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Autore: ChrisAndreini    09/08/2022    1 recensioni
Leonardo non è mai stato un tipo molto ambizioso. Certo, ha i suoi sogni e le sue speranze e le sue passioni, ma di certo non ha mai pensato che un giorno sarebbe finito in un universo parallelo a lottare per salvarsi la vita in mezzo a principi, cavalieri, spie di città nemiche e disapprovazione dei nobili e paesani.
Ma oh, uno deve sopravvivere come può, e se diventare il cuoco reale potrà allungargli la vita di qualche giorno, vale la pena ricevere occhiatacce.
Dopotutto, la via più veloce per il cuore di qualcuno passa per il suo stomaco, giusto?
Non che Leonardo, dichiaratamente omosessuale, abbia intenzione di fare stragi di cuore, sia mai!
Genere: Fantasy, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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- Questa storia fa parte della serie 'Rainbow Cookies'
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Con la forza di Elsa salverò la mia migliore amica. Let it go!

 

Al concilio degli dei, dove tutti stavano osservando il ratto dei semidei con una certa apprensione, visto l’intervento del cuoco, i presenti si girarono sconvolti verso Noella, che dal suo trono si stava osservando disinteressata le unghie.

Resosi conto dell’attenzione, alzò le spalle.

-Che c’è?- chiese, come se non sapesse quanto grave fosse ciò che aveva appena fatto.

-Lo hai benedetto?!- chiese Laasya, sforzandosi al massimo delle sue forze per non strozzarla.

Erano immortali, dopotutto, non sarebbe servito a niente.

-Hai visto come si è comportato bene, con le mie figlie? E con tutti quei bambini… non potevo non offrirgli il mio supporto- rispose Noella, ovvia.

Era la più giovane di tutti gli dei, e non aveva mai amato seguire le regole. Aveva anche una carattere molto impulsivo, e cambiava idea facilmente. Ci voleva poco sia per ottenere il suo favore, che per perderlo.

Ma salvare dei bambini era una delle poche azioni che le avrebbero dato una buona opinione di una persona, e tale opinione non sarebbe mai cambiata.

Soprattutto se utilizzava il più importante giuramento dei sette regni per assicurare a tali bambini che sarebbero sempre stati al sicuro. Leonardo stava praticamente flirtando con lei! Andiamo!

-Non puoi benedire gli esseri umani, Noella! Ritira subito la benedizione- la riprese Omish, paziente ma anche esasperato.

-Non mi metto in ridicolo ritirando una benedizione appena data! È contro le regole benedire le persone di questo mondo, ma non c’è nessuna legge che ci vieti di benedire gli outsiders!- si difese la dea della neve, con un ghigno soddisfatto per aver trovato una scappatoia al regolamento. 

-E se tornassimo indietro a prima che la benedizione fosse lanciata?- chiese Laasya, decidendo di ignorarla, e rivolgendosi a Kalea, che osservava la situazione con estremo interesse.

-Metteresti le bambine in pericolo- borbottò tra sé.

-Non ci pensare nemmeno! Lo benedirei comunque! Non potete fermarmi!- si scaldò Noella.

-Veer, Omish, per la manovra di emergenza?- Laasya si rivolse ai due dei incaricati di contenere il disastro Leo.

Omish stava lavorando a delle carte, mentre Veer osservava la scena del ratto dei semidei con un sorrisino furbetto.

-Sarà pronta presto, Laasya, non temere- la rassicurò Omish, l’unico sul quale Laasya poteva contare.

-Mi ritiro. Ho già visto abbastanza di questo Leo per una vita intera- sbuffò la dea, alzandosi dal trono.

-Ma siamo immortali- le fece notare Flora, confusa.

-Appunto- con un ultimo sbuffo, Laasya scomparve in una pioggia di luce.

-Ora ho l’esclusiva su Leonardo l’outsider!- gongolò Noella, ritornando ad osservare la scena, molto soddisfatta del suo operato.

-Ehi, io l’ho benedetto per primo- si lamentò Jahlee, che era più distratto degli altri, preoccupato per sua figlia.

-Ma io sono stata la prima a marchiarlo- Noella sollevò la mano, per indicare il simbolo che aveva impresso su Leo.

Jahlee le fece il muso.

Avrebbe rimediato!

 

Leo non riusciva a credere di aver ricevuto un’altra benedizione divina. Osservava la mano come se venisse dallo spazio, e tracciava il contorno del segno impresso in arancione su di essa senza sapere come prendere la cosa.

Ma non aveva tempo di rimirare il tatuaggio.

Aveva dei bambini da trarre in salvo, dei semidei da liberare, e un’amica da salvare che al momento stava venendo probabilmente torturata.

Non aveva tempo da perdere!

“Tutto bene, Leo?” chiese la voce di Remington, che gli aveva praticamente salvato la vita, avvertendolo in tempo del pericolo.

“Sì, sì… no… non lo so” Leo iniziò a guardarsi intorno, cercando una vita d’uscita.

Il suo sguardo si posò su Gideon, che teneva stretta sua sorella, e sembrava terrorizzato.

L’attenzione di Leo si spostò immediatamente dalla presunta benedizione per concentrarsi completamente sui bambini.

Aprì in fretta il collegamento mentale che aveva con Gideon, per controllare cosa lo stesse spaventando così tanto.

“Lui è qui! Ci ha scoperto! Ci ucciderà! Devo proteggere Daisy! Devo proteggere tutti! Non avrei mai dovuto disobbedire! Ci ucciderà!” la sua mente aveva un tono acuto e nel panico.

Leo non aveva tempo da perdere a rimirare la benedizione.

“Gideon, va tutto bene, è dall’altra parte del ghiaccio e possiamo seminarlo. C’è un’altra uscita nelle vicinanze?” provò ad attirare l’attenzione del bambino e a rassicurarlo, guardandosi intorno e notando altre vie.

Gideon si riscosse, e indicò una strada.

-Perfetto. Ragazzi, seguitemi- Leo fece un cenno all’intero gruppo di seguirlo, e si diresse per primo nella nuova strada, facendo ancora da scudo umano, felice di non aver perso una vita con l’attacco di fuoco ma deciso a rischiare ancora le sei che gli rimanevano per proteggere i bambini e i semidei.

“Molto nobile… esci il prima possibile da lì” gli suggerì Remington, con tono preoccupato.

“Grazie del suggerimento” Leo si riferiva all’avvertimento di prima. Era stato provvidenziale per mettersi in posizione ed evitare che gli altri venissero feriti.

“Scusa il ritardo… porta tutti fuori e poi troviamo un nuovo piano” Remington aveva ragione, la priorità era portare tutti fuori.

E se il semidio glielo stava suggerendo, dopo che aveva espresso sentitamente di non volere che Leo portasse fuori nessuno, significava che la faccenda era seria.

E “Lui” era pericoloso.

“Avverti anche il principe di prepararsi ad andarsene, perché potrebbero attaccare da un momento all’altro. Per fortuna non sanno ancora dove sono e chi sono, ma si stanno organizzando” avvertì poi Remington, e Leo si fermò per un secondo sui suoi passi, spaventato.

Daryan era in pericolo?!

Non solo lui, ma anche il resto dei cavalieri in missione?!

Era tutta colpa sua!

Avrebbe dovuto farsi i fatti suoi, attenersi al piano, e non mettere la vita di così tante persone nelle sue mani.

-Leo, c’è un pericolo?- una voce timida e preoccupata lo riscosse dal suo pensiero, e Leo si girò verso Daisy, che lo guardava, insieme agli altri bambini, e ai semidei.

Il cuore di Leo si calmò appena.

Non aveva tempo di tergiversare.

-No, tutto bene. Vi porto fuori di qui- sussurrò, ricominciando a camminare con attenzione ma anche il più svelto possibile.

Aveva fatto bene a portare quei bambini al sicuro. Non avrebbe mai potuto vivere con sé stesso se non ci avesse provato, e sebbene ora la strada fosse più difficile, era pronto a percorrerla e a fare del suo meglio per salvare tutti quanti, anche a costo delle sue sei vite!

“Daryan…” aprì il collegamento con il principe.

“Leonardo! Per tutti gli dei! Stai bene?!” chiese lui, immensamente preoccupato.

“Sì, circa… è un mezzo casino, credo che ci abbiano mezzo beccato, ma stiamo uscendo, penso in zona…” dov’erano? Leo non ne aveva la minima idea.

“Siete nella zona est” gli suggerì Remington.

“…est. Zona est. Preparati a prendere i bambini, i semidei e ad andare via il prima possibile” concluse Leo, non nascondendo la fretta che avevano, e aumentando il passo nel sentire che poco distante qualcuno aveva iniziato a seguirli.

-Ragazzi, meglio correre- incoraggiò i suoi compagni ad alta voce, prendendo in braccio Daisy, che era la più piccola e l’unica dei bambini rimasti a terra che potesse prendere in braccio considerando la sua stazza.

“Ci dirigiamo immediatamente a est a prendervi!” Daryan fu molto ricettivo.

Leo si sentiva sollevato a poter contare su di lui.

E presto riuscì a vedere la luce in fondo al tunnel.

“Daryan, siamo quasi fuori” informò il suo principe.

“Vi stiamo aspettando, non c’è nessuno qui fuori” lo informò Daryan, incoraggiante.

-Un ultimo sforzo- incoraggiò i suoi compagni di avventura a fare uno sprint finale.

Yara fu la prima ad uscire, seguita da Riley, Clay, e le gemelle.

I due semidei, con i piccoli orfani in braccio, superarono Leo, che mise Daisy a terra e la incoraggiò a seguirli, restando indietro per assicurarsi che tutti uscissero senza problemi.

Gideon fece altrettanto, incoraggiando la sorella a precederlo, e poi si girò verso Leo, che iniziava a sentire passi sempre più vicini.

Sarebbero davvero riusciti a scappare senza essere raggiunti?

-Signore, andiamo!- lo incoraggiò Gideon, prendendogli il braccio e iniziando a trascinarlo fuori.

Leo, però, non era convinto.

Se anche fossero usciti, poi Leo sarebbe dovuto rientrare a salvare Giada, e non era certo che Daryan gli avrebbe permesso di andare da solo.

Se però veniva accompagnato, rischiava di mettere in pericolo la persona che sarebbe venuta con lui.

Se restava all’interno, poteva distrarre le guardie, farsi catturare, e ora aveva dei poteri di ghiaccio che poteva usare per scappare, non aveva più bisogno degli oggetti esterni per tirarsi fuori dai guai.

Certo, era un potere che non sapeva controllare, e non era neanche del tutto certo di poterlo fare, ma comunque sarebbe stato l’unico in pericolo.

“Leonardo, dove sei? Abbiamo recuperato i bambini, e stiamo preparandoci ad andare” lo informò Daryan, urgente.

Leo lanciò un’occhiata a Gideon, che continuava a trascinarlo e tremava vistosamente.

I passi dietro di loro si avvicinavano.

-Gideon, lasciami e vai all’uscita- Leo incoraggiò il bambino a smettere di trascinarlo, in tono fermo.

-Cosa?- chiese lui, girandosi sorpreso verso Leo, ma non smettendo di trarlo con sé.

Leo iniziò a fare resistenza.

-Gideon, lasciami e vai all’uscita- ripetè, più deciso, controllando la mano sinistra, dove il simbolo della dea Noella brillava con forza. Il numero era sparito. Forse era un timer.

Leo sentiva i polpastrelli più freddi. 

Sapeva con assoluta certezza di poter usare di nuovo il potere.

