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Autore: Ahimadala    09/08/2022    2 recensioni
Hermione Granger ha fatto il possibile per restituire la memoria ai suoi genitori dopo la fine della guerra.
Tuttavia, nel tentativo di combattere il suo stesso incantesimo, qualcosa é andato storto.
L' eroina del mondo magico si ritroverá con un insolito e rarissimo dono, che la costringerà a scoprire stravolgenti ed imbarazzanti verità.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Lucius/Narcissa
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Non appena i suoi piedi si ritrovarono tra le ceneri del caminetto della sua camera da letto, le sue ginocchia si accasciarono a terra. Gli era costato uno sforzo enorme sorreggere il suo peso dopo ciò che era successo, e solo adesso stava finalmente concedendo ai suoi polmoni l’aria di cui avevano bisogno, respirando pesantemente. I suoi occhi scivolarono verso la sporgenza tra i suoi pantaloni che stava lentamente diminuendo, e quella macchia poco più su che era fortunatamente riuscito a nascondere con l’orlo del suo maglione. Dio, ma quanti anni aveva, tredici?  No, si disse. Perché neanche a tredici anni gli era mai capitata una cosa del genere. Certo, era anche vero che non aveva mai portato Hermione Granger all’orgasmo con le sue stesse mani quando aveva tredici anni.  Forse al sé stesso tredicenne, nella stessa situazione, sarebbe andata peggio: piuttosto che venirsene nei pantaloni, sarebbe direttamente deceduto di infarto. Non escludeva tuttavia quell'opzione dal suo immediato futuro, visto il modo in cui il suo cuore continuava a martellare prepotentemente contro la sua gabbia toracica. Per un momento pensò seriamente che stesse per uscire fuori, aprendo un varco tra le sue costole. Resto lì, in quel modo, per diversi minuti, almeno fino a chè non sentì che le sue ginocchia avevano recuperato una solidità sufficiente a reggerlo in piedi. Si alzò lentamente, cambiando i propri vestiti con un colpo della sua bacchetta, e si lanció sul letto. Avrebbe passato l'intera notte a pensare a ciò che era successo. Nonostante sapesse che avrebbe potuto applicare tutta l’occlumanzia di cui ormai era un maestro per bloccare il ricordo e lasciare che la sua mente scivolasse nel sonno, e che il sangue ritornasse al suo cervello, non voleva affatto farlo. Voleva restare così: steso sul letto, solo l'eccitazione e l'adrenalina a rincorrersi tra le sue vene e nel suo cervello. Ed il tutto era dovuto niente meno che a Hermione Granger. Come diamine si era ritrovato in questa situazione? Era tutto iniziato con il semplice desiderio di liberare suo padre. Eppure adesso di quel vecchio bigotto al piano di sotto non poteva importargliene di meno,  e pensare a come avrebbe reagito se avesse saputo su cosa il suo caro figlioletto purosangue stava fantasticando, lo fece addirittura sorridere. Forse adesso, per la prima volta nella sua vita, non aveva paura del domani. Avrebbe anzi osato dire che era felice, e quasi impaziente, di scoprire ciò che i giorni a venire gli avrebbero riservato. 


Quando riaprì gli occhi la mattina seguente, la luce che inondava la sua camera quasi lo accecò, suggerendo che fosse mattina ben inoltrata. Un bel cambiamento dato che di solito era sempre in piedi alle prime luci dell’alba -nella migliore delle ipotesi comunque, ovvero quando riusciva ad addormentarsi. Si alzò molto lentamente, decidendo di ignorare i lamenti del suo stomaco e di non scendere di sotto per la colazione. Avrebbe sicuramente incontrato suo padre, così come sua madre, e questo avrebbe rovinato il suo insolito buonumore. Si infilò sotto l’acqua bollente della doccia, ripensando mentalmente a ciò di cui aveva discusso con Hermione. Le aveva promesso che l’avrebbe aiutata, e lei aveva acconsentito che chiedesse l’aiuto di Theo, perciò si vestì al volo e si catapultò nel caminetto. Non aveva la più pallida idea di come avrebbe potuto fare per togliere Hermione dalla complicata posizione politica e burocratica in cui si era ritrovata, ma non aveva dubbi sul fatto che Theo, in questo ambito, fosse un vero e proprio stratega. E così, senza curarsi dell’orario, e nemmeno certo che lo avrebbe trovato in casa, lasció che le fiamme lo conducessero al Nott Manor. Per sua fortuna, Theo sedeva annoiato, con una copia della gazzetta del profeta tra le mani, davanti ad una tavola imbandita di talmente tante prelibatezze che il suo stomaco si ribellò ancor prima che i suoi piedi fossero ben saldi al suolo.

Il ragazzo sollevó lo sguardo dal suo giornale, e non riuscì a nascondere la sua espressione sorpresa. 

“Aspettavi qualcun altro?” disse Draco, sgusciando fuori dal caminetto e andando a sedersi al capo opposto del tavolo. I suoi occhi esaminarono rapidamente il ben di Dio che aveva davanti. 

“In realtà si”. Theo ripiegò il suo giornale, poggiandolo sul tavolo e scrutando il suo amico con aria confusa mentre si serviva un'abbondante porzione di uova, pancetta e pane appena sfornato. 

“Devo parlarti” inizió Draco tra un boccone e l’altro

“Oh, lo credo”.

“Mi serve il tuo aiuto” continuò il biondo, azzannando un panino al burro ed ignorando completamente il sarcasmo di Theo.

