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Autore: SuperTeleGattone    11/08/2022    0 recensioni
Nei sogni della notte i cattivi chiedono perdono ed i buoni uccidono. Niente paura comunque: sono solo sogni.
Capitoli nr. 115 e nr. 116 su per giù.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: All for One
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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W  i  c  k  e  d   G  a  m  e










 
Accade riveda All Might talvolta, e allora sorride.
Lo guarda emergere da una nebbia sporca e avanzare a testa bassa, lento, in un manto di sangue.
Il volto è in ombra, come d'uso in quel luogo; la mano sulle budella che si srotolano a cascata, invece, non gli occorre vederla.
È un'ombra lacera, ma di viva furia; lui la conosce bene, la ricorda col vigore di un sole che esplode. Se è l'uomo nero e senza volto che è, lo deve alla mano che lì, dalla nebbia, raccoglie budella come fossero la clamide rossa di un nume.
Il respiro di un eroe ferito, cielo, non v'è modo possa scordarlo: è l'alito di Scilla e Cariddi; il fiato di un mostro ai confini del mondo che ringhia il suo nome. La pagherai è il giuramento sfiatato fra le zanne.

Accade riveda All Might di quando in quando, e in quei momenti sorride.
Vi è dell'ironia e il dolce dolore di un miraggio, il perché è presto detto: gli ha cavato gli occhi il più eroico degli eroi, e lui, più cattivo fra i cattivi, comunque lo vede... Ma niente paura, riflette lesto: sta di nuovo sognando.

Spire e montagne russe di tubi, i suoi medici sono così premurosi: glieli svuotano direttamente in vena i sogni, con cura certosina; sogni lunghissimi, a coda di serpente, lucidi come giravolte di lame.
Nel marasma si può trovare tanto e di tutto: ricordi, come ninnoli impolverati –l'adorato Yoichi, curvato a terra dalla demenza e dalla malattia–, visioni di quanto calpestato la settima, miserabile cretina non aveva abbassato la testa, mai, nemmeno col cranio fracassato– e di quanto strappato –l'urlo di Yagi, alto sulla bella Kamino, alla rivelazione del piccolo Tenko.
Vi trova tanto e, ogni tanto, lui si trova; in ginocchio.

Al risveglio, a volte lo accoglie un sentore che può definire solo come inaudito: gli pare di essersi piegato in ginocchio, come un penitente, e di aver implorato. Annaspa, perché il ricordo è di aver invocato clemenza per quanto commesso; per il male sparso come miele; per le vite prese e massacrate; per i cari Daigoro Banjo e Hikage Shinomori, persino per quell'alienata di Shimura.
Perdono lui, santo cielo...
Niente paura comunque: lo diceva che i suoi medici sono così premurosi da svuotarglieli in vena i sogni.
Prodigi dei narcotici, si racconta, e il sudore rapido si asciuga.

Quando lo rivede, sorride del sorriso sghembo che si offre a un vecchio amico. Anche qui vi è dell'ironia –della robusta ironia, poiché in vari modi potrebbero declinarli, ma amici? Amici, perché no, fratelli benché acquisiti; Caino e Abele.
Grazie infinite in ogni caso: ne ha già avuto uno di fratello, non ne desidera altri.

All Might lo odia alla luce, sotto il sole dei probi, non ne fa mistero; il sentimento però è fortemente reciproco, si augura l'altro lo sappia.
Lo odia, sì, e non solo.
Può blaterare di giustizia e raccontarsi frottole il Simbolo della pace, libero di farlo finché ne avrà fegato e forza; nel profondo, tuttavia, dove nessuno vede e la luce dei giusti scappa, persino il più augusto degli eroi sa di volerlo. Morto.
Non per la pace del mondo; per il cadavere di quella miserabile, forse; per se stesso, senza dubbio –per quella fiera che dimora dentro tutti, sia tu prode o scellerato.

Chissà se anche Yagi lo sogna, di quando in quando.
Chissà se là, quel vecchio amico getta sorriso e mantello bianco; se esausto, autentico, si abbandona: compie quel che lo stomaco gli comanda, tuonando, di fare.
Forse lo uccide, sì, e nel farlo sorride.
Con quali occhi guarderebbero al grande All Might in quel caso; chissà se, in quel caso, al grande All Might importerebbe.

