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Autore: Moira2020    07/08/2022    0 recensioni
La nascita di Evelyn Been corrisponde con la morte di Vincent Cooper. Come possono due persone divise dalla morte incontrarsi?
Evelyn agli occhi degli altri appare come una ragazza normale; ha un lavoro, una casa e pochi amici. Ma dentro di se ha un mostro, un mostro chiamato depressione. Il suo demone interiore la porterà ad una decisione drastica, ma qualcuno verrà da lei per salvarla.
Tratto dalla storia:
Evelyn aprì per un attimo gli occhi. I suoi occhi grandi e all'insù quasi come quelli dei gatti. - Chi sei?- chiese con un filo di voce.
Vincent sorrise. Era la prima volta che i loro occhi si incontravano. - Sono il tuo angelo custode.-
Genere: Dark, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Capitolo 1
La fine e il principio


Il soffitto aveva ben tre minuscolo crepe.
Una a forma di triangolo, una a forma di uncino e l'ultima sembrava quasi comporre una composizione di piccolo fiori. Evelyn osservava spesso il soffitto della sua camera. Lo fissava così intensamente che quasi le bruciavano gli occhi. Contare le crepe e  i piccoli solchi la rilassava. Quella notte scorpì addirittura un nuovo solco. Se ne stava sdraiata sul letto dritta come un fuso, i piedi e le mani abbaondonati totalmente. Erano passati tre giorni dall'inizio delle sue ferie eppure li aveva passati tutti a letto. Come ogni anno, avrebbe trascorso i suoi giorni liberi in casa. Alazarsi la mattina per andare a lavoro per lei era come una specie di tortura. Uscire significava incontrare persone, persone con cui parlare. L'unico motivo per cui era costretta a lavorare erano i soldi. Sapeva bene che per vivere in modo decente servivano i soldi e così, tutti i giorni, indossava la sua maschera fatta di sorrisi finti, e usciva di casa. Per gli altri lei era una ragazza gentile ed educata, molto brava nel suo lavoro. Forse qualcuno l'avrebbe definita anche simpatica.
In realtà soffriva di depressione da qualche anno. Era iniziato tutto da quando aveva finito la scuola.  Dentro di se aveva sempre odiato avere rapporti con gli altri, era difficile che trovasse qualcuno simpatico. Dopo il diploma non aveva più avuto contatti con i suoi compagni, aveva trovato un lavoro come segretaria in uno studio legale e lì erano finite le sue avventure. Non aveva mai viaggiato, non aveva mai visto un concerto, raramente era andata a cena fuori. Aveva sempre preferito leggere un buon libro in solitudine piuttosto che una vita mondana. Questo l'aveva portata sempre più ad estraniarsi dal mondo esterno. Le persone della sua età, quelle vicine ai trenta anni, avevano ormai una famiglia, lei invece, aveva i suoi libri e un criceto. 
Pensava spesso che saebbe voluta cambiare, magari uscire con qualcuno, scoprire cosa si provava ad andare in una discoteca. L'idea le passava subito. Probabilmente si sarebbe sentita a disagio, incapace di tenere viva una conversazione, completamente estranea agli interessi delle persone della sua età. Lei teneva ancora i poster delle sue band preferite dell'adolescenza. Gruppi rock e metal che lei amava, ma che non aveva mai avuto il coraggio di ascoltare dal vivo. 
Sbuffò, distogliendo lo sguardo dal soffitto e iniziò a piangere. Lo faceva spesso, diciamo ogni sera. Un'idea le ronzava nella testa da qualche mese. 
Suicidio. 
Durante l'adolescenza aveva fatto spesso questi pensieri, ma erano andati via sempre dopo pochi giorni. Con il passare degli anni, invece, si erano fatti sempre più presenti. Desiderava il buio e il silenzio. Si alzò a fatica dal letto, cercando al buio le pillole che aveva sul comodino. Non prendeva gli antidepressivi da diversi giorni, ma quella era la sera giusta. Sarebbe stato facile morire? Avrebbe alleviato le sue sofferenze e la sua maliconia sua amica da sempre? Afferrò decisa il piccolo barattolino e senza acqua mandò giù qualche pillola. Ancora al buio si spostò nel bagno, riempendo velocemente la vasca fino all'orlo, dopo di che vi si sdraiò all'interno. Sarebe svenuta a causa dei farmaci e poi l'acqua avrebbe messo fine alle sue sofferenze. Prese altre pillole e poi ne prese ancora e ancora finchè il barattolo non fu vuoto. La testa iniziò a girare, tutto sembrava confuso. Dopo poco chiuse gli occhi e il buio la inghiottì. 