“Sono tutto orecchi”.

 Il moro allungò esitante un braccio verso la propria tazza di caffè, abbandonata davanti al giornale. Si muoveva lentamente, come se qualsiasi movimento troppo brusco potesse in qualche modo rompere lo strano incantesimo dal quale il suo amico era evidentemente posseduto. 

“Riguarda Hermione”. 

Theo si strozzò con il suo caffè, mettendo via la tazza e decidendo che finché la situazione non fosse diventata più chiara, sarebbe stato più saggio evitare di avvicinare qualsiasi cosa alla sua bocca. Continuando a tossire, annuì, facendo cenno al suo amico di continuare.

Finalmente, Draco smise di ingozzarsi, e con un'espressione talmente seria da convincere Theo non fosse in realtà posseduto da niente, o perlomeno da niente da lui conosciuto, gli vomitò addosso un fiume di fatti, parole e spiegazioni che lo lasciò stupefatto. 

Theo, sebbene inizialmente sorpreso, inizió a riflettere ed analizzare ogni singola cosa che Draco gli aveva detto. Passarono diversi secondi in silenzio, mentre il moro fissava prima il soffitto, poi il pavimento, poi faceva saettare nervosamente lo sguardo tra il caminetto e l’orologio sopra di esso. Dopo quella che a Draco parve un’eternità, finalmente parlò. 

“Bisogna esporli pubblicamente, creare uno scandalo".

 Il biondo non afferrò immediatamente, perciò Theo, seccato, continuò. “Stanno agendo cercando di screditarla pubblicamente, no? Quindi dobbiamo fare lo stesso con loro” alzò le spalle. "È così che funziona in politica"

“Politica”.

 Theo sospirò. “Dobbiamo trovare qualcuno disposto a scrivere e pubblicare un articolo per noi”

Draco alzò un sopracciglio. 

“Oh, ancora meglio, dovrebbero intervistarla”. Diresse il suo sguardo verso il giornale ripiegato sul tavolo. “Suppongo che Hermione non possa certamente contare su chi scrive per la gazzetta del profeta” disse, accarezzandosi il mento con aria pensierosa. “Il settimanale della strega, che ne dici?”

Ancora parzialmente disorientato dalla rapidità con cui Theo sembrava aver risposto alla sua richiesta, scosse la testa, non sicuro al 100% di ciò che stava negando. 

“No, no. Immaginavo". 

Calò il silenzio tra i due per qualche secondo, e nello stesso istante in cui i lineamenti di Theo si illuminarono di nuovo, la fiamma del caminetto si accese.

Draco imprecò mentalmente, mentre Theo sobbalzò sulla sua sedia, come se fosse sorpreso di quella visita. Probabilmente, era talmente assorto nelle sue riflessioni da aver dimenticato che aspettava qualcuno. 

Pansy entrò nel salotto, in piena mattinata, vestita come qualcuno di ritorno dal peggior pub di Knockturn Alley. Gonna corta, tacchi alti, capelli spettinati e trucco sbavato, ed un assurda borsa che penzolava dal suo braccio sinistro.

Parve sorpresa di vedere Draco lí, ma dopo qualche secondo scrollò le spalle, dopo aver probabilmente deciso che la sua presenza le era in realtà completamente indifferente. 

Draco, nel frattempo, nutriva più o meno lo sesso sentimento nei suoi confronti, associato tuttavia ad una certa dose di nervosismo per avere interrotto ciò che Theo stava per dire. Osservó il suo amico, che adesso aveva occhi solo per Pansy.  

“Ehi” disse, attendendo che riportasse i  suoi occhi su di sé. “Quindi? Stavi dicendo?”

Il ragazzo aggrottò  le sopracciglia, poi si riprese lentamente da quello stupore iniziale. “Oh, si… Lovegood scrive ancora per quel giornale?”

“Chi?”

“Lovegood. Luna lovegood”

Draco continuò a fissarlo con un’espressione inebetita. 

“Corvonero, bionda. Un anno in meno di noi ad Hogwarts”.

“Si. Si. So chi è”

“Beh, allora? Ha ancora lei quel giornale?” domandò Theo con nonchalance e impazienza, i suoi occhi che continuavano a saettare tra il biondo e la ragazza ancora in piedi davanti al caminetto. “Ehi, dov’è Blaise?”

Pansy si voltò verso il caminetto alle sue spalle. “Oh, avrebbe dovuto essere proprio dietro di me in realtà”.

“Cosa c'entra Lovegood?” sbottò Draco. 

Theo riportò l’attenzione su di lui. “Beh gestiva quel giornale, molto popolare tra la resistenza durante la guerra. E adesso è popolarissimo".

"Ma tra Potter e i suoi" rispose scoraggiato. "Cosa importa alla gente che sta attaccando Hermione? Neanche lo leggeranno".

Theo fece saettare lo sguardo tra lui e Pansy. La ragazza alzò gli occhi al cielo, avvicinandosi al tavolo e servendosi un bicchiere di succo d'arancia. 

"Draco, ascolta".  Theo si portò le mani alla fronte, poggiando i gomiti sul tavolo, come se stesse spiegando ad un bambino qualcosa di assolutamente elementare. "Il Cavillo è attualmente il giornale più popolare in assoluto". Sollevò tra le mani la sua copia della Gazzetta del profeta. "La vedi questa? È spazzatura. Ogni purosangue lo compra esclusivamente per facciata, non mancando di arrotolarci all'interno una copia del Cavillo ogni mattina, naturalmente ben nascosta. A meno che non se lo facciano consegnare direttamente a casa. Scommetto cinquanta galeoni che lo legge anche tuo padre".