E sapeva con altrettanta certezza, che se avesse varcato la soglia che l’avrebbe portato all’esterno, Daryan, Chevel o altri non gli avrebbero permesso di rientrare da solo per salvare Giada.

Ergo, doveva restare all’interno, e pensarci da solo.

“Leo, esci!” lo incoraggiò Daryan.

“Daryan, prenditi cura dei bambini e portali al sicuro!” gli chiese Leo, bloccando poi il collegamento prima di sentire una risposta.

-Signore…- Gideon era confuso, si fermò, come se volesse seguire Leo fino alla fine.

“Perché si ferma? Dobbiamo andare! Devo aiutarlo! Ha salvato tutti, devo aiutarlo!” dicevano i suoi pensieri, alternati ad esternazioni di paura e preoccupazione.

Leo si piegò verso di lui.

-Devo procedere da solo. Chiuderò l’uscita così che non possano seguirti, e continuerò la mia missione- gli spiegò, mettendogli le mani sulle spalle e guardandolo dritto negli occhi.

-Ma… ti faranno del male- Gideon era preoccupato.

La sua mente esprimeva meglio delle sue parole il suo terrore.

E il suo desiderio di restare al fianco di Leo.

-Sei stato bravissimo e coraggiosissimo, ma adesso devi seguire tua sorella e tutti gli altri, e prenderti cura di loro al posto mio, almeno per un po’. Un uomo gentile di nome Daryan vi porterà al sicuro- Leo gli indicò l’uscita, e poi gli diede una carezza sulla testa, spezzando in questo modo il collegamento mentale.

Alla fine Remington aveva ragione, era abbastanza naturale se Leo ci metteva un minimo di impegno.

“LEONARDO!” Daryan nel frattempo lo chiamava cercando di aprire il legame, ma Leo continuava a richiuderlo.

-Vai!- incoraggiò Gideon ad andare.

Il bambino si girò, e fece i pochi metri che lo separavano dall’uscita con la massima fretta, lasciando indietro Leo, che nel frattempo era stato quasi raggiunto dai ribelli che li stavano inseguendo.

Leo tirò un profondo respiro, sperando di non sbagliarsi.

Per un attimo gli sembrò di vedere la figura del principe all’ingresso.

Poi sollevò la mano sinistra, concentrandosi su ciò che voleva ottenere, e un muro di ghiaccio, incredibilmente spesso, si formò tra lui e l’uscita, chiudendolo dentro, e tenendo fuori i cavalieri di Jediah.

“Non mi aspettavo questa tua presa di posizione” commentò Remington, in tono indecifrabile.

“Se fossi uscito non sarei mai riuscito a rientrare da solo, e devo salvare Giada senza mettere nessun altro in pericolo!” Leo spiegò il suo ragionamento, che per la prima volta dall’inizio della storia aveva effettivamente una logica giusta.

Iniziava finalmente a rendersi conto dei pericoli di quel mondo, ora che era uscito dalle mura del palazzo e aveva visto com’erano ridotte le persone più bisognose.

Inoltre le parole di Remington sulle conseguenze che stava portando alla Storia con la sua sola presenza erano un piccolo tarlo nella sua mente.

Non voleva che qualcuno si ferisse a causa sua, non poteva permetterlo.

“Non riesco a capire se sei coraggioso o solo molto molto stupido…” borbottò Remington, mostrando una certa incredulità.

Leo alzò le spalle.

“Forse entrambe le cose. Stupidità e coraggio spesso vanno a braccetto” Leo citò ciò che aveva detto a Chevel quando anch’egli gli aveva fatto la stessa identica osservazione.

“Forse il termine giusto è altruista… che strano, sono nella tua testa da due giorni e ancora non riesco a comprenderti, Leonardo” la voce che Remington stava usando nella sua testa era sorpresa, e quasi amichevole. Era la prima volta che gli parlava in quel modo, quasi con… rispetto.

O forse era solo completamente certo che Leo sarebbe morto di lì a poco, e quindi aveva deciso di trattarlo bene i suoi ultimi secondi.

Infatti pochi istanti dopo i passi alle spalle di Leo si fecero fin troppo vicini, e neanche il tempo di girarsi, che Leo si trovò faccia a faccia con tre guardie armate e inquietanti.

Una era palesemente Fausto il fusto, Leo lo riconosceva dalla massa invidiabile.

Un’altra era una giovane donna che Leo non aveva mai visto, che lo guardò dall’alto in basso.

Ma l’attenzione del cuoco venne attirata maggiormente dalla guardia al centro, l’unica con il volto coperto, che era vestita da cavaliere, e che Leo riconobbe come “Lui”.

L’uomo che l’aveva quasi ucciso con un’ondata di fuoco.

Leo si guardò la mano.

I numeri erano ricomparsi sul tatuaggio improvvisato.

6:14

E scendevano in fretta.

Era un conto alla rovescia con minuti e secondi.

Comodo.

-Dove sono i tuoi compagni di avventura?- chiese Lui, avvicinandosi a Leo e puntandogli una spada contro.

-Chi?- Leo fece il finto tonto. Gli riusciva facile e aveva esperienza con i ribelli antimonarchici.

-Gli altri semidei e i bambini che ci hai ingiustamente sottratto!- rispose la donna, aggressiva.

-Ohhhh… sono andati altrove, zona ovest penso, dovreste controllare lì- Leo indicò la direzione opposta.

-Grazie Remington- l’unico a crederci fu Fausto il fusto, che sorrise e iniziò ad avviarsi.

Venne fermato da Lui, che lo afferrò per il braccio e lo tenne sul posto.

Se riusciva a bloccare un tizio di quella stazza, era una persona davvero temibile.

-Remington? Da quando il dio del fuoco ha un figlio con il potere di creare ghiaccio? Faust, ogni volta la tua stupidità mi sorprende- Lui ridacchiò a spese del collega, che lanciò un’occhiata di estrema confusione verso Leo.

-Beh, non c’è bisogno di essere così offensivi- Leo prese le difese del fusto che si sentiva un po’ in colpa per aver imbrogliato.

Venne ignorato.

-E comunque io ho conosciuto Remington, ed è molto più alto, e prestante, e intelligente rispetto a… questo- Lui indicò Leo con un certo disgusto.

Leo non era neanche offeso. Finché gli faceva perdere tempo, gli andava bene. E ormai si era abituato a persone che lo giudicavano e lo odiavano appena posavano gli occhi su di lui.

“Ah, almeno Brandon ha un po’ di gusto” borbottò soddisfatto Remington nella sua testa.

Un momento…

-Brandon?- chiese Leo ad alta voce, confuso.

“Tu conosci Lui?!” si ritrovò ad esclamare nella sua testa, sconvolto.

“Ehhh… no?” Remington non sembrava convinto di ciò che diceva.

Lui, o meglio, Brandon, ridacchiò, ignaro della conversazione mentale.

-Vedo che la mia fama mi precede… suppongo che prima o poi avremmo fatto le presentazioni ufficiali, ma mi aspettavo di incontrarti in circostanze diverse- Brandon si tolse l’elmo che gli copriva il viso, mostrando una zazzera di capelli neri, e occhi azzurri e taglienti come il ghiaccio.

Aveva anche una barba piuttosto rustica, e sembrava andare sui trenta.

-Circostanze diverse?- chiese Leo, senza riuscire ad interpretare cosa intendesse.

-Lascia stare, Leonardo- agitò la mano davanti al viso come a surclassare l’argomento.

Leo sobbalzò.

-Come sai il mio nome?- chiese, sorpreso.

-Leonardo? Il cuoco? Quel Leonardo il cuoco?- chiese la donna, sorpresa.

-Aspettate, chi?- Faust sembrava confuso. E venne ignorato.

-Girano tante indiscrezioni circa Leonardo il cuoco benedetto da Jahlee. Pensavi davvero che fosse possibile tenere il segreto del primo benedetto da secoli?- Brandon scosse la testa, e rispose con tono ovvio.

“Remington? Hai fatto la spia?!” lo accusò Leo, offeso.

“NO!” si difese Remington, più offeso di lui.

“E allora come lo spieghi il fatto che il tuo migliore amico Brandon sa tutto di me?!” insistette Leo, sentendosi minacciato.

“Non sono l’unico a far girare informazioni nei sette regni! E comunque Brandon non è mio amico! L’ho visto solo un paio di volte!” l’offesa di Remington raggiunse i massimi livelli, come se essere associato a Brandon fosse il peggio di cui lo potessero accusare.

Il Brandon in questione si avvicinò a Leo, e gli prese la mano sinistra. Leo avrebbe voluto ritirarsi, ma l’uomo era decisamente forte.

-Ehi, spazio personale!- provò a lamentarsi, ma non riusciva ad essere troppo incauto davanti a quel tizio.

Gli incuteva parecchio timore, molto più di quanto gliene avesse mai fatto provare Chevel, o Lionel, o persino Victor.

Forse perché aveva sentito e provato i pensieri di Gideon, e quindi sapeva di cosa fosse capace.

“Leonardo, di che stai parlando?” chiese Remington, confuso.

Leo fu sul punto di rispondergli riguardo ciò che aveva scoperto dei sette orfani, ma Brandon ricominciò a parlare, attirando la sua massima attenzione.

-Ma a quanto vedo hai un’altra benedizione, da parte di Noella oltretutto... davvero interessante. Dovremo stare attenti a non farti scappare- Brandon osservò con attenzione il nuovo tatuaggio sulla mano di Leo.

-Angela sarà felice di parlargli- commentò la donna, osservando Leo come se fosse un pezzo di carne prelibato.

-Non sto capendo, non è Remington?- chiese Faust, che continuava a fissare Leo con estrema confusione.

-Vi illudete se pensate che verrò con voi senza combattere- in realtà Leo voleva farsi catturare, ma fece finta di essere completamente inerme, cosa che in parte era, e si preparò a difendersi.

Brandon non sembrava affatto impressionato.

-Se non volevi essere catturato, saresti scappato con i tuoi amichetti. Suppongo che tu voglia salvare la semidea Yu, e che pensi di farcela da solo. Pensiero onorevole, ma davvero stupido. Meglio per me, dato che eri tu il vero obiettivo, non il resto del gruppo- Brandon iniziò a rigirarsi la spada tra le mani, soppesandola appena, e avvicinandosi a Leo in modo parecchio minaccioso.

-Cosa?- Leo non fece in tempo a chiedere ulteriori chiarimenti, che Brandon sollevò l’elsa della spada, e lo colpì in testa, facendolo svenire sul colpo.

 

Nei film d’azione di solito le botte in testa erano dei modi veloci per passare da una scena all’altra, e il protagonista si riprendeva piuttosto in fretta dal dolore, nonostante comunque si trovasse sempre in una posizione di svantaggio, una volta svegliato.

Di solito, si destava in una cella buia e umida, o legato ad una sedia.

Leo non era legato ad una sedia, ma si trovava in una cella buia e umida.

E aveva un mal di testa pressante e pulsante che gli metteva quasi la nausea per quanto fosse forte e doloroso.

Era un miracolo che si fosse svegliato, francamente. Forse aveva attivato la benedizione di Jahlee?

Una cosa era certa, era in svantaggio.

E non aveva idea di quanto tempo fosse passato.

Doveva contattare Daryan, assicurarsi che i bambini e i semidei stessero bene, e mentirgli dicendo che lui era al sicuro e tutto era sotto controllo.

Con la testa che ancora gli pulsava, e senza neanche mettersi a sedere Leo chiuse gli occhi e si concentrò sul principe.

“Daryan…” provò ad aprire il collegamento, ma non sentì niente.