Quanti scrupoli, questo sant'uomo! La voglia di strappargli a forza, con forza, un lembo di lurida onestà tra i mille drappi della scena, a lui vien naturale –talvolta, in lui, si leva enorme.
Deve costituire una tale fatica essere un eroe; fare l'eroe: tutte quelle regole, quei dettami di giustizia da seguire buono buono, come un povero cane –darsi a tutti, oltre il trasporto e per un voto, come una povera cagna. Meretrice l'uno e avido l'altro, se si va a parafrasare: L'ingordo e la puttana, concedete, ma hanno già il titolo per una biografia.

Vi è uno sconfinato masochismo nella forza consacrata a un bene e un fine che non siano propri, personali.
Quelli, ne è certo, traggono un sordido piacere nel consegnare collo e polsi alla giustizia; nel farsi macellare in nomine suo... Oh be', se non li ha accontentati.

È consapevole di quanto fatto, ci tiene si sappia, ha una nomea da difendere: bastardo sì, mentecatto mai.
L'impressione può darsi sia tutt'altra, eppure non gli piace discorre di giusto e sbagliato, di assoluti conficcati chissà dove da chissà chi. Si scade in chiacchiere immensamente improduttive, e per quanto lo riguarda il quadro è sempre stato limpido: riconosce quel che è, come si dice, cattivo e riconosce con lucidità di farlo –non occorre lo istruiscano, troppo gentili. Apprezza invece lo incoraggino, dandogli conferma di centrare il colpo: farabutto, infame, manipolatore, omicida, sociopatico figlio di puttana... Per carità, così lo lusingano.
Se non arrossisce, abbiate pazienza, è per il poco sangue in cuore.

Più di una volta glielo hanno domandato, se non temesse il giudizio, l'ira di Dio.
Fra gli ultimi, gli pare fosse uno degli otto –meglio, nove–: lo sfregiato con l'aria da messia illuminato, di chi condanna la tua anima perché conosce i misteri del mondo e la sorte cui sono rimessi i peccatori.
Ebbene, il santo era riuscito a inquisirlo –carni aperte e tono estatico da martire in croce– sul castigo divino.
Il nostro aveva ridacchiato, perché evidentemente doveva essere alquanto arduo da afferrare: tutte le dannate volte la solita, accorata omelia... Il perdono, la condanna, il bene e il male, le costruzioni di altri conficcate chissà dove da chissà chi, non hanno mai contato nulla per lui; non determinano nulla. La sua volontà, quello per lui ha peso; ciò che è suo ha valore –è la sola cosa.
Lo sfregiato aveva sfiatato la pagherai un giorno, e gli aveva stretto l'avambraccio che si immergeva nel torace. Lo aveva scrutato con sacro odio –quello di un mostro ai confini del mondo– e il nostro per contro aveva sorriso, senza rancore. Quindi aveva serrato la mano a pugno, spappolandogli il cuore.
Vedete, ha sempre agito secondo una cortesia tutta sua: anziché giudicarla, preferiva ammazzarla la gente; lo riteneva più onesto.

Parla di lui, ma quel lui spesso sfuma e si confonde: lui All Might, lui One For All, lui il suo sventurato, diletto fratello...
Ha la sensazione di udirne la voce talvolta, lontana lontana, fioca come la fiammella di una candela. Basterebbe così poco per soffocarla definitivamente, eppure le concede di bruciare ancora... E hanno anche l'ardire di definirlo senza cuore! Se solo sapessero quanto può essere sentimentale, a suo modo.

Suvvia, perché quella faccia seria, vecchio mio?
Al vederlo, vorrebbe offrirla una battuta da vecchio film di eroi col mantello al vento e cattivi dal volto bianco; vorrebbe farlo uno di quei commenti perfidi, da malvagio di carta e inchiostro, sarebbe un tale spasso, davvero. Per qualche scherzo della mente, tuttavia, manca anche di voce oltre che di volto. Gran brutto affare, non poterla buttare nemmeno a ridere.
E sì che l'altro dovrebbe apprezzare un saluto del genere: lui plana a salvarci la gente, col sorriso.
Vi avranno mai pensato quanti lo acclamano: avranno mai pensato al metodo? Gli ebeti, terrorizzati, crepano e l'eroe? L'eroe ride loro in faccia.
Santo cielo, se solo non avesse le mani legate lo applaudirebbe.