"C-cosa?"

Questa volta, finalmente, fu Pansy a parlare. "Draco, nessuno ormai dá alla Skeeter il minimo di credibilità. L'unico motivo per cui continua a pubblicare i suoi frivoli articoli è perché i vecchi purosangue vogliono che ne riacquisti. Ma anche loro, segretamente, divorano le pagine del Cavillo".

"M-ma" esitó il biondo. "Non parlava di creature fantastiche e strambe teorie complottiste?"

Pansy mise via il suo bicchiere di succo ormai vuoto, appoggiandosi contro il tavolo in un modo che avrebbe fatto svenire sul colpo Narcissa e qualsiasi altra madre purosangue che faceva del galateo la propria religione. "Sei così indietro che è imbarazzante".

L'espressione del biondo cambió. Non gli piaceva affatto la piega che la conversazione aveva assunto. Era venuto qui per parlare di un problema serio con Theo, e adesso aveva l'impressione che i suoi amici lo stessero solamente prendendo in giro. 

"Il cavillo, dopo la guerra, è diventato il giornale più importante della società magica” riprese Theo con un sorrisetto sul volto. “Sebbene nessuno abbia il coraggio di ammetterlo”.

“E ovviamente quelli del ministero non possono controllarlo, per questo le stanno provando tutte per rilanciare la gazzetta del profeta” continuò Pansy. 

Adesso, forse, Draco stava iniziando a capire. 

“Quindi potremmo suggerire ad Hermione di mettersi in contatto con Lovegood e farsi intervistare, tutto qui?”

Theo si accarezzò il mento con aria pensierosa. “Non risolverebbe tutti i suoi problemi, ma è un primo passo per vincere questa guerra diplomatica che il ministero sta combattendo contro di lei”.

Draco annuì, cercando di elaborare pienamente le parole dei suoi amici. Quella sera stessa sarebbe tornato da Hermione e le avrebbe parlato di questo. Al solo pensiero di rivederla, sentì le sue guance riprendere ad arrossire. Tuttavia, Theo e Pansy non sembrarono notarlo, avendo già preso a parlare di altro. 

Draco non se ne curò, decidendo che era arrivato il momento di alzarsi, tornarsene al Manor  e fissare l’orologio finchè non avesse ritenuto l’ora da esso indicata un orario decente per precipitarsi nel caminetto dell’appartamento di Hermione. 

Mentre si alzò, uno strano odore raggiunse le sue narici, facendolo tossire. Voltando i suoi occhi verso Pansy, si rese conto che quell’odore proveniva dal fumo sprigionato dal piccolo oggetto che teneva tra le mani. Sgranò le palpebre… “Ma quella è-“

“Una sigaretta babbana? Si” rispose con nonchalance, avvicinandosela alle labbra ed inspirando. 

Rimase immobile ad osservarla. Da quando Pansy Parkinson, colei che aveva sempre ripudiato qualsiasi cosa non appartenesse rigorosamente al mondo purosangue, fumava sigarette babbane?

Avendo probabilmente letto sul suo volto cosa stava pensando, la ragazza parlò di nuovo. “Sembra tu abbia visto un fantasma”. Espirò su di lui una nuvoletta di fumo, facendolo tossire di nuovo. “È molto meglio di quei vecchi sigari che vengono propinati a noi, e che comunque possono fumare solo gli uomini".

 Draco si prese solo qualche secondo in più per metabolizzare la cosa. Quando i suoi occhi si riportarono sul caminetto, la sua fuga fu tuttavia rallentata di nuovo. Le fiamme si accesero, trasportando questa volta Blaise. 

Anche lui, come  Pansy, aveva l’aria di chi non aveva affatto dormito, ed era vestito in modo insolito. 

“Finalmente” esclamò Pansy vedendolo arrivare. “Temevo fossi collassato sul mio divano”. 

Il ragazzo barcollò fino alla poltrona più vicina, lasciandosi andare contro di essa. 

Theo si alzò dal tavolo della colazione, con un bicchiere pieno d’acqua in mano, e lo porse al nuovo arrivato. “Cosa vi avevo detto? Le feste babbane sono folli”. Pose un'enfasi particolare sull’ultima parola, e Draco finì per credere che ci fosse qualche sostanza allucinogena nelle uova che aveva appena mangiato. 

“Siete stati ad una festa nel mondo babbano?” la sua domanda non era indirizzata a nessuno in particolare, ma la risposta provenì da tutte e tre le bocche. 

“Si”.

“Non c’è più molto posto per noi nell'alta società magica” affermò Pansy. 

“Né nella bassa” aggiunse Blaise. “E preferisco i pub babbani a quelli di Knockturn alley".

Draco era sorpreso. Sapeva che i suoi amici ne avevano passate tante dopo la guerra, e che ognuno di loro era arrivato alla conclusione che l’ideologia con la quale erano stati rigidamente cresciuti era una stronzata. Ma credeva che il cambiamento più assurdo fosse stato il proprio. Insomma, lui frequentava Hermione Granger, una nata babbana, e non una qualsiasi: il braccio destro di Potter, la loro nemica numero uno, colei che avevano sempre tormentato e bullizzato. Avrebbe addirittura osato dire che stava iniziando a provare qualcosa per lei, che andava ben oltre la semplice attrazione fisica. Dati i fatti, credeva di essere lui quello che più di tutti aveva preso le distanze dal mondo nel quale erano cresciuti. 