Silenzio totale.

“Daryan!” lo chiamò ancora, iniziando a preoccuparsi.

Non cambiò assolutamente nulla nella sua condizione, e nessuno gli rispose.

Leo si mise a sedere di scatto, provocandosi ancora maggiore mal di testa.

-Daryan!- disse ad alta voce, sperando di ottenere risultati migliori.

-Oh, eri connesso con il principe Daryan? Ovvio considerando che sei alla corte di Jediah, interessante. Peccato che i legami si spezzino quando l’orecchino viene tolto, o avrei potuto trascinarlo in una trappola- una voce che veniva da fuori la cella, appartenente ad una persona nascosta nel buio, lo fece sobbalzare.

Leo si girò di scatto, e poi si portò la mano all’orecchio dove indossava l’artefatto magico di Valkrest, che gli aveva dato Remington.

L’orecchino per leggere nella mente era sparito.

Non poteva più contattare Daryan.

Un nodo iniziò a formarsi nello stomaco di Leo, all’idea di non ottenere notizie dai suoi amici.

Soprattutto perché temeva che Daryan avrebbe potuto prendere d’assalto la roccaforte se non sentiva notizie da Leo, e il cuoco continuava ad essere fortemente deciso a non permettere a nessuno di farsi male.

“Io ammiro molto il tuo desiderio di salvare tutti, ma non so se ti rendi conto di quanto sei spacciato” una voce nella testa lo distolse dai suoi pensieri, e aumentò leggermente il dolore.

Ma Leo era troppo felice di sentirla per lamentarsi.

“Remington! Sei ancora qui!” esclamò, con gioia. Non era mai stato così felice di sentire la sua voce.

“Non so se essere offeso o soddisfatto. In ogni caso, Leo, sei spacciato!” Remington ribadì la futura morte di Leo, che si guardò intorno, e notò la figura di Brandon, ancora vestito con la pesante armatura, ma senza elmo, che si era avvicinato alla cella rendendosi visibile, e lo fissava con attenzione rigirandosi l’orecchino tra le mani.

Leo lanciò un’occhiata alla sua mano, e notò che il timer si era nuovamente esaurito, ed era pronto a fare fuoco con i suoi mitici poteri di ghiaccio.

Poteva provare a bloccare Brandon in un muro di ghiaccio super spesso, e poi aspettare di nuovo il timer e usare altro ghiaccio per uscire dalla cella.

Ma poteva bloccare qualcuno in un muro di ghiaccio senza che il freddo lo uccidesse?

“Dubito, penso che uccideresti Brandon” gli rispose Remington, senza particolare rimpianto all’idea.

Leo però non voleva uccidere nessuno.

Anche se, se Brandon era “Lui”, forse meritava una lezione.

Magari poteva semplicemente bloccarlo dalla vita in giù, ma comunque avrebbe dovuto aspettare un altro attacco di ghiaccio e nel frattempo Brandon poteva chiamare rinforzi o liberarsi con la sua superforza.

Ugh, pensare era difficile!

Il mal di testa per la botta era davvero atroce.

-Perché mi hai colpito?! Sono basso e mingherlino, potevi prendermi come un sacco di patate e non avrei opposto la minima resistenza! Eravate tre contro uno!- si lamentò, portandosi una mano sulla testa e notando un enorme bernoccolo.

Che dolore!

-Hai la fama di un gran chiacchierone e non volevo perdere tempo- rispose Brandon, ovvio, e per niente impressionato dalla retorica del ragazzo.

-Sei molto informato su di me considerando che non ti ho mai visto in vita mia- lo provocò Leo, continuando a massaggiarsi la testa e lanciargli occhiatacce.

-Sono un po’ offeso che non ti ricordi di me. Ci siamo visti… una settimana fa? Capisco che era di sfuggita, ma comunque ti facevo più attento ai tuoi dintorni. Suppongo che il principe Victor abbia attirato completamente la tua attenzione- Brandon ridacchiò.

Leo sobbalzò.

Il principe Victor?

-Eri con la scorta del principe Victor?!- indovinò, ricordando i cavalieri che lo avevano accompagnato.

Avevano sempre tenuto l’elmo, quindi era normale che Leo non li avesse notati.

-Bingo! Ma vedi che quando t’impegni riesci anche tu a trovare le soluzioni? Sì, ero lì, e ne ho approfittato per dare a Sara il veleno, ovviamente senza che Victor se ne accorgesse. Era troppo occupato a sbavarti dietro per accorgersi del mio doppio gioco- la voce di Brandon era piena di amarezza e odio. 

Probabilmente odiava Victor, e in quel caso mood totale.

Forse odiava però Leo, non Victor, e in quel caso AAAAAHHHHH.

Possibilmente odiava entrambi, e in quel caso meh.

In qualsiasi caso, aveva avvelenato Leo, quindi il cuoco non era un suo fan.

Soprattutto perché al momento teneva Giada prigioniera.

-Quindi fai il doppio gioco! Fingi di lavorare per Victor, e in realtà sei dalla parte dei ribelli!- lo accusò -Certo che a Valkrest avete l’abitudine di fingere di essere chi non siete- borbottò poi, pensando a quando Victor si era finto Toric.

-Allora sei un valkrestiano onorario, “Remington”- lo prese in giro Brandon.

In effetti… 

Leo decise di cambiare argomento, dato che il mal di testa non gli permetteva di pensare ad una sagace battuta di risposta.

-Quindi stai dalla parte dei ribelli, e sei anche membro dell’esercito di Valkrest? Quindi oltre che avvelenatore sei anche un traditore?- lo provocò, cercando di prendere tempo e nel frattempo farsi venire un’idea di come usare il ghiaccio.

Forse poteva liberarsi e ferire Brandon con lo stesso colpo? Era abbastanza vicino alla cella, dopotutto.

-Oh beh… in questi tempi difficili un uomo ha il diritto di avere due lavori, soprattutto quando ha sette bambini da sfamare- il traditore ridacchiò.

A sentire nominare i sette bambini, a Leo si strinse lo stomaco.

-Non li sfami granché bene, quei ragazzi- borbottò, a denti stretti.

Brandon si avvicinò, stringendo l’orecchino tra le mani, e sorridendo in modo poco confortante.

-Li educo, e torneranno da me molto presto- rispose, con una certa sicurezza.

Leo scosse la testa.

-Non è educazione, è abuso- affermò, fissando Brandon dritto negli occhi con tono di sfida, sempre più felice di aver tolto quelle anime innocenti dalla presa di un mostro che si nascondeva dietro la disciplina per giustificarsi.

-Non sei di questo mondo, non capisci queste cose- Brandon scosse la testa e gli diede le spalle, guardandosi intorno e controllando qualcosa che Leo non riusciva a vedere a causa dell’illuminazione carente nella stanza.

-Riconosco la differenza tra abuso e disciplina, e vale in tutti i mondi- Leo insistette, deciso a far passare il suo punto.

Aveva vissuto sulla sua pelle la differenza, anche se l’abuso psicologico di suo padre non aveva raggiunto i livelli di quello di Brandon nei confronti di Gideon e gli altri.

-Quel bernoccolo in testa sembra fare male. Dovresti metterci un po’ di ghiaccio- Brandon cambiò bruscamente argomento, girandosi di nuovo verso Leo e indicando la sua testa, che il cuoco continuava a tenersi dolorante.

Beh, era una buona idea in effetti, anche se arrivava da un mostro simile.

Inconsciamente, la mano sinistra che teneva sulla testa si fece fredda, e una sottile lastra di ghiaccio si formò sul bernoccolo.

…un momento!

-Sei più influenzabile di quanto pensassi…- ridacchiò Brandon, afferrandogli il braccio e portandoselo davanti al viso, tra le sbarre della cella.

-Ho sette minuti per portarti da Angela e farvi fare una bella chiacchierata- commentò, osservando il timer.

Aveva fatto in modo che Leo usasse il potere in modo stupido per avere campo libero con lui.

Furbo.

Ma sette minuti passavano in fretta, e Leo era bravo a tergiversare.

“Sei ancora più spacciato di quanto pensassi” Remington non la vedeva allo stesso modo.

“E tu non sei incoraggiante” si lamentò il cuoco, cercando un modo di scappare dalla cella mentre Brandon ne apriva la porta, pronto ad afferrarlo.

-Prima che tu scappi… ti sto portando anche dalla tua amica Yu- lo informò, leggendogli nella mente.

Che avesse creato un legame mentale con Leo senza che il ragazzo se ne accorgesse?

“Indossa l’orecchino?” chiese Remington, interessato.

“No”

“Allora no, non l’ha creato. Sei solo tu ad essere un libro aperto”

Remington era tornato spiacevole.

Bene, forse significava che Leo non era così tanto in pericolo di vita.

Decise di fidarsi di quello che Brandon diceva e farsi portare da Giada.

Anche perché difficilmente sarebbe riuscito a opporsi alla sua presa ferrea.

Brandon, infatti, subito dopo essere entrato nella cella, lo prese con ben poca grazia, caricandoselo in spalla come un sacco di patate.

Leo iniziava ad abituarsi ad essere afferrato in quel modo.

Ma tra Chevel, Fausto il fusto, e Brandon, la presa di quest’ultimo era senza ombra di dubbio la meno piacevole.

Chevel era stato più gentile, Fausto il fusto, beh… il suo fisico non era stato affatto male.

Brandon era aggressivo e poco pompato, quindi a Leo infastidiva non poco essere portato da lui, complice anche il fatto che nonostante il ghiaccio, la testa continuava a pulsargli.

-Francamente non capisco proprio cosa ci trovino- borbottò Brandon, dopo qualche metro, molto tra sé.

-Di chi parli?- gli chiese Leo, sperando di ottenere qualche informazione, e controllando la sua mano, dove il timer era ancora lungi dall’essere finito.

-Tutti quanti: Angela, Victor, gli dei, e la corte di Jediah… sei solo un cuoco stupido. Bah… sii fortunato per questo interesse, perché quando scemerà, perché sono certo che scemerà, farai la fine che avresti dovuto fare fin dall’inizio- lo minacciò, stringendolo abbastanza forte da fargli male.

-Investito da un camion? Almeno sarà una morte veloce, e avrò vissuto comunque più di quanto avrei dovuto, non me la sento di considerarlo un finale negativo- borbottò Leo, con tono abbastanza tranquillo.

Dopo i due mesi passati a Jediah, e dopo gli ultimi giorni, in particolare, credeva di non avere più in sé la capacità di avere paura.

La sua risposta sembrò zittire per un po’ Brandon, che lo portò in una sala ancora più in profondità, e non parlò per il resto del tragitto.

Quando aprì la porta, mancavano ancora più di quattro minuti all’esaurimento del timer.

-Angela, ho portato l’outsider benedetto- annunciò, entrando nella stanza.

Era parecchio calda, e dal poco che Leo poteva vedere, di spalle al centro della sala, era più attrezzate di tutti gli altri posti dove Leo era stato lì dentro.

Attrezzata soprattutto con strumenti di tortura.

…okay, Leo non aveva messo in conto la tortura.

Ma forse ci avrebbe dovuto pensare.

Il suo incubo da quando era finito lì poteva diventare realtà.

Oh no! 

Leo era pronto alla morte, ma non alla tortura.

-Oh, si è già svegliato? Portalo dentro, facciamolo riunire alla sua amica- disse una voce femminile che Leo non credeva di aver mai sentito prima, ma che trovò stranamente familiare.

-Non credo al vostro bluff. È impossibile che voi abbiate Leonardo!- obiettò una voce che al contrario Leo conosceva bene.