***


A Vincent non piaceva affatto ciò che stava vedendo. Non poteva perderla, non poteva perderla proprio in quel modo orrendo. Doveva assolutamente intervenire. 
-Gabriel!- urlò.
Ma non ricevette nessuna risposta e così continuò ad urlare. - Gabriel! Vieni subito qui! - 
Stava perdendo le speranze fino a quando un uomo dai capelli biondi e il viso etereo gli si materializzò di fronte.
- Devo salvarla, devo intervenire! - disse Vincent indicando un punto non ben definito. 
- Sai bene che non puoi. Non possiamo intervenire così nettamente. Ha fatto la sua scelta, ha un libero arbitrio.- Gabriel parlò con calma ma in modo deciso. 
- Questa è una cazzata! La mia protetta sta morendo e io devo salvarla... io... non posso perderla. Così andrà a finire dritta ai piani bassi e lei non merita questo. Se solo sapesse che quella non sarà la fine delle sue sofferenze...- 
-  Hai fatto il possibile, Vincent. Non possiamo scegliere per lei. - Gabriel si voltò, osservando il viso candido di Evelyn sempre più sommerso dall'acqua. 
- No. Io interverrò con o senza il tuo permesso.- Vincent strinse i pugni, il viso ormai disperato. 
- Se lo farai non sarai più un angelo. Diventarai umano ma non durerà per molto. Morirai nuovamente e questa volta finirai all'inferno. - 
Vincent conosceva bene le regole, ma non poteva lasciare andare Evelyn. 
- Non mi interessa. Voglio farlo. Toglimi pure i poteri, io non ho scelto di diventare un angelo. - 
-Era il tuo destino... - ribattè Gabriel alzando un sopracciglio in segno di disappunto. 
- Già, bella merda.- rispose Vincent muovendosi nervosamente. 
- Vedo che non sei cambiato affatto in questi trenta anni, Vince. Ti accontenterò, ma non avrai seconde possibilità.- 
- Presto! Presto! Sento che sta morendo! - le urla di Vincent divennero quasi isteriche. Gabriel sospirò alzando le spalle. Poi, avvicinandosi, spinse Vincent con un tocco leggero, ma con una tale forza da farla cadere a terra. Quando toccò il pavimento si ritrovò nel bagno di Evelyn. Rimase paralizzato per un secondo, sentendo di nuovo il bisogno di mangiare e di bere. Erano sensazioni quasi dimenticate.
-Evelyn...- sussurrò. Si affrettò a raggiungere la vasca. Tirò su la ragazza ormai senza respiro. Senza pensarci due volte cercò di rianimarla. Una, due volte alla terza sentì di nuovo un respiro più simile ad un rantolo. Con fermezza le infilò due dita in gola, facendole vomitare tutte le pillole che aveva ingurgitato. - Evelyn, avanti, respira.- disse battendole piano una mano sul viso. 
Evelyn aprì per un attimo gli occhi. I suoi occhi grandi e all'insù quasi come quelli dei gatti.
- Chi sei?- chiese con un filo di voce. 
Vincent sorrise. Era la prima volta che i loro occhi si incontravano. - Sono il tuo angelo custode.- rispose lui nella maniera più semplice e vera.
 
   
 
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