Si era sbagliato di grosso: i suoi amici si erano spinti molto oltre, addirittura nel mondo babbano. Si chiese se forse non fosse stato troppo distratto da Hermione e dai suoi stessi affari per non accorgersi di questo loro cambiamento. Sembrava esser successo tutto in modo così improvviso. Forse, si rese conto, era dovuto al fatto che lui, a differenza dei suoi amici, aveva ancora due genitori, e per quanto non li vedesse spesso, vivevano comunque sotto il suo stesso tetto. Per loro invece non era così. Abitavano completamente da soli nei loro grossi manieri, all’interno dei quali regnava un silenzio assordante. Ecco perché erano sempre in compagnia l’uno dell’altro, e cercavano rifugio nel posto più lontano possibile da essi: il mondo babbano. 

Decise di rimanere lì ancora un po’: ultimamente li aveva trascurati, e sebbene nessuno sembrasse avergliene fatto una colpa o averlo notato, un po’ sentiva la loro mancanza. Si rese conto, inoltre, che né Theo né Pansy avevano mostrato la minima esitazione ad aiutarlo quando aveva parlato di Hermione, e quest’ultima soprattutto aveva abbandonato la pretesa di fare un espressione schifata ogni qualvolta lei venisse nominata. 

Erano cambiati, tutti quanti. Ciò che avevano vissuto li aveva fatti crescere, ma allo stesso tempo si sentiva come se stessero in realtà tutti recuperando  parte della spensieratezza che avevano perso tanti anni fa, finalmente liberi dalle grinfie dei loro genitori e di una società che gli aveva fatto il lavaggio del cervello fin dalla culla.

Fu solo molto tempo dopo che, rientrato al Manor, Draco decise, dopo mesi o addirittura anni, di recarsi nella biblioteca di famiglia per ammazzare il tempo. Non visitava quel posto da tantissimo, principalmente perché era diventato il luogo preferito di Voldemort durante il suo soggiorno al Manor.  Aveva frugato e profanato buona parte dei loro libri di genealogia, di magia oscura, di pozioni. Ma a lui adesso non importava. Si stava dirigendo lì solo per consultare la sezione nella quale venivano raccolti i giornali.

 Aveva sceso le scale silenziosamente e camminato lungo il corridoio con il cuore in gola, sperando di non incontrare i suoi. Poi, si era intrufolato nella biblioteca aprendo la porta il minimo indispensabile per infilarcisi di traverso. 

Una volta dentro camminó dritto verso il piccolo scaffale sulla sinistra dove venivano raccolti i giornali, e inginocchiandosi, non fu sorpreso di trovare solo le edizioni della Gazzetta del profeta.

Nella piccola sezione accanto, c’era una raccolta di volumi del settimanale della strega che sembravano non essere mai stati aperti. Probabilmente continuavano ad arrivare e ad essere sistemati qui dagli elfi domestici: ormai da troppo tempo sua madre aveva perso l'interesse per le riviste di gossip. 

Era deluso. Non sapeva cosa si aspettava di trovare: forse qualche copia del Cavillo consegnata per sbaglio. 

Incerto, decise che voleva saperne di più. 

“Mippy” chiamò. 

Il piccolo elfo apparve davanti ai suoi occhi all’istante, guardandolo con aria intimorita. “Il padrone desidera?”

“Emh” abbassò lo sguardo verso le proprie scarpe. “Volevo chiederti se potessi procurarmi le copie del Cavillo degli ultimi mesi? E anche quelle che usciranno da oggi in poi”. 

Il piccolo elfo annuì, e quando Draco si rese conto che stava per andarsene, lo bloccò. Con le mani in tasca, tirò fuori un galeone, porgendolo alla creatura. “Per i tuoi servigi” disse. “Posso chiederti di non riferirlo ai miei genitori?”

L'elfo rimase immobile ed in silenzio.  

“E, emh, di consegnare le copie in camera mia, per favore?”

La  piccola creatura sembrava quasi spaventata dal suo braccio teso e della mano che impugnava la moneta.

“Come il padrone desidera” squittì. 

“Aspetta” la bloccò di nuovo quando vide che stava per materializzarsi. “Prendi questo”.

Esitante, l’elfo allungo la piccola mano rugosa, afferrando finalmente la moneta. “Cosa volete che faccia con questa?” domandò.

Draco strabuzzò le palpebre. “Quello che volete”.

“G-grazie” borbottò con aria sempre più confusa, prima di dileguarsi. 

Lentamente, Draco se ne ritornò in camera. 

Con più vanità di quanto avrebbe mai voluto ammettere, si pettinò e vestì con attenzione. Le lancette dell'orologio lo convinsero che era finalmente giunto il momento in cui avrebbe rivisto Hermione, perciò si infilò nel caminetto. Non si era dato un orario preciso con Hermione, ed era molto in anticipo rispetto all’ora in cui erano soliti incontrarsi, ma dal momento che era temporaneamente sospesa dal lavoro sperò con tutto il cuore di trovarla in casa. 

Le sue speranze furono confermate. Hermione era accovacciata sul divano, con una tazza di thè ed una serie di scartoffie sparse sul tavolino davanti a lei. Appena lo vide le sue sopracciglia si sollevarono fino a raggiungere la fronte, e saltò giù dal divano. 