-Giada!- esclamò, estremamente felice di vederla, provando a girarsi per osservarla ma venendo tenuto sul posto da Brandon.

-L...Leo? No! Non è possibile!- esclamò Giada, colta alla sprovvista.

Pochi istanti dopo, il cuoco fu sbattuto in una cella circondata da fuoco e fiamme.

-Sei veramente maleducato!- si lamentò, massaggiandosi il fondoschiena provato dalla botta.

Forse avrebbe dovuto usare la sua successiva scarica di ghiaccio per rinfrescare anche quella zona.

Tanto non sarebbe riuscito ad uscire da lì usando i suoi poteri, era piuttosto ovvio.

Forse… forse non era stata una buona idea andare lì senza un piano.

“Il piano l’avevi, solo che non l’hai rispettato, idiota!” gli fece notare Remington, a denti stretti.

Leo lo ignorò.

Perché finalmente riusciva a vedere perfettamente la stanza.

Anche se, sebbene i congegni al suo interno fossero interessanti, e preoccupanti, tutta la sua attenzione fu attirata dalla sua migliore amica, che lo fissava a bocca aperta, e sembrava abbastanza provata, con i capelli disordinati, ferite ovunque e occhiaie profonde. Anche lei era chiusa in cella, e le sue mani erano legate da delle manette che sembravano brillare con una luce indaco.

Leo non l’aveva mai vista così.

Giada era simbolo di forza e sicurezza.

Era lei quella che aveva sempre salvato Leo, non il contrario.

-Giada, stai bene?- chiese, avvicinandosi il più possibile a lei evitando però il fuoco intorno alla gabbia.

-Leo… no… non può essere… cosa ci fai qui?!- l’amica era sconvolta, e lo fissava cercando la prova che fosse solo una sua illusione.

-Sono venuto a salvarti! …credo di aver fallito. Ma l’intento era positivo- Leo iniziò a valutare le possibilità, ma erano poche e di bassa probabilità di riuscita.

Alla fine il piano di Remington funzionava per via dell’effetto sorpresa e del depistaggio.

Ora l’effetto sorpresa era sparito completamente, tutti erano allertati della sua presenza, e Leo era privo di vantaggi.

Beh, almeno non aveva messo altre persone in pericolo.

…ma Giada non sarebbe stata salvata di certo.

E ora che aveva salvato i semidei, probabilmente non sarebbe arrivata neanche la spedizione da Nivern.

-Tu… devi essere rinchiuso in una bolla d’aria nel punto più profondo del mare! Come ti è venuto in mente di venire a salvarmi?! Lo sai di essere completamente incapace per questo tipo di cose!- Giada iniziò ad insultarlo, riprendendosi abbastanza in fretta dallo shock di averlo visto lì.

Leo annuì.

-Sì… lo so… ma avevo un buon piano. L’ho solo eseguito male- Leo provò a difendersi, facendo un pessimo lavoro.

“Remington, qualche idea?” chiese alla testa.

Remington non rispose.

-Vedo che l’amicizia è forte… è confermato che sia stato benedetto da ben due divinità?- l’altra donna nella stanza, che Leo non aveva osservato granché bene, troppo occupato a guardare Giada e controllare le sue condizioni, si rivolse a Brandon, in tono pratico e solo leggermente divertito dal battibecco.

Leo si voltò verso di lei, per ribattere, ma si ammutolì quando la vide per bene.

-La benedizione di Noella è più che confermata. Non ha altri marchi, però, quindi non sono certo della benedizione di Jahlee, se vuole controllare però non mi offro volontario. Vorrei ucciderlo quando sarò certo che morirà- rispose Brandon, con un sorrisino che non prometteva nulla di buono.

-Benedizione di Noella?! Di che sta parlando?!- Giada si rivolse a Leo, sconvolta, e sobbalzò vistosamente quando notò la mano di Leo, a cui mancavano pochi minuti per la fine del timer.

Leo le avrebbe risposto, ma continuava a fissare la donna a bocca aperta.

-Una benedizione basta. Meglio non sprecare le sue possibili vite. Tieni d’occhio la zona, potrebbero provare a salvarli- tale donna ignorò a sua volta Giada, e congedò Brandon con un gesto della mano.

Lui lanciò un’ultima occhiata a Leo prima di uscire dalla stanza, e fu a quel punto che il cuoco si riscosse.

-Silvia?- chiese, a bassa voce, ma abbastanza rumoroso da farsi sentire da lei.

I dintorni erano bui, ma Leo conosceva benissimo la madre di Giada, e la donna davanti a loro aveva i suoi stessi tratti, la sua stessa voce, e quasi la stessa corporatura, sembrava giusto più atletica e magra.

Era Silvia! Era chiaramente Silvia!

Leo iniziò a sperare di poter uscire da lì tutto intero e con Giada a seguito. Forse anche Silvia era una doppiogiochista che si stava fingendo un’altra persona e aspettava solo il momento giusto per salvare sua figlia.

Ma la sua domanda non ottenne l’effetto sperato.

Giada sobbalzò vistosamente, e la donna si girò a guardarlo, sgranando gli occhi, sconvolta.

-Come sai quel nome?!- chiese, sconvolta.

…okay, forse non era Silvia.

Ma se non era lei era la sua gemella! Erano identiche!

-È la…- iniziò a dire, indicando la sua migliore amica, che però lo interruppe.

-Leo, sta zitto!- esclamò, al massimo della voce.

“Leo, non parlare mai e poi mai di Silvia! Non davanti ad Angela! Non deve sapere!” esclamò anche Remington nella sua testa.

“Bentornato” lo accolse Leo, che temeva di essere stato abbandonato.

“Giada mi stava urlando contro, stavo rispondendo a lei” Remington giustificò la sua assenza.

“Capisco… ma perché non posso parlare di Silvia? Che è successo?” Leo tornò all’argomento principale, confuso da quella veemenza da parte di entrambi.

“Non parlare di Silvia!” Remington non gli diede risposte, ovviamente.

-Come conosci quel nome?! Dimmelo immediatamente!- la donna si avvicino a Leo fino ad essere a poca distanza dalle fiamme e dalla gabbia.

Leo si ritirò.

Sembrava fuori di sé.

Eppure, più era vicina, più gli sembrava Silvia.

Forse non gemella, ma sorella sicuro.

Erano davvero troppo simili.

E non perché fossero entrambe asiatiche, erano proprio simili di tratti.

-Eh…- non sapeva come rispondere.

Lanciò un’occhiata a Giada, che scuoteva la testa con forza.

Avrebbe dovuto chiedere chiarimenti, una volta usciti da lì.

-Niente, mi sono confuso- provò a tirarsi fuori dalla situazione, alzando le mani in segno di resa.

Angela lo squadrò con attenzione, poi lanciò un’occhiata carica d’odio a Giada, come se fosse colpa sua se Leo non aveva parlato.

Sospirò, e decise di lasciar perdere, dando le spalle a Leo e iniziando ad allontanarsi.

-D’accordo… Leonardo, tu sai qual è lo scopo dei ribelli antimonarchici?- chiese, avvicinandosi ad un tavolo dove erano presenti parecchi strumenti poco rassicuranti.

-Cambiare la Storia?- rispose immediatamente Leo, sperando che rispondendo bene all’interrogazione avrebbe evitato le torture.

-E sai il motivo?- continuò Angela, lanciandogli un’occhiata penetrante e rigirandosi un oggetto che a Leo ricordava troppo uno schiacciapollici per i suoi gusti.

-Eh… perché…- cavolo, non lo sapeva perché volessero cambiare la storia, ma non voleva essere torturato per questo -…perché non vi piace… la Storia?- chiese, improvvisando e sperando di indovinare per logica.

Sicuramente non era la risposta giusta, ma Angela ridacchiò comunque.

-Probabilmente se la conoscessimo non ci piacerebbe. Le poche informazioni che riusciamo a scoprire non sono mai state di nostro gradimento- rispose lei, passando ad un altro congegno molto più inquietante.

Leo avrebbe dovuto stare zitto, ma iniziava a confondersi.

E quando era confuso, diventava più stupido e masochista del solito.

-Ma, scusate, se non conoscete la storia, perché volete cambiarla? Cioè… qual è il senso?- chiese.

Un conto era cambiare qualcosa che si conosceva, ma se non sapevano neanche quale fosse il loro futuro era come se la Storia non ci fosse proprio, praticamente. Non aveva senso provare a cambiarla, no?

-Il senso, mio caro outsider, è la libertà. Noi desideriamo la libertà, e siamo pronti a lottare per averla, invece di essere semplicemente dei burattini in mano agli sporchi capricci degli dei- Angela strinse i denti.

-Quindi la Storia è controllata dagli dei? Un momento, ma se siete contro gli dei, perché vi chiamate antimonarchici? Che c’entra la monarchia?- Leo era sempre più confuso, e parlava a sproposito.

Si rese però conto che nel frattempo il timer era finito, e aveva del ghiaccio utilizzabile.

Anche se… per cosa mai avrebbe potuto utilizzarlo?! 

Leo si guardò intorno, cercando un modo per uscire da lì utilizzando un solo colpo.

Sarebbe stato più semplice se avesse avuto il supporto di Giada, ma non potevano né accordarsi senza farsi scoprire da Angela/Silvia, né Giada era nelle condizioni di fare alcunché, con le mani legate, quindi era più un’altra persona da salvare che un’alleata che potesse aiutarlo.

A meno che…

-È una denominazione impropria, per confondere le acque. Ma in realtà non abbiamo niente contro i re e le regine. Beh, relativamente. È comunque un sistema corrotto ed elitario, ma abbiamo un obiettivo più nobile- Angela rispose melodrammatica, molto presa dal suo scopo, senza rendersi conto che nel frattempo Leo stava pensando a tutt’altro.

“Remington, puoi aiutarmi a comunicare con Giada?” chiese, molto soddisfatto da sé per aver pensato di usare il loro amico comune.

“Innanzitutto chiariamo una cosa: noi due non siamo amici. Secondo, nel tempo in cui tu chiacchieravi, io e Giada abbiamo elaborato un piano. Le ho detto i dettagli dei tuoi poteri e con due colpi dovreste riuscire a liberarvi e uscire” spiegò Remington, che aveva portato avanti la trama off-screen.

Leo avrebbe dovuto immaginarlo. Dei due la più competente era senza ombra di dubbio Giada, lo era sempre stata.

Era grato di essere con lei in una situazione di vita o di morte, anche se gli dispiaceva un po’ non essere all’altezza e non poter contribuire con qualche piano brillante.

“Contribuisci abbastanza se segui gli ordini!” gli fece presente Remington.

“Okay, qual è il piano?” Leo ignorò i pensieri negativi per concentrarsi sul presente.

Nel frattempo, Angela stava continuando il suo monologo da cattiva.

Che fortuna che anche quel mondo aveva i classici cliché.

-La Storia è stata scritta prima ancora che tutti noi nascessimo, dalla volontà delle divinità di controllare gli esseri umani per i millenni a venire, fino alla fine di questo mondo. E il nostro nobile compito è distruggere questi volumi, spezzare le catene che ci negano il libero arbitrio, decidere noi della nostra vita e non farci imprigionare dalle scelte di…- stava dicendo cose anche piuttosto importanti, ma Leo l’ascoltava distrattamente, concentrato soprattutto sulle parole del semidio nella sua testa.

