dell’incontro con Shuu. 
- Ma noi non ci siamo mai persi. Io ti avrei aspettato, lo sai. Te l’ho detto. - mormorò appena Shuu, ricambiando il sorriso.
 
 
Dalla sua non si poteva dire che Shuu non si applicasse – e imparasse in fretta – ma con l’abilità e la maestria di Minato in cucina non c’era storia.
Per Shuu era veramente affascinante star lì a guardarlo mentre si destreggiava tra i fornelli con una naturalezza pazzesca, impartendogli ordini e comandi che lui cercava di portare a termine nel migliore dei modi.
E più di qualche volta Minato si era trovato rapito a fissare il profilo perfetto dell’altro, di come – nell’atto della concentrazione e dell’attenzione richiesta – assottigliasse appena gli occhi color ametista. 
E fu proprio in uno di questi momenti che Minato si distrasse da quello che stava facendo. Forse l’aveva fissato con più insistenza, forse si era lasciato scappare anche qualche suono dalle labbra, fatto sta che Shuu – impegnato nella delicata operazione di affettamento carote. E lo stava facendo con  precisione chirurgica – sollevò e spostò gli occhi sui suoi e Minato schiuse le labbra per cercare di giustificarsi in qualche modo, cercando di salvare il salvabile, ma non uscì parola alcuna dalla sua bocca. 
Rimasero lì, in silenzio, a fissarsi, con il solo suono delle cicale a frinire fuori in giardino come colonna sonora di quell’istante. 
- Sì…? - si azzardò a chiedere Shuu, schiudendo le labbra per prendere fiato in qualche modo.
Forse era vero che non aveva mai conosciuto l’amore ma quello che sentiva di provar per Minato di sicuro ci andava molto vicino. E con tutte le sue conseguenze, tipo sentire il cuore iniziare ad accelerare e lo stomaco aggrovigliarsi, così come quel bisogno irrefrenabile di allungare una mano verso il volto dell’altro… Essendo devoto al kyudo fin da piccolo, aveva fatto proprio lo zen del tiro con l’arco ma in quel momento con Minato di fronte a lui (molto di fronte a lui!) la compostezza, la calma, il restare rilassatamente concentrato erano veramente difficili da mantenere. Per non parlare di quando vide le dita di Minato avvicinarsi al suo volto. Di nuovo schiuse le labbra, forse per riprendere quell’aria che gli stava iniziando a mancare.
Se successivamente glielo avessero chiesto Minato davvero non sarebbe riuscito a dare una risposta del perché in quell’istante allungò le dita verso il volto perfetto di Shuu, se non che avesse sentito il desiderio di volerlo sfiorare.
Sarà stata la situazione - loro due da soli, in casa sua, a far una attività che lo rilassava tantissimo come il cucinare – sarà stato il fatto che avessero passato tutto il giorno insieme o forse… 
Forse perché era strano vedere, vivere, Shuu senza un arco in mano. E non solo perché l’arco era come un prolungamento naturale del suo corpo, ma perché tutto in Shuu – sia nella sua fisicità, sia dal punto di vista caratteriale – gridava prepotentemente che il suo posto, nel mondo, era di essere immerso in un dojo, immerso in una così antica e nobile disciplina come lo era il kyudo.
Era lì che Minato l’aveva incontrato per la prima volta. Ed era lì che lo aveva ritrovato.
Vivere Shuu al di fuori del dojo, al di fuori del suo elemento naturale, come un qualsiasi altro liceale della loro età, era… particolare. Diverso. Bello... Sì, era bello – e piacevole – condividere con lui una situazione così intima e famigliare.
E Shuu poteva dire che amava il fatto che Minato, fin dalla prima volta in cui si erano incontrati quando erano ancora due bambini, lo avesse sempre trattato in modo normale. Gli altri - soprattuto i suoi coetanei, i suoi compagni di scuola - tra il fatto di essere in parte straniero (e che questa cosa trapelasse spudoratamente nei suoi tratti somatici), tra il suo modo naturalmente regale di muoversi, di parlare, di essere, lo trattavano con riverenza quasi, ammaliati dalla sua persona. Per non parlare di quando, con il tempo, era subentrata la sua bravura del kyudo.
Shuu ammirava la naturale spontaneità e la genuinità di Minato, era rimasto affascinato dalla sua dedizione e dalla sua caparbietà ma al contempo anche dalla sua freschezza nell’imparare la nobile arte del kyudo, era una cosa che, fin da bambino, lo aveva stimolato a ricercare ancora di più la perfezione.
Ed ora… Ora erano lì, ad un soffio l’uno dall’altro. 
Quante volte anche Minato era rimasto rapito, e tuttora succedeva, dall’osservare Shuu tirare? Ogni singolo frammento gli era impresso nella memoria ed ora aveva Shuu nella sua cucina mentre stava tagliando le carote per il riso al curry impegnandosi con una serietà comica ed era… semplicemente bellissimo. 
