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Autore: Doctor Nowhere    12/08/2022    3 recensioni
Carlo Mancini, un ragazzo disoccupato e fuoricorso, si imbatte in un demone, Sorieno, in grado di soddisfare qualsiasi suo desiderio senza volere nulla in cambio. Cosa potrà mai andare storto?
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao. Come stai?

Ascolta, volevo solo dirti che avevi ragione… su tutto. Mi hai fatto riflettere, e credo di essere cambiato. Vorrei solo poterti parlare, per spiegarti. Ho un nuovo lavoro, dico sul serio. Non ti andrebbe di trovarci e di parlare un po'?’

Che messaggio penoso. Peccato essersene accorto solo un paio d’ore dopo averlo mandato. Troppo tardi per cancellarlo. E comunque Sara non lo aveva nemmeno visualizzato, il che significava che con ogni probabilità lo aveva bloccato.

Carlo si strinse le braccia sul petto e si girò di lato, verso lo schienale del divano nuovo. Sara non rispondeva alle sue chiamate. Non visualizzava i suoi messaggi. Come poteva farle capire che non era più quel fannullone irresponsabile che aveva lasciato? Certo, c’era voluto un piccolo aiuto da parte di un demone, ma si era trattato giusto di qualche spintarella, niente di esagerato. Era comunque lui che si alzava tutti i giorni per andare in ufficio a compilare le pratiche. Aveva persino ricominciato a riprendere in mano i testi del prossimo esame.

Tossicchiò. Gli era venuta sete. Si alzò e si diresse verso il lavandino, con passi lenti e trascinati. Aprì la mensola e prese un bicchiere dalla schiera ordinata in cui erano disposti. Per quanto detestasse ammetterlo, Sorieno aveva ragione. Era molto meglio vivere in una casa ben tenuta. Un desiderio ben speso.

«Sembrate giù di morale, oggi» il demonietto era seduto a gambe incrociate, con soltanto la punta della coda che toccava il pavimento.

Carlo scrollò le spalle «Che devo dirti. La mia ragazza mi ha mollato due settimane fa e si rifiuta di parlarmi. I miei amici non possono aiutarmi, sta evitando anche loro. Credo che non voglia più avere niente a che fare con me…» bevve un sorso, ma gli andò di traverso. E se nel frattempo si fosse messa con qualcun altro? Che cosa avrebbe fatto lui, allora? Tra un colpo di tosse e l’altro il suo respiro si fece affannoso.

«Suvvia, suvvia, che cosa sono queste futili tribolazioni?» Sorieno tese il braccio, e il bastone da passeggio, dal portaombrelli, schizzò nella sua mano «Non è successo nulla di tragico, mi pare. La vostra damigella vi ha dato il benservito? E dov’è la cagione di cruccio? Potete sempre trovarne un’altra. Inutile dirlo, potrei esservi d’aiuto anche in questo…»

Carlo batté il pugno sul lavabo «No! Non capisci, Sorieno, io non voglio un’altra ragazza. Lei è l’unica che conta, per me!»

Si appoggiò al piano della cucina con entrambe le mani. Sara significava tutto per lui, ma quel demone che ne sapeva? Lei era stata al suo fianco in tutti i momenti più belli degli ultimi quattro anni. Aveva sempre dato valore alla parte migliore di lui. Lo aveva spinto a iscriversi all’Università, a viaggiare… persino a trovare un lavoro dopo che aveva mollato il posto da commesso.

«Lei è la cosa migliore che mi sia mai successa. Non sono neanche sicuro di meritarmela» mormorò. Abbassò la testa. Una lacrima solcò la sua guancia. «Vorrei solo che mi desse un’occasione per spiegare…»

Lo schiocco di dita risuonò secco come un colpo di frusta, seguito dal rintocco di una piccola campanella.

Carlo sgranò gli occhi. Prese fiato, ma prima che potesse dire una parola suonò il citofono.

Il cuore prese a battergli forte forte in petto. Corse a scostare la tendina della finestra. Era lei! Ferma davanti al cancello, con le braccia incrociate ed il volto coperto da un cappellino bianco.

Carlo si voltò. Sorieno si stava coprendo le labbra con la mano, ma non serviva vederlo per sapere che stava sghignazzando.

«Sei stato tu, vero?» Carlo fece un respiro profondo.

Il demone si passò il pollice sotto al mento: «Volevate un’occasione? Eccovela qui.»

Il campanello suonò di nuovo. In strada, Sara sollevò il capo nella direzione dell’appartamento. Carlo si appoggiò al muro, per nascondersi:«Non ti ho mai chiesto di manipolare le altre persone, specialmente lei!»

Il demone abbassò la mano. Le sue labbra e i suoi occhi si strinsero: «Come volete. Come l’ho fatta arrivare posso congedarla.» disse, acido.

«No!» non avrebbe potuto sopportare di vederla andare via un’altra volta «Non fare niente, non fare più niente!»

Sorieno fluttuò più in alto, fino a sfiorare il soffitto con la tuba. Fece spallucce: «Molto bene. Posso solo far notare che se non le aprite in fretta è probabile che se ne vada? Se ciò avvenisse, dubito che ritornerebbe.»