“Con un discreto attacco di ghiaccio devi riuscire a colpire il bracciale che blocca i poteri di Giada. È un artefatto di Omish, ed è molto potente, devi essere molto preciso e molto discreto, o Angela potrebbe accorgersene” iniziò a spiegare Remington.

“Poca pressione” commentò Leo, avvicinandosi il più possibile alla cella di Giada, e osservando nel frattempo Angela, che teneva in mano una collana e la stringeva al petto.

-...abbiamo perso numerosi uomini per ottenere quante più informazioni possibili dalla Storia, ma tutti i nostri sforzi sembrano vari, e ogni volta, nonostante i nostri piani, torniamo al punto di partenza, e facciamo esattamente ciò che la Storia prevede, non c’è modo di sfuggirle, la dea Laasya è sempre un passo avanti…- continuava a dire, con voce piena di rabbia.

Leo la ascoltava molto poco, onestamente. Sollevò discretamente la mano, lentamente, e la portò il più vicino possibile a Giada, che allo stesso tempo avvicinò i suoi polsi.

Leo osservò per bene le manette.

Erano di ferro molto spesso, e al centro, tre i due polsi, c’era una pietra indaco. 

“Devi colpire la pietra e staccarla dalle manette” spiegò Remington, offrendo più dettagli.

Leo prese un profondo respiro, sollevò le dita, e pregò con tutto il cuore che gli attacchi di ghiaccio funzionassero anche a distanza e non dovessero essere necessariamente collegati alla sua mano.

Si concentrò sul suo obiettivo, si assicurò che Angela stesse ancora facendo il suo monologo…

-…e poi quel cagnolino è arrivato scodinzolando, era così carino, ma nostra madre non voleva animali in casa, e ovviamente anche questo era scritto nella Storia. Nostra madre, così manipolabile…- sì, ne avrebbe avuto per un po’.

E poi Leo lanciò il getto di ghiaccio, che colpì il punto esatto che Leo voleva, staccando di netto la pietra magica, che cadde a terra con un leggero suono.

Angela si allertò. Sia Leo che Giada si affrettarono a tornare il più lontano possibile l’uno dall’altra, e Leo si concentrò di nuovo sulla donna.

-Cosa è stato?- chiese lei, interrompendo il monologo e guardandosi intorno.

Giada continuava ad avere le mani dietro la schiena, e aveva in fretta nascosto la pietra sotto il suo piede.

Ma era meglio che Angela non si concentrasse troppo su di lei.

“Ora devi prendere tempo per sette minuti, finché il tuo potere non si ricarica. Poi dovrai usare il ghiaccio per spegnere il fuoco fuori dalla tua cella, mentre Giada si libera e mette fuori gioco Angela” Remington spiegò la seconda parte del piano.

Leo era bravo a tergiversare e parlare a sproposito.

Ed era anche bravo ad attirare l’attenzione su di sé.

Si assicurò che il timer non fosse visibile, e si affrettò ad attirare l’attenzione della donna.

-Dev’essere davvero terribile vivere così!- commentò, con partecipazione, anche se non aveva la minima idea di cosa la donna avesse detto fino a quel momento.

Angela si concentrò su di lui.

-Già… ma niente è comparabile al dolore che ho provato quando ho perso Silvia- la donna strinse con forza la collana che teneva in mano, e abbassò la testa, con espressione piena di rimpianto.

Silvia…

No, non poteva essere una coincidenza.

Lanciò un’occhiata a Giada, che scosse appena la testa.

“Non parlare di Silvia!” si fece raccomandare Remington.

-Silvia… com’è che l’hai persa?- Leo però non poteva trattenersi.

Non avrebbe parlato della Silvia che conosceva, ovvero la madre di Giada, ovvero colei che aveva evidentemente conquistato il cuore di un dio generando una semidea, e che quindi probabilmente veniva dai sette regni.

Ma, insomma… Leo credeva poco alle coincidenze, e voleva saperne un po’ di più, quindi voleva sapere un po’ di più di quest’altra Silvia imparentata con il capo dei ribelli antimonarchici.

“Leonardo, non fare cavolate!” Remington era allarmato.

“Almeno la distraggo, no? Dovrò pur parlare di qualcosa!” Leo difese le sue scelte.

Ed infatti l’argomento di conversazione sembrò interessare Angela, i cui occhi divennero lucidi.

-Era scritto nella Storia, ovviamente. Una delle poche informazioni importanti di cui siamo venuti a conoscenza. Eravamo giovani, io avevo appena compiuto diciannove anni, lei ne aveva ventitré…- cominciò il racconto Angela.

-Oh, non siete gemelle?- chiese Leo, che la trovava così simile a Silvia da averlo dato per scontato.

-…no, ma effettivamente passavamo per gemelle. Ce lo dicevano spesso- Angela accennò un sorrisino.

-Capita spesso… non a me, perché io e Isa siamo molto diversi, ma alle medie c’erano due tizi che…- Leo iniziò a raccontare, ma all’espressione di Angela, che lo guardava piegando la testa, si zittì -…lasciamo stare, continua pure il racconto- Leo la incoraggiò a parlare, controllando discretamente il timer.

Ancora sei minuti.

Certo che il tempo passava lentamente.

Sette minuti sembrano pochissimi quando cucini, e diventano infiniti se aspetti qualcosa di importante in una situazione di vita o di tortura.

-Beh… Silvia era la sorella perfetta. Gentile, incoraggiante, e aveva uno splendido futuro tra i ribelli, quindi abbiamo cercato in tutti i modi di impedire che andasse alla missione di recupero, per evitare la sua morte. Ma lei non ha voluto ascoltare il capo. La Storia che avevamo letto non era chiara, e lei era convinta ci fosse un’altra interpretazione. Alla fine è voluta venire lo stesso, e…- Angela esitò appena, sopraffatta dall’emozione.

Anche Leo era molto colpito da quella storia, e si era sporto il più possibile nella cella, sempre stando attento alle fiamme.

-…mi ha spinto di lato pochi istanti prima che una trave si abbattesse su di me, ed è rimasta incastrata. Ho provato a liberarla, ma l’edificio stava per bruciare, e il capitano mi ha trascinato via, lasciando mia sorella in mezzo alle fiamme- spiegò, la voce rotta dall’emozione.

Leo era a bocca aperta.

Era una storia terribile. Non riusciva neanche ad immaginare il senso di colpa che avrebbe provato ad essere al posto di Angela, e capiva perfettamente la scelta di Silvia, l’avrebbe fatto anche lui.

Iniziò a riflettere con attenzione sulle parole della donna.

-Lei aveva creduto che sarei stata io a morire, quel giorno, ma il suo sacrificio era stato predetto dalla Storia. Tutto era predetto dalla Storia. E non abbiamo potuto fare niente per evitarlo- Angela continuò, e strinse i pugni, con rabbia.

Un momento… ma se la Silvia che conosceva Leo era la stessa del racconto, significava che in qualche modo doveva essere sopravvissuta.

-Molto tragico- espresse le sue condoglianze, dispiaciuto dal racconto -…l’avete ritrovato il corpo?- chiese poi, cercando di capirci qualcosa in più e ottenere tutte le informazioni.

Angela, che si era discretamente asciugata una lacrima, sollevò di scatto la testa verso di lui, offesa.

-Come scusa?- gli lanciò un’occhiataccia.

-Insomma… magari è riuscita a scappare… in qualche modo- Leo cercò di essere ottimista, e vederla in modo positivo.

“Leo, sta zitto!” lo mise in guardia Remington, ma Leo lo ignorò.

-Era sotto una trave enorme- obiettò Angela, iniziando ad irritarsi.

-Sì, ma… l’avete ritrovata?- insistette Leo, cercando di farle riflettere sulla cosa e magari darle un po’ di speranza.

Chissà, forse se riusciva a convincere Angela che sua sorella fosse viva e che aveva torturato sua nipote, li avrebbe lasciati andare, si sarebbe scusata, e avrebbe anche smesso con la ribellione.

Poteva essere un lieto fine per tutti, e avrebbe anche riunito due sorelle!

“Leonardo, no! Non puoi assolutamente dirle una cosa del genere!” continuò a metterlo in guardia Remington, sempre più agitato.

-Sì! Era completamente bruciata e irriconoscibile, ma aveva ancora al collo la catenella che le avevo regalato, pulita e brillante tra le macerie…- Angela mostrò la collana che aveva stretto tutto quel tempo. 

Leo non era convinto.

-Pulita e brillante? Cioè… lei si è bruciata completamente, e la catenella è rimasta pulita e brillante?- fece notare alla donna l’assurdità della cosa.

E se se ne accorgeva Leo, significava che era stato fatto davvero un pessimo lavoro con le prove. O forse le serie crime che vedeva con sua madre gli avevano insegnato una cosa o due.

-…era molto calda!- si giustificò Angela, punta sul vivo -…che stai cercando di dire?! Ti burli del mio dolore?!- accusò poi Leo, avvicinandosi a lui con fare minaccioso.

Leo decise di lasciar perdere. Probabilmente Angela si era aggrappata così tanto a quella perdita, per mandare avanti i suoi obiettivi, che ora non riusciva neanche a contemplare la possibilità che la perdita non ci fosse stata. Darsi false speranza, dopotutto, poteva finire per ferirla ancora di più.

-No! Assolutamente no, solo… niente. È super tragico, mi dispiace- Leo abbassò la testa, empatizzando con la massima serietà, e lasciando perdere l’idea di riferirle che sua sorella poteva essere viva.

-Capisci quanto è pericolosa la Storia, adesso?- Angela tornò al discorso principale, restandogli abbastanza vicina.

Leo si sentì improvvisamente in soggezione.

-Decisamente, è veramente, veramente pericolosa. Concordo in pieno- annuì, lisciandosela.

Era la scelta migliore per continuare a distrarla.

Annuire, non farsi torturare, e lasciarla parlare.

Non aveva il coraggio di controllare quanto mancasse al timer per non attirare l’attenzione di Angela sulla benedizione, ma dovevano mancare ancora quattro minuti.

Angela accennò un sorrisino.

-Accetterai la mia proposta, quindi?- chiese, speranzosa.

…che proposta?

Oh no! Leo si era perso un pezzo del discorso, troppo occupato a parlare con Remington e progettare il piano di fuga.

Non poteva far vedere che non la stava ascoltando.

Oltre ad essere estremamente sospetto, era anche molto maleducato. Leo non voleva essere torturato perché era stato disattento.

Esitò qualche secondo, sperando che Remington gli desse qualche suggerimento.

“Non guardare me, non sono neanche lì! Non ho sentito nulla”

Allora Leo lanciò un’occhiata a Giada, che però scosse appena la testa. Neanche lei stava ascoltando.

-A che serve esitare. Sei d’accordo con me, no?- insistette Angela, cercando una risposta.

-Beh… è una proposta molto allettante, e giusta… e ragionevole. Molto ragionevole- Leo decise di improvvisare, e prolungare la sua risposta.

-Sapevo che l’avresti considerata tale. Con il tuo supporto e le tue conoscenze, cambieremo la Storia una volta per sempre- Angela sembrava davvero esaltata.

Ohhhhhh, era questo che voleva.

Un momento… ma Leo non aveva conoscenze.

-Certo… perché io?- osò chiedere, confuso che Angela volesse il suo aiuto.

Nessuno voleva il suo aiuto. Leo faceva casini.

“Confermo, e conferma anche Giada”

Appunto!

Se anche i suoi amici…

“Non sono tuo amico”

…lo schifavano e rifiutavano il suo aiuto, perché lo voleva quella donna?

Angela inarcò le sopracciglia, confusa.