Come quel volto sul quale le sue dita si posarono infine lievi, sfiorandogli una guancia mentre Shuu lo osservava stranito ma senza cacciarlo, trattenendo il fiato.
La punta delle dita scivolò lungo la guancia fino ad intercettare un ciuffo di capelli che solleticava la punta del naso di Shuu. Sempre con delicatezza e seguendo con gli occhi verdi il movimento delle proprio dita, quasi che non fossero sue, fece scivolare quella ciocca dietro l’orecchio, attardandosi quell’attimo in più prima di abbandonare il volto dell’altro, deglutendo a vuoto.
- Scusami… - non trovò niente di meglio da dire, sussurrando.
- È ok, non ti devi scusare. - ribatté Shuu scuotendo leggermente la testa, come a dire che non doveva preoccuparsi, per poi richiamarlo quasi avesse avuto paura che quel momento in qualche modo magico, ed intimo, svanisse.
– Minato? -
- Sì? - riportò gli occhi sui suoi, con il cuore in gola. Che incredibili sensazioni e scombussolamenti gli procurava Fujiwara Shuu.
Fu ora il turno di quest’ultimo di deglutire a fatica, serrando le mani. Doveva dirglielo? Tipo ora? Quello che provava per lui? Temeva che qualcuno (Tipo Seiya. Così, a caso proprio) lo avrebbe anticipato e non voleva perdere quell’occasione. Ma per lui, che era uno posato e serafico, era così difficile farsi guidare dal mero impulso del momento. Per non parlare del fatto che era così destabilizzante per lui provare quel turbinio pazzesco di emozioni mai provate prima. E poi si era detto di non volerlo traumatizzare ma di farglielo capire un po' alla volta.
- Niente. - scosse nuovamente la testa, sorridendo lieve e ritornando a dedicarsi alle carote. Non accorgendosi dello sguardo basito con il quale Minato stava continuando a fissarlo mentre si occupava di sciogliere il dado al curry in una pentola di acqua bollente.
A Minato era parso che Shuu dovesse dirgli qualcosa di importante e conoscendo quanto l’amico fosse diretto e non avesse mai problemi a manifestare ciò che doveva dire, gli fecero guardare una occhiata circospetta e attenta. E questa distrazione fu fatale per Minato.
- Oh no, merda! -
Minato non era uno che imprecava quindi Shuu si girò di scatto verso di lui doppiamente allarmato.
- Minato, tutto ok? - si informò.
- Sì… sì… - rispose mogio e solo dopo essersi assicurato che stesse bene Shuu non poté non scoppiare a ridere. A vedere la disperazione comica nel volto dell’altro mentre continuava a fissare sconsolato, e con una punta di disappunto, il liquido far bella mostra di sé sul piano di cottura.
- Shuu non essere crudele, è parte della nostra cena! - ma stava ridendo a sua volta, la risata cristallina di Shuu era servita per smorzare la situazione.
- Minato stiamo cucinando per un esercito, se non te ne fossi accorto. - rise ancora l’altro, ma senza cattiveria alcuna, indicandogli con un gesto del capo tutte le portate che stavano preparando. 
- Ehy! - finse di minacciarlo puntandogli il mestolo contro – Ti ricordo che sei tu quello che ha detto di non chiamare Seiya perchè altrimenti avrebbe avuto meno da mangiare. -
- Touché. - Shuu alzò le mani in segno di resa, scostandosi – con un gesto del capo – un ciuffo di capelli da davanti agli occhi, quello stesso ciuffo che Minato gli aveva scostato poco prima - Diciamo che mi hai preso alla lettera quando ti ho detto che avrei mangiato fino a scoppiare -
- Sono una persona di parola. E poi ogni desiderio del principe è un ordine per me. - si finse tronfio, incrociando pomposo le braccia al petto, mentre lo fissava dritto in volto e tentava di non scoppiare a ridere e mantenere una parvenza di serietà. Stesso identico sforzo che stava cercando di fare anche Shuu ma quando si fissarono negli occhi quel secondo in più ecco che non ce la fecero più e scoppiarono a ridere sonoramente.
Dal punto di vista di Shuu, la vicinanza di Minato – oltre che di stimolo nel migliorarsi sempre di più nel kyudo – era come una ventata di aria fresca, limpida e rinfrescante. 
Per quanto riguardava Minato, invece, la vicinanza di Shuu gli conferiva da sempre una sensazione di calma e seraficità. E nuovamente perdersi in quelle ametiste creò una sorta di turbamento in Minato.
- Sarà meglio che pulisca subito questo disastro, prima che si appiccichi tutto al gas. -
Ma ancora turbato in qualche modo dal tuffarsi negli occhi dell’altro non gli fecero porre la dovuta attenzione e fu inevitabile la seconda parte del disastro. Solo che stavolta fu indubbiamente doloroso per lui.
Shuu non aveva fatto a tempo a dirgli di fare attenzione che vide Minato scottarsi con la pentola ancora bollente.
- Minato! - esclamò preoccupato, prendendogli subito la mano ferita tra le sue, con attenzione.