Il buon Yagi sostiene di no, fermo e livido come una statua di Acala, ma non sa quanto siano simili nella scena... E invece prendersela a tal punto, non è quantomeno infantile? Che sarà mai! Lui allora? Ogni pedone, ogni campione, ogni singolo, fottuto cane: neutralizzato. Preso e peggio che ammazzato: sbattuto dietro le sbarre. Avrebbe preferito riaverne le teste, almeno le teste, come il doloroso Andronico. Cento passi e capire di essere avanzati un metro soltanto... Ma, santiddio, se l'è forse presa?!
Certo che se l'è presa.
Una testa.
Nana Shimura.
Una fra le tante, comunque; una di una lunga serie. Sette. E mezzo.
Sprecare il dono del suo perduto fratello, in quel modo... Ha dovuto sopprimerla, ha dovuto. Era semplicemente inguardabile; tutti loro lo erano; lo sono sempre stati.

Il Simbolo della pace lo ha consacrato mostro; mostro anche fuori; l'uomo nero e senza volto che è, il moro Aronne. Ma è altrettanto vero che il mostro, prima, creò la torcia e i suoi araldi.
La cronologia regala ben poco interesse in ogni caso; la fine è storia vecchia. Non dove si chiuderà, che è davvero poco avvincente; come, quello è il bello.
Uccidere All Might? Lui o il suo protetto? Confida sia questo? Oh, così lo sottostima, enormemente.
Un cadavere non farebbe granché differenza ora come ora: no, no, non sarebbe né d'effetto né adeguato; non sarebbe –pensa e ride– giusto.
Per quel vecchio amico ha in serbo qualcosa di più, ecco, entusiasmante.

Lo hanno rinchiuso sottoterra; non vengano a lamentarsi di quanto accadrà da adesso in avanti.
I tubi che lo assicurano in vita e sonnambulo, cantano melodie flautate, in tritono, su eroi ingannati e trascinati nell'averno; melodie dolcissime come lo zucchero di Saturno, e lucide come giravolte di lame.
Lui inspira calmo e riflette stia andando tutto bene: ha ancora un dardo al suo arco, dopotutto.
Pezzo a pezzo.
Caro, caro Tomura.
Con calma.
Caro, sventurato Tenko.
Strapperà a Yagi.
Caro sangue di Shimura.
Ogni cosa.

Riposa paziente, sotto gli oceani e le terre divorate dal sole, lontano nove giorni e nove notti; non ha fretta.
Nel Tartaro, come un titano lui attende, quando lo desta un sentore familiare, benvenuto quasi: il respiro di un eroe ferito, lo diceva prima, non v'è modo possa scordarlo.
Le porte si aprono e finalmente eccolo: il nostro non può saperlo, ma un amico di lunga data emerge dal metallo delle prigioni, lento, vestito di stracci.
All Might, vecchio mio, lo saluta, qual buon vento.

Non lo vede, e allora sorride.










 
Cazzabubbole
 
È sempre un po' una rogna, il cattivo; sai la scoperta essendo, tipo, cattivo...
Sono trascorsi secoli, ma subito mi genufletto a zampe avanti, giacché questa roba risale a prima di molti, recenti fatti (se sapete eh, altrimenti, uh, spoiler). All'epoca dei Corinzi non è che si fosse visto proprio granché in terra di Canon: si era piallato via un quartiere, insomma, fesserie. Embè? Mecoj-, ehm, niente, cercavo giusto di inquadrare il perché di varie meenchiate di trama (e di altro tipo), come incontri ravvicinati clamorosamente mai avvenuti (sputa sangue e muore malamente pure lei). Circa i borseggi, dentro al minestrone ci ho buttato un po' di cianfrusaglie, così, crepi l'avarizia: Chris Isaak (titolo); Stefano Benni (intro); il Tito Andronico (un pizzico, so che a voi piace). Cose a caso, chiedo venia, sono vecchie abitudini. Comunque, oh, tutte le volte che quelli gridano è un villain!, io non ce la faccio, mi spacco dalle risate (è un angelo! Edit: è un apostolo! Edit 2.0: è Godzillaaa~!).
Grazie a Giove di aver letto o non letto, grazie tantissimo, e giuro che i miei hanno anche figli normali.

Disclaimer: Bocu no Iiro Academia è di Kōhei Horikoshi, ma a noi resterà Parigi, sempre Parigi ∠( ᐛ 」∠)_


 
  
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