-…come ho detto, ci serve un outsider che… ma mi stavi ascoltando?- capì che Leo si era distratto, e incrociò le braccia, irritata.

-Hai parlato di un cane…- Leo provò a recuperarsi.

Angela sembrò in procinto di urlargli contro, ma si trattenne, e fece un profondo respiro per calmarsi.

-D’accordo, farò un riassunto: lavora per noi, e noi libereremo la tua amica e lasceremo stare la corte di Jediah. Sei un outsider, e le nostre fonti ci dicono che hai già cambiato la Storia. Cambiala secondo il nostro gusto, e creiamo insieme un mondo migliore- propose di nuovo Angela, incoraggiante.

Beh, era una proposta allettante, effettivamente.

Ma Leo non era tipo che cambiava la Storia, era stato un incidente.

-Senti, io aiuterei, ma non credo che…-

-Non può essere un caso che sei stato benedetto dagli dei preferiti di Siliva: Jahlee e Noella. È un segno che la mia sorellona ha mandato dai giardini di Omish. Ho visto il tuo temperamento coraggioso e portato al salvataggio. I nostri obiettivi coincidono- Angela continuò a lisciarselo.

-Non mi sorprende che il suo dio preferito fosse Jahlee- borbottò Leo, lanciando un’occhiatina maliziosa verso Giada, che lo fulminò con gli occhi.

Se gli sguardi potessero uccidere, a quest’ora Leo avrebbe avuto una vita in meno, o sarebbe andato lui nei giardini di Omish.

-Io… ecco… concordo… e approvo…- Leo cercò di prendere tempo, e approfittò della scusa di torturarsi le mani a disagio per controllare velocemente il timer.

Due minuti e quindici secondi… ancora?!

Leo cercò di riflettere bene sulla situazione.

Okay, volevano il suo aiuto, ma Leo non poteva comunque aiutarli. Non aveva controllo dei cambiamenti che faceva, e non conosceva la Storia. Non che volesse aiutare le persone che avevano catturato e torturato la sua migliore amica, e che avevano maltrattato dei bambini e rapito semidei solo per andare contro ai loro genitori.

Anche se… provava un po’ di pena per Angela. Aveva perso sua sorella, e aveva catturato Giada senza sapere che fosse sua nipote. Sembrava una donna molto ferita che avrebbe avuto bisogno di un bravo psicologo e stava cercando di superare il lutto dando colpe ad una forza superiore e impossibile da sconfiggere.

C’erano parecchi blocchi psicologici e traumi in atto.

Povera donna.

Povere persone.

Quel mondo aveva un lato oscuro che Leo non aveva mai notato, mentre era dentro le mura del palazzo.

Anche se… forse avrebbe dovuto capirlo dalla prima volta in cui aveva notato che il principe Daryan non mangiava.

E che alla corte c’erano degli allarmi nel caso venisse attaccata.

E che il principe Victor non era in prigione ma era un principe.

Sì, quel mondo aveva davvero un lato oscuro.

E forse bisognava cambiarlo.

Ma non attaccando quella fantomatica Storia.

Non era quello il problema.

-Forse non è tanto il caso di cambiare la Storia…- provò a suggerire Leo, iniziando a riflettere sulla questione.

Angela si ritirò.

“Non farla arrabbiare, sorridi e annuisce. Tanto mancano solo due minuti!” lo consigliò Remington, capendo immediatamente che Leo stava per fare qualche stupidaggine.

-Che intendi dire con questo?- Angela era decisamente pronta a torturarlo se Leo avesse detto qualcosa di sbagliato, ma Leo aveva un concetto che voleva esprimere, e due minuti per cercare di esprimerlo al meglio.

-Intendo dire che… non so se hai mai sentito parlare delle profezie che si autodeterminano, ma spesso, per citare il grande Maestro Oogway, ci imbattiamo nel nostro destino sulla strada che prendiamo per evitarlo. Come Edipo, che era profetizzato che uccidesse suo padre e sposasse sua madre, e poi è successo proprio perché al padre era stato profetizzato. Se avesse vissuto la sua vita fregandosene, probabilmente sarebbe stato vivo, e suo figlio sarebbe cresciuto con molti meno traumi- Leo cercò di spiegare il suo intento.

Angela lo fissava ad occhi sgranati.

Non si riusciva a capire se fosse furiosa o sinceramente interessata alle parole di Leo, perché la sua espressione era indecifrabile.

“Leonardo, ti prego, sta zitto!” Remington era molto allarmato.

Ma Leonardo lo ignorò.

-Quello che intendo dire è che… il modo migliore per sconfiggere la Storia è lasciar andare la Storia. Smettere di cercare informazioni, e vivere semplicemente la vita come se la Storia non esistesse. Nel mio mondo non esiste una Storia, semplicemente viviamo, e facciamo del nostro meglio, e quando arriva l’ora… cerchiamo di apprezzare la vita che abbiamo avuto, e le persone che ci sono state intorno. Forse gli dei possono prevedere le nostre scelte, ma siamo sempre noi gli artefici della nostra vita- insistette Leo, sperando che il suo filosofeggiare avesse senso, e sinceramente convinto di ciò che diceva.

“Leonardo, sul serio, smettila!” Remington iniziò ad urlargli nella testa che ancora gli faceva parecchio male, ma Leo era un fiume in piena.

E poi non vedeva niente di male nel dare consigli di vita a quella donna. Non le stava parlando di sua sorella, dopotutto, non avevano nulla di cui lamentarsi Remington e Giada!

-Quindi dovreste fare come Elsa e… let it go! Lasciamo andare tutto!- concluse, facendo un enfatico gesto con la mano dove aveva ricevuto la benedizione di Noella.

-Io… non…- Angela sembrava molto colpita dalle parole di Leo.

-Forse dovresti…- Leo pensò di insistere, ma questa volta fu fermato da una forza esterna.

-Leo! Sta zitto! Non dire più una parola!- gli urlò contro Giada, facendolo sobbalzare.

Leo non se l’aspettava proprio, e non aveva idea di cosa stesse facendo di male.

-Io…- provò a giustificarsi, ma non ebbe tempo di fare niente.

Perché Angela si era girata verso Giada, sorpresa dalle sue parole, e aveva notato la pietra per terra.

Prese quindi il braccio di Leo, che era ancora fermo a mezz’aria dopo il suo movimento enfatico, e se lo portò davanti al viso, notando che mancava ancora un minuto.

-Stavi solo prendendo tempo…- lo accusò Angela, stringendogli il polso e portandolo vicino alle fiamme che circondavano Leo, bruciando le mani di entrambi.

-Ahi, no, non ho mai…- Leo provò a giustificarsi.

Era vero che stava prendendo tempo, ma intendeva davvero ciò che stava dicendo.

-BRAND…- Angela iniziò a richiamare il cavaliere, ma venne zittita da una botta alla testa proveniente dalle sue spalle.

Giada, infatti, si era liberata in tempo record, e aveva la mano color ocra e rifrangente, con la quale aveva colpito sua zia, mandandola al tappeto.

Leo ritirò il braccio al petto, soffiando sulle parti che si erano ustionate.

-Da quando lo sai fare?- chiese, indicando l’arto di Giada… non di giada pietra, ma Giada la persona, anche se avrebbe potuto rendere il suo braccio di giada, se avesse voluto. Al momento però era un topazio.

-Da sempre, ma è un po’ imbarazzante- sospirò Giada, trascinando sua zia lontano dal fuoco -Remi, Brandon è stato allertato? Sta arrivando?- chiese poi rivolta alla sua testa, ad alta voce così che anche Leo fosse informato del loro discorso.

“Controllo subito” Remington rispose a entrambi, e poi lasciò libera la loro testa.

Leo si guardò il timer. Mancavano pochi secondi. Si preparò a fare fuoco, o meglio, ghiaccio.

“Ho una buona notizia e una cattiva notizia” Remington tornò quasi subito, con tono neutro.

-Ne deduco che Brandon non sta arrivando, o ci avresti avvertiti- Giada alzò gli occhi al cielo, e si guardò intorno in cerca di oggetti utili alla loro fuga. Quella stanza era un miniera d’oro e diamanti… no, i diamanti li metteva Giada.

“Questa è la buona notizia. La cattiva è che tutte le guardie sono allertate da un intruso davvero letale che sta… ora che ci penso, questa è una buona notizia. Penso che stia venendo a prendervi. Quindi sì, due buone notizie” Remington rispose in modo molto strano. Sembrava distratto.

Forse era concentrato su troppi collegamenti e non si rendeva del tutto conto di cosa stesse succedendo in ognuno di essi.

Forse sentendo le cose dal punto di vista dei soldati che stavano venendo sconfitti, gli veniva spontaneo catalogare l’intrusione come una cattiva notizia, anche se era ottima per Leo e Giada.

-Jediah?- chiese Giada, con un sorrisino.

“L’uomo che ne vale per venti” rispose Remington con voce divertita.

Sembrava una battuta interna tra loro. Leo non aveva idea di chi stessero parlando.

“Lo vedrai presto” gli rispose Remington, e dal tono sgarbato Leo capì immediatamente che si stava rivolgendo solo a lui, e non a Giada.

Nel frattempo il timer era scaduto, e Leo fece il più in fretta possibile ad aprirsi una strada con del ghiaccio, aprendo la cella e spegnendo le fiamme con un bel ponte ghiacciato di cui Elsa sarebbe stata molto fiera.

-Oh bene, sei uscito. Dobbiamo andare- Giada gli si avvicinò, e gli mise un casco e qualche altro pezzo di armatura che gli stava enorme.

-Uhm… che?- Leo si sentì improvvisamente venti chili più pesante.

-Per proteggerti, ovviamente- rispose Giada, ovvia, avviandosi alla porta e aprendola con attenzione. Il suo intero corpo era fatto di diamante.

Molto elegante, anche se strana.

-Okay…- Leo le si avvicinò, con una certa lentezza, e passò di fianco ad Angela, addormentata a terra.

Cambiò idea a metà strada, e tornò al ponte di ghiaccio, dove staccò un paio di pezzi, per metterne uno sulla sua mano bruciata, e uno in quella bruciata di Angela.

-Che stai facendo?! Vieni!- Giada lo incoraggiò a seguirlo fuori dalla porta.

-Sì, sì, arrivo… solo…- Leo finì l’operazione, e le lanciò un’occhiata dispiaciuta -…è tua zia, vero? La sua Silvia è la nostra Silvia- esternò i la sua teoria.

Giada sospirò.

-Non dirlo ad alta voce. In questo mondo lei è morta!- disse con fermezza, prima di precederlo nei corridoi, guardandosi intorno con attenzione, pronta ad un possibile combattimento.

-Perché mi hai fermato dal parlarle?- chiese Leo, molto confuso.

-Temevo che la potessi convincere a lasciar perdere- rispose Giada, ovvia.

-Appunto… perché mi hai fermato? Poteva ricominciare, lasciar andare il dolore, stare meglio… magari i ribelli avrebbero anche smesso di ribellarsi- gli occhi di Leo brillarono alla prospettiva. Gli sembrava un lieto fine sia per i ribelli, che per le persone contro cui lottavano.

E probabilmente anche gli dei avrebbero apprezzato, giusto?

-Appunto! Avrebbe cambiato la Storia in modo terribile! Sarebbe stato davvero rischioso- Giada rabbrividì al pensiero.

Leo era senza parole.

Non era una cosa bella.

Sembrava quasi che la Storia fosse messa proprio per controllare gli uomini, e non fosse solo un modo per raccontare ciò che sarebbe accaduto loro.

Non gli sembrava… giusto.