“Scusa” affermò. “Non c’eravamo dati un orario, ma ho parlato con Theo di ciò di cui abbiamo discusso ieri, e sembra avere un’idea. Volevo parlartene”.

Hermione lo fissò intensamente, e potè quasi giurare di vedere le sue guance arrossire quando nominò la giornata precedente. La cosa gli fece stranamente piacere. Era lei quella in imbarazzo? Da un lato non voleva che si sentisse così verso di lui, dall’altro era segretamente grato per ciò, perché significava che non aveva idea, fortunatamente, di ciò che gli era successo. 

“O-ok” disse, rimettendosi seduta. La osservò mentre, con aria pensierosa, avvicinava le mani alla propria tazza di thè. Poi le allontanò. “Vuoi del thè?” domandò, alzando immediatamente lo sguardo e incrociando i suoi occhi. 

Una strana sensazione, vagamente simile ad una tempesta, agitò il suo stomaco. Tuttavia ormai aveva incrociato gli occhi di Hermione Granger abbastanza volte da riconoscerla. Non era una sensazione nuova, ma di volta in volta cresceva di intensità. 

“No, grazie” si limitò a rispondere, con tono più tranquillo di quanto si aspettasse.

Tra i due, visti dall’esterno, sembrava essere lei quella più agitata. 

“Conosci il giornale di Lovegood?” chiese.

Hermione strabuzzò le palpebre. “Il cavillo?”

“Si, quello. Theo sostiene che sia attualmente il giornale più influente di tutta la società magica dopo gli eventi della guerra. E questo al ministero non piace”. 

“Perché non possono controllarlo” borbottò Hermione a bassa voce.

Draco annuì. “Dunque, secondo Theo, sarebbe molto d’effetto se tu rilasciassi un’intervista con loro per raccontare tutto. Loro hanno tentato di screditare te, tu devi provare a screditare loro”.

Hermione rimase qualche secondo in silenzio, riflettendo sulla questione, poi si lasciò andare sospirando contro lo schienale del divano. “Si, ha senso. Potrebbe funzionare. Ma per Godric, queste battaglie a colpi di scandali pubblici non le capiró mai”. 

“Era meglio quando eri solo tu e la tua bacchetta?” domandò Draco, improvvisamente serio. Cercò i suoi occhi marroni, notando un velo di tristezza in quelle pupille scure.

Hermione annuì. 

“Credi di poter arrangiare un intervista con Lovegood?”

“Certo”. Si alzò, afferrando un foglio di pergamena. “Anche per domani, in realtà. Non ho molto da fare comunque  in questi giorni”. Il suo sguardo si diresse verso le scartoffie ammucchiate sul tavolino, dal quale afferrò una penna babbana e scrisse un messaggio.  

Rimase ad osservarla, mentre il suo sguardo cadeva sui suoi abiti babbani. Non era la prima volta che la vedeva vestita così, eppure adesso non riusciva a toglierle gli occhi di dosso.  Questi vestiti le donavano molto più delle gonne lunghe fino al ginocchio e dei cardigan che indossava al ministero. Per un momento pensò a come avrebbero reagito i funzionari se si fosse presentata tra i loro corridoi con questi semplici pantaloni e questa maglietta. Avrebbe pagato per vedere la scena.

Quando Hermione si voltò per attaccare il messaggio alla zampa del piccolo gufo appollaiato sul davanzale della finestra, i suoi occhi furono attratti da una forza che non potè controllare verso il suo fondoschiena. Deglutì. Si, stava davvero rivalutando la moda babbana. Ripensò agli abiti con cui aveva visto Pansy quella mattina, e per un momento immaginò Hermione vestita allo stesso modo. I suoi pugni si strinsero contro il bracciolo della sedia. 

“Ti faccio sapere appena mi risponderà” disse Hermione, rimettendosi seduta. “Magari potresti venire qui il giorno dell’intervista, se ti va”.

“Si” replicò, senza la minima esitazione. 

Tra di loro cadde di nuovo il silenzio, parzialmente riempito da un lamento proveniente dal suo stomaco. Gli avvenimenti degli ultimi giorni, doveva ammettere, avevano completamente riaperto la sua fame. Guardò verso l’orologio, constatando che era ormai ora di cena, e decise di rischiare di fare una follia. 

“Granger?” la chiamò, esitante, attendendo  che i suoi occhi si posassero su di lui. “Ti andrebbe di andare a cena?”

***

“S-si”

 La sua momentanea esitazione non fu dovuta alla sua mancanza di desiderio, quanto più alla sorpresa di quella proposta. 

Il suo sguardo si posò verso il suo frigorifero vuoto, e verso le scatole di cibo cinese d’asporto che riempivano il suo bidone dell’immondizia. L’idea di una cena fuori, in quel momento, era più che appagante. 

“Si" ripeté, più convinta questa volta.

“Bene”. Il biondo si alzò in piedi, ed Hermione lo seguì. 

“Lascia solo che vada a cambiarmi” disse, indicando in direzione della sua camera.

“No”.

Alzò lo sguardo verso di lui. 

“Voglio dire, cosa c’è che non va con quello che indossi?”

“Sono vestiti babbani” rispose, come se fosse scontato. Draco non poteva aspettarsi davvero che si presentasse vestiva così in un qualsiasi locale della società magica. Anche a Knockturn Alley, probabilmente, non l'avrebbero fatta entrare. Per non parlare del fatto che sarebbe bastata la sua sola presenza a procurarle una sufficiente dose di sguardi torvi.