- Brucia, capperi! - Minato tentò di soffiarvi sopra, ma le dita di Shuu continuavano delicate ad avvolgere la sua, con sguardo preoccupatissimo che costrinsero Minato a rassicurarlo – Shuu è ok, tranquillo. -
- Per un arciere le dita sono importantissime. - cercò di ritrovare la sua solita compostezza – Oltre al fatto che un’ustione non è comunque il massimo della vita come sensazione. Dove hai la cassetta del kit di pronto soccorso? -
- E-eh?  - domandò interdetto il padrone di casa restando rapito dallo sguardo preoccupato dell’altro. E di come, ancora, le sue mani tenessero la sua con delicatezza.
- Ma no, non serve tranquillo. Basterà passarci sopra un po' di acqua fresca. -
- Minato… - il tono fermo di Shuu lo fecero alla fine desistere dal cercar di continuare a protestare e nel giro di un minuto si trovò seduto sul divano mentre Shuu inginocchiato davanti a lui si stava prendendo cura della sua bruciatura, spalmando con delicatezza un unguento lenitivo e sfiammante sulla parte coinvolta.
Shuu stava medicando con cura il palmo della mano di Minato, attento e coscienzioso come sempre, rapendo l’attenzione dello sguardo di quest’ultimo che proprio non gli riusciva di smagnetizzarsi dagli occhi viola del ragazzo che gli stava di fronte. Ne studiava il profilo con attenzione, fissandosi su quelle ciocche di capelli che gli andavano a solleticare la punta del naso, le dita affusolate – che lui tanto amava - che agivano veloci e sicure ma delicate.
- Che silenzioso. – proferì Shuu, senza sollevare gli occhi da quello che stava facendo.
Sì, era vero: era indubbiamente silenzioso, ma cosa avrebbe potuto dirgli? Che stava letteralmente trattenendo il fiato perché quei tocchi gli stavano procurando i brividi? O forse avrebbe potuto rispondergli che era letteralmente rapito dal suo profilo. Indubbiamente meglio tacere se queste erano le risposte – confuse – che avrebbe dovuto dargli. Ma Shuu, sua magnanimità, non infierì ulteriormente, sempre troppo attento al suo operato, recuperando ora dalla cassetta del pronto soccorso la garza per fasciargli il palmo. Anche questa operazione venne eseguita con minuziosità e sempre nel più completo silenzio.
- Ecco fatto. - proferì alla fine, sollevando finalmente gli occhi verso quelli di Minato.
- Io… - proferì Minato, sentendosi la gola talmente secca che anche a cercar di deglutire era come sentirsi raschiare dentro e vedeva che Shuu era lì in attesa, che aspettava che dicesse qualcosa. Il problema era che Minato non sapeva dire che cosa gli si agitasse contro. Cioè, ero tutto così terribilmente… incasinato. Sì, indubbiamente il termine “incasinato” era ciò che rendeva meglio l’idea. Era strafelice di non aver perso Shuu, che tutto fosse rimasto come era prima – gliel’aveva anche detto – solo che forse il problema era che non è che fosse propriamente rimasto tutto-tutto com’era, da parte sua almeno. Solo non capiva cosa nello specifico. 
- Io credo che dovremmo mangiare, prima che si freddi tutto. - proferì alla fine, con un sorriso timido, e forse di imbarazzo, appena accennato. 
- Credo proprio che tu abbia ragione. - rispose, ricambiado il sorriso.
- Guarda che devi mangiare tutto, eh! -
- Parola d’onore. - Shuu si fece la croce sul petto, in segno di suggellar la promessa.
 
 
E Shuu avrebbe veramente mangiato tutto, assaporando con estremo gusto pur mantenendo la sua solita regalità e compostezza. Era a dir poco fantastica questa cosa, pensò Minato, era una così da Shuu.
- Shuu, posso chiederti una cosa? - chiese Minato apparentemente tutto d’un tratto. Apparentemente perché era da un po' che quella domanda gli ronzava per la testa. 
Shuu gli lanciò un’occhiata da sopra il bordo della tazza dalla quale stava bevendo il suo the.
- Dimmi. -
- Cos’è che ti ha fatto sbagliare l’ultimo tiro durante la finale del torneo? Non hai mai sbagliato un colpo per tutti e due i giorni della gara. -
Shuu posò ora delicatamente la tazza sul tavolo, fissandolo negli occhi.
- Scusa non voglio essere indiscreto o rigirare il coltello nella piaga – Minato proseguì a parlare - solo sto cercando di imparare ancora il più possibile e buona parte degli insegnamenti li ricavo da arcieri più bravi di me e con qualità superiori alle mie. -
E Shuu sgranò gli occhi, sentendosi avvampare dentro ad un complimento del genere, fatto in modo così diretto e fresco.
- Ho ancora molto di cui migliorarmi – rispose Shuu, senza falsa modestia alcuna – e ti ho anche detto che ho bisogno di te per poter arrivare ancora più in alto… E tranquillo: non stai girando nessun coltello nella piaga, prendo sempre in preventivo di poter sbagliare. - lo rassicurò, stirando le labbra in un lieve e gentile sorriso, mentre Minato lo ascoltava attentamente.