Forse i ribelli non avevano tutti i torti, in effetti.

Forse la Storia era davvero una catena, o…

I pensieri di Leo vennero interrotti da dei passi che si avvicinavano, che lo misero sull’attenti.

-Dietro di me!- Giada si mise a protezione, sollevando i pugni diamantati.

Leo si fece piccolo piccolo dietro di lei, pronto a farsi proteggere come era sua abitudine, anche se al momento era lui quello con le sei vite.

Ma con Giada era diverso che con tutti gli altri.

Con Giada Leo era abituato a farsi proteggere, era abituato a restare indietro, e permettere a lei di sistemare i suoi casini.

Era la sua roccia.

Si resero presto conto che non c’era bisogno di combattere.

-Oh dei! Cosa…?!- esclamò la voce della persona che era appena arrivata, e Leo la riconobbe in fretta.

-Chevel!- esclamò, facendo spuntare la testa da dietro Giada prima che lei e Chevel potessero colpirsi a vicenda.

-Cuoco!- Chevel lo guardò sorpreso, alzandosi appena l’elmo per vederlo meglio e farsi vedere.

-Oh, l’uomo che vale per venti. Ci hai trovato in fretta- commentò Giada, con un sorrisino, tornando quasi del tutto normale, braccia escluse.

-Sì, non è stato granché difficile- Chevel sollevò le spalle, e guardò storto Leo, che però era troppo sollevato di vedere una faccia amica per accorgersi del suo sguardo omicida.

-Non sono mai stato così felice di vederti!- esclamò, correndo ad abbracciarlo e sorprendendolo non poco.

-Oh… beh…- Chevel sembrò piacevolmente colpito dall’entusiasmo di Leo.

-…non ero mai stato felice di vederti, prima, in realtà, ma ora lo sono davvero- aggiunse il cuoco, riflettendo sulle sue sensazioni.

Chevel sospirò, lo prese come un sacco di patate, e se lo caricò in spalla come tutti ultimamente facevano con Leo.

Ma fu molto più piacevole rispetto a quando era stato Brandon a farlo.

Più delicato, più gentile, e faceva sentire Leo al sicuro.

Poi si rivolse a Giada.

-Che tu sappia, è stato ucciso una volta?- indagò.

Giada aprì la bocca per rispondere, ma Leo fu più veloce.

-No! Ho ancora sei vite!- si vantò, soddisfatto dalle sue capacità di sopravvivenza.

-Peccato- borbottò Chevel, dandogli una pacca sulla schiena, e facendolo ridacchiare.

-Guarda che ho anche ricevuto una seconda benedizione divina, quindi stai attento a te- lo informò, fingendo di agitarsi, ma in realtà mettendosi comodo sulla spalla del cavaliere alleato.

-Non so se ve ne siete accorti, ma non siamo al raduno degli alpini! Stiamo scappando dai ribelli. Quindi se avete finito di flirtare… possiamo andare?!- li riprese Giada, ricordando a Leo la situazione.

-Non sto flirtando! Non stavo flirtando! Non dite a Daryan che stavo flirtando! Non stavo flirtando!- Leo si difese immediatamente, sollevando le mani e rischiando di cadere.

Per fortuna Chevel lo tenne ancorato sul posto.

-Già…- borbottò, tornando più freddo, e tenendolo con meno delicatezza -…seguimi, semidea, ti porto fuori da qui- fece cenno a Giada di seguirlo, e iniziò a camminare per i corridoi della fortezza sotterranea.

-Grazie. La prossima volta però evitate di mandare Leonardo- Giada lo rimproverò. Chevel si irrigidì.

-Fidati, non è stata una mia idea- borbottò, a denti stretti.

-I bambini stanno bene?- Leo iniziò a pensare a ciò che aveva lasciato fuori.

-Sì, loro e gli altri semidei sono stati portati al sicuro, dove anche io porterò voi. Il principe Daryan è con loro- rispose Chevel.

-Il principe Daryan…?- Leo iniziò a chiedere, un po’ incerto.

-È preoccupato per te, quindi è meglio andare lì più in fretta possibile- Chevel rispose prima che Leo potesse concludere la domanda.

Il cuoco sospirò.

-Non volevo preoccuparlo, volevo solo evitare che altre persone si facessero male- cercò di giustificarsi.

Chevel sospirò.

-Sei molto stupido, Leonardo- borbottò.

Ogni possibile ulteriore discussione si concluse quando il trio iniziò a venire attaccato.

Riuscirono a difendersi con una certa prontezza, Chevel portò in tutta sicurezza sia Leo che Giada fuori.

Era davvero un combattente formidabile, molto più di quanto Leo si aspettasse.

Era vero che valeva quanto venti uomini.

Una volta fuori dalla fortezza, Leo chiuse l’uscita con un blocco di ghiaccio, i tre salirono su dei cavalli, e si avviarono verso una zona sicura.

Leo non si rese neanche del tutto conto di essere uscito da quel luogo.

Aveva numerosi pensieri in testa, domande, e confusione.

Ma la sua priorità era solo una: ricongiungersi a Daryan, e sperare di non aver rovinato la sua neonata relazione con la sua impulsività e imprudenza.

 

Leo non era grande fan dei cavalli, lo doveva tristemente ammettere. 

Quando arrivò alla locanda nella città più vicina, e smontò con l’aiuto di Chevel dal cavallo sul quale erano montati insieme, non si sentiva più il fondoschiena.

Che, ricordiamolo, era già abbastanza provato da quando Brandon l’aveva sbattuto in cella.

Chissà che fine aveva fatto Brandon? Che Chevel l’avesse malmenato?

“Sì, Chevel l’ha malmenato. Non si è ancora ripreso” lo informò Remington, con voce divertita.

Ah, vendetta!

-Sei il mio eroe!- disse a Chevel, con un sorriso malefico.

Chevel sollevò uno sopracciglio, senza capire l’improvviso entusiasmo di Leo.

Ma fu estremamente delicato nel tirarlo giù dal cavallo.

Anche Giada era smontata, da sola e con la solita agilità.

-Leo, dobbiamo parlare di quello che è successo…- gli prese il braccio, e fece per trascinarlo all’interno della locanda, ma fu interrotta quando la porta si aprì, e la completa attenzione di Leo fu attratta dalla persona che uscì.

-Daryan!- lo chiamò, liberandosi dalla presa di Giada e avvicinandosi al principe, con il cuore che batteva a mille e le ginocchia molli che era un miracolo lo stessero reggendo ancora.

Daryan rimase fermo sulla soglia per un attimo, con occhi sgranati.

-Leonardo…- sussurrò, incredulo.

-Mi dispiace di essere andato da solo! Non volevo che altre persone si facessero male, e ho sottovalutato la situazione. Mi… mi dispiace tanto! Ma non ho perso nessuna vita, e sto bene, e…- Leo iniziò subito a giustificarsi, le lacrime agli occhi che minacciavano di uscire ed erano difficili da trattenere.

Si fermò a qualche metro da Daryan, temendo che Daryan non avrebbe apprezzato una vicinanza maggiore.

Temendo di aver rovinato il suo rapporto con Daryan dopo la sua bravata.

Certo, assolutamente certo, che Daryan non avrebbe perso tempo per rimproverarlo.

Ma rimase sorpreso quando sentì due forti braccia circondarlo e stringerlo forte.

-Stai bene?- gli chiese Daryan, preoccupato ma senza alzare la voce.

Leo non sapeva che rispondere.

Non si aspettava che Daryan l’avrebbe abbracciato.

-Sto bene- si ritrovò a sussurrare, anche se non era del tutto vero.

Aveva mal di testa, una bruciatura sulla mano, dolore alla schiena ed era… era davvero stanco morto.

-Sicuro?- Daryan sembrò capire la menzogna, e staccò l’abbraccio per controllare accuratamente le condizioni di Leo, che rimase a testa bassa, pronto alla sfuriata che prima o poi, ne era certo, sarebbe arrivata.

Perché Leo sapeva di aver sbagliato ad andare da solo senza un piano e senza parlarne con Daryan.

Sapeva di averlo fatto preoccupare.

E se ne dispiaceva.

Ma era stato più forte di lui. Il suo cuore gli aveva suggerito di sacrificarsi in favore di tutti gli altri, e non aveva saputo combatterlo. 

-Vieni dentro. Controlliamo le ferite, e ti do qualcosa da mangiare. Sarai stanco morto- Daryan lo prese per mano, e iniziò ad accompagnarlo dentro.

Leo si fece trascinare.

In effetti iniziava ad albeggiare.

E Leo non si faceva un sonno decente da quando tutta l’avventura era iniziata.

-Leo!- sentì Giada richiamarlo alle sue spalle.

Leo si girò a guardarla.

Sembrava scandalizzata, e fissava le mani intrecciate dei due con estremo terrore.

-Semidea Yu, sono felice di vederla sana e salva. C’è una camera anche per lei nella locanda, e la scorteremo al tempio per prima cosa domattina- la informò Daryan, professionale e calmo, ma con chiaro tono di congedo.

Il testo nascosto di quella frase era evidente: “Lascia riposare Leonardo!”.

E forse Leonardo avrebbe dovuto ribattere, e andare dall’amica.

Ma non ce la faceva.

Non era mentalmente pronto per una lunga discussione riguardo quello che era successo, con strigliata annessa.

Non era neanche pronto alla strigliata di Daryan, a dire il vero, ma almeno per quella si era preparato psicologicamente, o quantomeno ci aveva provato.

Giada sembrò in procinto di obiettare, ma si fermò di scatto, roteò gli occhi, e alla fine cedette.

-Leo, parliamo domani- gli diede i suoi spazi, e li precedette all’interno della locanda.

Daryan aspettò qualche secondo per assicurarsi di non incontrarla, poi trascinò Leo all’interno.

Raggiunsero presto una camera, e Daryan fece accomodare il cuoco su una poltrona un po’ rustica, ma comodissima per Leo, che si era ormai abituato con il cavallo e la pietra.

Leo si massaggiò la testa, facendo ordine, e cercando di darsi delle priorità da seguire.

Daryan tornò pochi secondi dopo con una bacinella con dell’acqua, degli antidolorifici, e qualcosa da mangiare.

-Purtroppo i biscotti sono finiti. Dovevi vedere la lotta per accaparrarsi l’ultimo. Alla fine ha vinto Daisy, che però ha deciso di dividerlo tra tutti… ne hanno mangiate poche briciole a testa- Daryan gli offrì il pasto: del pane con un po’ di formaggio. Leo lo mangiò come fosse il più prelibato dei banchetti.

-Daisy sembra una bambina davvero…- Leo iniziò a commentare l’aneddoto, intenerito.

Poi sgranò gli occhi, e si alzò di scatto, provocandosi un giramento di testa, ma ignorandolo.

-I bambini! Come stanno?! Stanno bene?! I semidei sono al sicuro?! Stanno tutti bene?!- chiese, preoccupato, e già pronto ad andare a controllare.

Daryan lo spinse delicatamente di nuovo seduto, e Leo praticamente cadde, perché le gambe non lo reggevano più.

-Stanno tutti bene, e stanno dormendo profondamente. Ho delle guardie a controllarli ed aiutarli se servisse supporto. Ora devi riposare e lasciare riposare anche loro, ne hanno passate tante- Daryan lo mise al corrente, e controllò il bernoccolo sulla testa.

-Sono felice che siano al sicuro, sapevo che ti saresti preso cura di loro- Leo sospirò, rassicurato.