Draco strinse le labbra. Forse, pensó Hermione, si era reso conto solo adesso di ciò che indossava.

“E se andassimo in un posto babbano?”

Hermione fu grata di non avere niente tra le mani in quel momento, eccetto la penna con quale aveva scritto il messaggio, che le scivolò dalle dita e rotolò sul pavimento. “Vuoi andare in un posto babbano?”

“Perché no?” replicò il biondo con le mani in tasca. “Non sono ben accetto tra i maghi, comunque”. 

“Nemmeno io” sospirò sottovoce, ma non abbastanza perché lui non sentisse. Il suo sguardo si addolcì per un momento, ma poi si riaccese di qualcosa che non riusciva ad interpretare.

 “Allora, conosci un buon posto? Sto morendo di fame”. 

“In realtà si” sorrise Hermione, rendendosi conto che il suo stomaco stava protestando contro la dieta a base di insalata scondita e cibo d’asporto a cui l’aveva sottoposta. Afferrò la sua borsa e sfilò il cappotto dall' appendiabiti, e poi, per la prima volta dopo settimane, uscì dalla porta di casa con un sorriso in volto. 

Si diresse con Draco verso un piccolo ristorante italiano nel quale non metteva piede da anni. L’ultima volta che era stata qui, era stato insieme ai suoi genitori. Aveva sempre voluto ritornarci, ma non ne aveva mai avuto il coraggio. Forse, si rese conto mentre varcava la soglia con il biondo al suo fianco, non voleva farlo da sola.

 Questo posto era uno dei motivi per il quale aveva scelto il suo attuale appartamento. Ci passava davanti tutti i giorni, come se in qualche modo, così facendo, potesse sentirsi più vicina ai suoi genitori. 

Il locale non era particolarmente pieno, e un cameriere li fece accomodare in un piccolo tavolino in fondo, davanti ad una vetrata che dava sulla strada. Stranamente, Draco sembrava a suo agio nel mondo babbano. Si aspettava che da un momento all’altro cambiasse idea, o tirasse fuori la sua bacchetta, oppure si materializzasse via, qui davanti a tutti, pur di sfuggire a questo mondo. Invece, il suo volto trasmetteva solo tranquillità mentre si guardava intorno con aria curiosa. 

Quando furono seduti, e dopo che il cameriere gli lasciò i menù, prese un respiro profondo.  “Tutto ok?” gli chiese. 

Forse, tra i due, al momento era lei quella meno a suo agio. 

“Si” sospirò il biondo, aprendo il menù. “Tranquilla, Hermione, prometto che me ne starò buono fino alla fine della serata, nessun babbano verrà ferito o insultato questa sera”.

Hermione tossì, presa alla sprovvista. “Scusami”

Draco alzò le spalle. “No, hai ragione. Sono stato un’idiota, praticamente da sempre” abbassò lo sguardo sul menù. “Soprattutto con te”. 

Hermione trattenne il respiro. 

“Sai cosa mi piace di questo posto?” disse poi il ragazzo, fissando con le sopracciglia aggrottate le immagini immobili sul menù. “A nessuno importa di noi”.

Hermione si guardò intorno. Era la verità: da quando erano entrati, solo il cameriere che li aveva accompagnati al tavolo aveva rivolto loro uno sguardo, e di sfuggita. Nel mondo magico non avrebbero sicuramente goduto di tale riservatezza. 

“E’ bello poter essere una persona qualunque, ogni tanto” rifletté.

Draco annuì, rilassandosi contro la sedia e lasciando andare il menù. Hermione temette che non avesse trovato al suo interno niente di suo gradimento, probabilmente abituato com’era alle prelibatezze cucinate dagli elfi domestici del manor, ma proprio quando aprì bocca per chiedergli se voleva cambiare locale, il cameriere si fiondò al loro tavolo. 

“I signori vogliono ordinare?” disse, senza alzare lo sguardo dal taccuino. 

Draco non reagì, così Hermione, buttando un momento lo sguardo sul menù, finì per ordinare il suo solito piatto. “Per me i ravioli di carne con burrata, per favore” disse, temendo per le parole che avrebbero lasciato al bocca di Draco. E se avesse chiesto qualcosa di strano, appartenente al mondo magico?

Tuttavia, mantenendo la sua postura rilassata, il biondo si limitò a dire “lo stesso per me, grazie”.

Hermione, senza essersi resa conto di aver trattenuto il respiro fino a quel momento, espirò. 

“Qualcosa da bere?”

Sentì un nodo alla gola. Tutte le volte in cui era stata qui con i suoi, non aveva ancora compiuto 18 anni, dunque non aveva mai ordinato da bere. Tuttavia sua mamma prendeva sempre il vino della casa, e le faceva sempre bere un sorso dal suo bicchiere. 

“Il vino della casa” disse, con voce strozzata, perdendosi nei ricordi. 

Draco sussurrò di nuovo al cameriere che avrebbe preso lo stesso, e quest’ultimo si allontanò, lasciandoli di nuovo da soli. 

“Tutto ok?” chiese questa volta Draco a lei. 

Il nodo nella sua gola si sciolse un po’, abbastanza da consentirle di articolare una frase intera. “Lo beveva sempre mia madre”.