- Però se ho sbagliato l’ultimo tiro è perché ho commesso un errore imperdonabile per un arciere. - proseguì, sempre mantenendo il sorriso e Minato deglutì, attendendo la rivelazione. Shuu si prese una piccola pausa pensando che non avrebbe avuto alcun senso mentire.
- È stato perché non ero concentrato  sul bersaglio. Ma ero concentrato su di te. -
Le bacchette che Minato teneva ancora in mano, sollevate a mezz’aria, caddero mestamente dalle sue mani, producendo un tintinnio che riecheggiò nella stanza. Quella reazione, così spontanea, così sincera, fece sorridere ulteriormente Shuu.
- Non volevo turbarti. - si affrettò tuttavia a scusarsi, non permettendo all’altro di sganciarsi dai suoi occhi.
- N-nono tranquillo, non è che mi hai turbato. -
Perché avrebbe dovuto? Si chiese al contempo Minato. Cioè si sentiva lusingato da quelle parole, ok, ammirava tantissimo Shuu come arciere, era lui semmai quello che lo guardava tirare perché era una vera e propria gioia per gli occhi ogni volta, ma cosa dire di quel sentire il cuore iniziare a galoppargli in petto dall’emozione a quella rivelazione?
- Solo non me l’aspettavo. Voglio dire, sono io quello che quando tiri tu non riesce a staccarti gli occhi di doss… - e ok, qui si fermò, perché forse, forse!, aveva appena detto qualcosa di imbarazzante. Non che non fosse la verità ma magari poteva suonare alle orecchie dell’altro come un po' ambiguo. O era lui stesso che ci vedeva una sorta di ambiguità? Tuttavia Shuu parve aver gradito quelle parole, in qualche modo almeno, perché mai prima di allora, in tutti quegli anni che si conoscevano, Minato aveva visto imporporarsi le guance dell’amico, il quale si mosse impercettibilmente sulla sedia (forse nervosamente) ma con un sorriso felice, che in qualche modo oltre ad inorgoglirlo gli fece nuovamente sentire quel mestamento nelle budella che lo obbligarono a distogliere lo sguardo da Shuu per togliere in qualche modo entrambi da quella sorta di imbarazzo.
- Quindi è stata per colpa mioh merda! Shuu è stratardi! - Minato era balzato dalla sedia quasi avesse avuto le molle, fissando sgomento l’orologio a parete davanti a sé.
Shuu, invece, non perse il suo solito aplomb, come gli si confaceva e si limitò ad un serafico – Oh, è vero, è parecchio tardi. - riprendendo a sorseggiare il suo the e Dio, anche semplicemente tenendo la tazzina in mano traspirava tutta la sua innata regalità ed eleganza.
Calma e compostezza che, in questo caso, fecero agitare ancora di più Minato perché era un po' come se dovesse essere solo lui, in quanto preoccupato, a farsi carico di gestire e risolvere la situazione.
- Senti, con tutti gli incastri tra treni e metro non ce la farai mai a prendere l’ultima coincidenza per casa tua - alla fine prese il pieno controllo della situazione – fermati qui da me a dormire. - concluse il tutto con un sorriso  caloroso.
E un po' ci aveva sperato, Shuu, di poter restare a dormire da lui, tuttavia non voleva sembrare troppo invadente.
- Sei sicuro che vada bene per te? - chiese infatti, con serietà solenne.
- Ma certo! - fu la risposta entusiasta di Minato – E poi non sarebbe neanche la prima volta, no? - disse con candidezza.
- Già… -
- Dai, ti prendo dei miei vestiti per farti dormire anche se... – e qui si grattò la nuca imbarazzato, attirandosi la più completa attenzione da parte dell’altro che si era alzato a sua volta per poter andare a chiamare i suoi ed avvisarli che sarebbe stato fuori anche per la notte.
- Anche se...? - lo invitò a continuare a parlare, accorgendosi di star trattenendo il fiato. Che ci avesse ripensato? O peggio: che proponesse nuovamente di chiamar anche Seiya?
- I miei vestiti ti saranno un po' corti. - proferì alla fine, ancora grattandosi la nuca imbarazzato – Dio Shuu, sei diventato ancora più alto. - e scoppiò a ridere, per il proprio imbarazzo. Non che Minato fosse basso, era Shuu che con il suo metro e ottanta, a 16 anni, era indubbiamente alto.
E Shuu poté tirare il fiato. Dire che gli aveva fatto quasi venire un infarto era dire poco!
 
 
Mentre Minato era corso di sopra a prendergli un cambio di vestiti e a preparare l’acqua calda per il bagno e lui aveva appena chiuso la telefonata con i suoi per avvisarli che avrebbe passato la notte da Minato, Shuu lasciò vagare lo sguardo intorno a sé, chiedendosi che cosa aspettarsi – se aspettarsi qualcosa – da quella serata. Sospirò piano, passandosi una mano tra i capelli quando qualcosa attirò la sua attenzione.