-Ovviamente… appena torneremo a Jediah mi assicurerò che vengano mandati in un posto sicuro e accuditi, magari vicino al palazzo, così potrai andarli a trovare quando vuoi- gli propose Daryan, accennando un sorriso.

Leo ricambiò, commosso che Daryan stesse pensando anche a lui.

-Vorrei assicurarmi che staranno bene. Dopo tutto quello che hanno passato, meritano un po’ di pace- si rilassò sulla poltrona, rassicurato che la sua maggiore preoccupazione fosse risolta.

Daryan continuò a curargli le ferite, in silenzio, e Leo finì il suo pasto.

Ma il silenzio iniziò a farsi presto pesante.

Leo continuava ad essere preparato ad una sfuriata, ma Daryan era tranquillo, o almeno appariva tale.

-Non sei arrabbiato?- alla fine Leo esplose, e fece sobbalzare il principe, che non si aspettava che Leo gli parlasse.

Lanciò a Leo un’occhiata allarmata, ed esitò qualche secondo prima di rispondere.

-…perché pensi sempre che io sia arrabbiato con te?- chiese poi, in tono mite.

-Perché avresti tutto il diritto di esserlo. Sono un disastro ambulante e nonostante questo cerco comunque di fare le cose. Non faccio che tirarmi la zappa sui piedi, e mettermi in pericolo, e preoccupare le persone. Dovrei stare fermo e zitto, e lasciar fare alle persone competenti- Leo si autocommiserò, seppellendo il volto tra le mani per impedirsi di guardare verso Daryan.

-Leonardo… guardami- il principe però non lo fece commiserare, e gli prese le mani, togliendole da davanti al viso di Leo.

Leo lo fece fare, aspettandosi il peggio.

-Non sono arrabbiato- Daryan però lo stupì con l’ultima cosa che Leo si sarebbe aspettato.

Leo rimase in silenzio, incoraggiandolo a continuare.

C’era chiaramente dell’altro.

-…ero preoccupato, questo lo ammetto. E spaventato, e avrei voluto correre dentro, afferrarti, e rinchiuderti da qualche parte per impedirti di rischiare la vita di nuovo in questo modo…- infatti Daryan continuò, e iniziò a sfogarsi.

Leo sospirò.

Ecco, quella era una reazione che si aspettava.

-Ma… è stata una tua scelta, e la rispetto. Magari la prossima volta parliamone prima così da avere un piano migliore, ma… mi fido di te, Leonardo- Daryan gli strinse la mano destra, incoraggiante.

-Ti fidi di me? Ma Daryan… io sono un disastro. Ho fatto un casino dietro l’altro da quando sono qui- gli fece notare Leo, senza capire da dove venisse questa fiducia nei suoi confronti. Soprattutto dopo che Leo aveva mentito al principe per la maggior parte del tempo che avevano passato insieme.

Daryan lo guardò intenerito.

-Non posso negare che sei una persona… particolare- 

-Si dice particolare adesso?- Leo sospirò.

-Ma è il lato più interessante di te- continuò Daryan, senza farsi abbattere -Sei… la persona più bella che io abbia mai incontrato-

Leo era senza parole. Il cuore gli batteva così forte nel petto che temeva sarebbe potuto uscire fuori.

-Non ho mai apprezzato particolarmente ciò che era fuori dall’ordinario, e soprattutto ciò che non riesco a capire, ma con te… tutto di te mi affascina, fin dal primo giorno. Sei impulsivo, vivi alla giornata, e sei completamente imprevedibile. E questo rende lo stare insieme a te una vera e propria avventura, sia in positivo che in negativo. Non nego che rinuncerei volentieri al terrore che ho provato quando non sei uscito dalla fortezza, e hai bloccato la porta con un muro di ghiaccio, ma il resto… il resto ne vale la pena, Leonardo- Daryan gli prese il volto tra le mani, confortante.

Leo non sapeva cosa dire. 

Nessuno gli aveva mai detto cose del genere, tranne lo stesso Daryan, quella serata sul balcone, quando entrambi avevano bevuto un po’ troppo.

Leo non aveva mai conosciuto una persona come lui, così gentile e paziente, che rispettava le sue scelte e non cercava di cambiarlo.

-So che hai un buon cuore, e che cadi sempre in piedi. Hai salvato dodici persone, e non dimenticherò mai quello che hai fatto per mia sorella, quando era in pericolo. Vorrei solo che mi rendessi più partecipe, e ti fidassi di me, perché io voglio sostenerti, anche nelle follie più assurde- Daryan si avvicinò, fino a stare a pochi centimetri di distanza dal volto di Leo, che avrebbe voluto rispondere a quella dichiarazione d’amore, ma non riusciva a trovare le parole.

Così si limitò ad eliminare le distanze tra loro, e a dare a Daryan un dolce bacio sulle labbra, stringendolo forte, e sentendosi finalmente completamente al sicuro, e privo del senso di colpa per quello che aveva fatto.

Alla fine era andato tutto bene.

Aveva salvato Giada, aiutato dei bambini, e ottenuto anche una nuova stupenda benedizione.

E aveva anche uno splendido ragazzo.

Quando si separarono, Leo si sentiva molto più tranquillo.

-Prometto che la prossima volta ti terrò più informato… grazie di aver mandato Chevel, è stato provvidenziale- Leo riuscì a rispondere, e diede a Daryan una carezza sulla guancia.

-Era il piano, dopotutto. Se non ti sentivo per un po’, avrei mandato i miei uomini. Purtroppo quasi tutti gli uomini erano occupati a sistemare la situazione con i bambini, quindi ho mandato il migliore. Sarei andato io stesso, ma volevo assicurarmi che fossi nelle mani migliori- spiegò Daryan, sospirando, come de il ricordo di quello che era accaduto poche ore prima fosse insostenibile.

-Fortuna che non sei venuto, mi sarei preoccupato davvero troppo- Leo rabbrividì al solo pensiero.

Non che non fosse preoccupato anche per Chevel, ma Chevel era un cavaliere, non un principe. Era il suo lavoro combattere, quindi Leo era più portato ad accettare che combattesse.

-Ora capisci come mi sento io?- lo provocò Daryan, ritornando ad osservare le ferite.

Leo borbottò qualche scusa poco sentita.

-Servirebbe del ghiaccio per questo bernoccolo- commentò poi il principe, prestando particolare attenzione alla testa.

-Aspetta, faccio io- il timer era esaurito da tempo, e Leo ne approfittò per creare del ghiaccio da applicare sulla zona colpita.

Ahhh, che sollievo… e che dolore… ma anche che sollievo.

-Giusto… le gemelle non hanno smesso un istante di parlare della benedizione che la loro madre ha imposto su di te- Daryan osservò la mano marchiata, con un certo interesse.

-Già… non me l’aspettavo, ma è stata davvero utile. Non sono morto neanche una volta grazie a questa- Leo lasciò un attimo andare il ghiaccio sulla testa per osservarsi il tatuaggio.

Era davvero particolare.

-Grazie agli dei…- commentò Daryan, dandogli il cambio nel tenere il ghiaccio.

-Chissà perché la dea della neve mi ha marchiato, e Jahlee no- osservò poi Leo, confuso.

-Perché così non davi nell’occhio. L’ho fatto per proteggerti- una voce si sferzò l’aria all’improvviso, e fece sobbalzare i due uomini, che si girarono di scatto verso il luogo da cui era provenuta, ovvero il grande letto, dove la figura di Jahlee, leggermente evanescente, era sdraiata rilassata.

-Dio Jahlee!- Daryan fu il primo a riprendersi, e si inchinò profondamente.

Anche Leo lo seguì, ma Jahlee fece un cenno con la mano per farli rialzare.

-Riposo, riposo, sarà una visita breve. Principe Daryan, potresti lasciarci un attimo soli? Devo conferire con Leonardo in privato- Jahlee congedò il principe, che lanciò un’occhiata allarmata verso Leo, ma alla fine eseguì, salutandolo con un -Torno tra poco-.

Nella stanza rimasero solo Leo e il fantasma di Jahlee.

-Prima che tu lo chieda, puoi evocare tutti gli dei che ti hanno benedetto dicendo il loro nome. Ti conviene non evocare Noella o potrebbe tenerti sveglio fino a domani con la sua parlantina- Jahlee scese dal letto e si avvicinò a Leo, osservando con un certo fastidio il simbolo sulla sua mano.

-Una bella benedizione, lo devo ammettere. Ma anche la mia è molto utile!- affermò, impettito.

-Assolutamente, grande e potente Jahlee- Leo gli diede ragione. Non si insulta colui che ti ha salvato la vita una volta e te la salverà altre sei.

-Bravo ragazzo. Comunque… non ti avevo marchiato perché non volevo che tutti scoprissero la tua benedizione, ma non accetto che la gente pensi che solo Noella ti ha benedetto. Quindi, ora che tutti sanno di te, rimedierò. Sono stato io il primo a credere in te! E voglio che tu te lo ricordi- Leo non capì se dovesse sentirsi onorato o minacciato, e si limitò ad annuire e sorridere, un po’ confuso.

Jahlee gli indicò lo stomaco, concentrato, e poi annuì, soddisfatto.

-Perfetto, ci siamo detti tutto…- gli diede le spalle, e fece per sparire, ma poi cambiò idea, e si girò verso Leo.

-Un’ultima cosa… io ti offro il mio sostegno, così come Noella. È questo che significa il marchio, ma sappi che mia figlia verrà sempre al primo posto, per me. Ti sono grato per averla salvata, ma se un giorno le dovessi andare contro, io prenderò le sue parti- lo avvertì, in tono sacrale.

Leo annuì.

-Non credo che io e Giada potremmo mai essere uno contro l’altra- lo assicurò, convinto.

-Lo spero, ragazzo, lo spero davvero- Jahlee gli fece un sorriso tirato, e lo salutò con un cenno della mano, prima di sparire.

Leo si ricordò all’ultimo che avrebbe voluto chiedergli chiarimenti su Silvia, la madre di Giada, ma era ormai troppo tardi, e poi era troppo stanco per pensarci.

Si trascinò sul letto per stare più comodo, e alzò la camicia per controllare lo stomaco, che Jahlee aveva indicato.

Non troppo sorprendentemente, era comparso un simbolo, dai contorni viola: una specie di diamante intorno all’ombelico, dai cui angoli uscivano fuori delle linee ondulate, e al cui interno c’era il numero sei.

Probabilmente il numero di vite che gli rimanevano.

Era felice di avere conferma di non essere morto in quella missione, neanche per la botta alla testa.

Si mise comodo sul letto, aspettando il ritorno di Daryan, ma si addormentò senza potersi controllare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Il peggio della storia è finito… wow. Non ci credo che mancano solo due capitoli.

WOW!

Intanto volevo dire che la scena del timer l’ho calcolata in tempo reale. Ho recitato il dialogo di Leo e Angela, togliendo i pensieri di Leo, e arrivava proprio a sei minuti finché Angela non ha capito l’inghippo.

Comunque… wow, che capitolo lungo!

Ed è stato davvero un parto!

Spero di pubblicare presto il prossimo, dove rivedremo personaggi che non becchiamo da un po’, e inizieremo a prepararci per chiudere questa storia.

Anche se è solo il primo libro, non disperate.

Comunque… la missione di salvataggio alla fine è riuscita, ma Leo ha ricevuto informazioni particolari sulla Storia, sugli dei, e sui ribelli. Chissà perché Giada e Remington sono così decisi a non cambiare nulla.

Lo scoprirete presto, spero.

E spero che il capitolo vi sia piaciuto, un bacione e alla prossima :-*

   
 
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