Il giovane abbassò lo sguardo, rigirandosi tra le dita il tovagliolo sul tavolo. “Vuoi parlare di loro?”

Non aveva mai parlato dei suoi genitori con nessuno da quando la guerra era finita. Si era limitata ad esporre i fatti essenziali, a far sapere a tutti dove si trovavano  e che no, per il momento non avevano ancora recuperato la memoria. Aveva omesso di dire che c’erano buone probabilità che non l’avrebbero mai recuperata. Tuttavia adesso, con Draco Malfoy, le parole fluirono dalla sua bocca come un fiume in piena, alleggerendo, frase dopo frase e virgola dopo virgola, quel peso che si portava dentro da mesi. Lui si limitava ad ascoltarla, a chiedere qualcosa di tanto in tanto quando nominava elementi a lui sconosciuti del mondo babbano, sorseggiando il suo vino con eleganza. 

Fu solo quando le loro portate arrivarono al tavolo che Hermione finì di parlare dei suoi genitori, mentre Draco, sempre con il massimo dell’eleganza, afferrava la bottiglia e le riempiva di nuovo il bicchiere. Osservando i suoi movimenti, si rese conto probabilmente aveva preso lezioni di galateo ancora prima di iniziare a camminare e si sentì improvvisamente in imbarazzo per i propri modi maldestri. 

Forse sarà stato per via della leggerezza indotta dal vino, ma decise di chiedergli se effettivamente la trovasse goffa. Quando aprí la bocca per parlare, lui la batté sul tempo. 

“Li senti?”

Scosse la testa. “Cosa?”

“I pensieri di tutti loro” disse, guardandosi intorno nel locale. 

No, si rese conto. Non li sentiva. Eppure, diversamente dal solito, non stava facendo nessuno sforzo. Quando era con lui, nella sua testa regnava il silenzio.

 “No”. 

“Sei un ottima alunna, Granger” disse il biondo, afferrando la sua forchetta e infilzando il primo di un’abbondante porzione di ravioli. 

“In realtà credo dipenda da te” spiegò. “Quando sono con te, in mezzo agli altri, non devo tenere su le mie barriere”.

Dal modo in cui la sua bocca si aprì e la sua forchetta rimase sospesa a mezz'aria, dedusse che le sue parole lo avevano sorpreso. 

“Ricordi quel giorno che ci incontrammo al ristorante, quando ero a cena con David?”

Draco fece una smorfia. “Si, lo ricordo”. 

“Ecco, avevo mal di testa, tenere su le barriera era stato uno sforzo estenuante,  ma poi ti ho visto e…”

“E?”

“E non ho sentito più nulla. C’era silenzio, ma senza sforzo”.

I suoi occhi si fissarono sul suo pomo d'Adamo che si alzava e si abbassava mentre deglutiva. Con la sua immancabile eleganza, mise da parte la forchetta e si pulí il viso con il tovagliolo. Hermione non poté fare a meno di seguire affascinata il movimento delle sue mani. 

"Tu senti i miei pensieri?"

Parló così in fretta che Hermione fece quasi fatica a capire cosa avesse detto. "No. È strano ma, quando ti ho visto la prima volta, non ho sentito nulla. Sarà per via dell'occlumanzia".

"Non la sto più usando"

Inizió a sudare, ed improvvisamente trovò difficile riuscire a concentrarsi sugli ultimi ravioli che le erano rimasti nel piatto, perciò mise da parte la forchetta. 

"Io, non sento i tuoi pensieri" disse. Perché faceva così caldo adesso? "Non sempre, almeno. E non in questo momento. Solo ogni tanto, piccole frasi, di sfuggita. Tu… puoi controllarlo".

Come adesso?

Sussultò. La sua voce, nella sua testa, aveva un'inclinazione più profonda. Annuí, temendo di alzare lo sguardo. Poteva sentire le sue guance arrossire, ma si disse che era per via del vino e della temperatura del locale. 

"Ti era mai successo prima?" domandò.

Draco sorrise. "Di conoscere una legilimens e di poter comunicare con lei telepaticamente?" gli angoli della sua bocca si piegarono in un modo che non aveva mai visto, ma che metteva ancora più in risalto la bellezza dei suoi lineamenti. "No, devo dire di no".

Hermione rimase in silenzio. Non riusciva a togliere i suoi occhi da lui, e non si curava più del fatto che lui potesse notare che lo stava fissando. 

Però, devo ammettere che è eccitante

Ogni volta che comunicava con lei in questo modo, era come se la sua pelle venisse pervasa da elettricità. 

Un sospiró lasció le sue labbra. "È come… come se avessimo una via di comunicazione segreta".

Si fissarono intensamente negli occhi per quella che ad Hermione parve un'eternità, ma il momento fu spezzato quando il cameriere si avvicinò al loro tavolo con il conto. 

Le ci volle qualche secondo per riprendersi dalla trance in cui era sprofondata. Raggiunse la propria borsa e tiró fuori il portafoglio. In quello stesso momento, si rese conto che Draco aveva tirato fuori qualcosa dalla propria tasca, e si mise a tossire per attirare la sua attenzione. 

Cercò di comunicargli con gli occhi di fermarsi. Non poteva sul serio credere che fosse possibile pagare con i galeoni. 

Colse l'attimo di confusione del biondo per porgere la propria carta di credito al cameriere, che l'afferrò e sparí. 

Draco era impallidito. 

"Non puoi tirare fuori i galeoni nel mondo babbano" lo ammoní sottovoce. 