- Minato ti stava suonando il telefon… - ma si bloccò. Strabuzzò gli occhi incredulo, non voleva assolutamente spiarlo o farsi gli affari suoi ma in qualche modo quel particolare lo riguardava personalmente. Sporse di poco il volto verso il cellulare dell’altro, per esser sicuro di aver visto giusto e non essersi immaginato chissà cosa. Nono: ci aveva proprio visto giusto! Quella era… una loro foto. Insieme. Se la ricordava perfettamente. E Minato, dopo tutti quegli anni, la conservava ancora e la teneva come sfondo della schermata delle chiamate. Si sentì indubbiamente felice e una speranza si accese in lui.
 
 
Ed eccoli lì, infine, distesi a terra, ognuno nel suo futon. Sì perché Minato  aveva insisito di volergli lasciare il letto ed essere lui quello a dormire sul futon ma Shuu, che si sentiva di star in qualche modo disturbando e non voleva abusare troppo dell’ospitalità dell’altro, era stato irremovibile e così alla fine il padrone di casa aveva recuperato un altro futon e l’aveva steso accanto a quello di Shuu, infilandosi sotto e augurandogli la buonanotte ma decidendo che c’era assolutamente un’altra cosa che gli voleva dire.
- Son contento che tu sia qua, Shuu. -
Come al solito Minato aveva parlato con la sua solita schiettezza, che era sempre in qualche modo in grado di spiazzare e sorprendere Shuu, fin dalla prima volta che lo aveva visto.
Sgranò gli occhi, Shuu, per un istante per poi ammorbidire le labbra in uno dei suoi sorrisi lievi appena accennati e posò gli occhi sul profilo dell’altro che se ne stava disteso supino ma quando sentì gli occhi dell’altro su di sé, si mise di fianco a sua volta.
- Mi piacerebbe tantissimo tirare di nuovo insieme a te, Shuu. -
E niente, quella sera Minato aveva proprio deciso di scioccarlo, con quegli occhi smeraldini che brillavano dalla sincera contentezza.
- Anche se anche averti come avversario è indubbiamente stimolante ed esaltante. - proseguì a parlare Minato, quasi stesse cospirando qualcosa, mettendo entrambe le mani sotto al cuscino.
- Beh, potremmo comunque allenarci insieme qualche volta. - propose Shuu, allettato a sua volta dalla cosa.
- Sì! - annuì con vigore Minato, realmente felice, per poi aggiungere – Mi sei mancato sai? -
Ok, ora del decesso: 22.37. E se non fosse morto per quelle parole, il colpo di grazia glielo avrebbero dato le guance di Minato che si erano imporporate. Nonostante la semioscurità della stanza, Shuu le aveva potute vedere chiaramente. E rimase lì, inebetito, sentendo anche le sue guance imporporarsi e si chiese se Minato se ne fosse accorto. Molto probabilmente no, perché aveva bofonchiato qualcosa e si era messo nuovamente prono, grattandosi la punta del naso come faceva sempre quando era imbarazzato e questa cosa fece sorridere teneramente Shuu. 
- Anche tu mi sei mancato, Minato. - sussurrò appena, attirandosi nuovamente l’attenzione degli occhi dell’altro che sorrise felice.
Ed era vero che gli era mancato, non aveva risposto per cortesia. Gli era mancato, e parecchio anche, ma Shuu aveva rispettato i suoi tempi, come quella volta in cui era morta sua madre. Aveva provato a cercarlo ma per carattere non era uno invadente o uno che imponeva la sua presenza ma era sempre in grado di far sentire che lui c’era, in caso di bisogno. 
E Minato aveva sempre apprezzato – tra le tante – questa cosa di Shuu, il fatto di non voler imporre la propria presenza, il proprio aiuto, con la forza perché Minato era uno che quando doveva affrontare le sue cose preferiva, inizialmente, elaborarle in qualche modo da solo, metabolizzarle richiudendosi in se stesso, grato comunque all’affetto degli altri.
Shuu pensò a come Minato fosse in grado di sconvolgergli la vita anche solo con delle parole.
Minato invece procrastinò nuovamente la questione di chiedergli il significato di quel avergli detto “mi hai cambiato la vita”.
 
 
Fu un lampo che gli impattò sul volto a risvegliare Shuu. 
E trovò Minato sveglio a sua volta. Lo sguardo perso ma in qualche modo sofferente a fissare il soffitto sopra di lui. Per non parlare di quando, a seguito di quella saetta, fece seguito immediatamente lo scrosciare della pioggia.
E Shuu, con la sagacia che gli era propria, capì immediatamente.
Si chiese con qualche dolore sordo e cieco dovesse convivere, magari legato anche ad un senso di colpa per esser sopravvissuto, perché la madre lo aveva protetto dall’impatto con il veicolo.
Inevitabile, pensò, che il rumore della pioggia lo portasse con la memoria a quell’evento.
- Minato… - lo chiamò dolcemente, non perdendo di vista nessuno degli eventuali cambiamenti del suo volto. Non voleva invadere un suo spazio privato di elaborazione della cosa ma, d’altra parte, non voleva lasciarlo da solo, voleva fargli capire che lui era lì. Per lui.
Il padrone di casa voltò la testa verso di lui, sforzandosi di sorridere.
- Il temporale ha svegliato anche te? -  cercò di sviare il discorso, pur sapendo che con Shuu non c’era storia.
- Io sono qui… - gli disse semplicemente quest’ultimo. Facendogli capire che aveva capito perfettamente come si sentisse. E quanto valore avevano quelle tre uniche parole. Shuu come al suo solito non entrava a gamba tesa ma con la sua solita attenzione nei suoi confronti. La scelta la stava lasciando a lui.
Da quella situazione a dir poco allucinante Minato aveva imparato che c’erano volte in cui non c’era nulla di male a chiedere aiuto, soprattutto se ci veniva offerto, non si era per questo più deboli o le persone non ti avrebbero voluto meno bene se si mostravano loro momenti di debolezza.
Si perse negli occhi di Shuu, a tentar ancora di non far spezzare la diga. Non che non ci pensasse mai a sua madre, ci pensava tutti i giorni, in ogni istante. Ora riusciva a pensarla non provando solamente quella lacerazione dentro di sé ma ricordando anche le cose belle. Riusciva a ricordare nuovamente il contorno del suo volto, il suono della sua voce, senza doverli scacciare perché gli procuravano troppo dolore. Riusciva a parlare di lei, a ricordare momenti passati insieme con il sorriso sulle labbra. Solo c’erano momenti in cui la sua mancanza si faceva insopportabile, era come se si sentisse mancar l’aria in gola. E quello era uno di quei momenti. Arrivavano e basta, non poteva farci niente e inevitabilmente in quei momenti si sfiorava la cicatrice sul fianco. Quella cicatrice era il segno della sua seconda vita, come la chiamava lui, ed era stato il dono di sua madre per lui. Gli aveva dato la vita per la seconda volta.
- Shuu… - sussurrò appena, stirando le labbra in un sorriso melanconico.
- Sono qui. - gli ripeté l’altro rassicurante, scivolando piano verso di lui, avvicinandosi ulteriormente e fu quando vide che Minato socchiuse le labbra per dire qualcosa ma senza successo e gli angoli degli occhi iniziarono a luccicare che Shuu lo afferrò per la maglia del pigiama e lo attirò a sé. Non era uno irruento ma era pur sempre portato all’azione, a capire quando era il momento opportuno per scoccare la freccia.
E quel gesto così imprevisto spezzò l’ultimo argine di Minato. Affondò il volto nel petto di Shuu, lasciandosi circondare la schiena dalle sue braccia e lui fece altrettanto artigliandosi alla sua maglia e fu come riprendere a respirare, uscire dall’apnea, tra le braccia di Shuu, sentendo il calore del suo corpo, la fragranza per lui inconfondibile della sua pelle, il suo respiro calmo e regolare, come avesse iniziato ad accarezzargli delicatamente la schiena con dei movimenti concentrici e delicati. 
Le lievi carezze di Shuu sulla schiena erano ipnotiche, il suo lento respiro calmo e regolare tra i capelli, calmante. Minato avrebbe tanto voluto affondare le dita tra i capelli di Shuu, giocherellare con quelle ciocche morbide, ma non osava… 
- A volte mi manca così tanto che mi sembra di non essere in grado di respirare. - ma lo disse con un tono calmo, non disperato, e le dita di Shuu passarono ad accarezzargli la nuca mentre lo sentiva rilassarsi a poco a poco sotto ai suoi tocchi. Si sentiva di non poter far altro, perché ogni parola che avrebbero detto – potendo solo intuire il dolore che l’altro dovesse sopportare – temeva potesse risultare vuota e sterile quindi preferiva usare il potere dei gesti e dell’affetto. 
- È un vuoto che non potrà mai essere colmato. - sollevando il volto verso di lui, abbandonando per un istante il conforto del suo corpo, dicendo queste parole con un sorriso, seppur velato di melanconia.
“Permettimi di provare a colmarlo almeno in parte” avrebbe voluto dirgli Shuu ma si chiese quanto egoista e presuntuoso sarebbe apparso con quelle parole, quindi si limitò a stringerlo ancora di più, delicatamente e Minato si abbandonò di nuovo a lui, sentendosi in qualche modo rasserenato. 
Gli sembrava quasi impossibile che l’abbraccio di una persona, il suo calore, i suoi tocchi lievi, potessero avere un simile potere lenitivo, rincuorante.
- Grazie Shuu. - sollevando nuovamente il volto verso di lui e, Dio: come gli brillavano gli occhi verdi e Shuu tirò internamente un sospiro di sollievo perché gli sembrava più tranquillo.