Scosse la testa. "Non stavo pensando, è solo che-"

Furono interrotti dal cameriere, che restituì ad Hermione la sua carta e li congedó. Dopo che si infilarono i cappotti e lasciarono il locale, Hermione cercó Draco con gli occhi. 

"Avrei voluto essere io ad offrirti la cena". 

Tiró un sospiro di sollievo. "Tutto qua?" rise. "Avevi una faccia, temevo… non lo so" scrollò le spalle. 

"Che mi fossi ricordato che dovrei odiare i babbani e tutto cioè che ha a che fare con il loro mondo?" la guardó con un sorrisetto di traverso.

 Osservandolo dal basso verso l'alto, fu rapita dal modo in cui la sua pelle chiara si scontrava con il nero profondo del suo cappotto. 

Si morse le labbra. "Scusa".

"No, non devi scusarti".

Continuarono a camminare lentamente. Nonostante la strada fosse vuota, e avrebbero potuto entrambi materializzarsi, nessuno dei due aveva avanzato l’idea. Forse perché nessuno dei due voleva che la serata finisse. Sicuramente, lei non lo voleva. 

Non era una notte particolarmente fredda, ma neanche così calda da giustificare il calore che sentiva sulla propria pelle, così intenso da farle quasi desiderare togliersi il cappotto. 

"Sai, non ci voleva la guerra perchè mi rendessi conto che tutto ciò in cui pensavo di credere in realtà è una grandissima stronzata".

Hermione trattenne il respiro. Aveva capito che Draco non credeva più negli ideali che lui stesso proclamava con fervore anni fa, quando era solo poco più che un bambino. Eppure non credeva che ne avrebbe mai parlato così apertamente, soprattutto con lei. Forse, negli ultimi mesi, si erano avvicinati più di quanto credesse. Dopotutto anche lei si era appena confidata con lui. 

"La guerra ci ha solo dato lo schiaffo in faccia di cui avevamo bisogno" sospiró il biondo. Una nuvoletta si vapore lasció la sua bocca, l'unica cosa che fece realizzare ad Hermione quanto in realtà l'aria fuori fosse fredda.

"Ci?"

Draco rallentó ulteriormente il passo, avanzando sempre più lentamente a mano a mano che si avvicinavano a casa di Hermione. 

"Si. Io, Theo, Pansy, Blaise. Riguarda tutti noi. Stupisce anche me, ma è così. Non meritavi il modo in cui ti abbiamo trattata e tutto quello che hai subito, adesso ce ne rendiamo conto".

"Nemmeno voi" si affrettó a dire. "Eravate solo bambini. Vi hanno fatto il lavaggio del cervello".

"Già"

Per la piccola parte del tragitto rimanente, avanzarono in silenzio, solo il rumore dei loro piedi sulla strada a riempire l'atmosfera.

Ad un certo punto, tuttavia, Draco smise di camminare, guardandosi intorno con aria stranita. 

"Va tutto bene?"

Scosse la testa, guardando dietro di sè, poi davanti, infine un'ultima volta a destra e sinistra. "Si" affermò, sebbene ad Hermione non sembrò completamente convinto. "Credevo di aver sentito qualcosa".

Quando i suoi piedi si rimisero in movimento, ci vollero solo poche falcate per raggiungere il portone di casa di Hermione. 

"È stato bello" sospirò quando furono faccia a faccia. 

Draco, che fino a quel momento aveva camminato con le mani in tasca, adesso aveva le braccia a penzoloni lungo il suo corpo. "Potremmo rifarlo" avanzò, abbassando lo sguardo. "Se ti va, naturalmente".

Hermione capí, nonostante la sua facciata esterna di eleganza, che internamente era nervoso quasi quanto lei, dunque si affrettó a rispondere. "Si, si mi andrebbe". 

"Grazie, Hermione" 

Nessuno dei due mosse un piede, e quando l'attesa si fece interminabile, Hermione sentí scorrere di nuovo nelle sue vene quell'audacia che credeva l'avesse abbandonata. 

Si sollevò in punta di piedi, e con meno delicatezza di quanta avrebbe voluto, afferrò il bordo del suo cappotto. 

Fu Draco, tuttavia, ad abbassarsi leggermente e a portare le proprie labbra sulle sue. 

Le loro lingue si intrecciarono, mentre le sue braccia si avvolsero intorno a lei, stringendola contro il suo petto. 

Quando le loro bocche di separano, con i loro respiri che si intrecciavano sotto forma di  piccole nuvolette di vapore, ad Hermione parve di essere la protagonista di una commedia romantica. 

Fece un passo indietro, verso il portone di casa sua, mentre le sue labbra si allargavano automaticamente in un sorriso che sfuggiva al suo controllo. 

Quando afferrò le chiavi dalla sua borsa, si voltò ad osservarlo. 

Era fermo lí, in piedi, con le mani in tasca, ed i suoi occhi non si separavano da lei. 

"Granger?" la chiamó mentre infilava la chiave nella serratura.

Rispose con un piede già oltre la soglia. "Si?"

"Ti donano" disse. Hermione non capì, ma i suoi occhi scivolarono lungo il suo corpo, dall'alto in basso, e si sentì rabbrividire. "Questi abiti babbani".

"Buonanotte, Draco" fu l'unica cosa che riuscì a rispondere, con le sue guance in fiamme nonostante l'aria fredda. 

Notte, Hermione





   
 
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