- Non mi devi ringraziare. - deglutendo a vuoto e perdendo un battito quando Minato si rituffò su di lui, intrufolando il volto sull’incavo del collo, stringendosi nuovamente a lui con un enorme sospirone. E per fortuna, si disse Shuu, almeno aveva evitato la figura barbina di farsi vedere arrossire fin sulla punta delle orecchie (quando si imbarazzava tantissimo succedeva sempre). Era certo che non sarebbe stato più in grado di prendere sonno, mentre sentiva Minato scivolare via-via nel sonno, con il respiro che si faceva sempre più lento e profondo e non dava segno di volersi staccare da lui, era la sua panacea emotiva in quel momento.  Il modo in cui Shuu gli stava accarezzando la nuca, il suo petto che si alzava e abbassava ritmicamente, facendolo concentrare sul suo respiro fino a sincronizzarsi a lui.
La mattina seguente Minato si sarebbe svegliato ancora tra le braccia di Shuu. E senza nessun tipo di imbarazzo.
 
I contorni della realtà andarono lentamente definendosi intorno a lui. 
Si era svegliato perché sentiva freddo, quella notte di pioggia – che stava proseguendo – aveva indubbiamente rinfrescato parecchio l’aria. Rabbrividendo, inconsciamente si strinse addosso a quella piacevole fonte di calore.
“Aspe’… fonte di calore…?” pensò spalancando gli occhi e trovandosi il bellissimo volto dell’altro dormiete ad un soffio – letteralmente! - dal suo. Ricordando ciò che era successo la notte precedente. Si rimise quieto tranquillo, con il timore di svegliarlo e si ritrovò a sorridere senza rendersene conto mentre osservava il volto dell’altro abbandonato dolcemente al sonno. E maledisse con tutto se stesso il cellulare che prese a trillare. 
Questo era di sicuro Ryohei che come ogni mattina -  con qualsiasi condizione atmosferica, anche l’imminente Apocalisse annunciata dalle trombe dei 4 Cavalieri - si apprestava a fare i suoi 10 km di corsa e dava loro il buongiorno nella chat di gruppo. Per inciso: alle cinque e mezza della mattina! Cosa, questa, che faceva inorridire ogni volta Seiya. Quando questi si svegliava alla mattina – lui se non altro aveva la cortezza di metter il telefono in modalità silenziosa – cercava di capire di appartenere a questo mondo e vedeva l’orario nel quale Ryohei dava loro il buongiorno, sollevava per un attimo il volto davanti a sé fissando il bianco della parete, riportava poi gli occhi sul cellulare a controllare nuovamente l’orario, poi di nuovo a fissar il vuoto, attonito. A questo pensiero a Minato scappò una piccola risatina e cercò di recuperare il cellulare prima che partissero i millemila messaggi di risposta da parte di Nanao – un altro dall’energia inesauribile - per non disturbare il sonno di Shuu, sapeva per certo che Shuu si fosse addormentato ben dopo di lui, rimanendo a vegliare il suo sonno. Certo che cercare di sgusciare dall’abbraccio dell’altro senza rischiare di svegliarlo era un’impresa davvero titanica. Ci provò allora ad allungarsi, strisciando un po' sopra ma si pietrificò all’istante like opossum quando lo sentì lamentarsi nel sonno e allentare un po' la presa. Trattenne anche il respiro mentre si accertava di non averlo svegliato.
Era bella questa cosa del loro buongiorno mattuttino, neppure si ricordava come e quando fosse cominciata fatto sta che si era scoperto ad aspettare il buongiorno da parte di Ryohei. Gliel’aveva detto loro: rispetto a quando lui e Seiya frequentavano il club di Kyudo della Kirisaki, lui alla Kazemai il clima era indubbiamente più informale e rilassato. Inevitabile, quindi, che si fosse instaurato un rapporto di amicizia tra di loro, in particolar modo dopo il ritiro e il torneo. Con le differenze sostanziali dei loro caratteri si compensavano ed incastravano alla perfezione.
A questo stava pensando Minato mentre era lì che continuava a contorcersi per raggiungere l’aggeggio infernale.
- Dai… un altro po'… un altro po'… sì! -
- Minato…? -
E quale urlettino poco virile gli uscì dalla gola mentre stringeva colpevole il cellulare tra le mani e fissava Shuu, che alla fine si era svegliato ed ora, con lo sguardo adorabilmente assonnato lo fissava stranito, sollevandosi con il busto e facendo scivolare il lenzuolo giù dalla spalla.
- Scusami, ti ho svegliato! -
- No, è ok… - biascicò, scostandosi dagli occhi una ciocca di capelli e a Minato scappò da ridere a vederlo così.
- Che c’è? - chiese Shuu.
- Niente niente, scusa. Ma allora sei umano anche tu, eh? -
E Shuu lo guardò senza capire, reprimendo a stento uno sbadiglio.
- Sembri sempre sceso dalla dimora degli dei o appena uscita da una copertina patina di una rivista di moda, ma direi che la dimora degli dei ti si addice indubbiamente di più. -
- Mah… - e allora Shuu, per nulla risentito però, gli lanciò giochevolmente addosso il cuscino che Minato prese al volo scoppiando a ridere e rilanciandoglielo indietro a sua volta. Beccandolo in pieno volto perché anche Shuu ci metteva un attimo a carburare alla mattina appena sveglio e i riflessi erano indubbiamente rallentati.
- Oddio scusa scusa, Shuu. -
- Ma se stai ridendo. - gli fece notare, ma per nulla offeso.
- Mi faccio perdonare con una super colazione. -
- Hum… -
 
E super colazione sarebbe stata. E se era comprensibile che Shuu avrebbero voluto ritardare il più possibile il momento dei saluti, anche Minato si scoprì a pensare alla stessa cosa quando alla fine lo accompagnò alla porta.
- Non facciamo passare di nuovo una vita ora. - lo pregò Shuu.
- Assolutamente. Anzi Shuu, questo giovedì con gli altri stiamo organizzando di andare al matsuri al tempio, potresti venire con gli altri del club se ti va. -
- Molto volentieri. - disse, ridendo dentro di sé ad immaginarsi in quali fantasiosi, e cruenti, modi Seiya avrebbe cercato di eliminarlo fisicamente. Già si aspettava da un momento per l’altro di sentirsi trapassare da parte a parte da una freccia partita casualmente dalla finestra della camera di Seiya se solo questi lo l’avesse visto lì. Contava sul fatto che si ricordava che Seiya non fosse uno molto mattiniero.
- E poi mi hai promesso che avremmo tirato insieme. - gli ricordò il padrone di casa
- Assolutamente! - e qui gli occhi di Shuu si illuminarono per poi notare che Minato aveva iniziato a spostare il peso del corpo da un piede all’altro, come faceva sempre quando era nervoso, come il lanciare sguardi intorno a sé fino a quando non piantò gli occhi sui suoi.
- Grazie ancora per questa notte. -
E Shuu sorrise, dopo aver spalancato gli occhi per la sorpresa.
- Te l’ho detto, non mi devi ringraziare. - lo pregò prima di voltarsi e incamminarsi dopo averlo salutato.
- Shuu! -
Non aveva fatto in tempo a fare neanche i primi tre passi che di nuovo, proprio come il giorno prima in stazione, l’urgenza con la quale Minato lo aveva chiamato lo aveva fatto fermare di colpo, voltandosi verso di lui.
E lo vide coprire la breve distanza che li separava con una piccola corsa.
Neppure realizzò come l’altro gli appoggiò una mano sulla spalla, né tanto meno il calore delle sue labbra sulla propria guancia mentre gli sussurrava di nuovo un grazie prima di voltarsi nuovamente e tornare di corsa verso casa per poi girarsi verso di lui e salutarlo sventolando il braccio, prima di rientrare in casa.
Se fosse passato qualcuno di là in quell’istante avrebbero visto un ragazzo tenersi una guancia con una mano e uno sguardo perso che però, al contempo, era un mix di emozioni belle. Era forse un modo di dire che sentiva la guancia conservare ancora il calore dove le labbra di Minato si erano posate per quel bacio fugace? Indubbiamente no, non era un modo di dire.
 
E qualcuno, sulla via del ritorno, dopo che si era in qualche modo ripreso, lo incontrò.
- Fujiwara-kun? -
Ancora inebetito non si accorse subito che qualcuno si stava effettivamente rivolgendo a lui.
- Takigawa-san. - Shuu si produsse subito in un inchino rispettoso che Masaki ricambiò.
- Sei stato a casa di Minato? - chiese.
- Ho passato la notte a casa di Minato sì. Dato che suo padre non c’era. -
E, sì: Shuu voleva che quella frase risuonasse ambigua agli occhi dell’altro.
E ovvio che Masaki colse. Ma non in sé l’ambiguità della frase ma che fosse stata resa tale apposta per lui. Dunque quel figlio degli dei sceso in terra lo vedeva come una minaccia e stava cercando di marchiar il territorio? Interessante.
- Ma non sono di certo io quello dal quale ti devi guardare… - mormorò appena Masaki quando Shuu aveva ormai voltato l’angolo della via.
 
 
Continua…
 
 
Mamma mia questo capitolo è stato un po' un parto-partino perché ci ho messo un botto a scriverlo, per non parlare di correggerlo e sistemarlo. E dire che avevo il canovaccio punto per punto. Ovviamente mai avrei pensato che sarebbe stato così lungo alla fine; i papiri, a volte ritornano.
PICCOLA NOTA TECNICA SERIA (io comincio a spaventarmi che ogni volta faccio la seria ad un certo punto, ceh: è davvero arrivata la fine del mondo): c’è questo piccolo libretto bellissimo che si intitola “Lo zen e il tiro con l’arco” di E. Herringel che davvero ve lo straconsiglio. Aiuta a capire un po' di più tutto l’immenso lavoro di preparazione – spirituale zen – che c’è dietro alla disciplona del kyudo.
 
 
   
 
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