Carlo deglutì. Corse alla cornetta e schiacciò il pulsante per aprire il cancello. Avrebbe dovuto andarle incontro? No, era meglio aspettarla. In questo modo avrebbe potuto mostrarle quanto era migliorata la sua gestione dell’appartamento. Era ordinato, pulito e… infestato da un demonietto che esaudiva i desideri. «Lei non può vederti, vero?»

Sorieno reclinò la testa all’indietro «Ovviamente no. Gli umani possono vederci soltanto se siamo noi a mostrarci, e non ho alcuna intenzione di rivelarmi alla signorinella. Per dire la verità mi sembra un tipo noiosetto.»

Carlo strinse i pugni «Non osare parlare di lei...» tre colpi alla porta lo interruppero.

Aprì e si ritrovò faccia a faccia con Sara.

«Ciao. Posso entrare?» Il suo tono era timido, tremante.

A Carlo mancò il respiro. Non era pronto, non sapeva cosa dire, non sapeva come dirlo. Si morse il labbro e la invitò ad entrare con un gesto.

Lei entrò.

Doveva dirle qualcosa. Qualcosa di intelligente, di simpatico, di gentile, ma non gli venivano le parole. Sara era tornata da lui, aveva accettato di parlargli, era lì, nella sua casa!

La ragazza fece qualche passo verso il soggiorno, dove si bloccò «Wow… certo che pulito e ordinato questo posto non è così male. Mi piace. È bello»

No, Sara era bella, bellissima. I suoi capelli ondulati sembravano scintillare alla luce che filtrava dalla finestra. Il suo prendisole azzurro danzava nell’aria, e il suo cappellino bianco le faceva il viso ancora più tondo. I suoi occhi azzurri si spostavano da una parte all’altra, ma non si soffermavano mai su di Carlo. Le sue mani erano strette alla borsetta rosa che teneva a tracolla. Anche la sua posa era incerta.

«Allora...» cominciò lei, spezzando quel terribile silenzio «Ho saputo che volevi dirmi qualcosa di importante, quindi…» distolse lo sguardo «… eccomi. Ti ascolto»

Carlo inspirò. Ora o mai più. «Volevo dirti che… che avevi ragione, Sara. Su tutto. Ero davvero un casino quando abbiamo litigato, ma adesso le cose sono cambiate.» fece un passo verso di lei «Io sono cambiato. E l’ho fatto per te, perché ci tengo a te.»

Le labbra rosse di lei si storsero in una smorfia «Ti sei impegnato e ti sei dato una sistemata, certo… ma non è la prima volta che ti trovi un lavoro e che mi dici che è tutto a posto. Come faccio a sapere che questo nuovo impiego non lo mollerai tra un paio di mesi e che poi mi verrai a dire di nuovo che è troppo difficile, che non fa per te?»

Dall’alto provenne una risatina soffocata. Maledetto Sorieno.

Carlo strinse i pugni. «Non è così, te l’assicuro. Io mi trovo bene al nuovo lavoro, sono felice, e…»

Bugia. Non era affatto felice.

Il lavoro era facile, la paga era ottima, ma ogni giorno Carlo perdeva sempre più l’appetito. E i suoi sogni, poi… Ogni sera era più difficile costringersi ad andare a dormire, e la mattina era un’impresa ancora più dura alzarsi dal letto.

Non c’erano dubbi sulle cause del suo malumore. «Soltanto una cosa mi manca, Sara, e sei tu. Per quanto mi impegni c’è un vuoto dentro di me, e solo tu lo puoi riempire. Tu mi completi. Sei sempre stata la parte migliore di me. Ricordi quando siamo andati in montagna, tre anni fa, per il nostro anniversario?»

Lei sorrise e gli strizzò l’occhio «Ricordo tutte le storie che avevi fatto per non venire. Dicevi che sarebbe stato meglio se fossimo andati al ristorante o al cinema.» Rise. Quanto era dolce la sua risata «Neanche dieci minuti di cammino e già sbuffavi e dicevi che non ce la potevi fare»

Carlo incrociò le braccia, e fece il finto offeso: «Ehi, era la prima volta che andavo su un sentiero così difficile!» si morse il labbro «Però quando siamo arrivati… la vista era splendida, la migliore della mia vita»

Sara fece un passo verso di lui e tese la mano. Gli sfiorò il braccio «Ci siamo sdraiati sotto un albero a goderci la sua ombra. Ci siamo tenuti stretti tutto il pomeriggio. Avrei voluto che quel giorno non finisse mai»

Quanto era lontano quel momento. Il cuore di Carlo batteva così forte che pareva volesse uscirgli dal petto. Come aveva potuto litigare con lei, che lo aveva fatto stare così bene? «Perché non lo rifacciamo? Lo possiamo trovare un weekend libero. Così potrai di nuovo sopportarmi mentre mi lamento per tutta la salita»

Lei sorrise, i suoi occhi azzurri fissi nei suoi, ma poi si ritrasse: «Oh, Carlo. Vorrei fidarmi di te, lo vorrei davvero. Ma non è facile»
Carlo le prese le mani: «Io vorrei solo che tu sapessi quello che ho dentro, quello che provo per te. Vorrei che tu riuscissi a perdonarmi»

«Ogni suo desiderio…» sussurrò una voce al suo orecchio «È un ordine!»

Carlo sbarrò gli occhi: «NO! Non osare...»

Le dita schioccarono, la campanella risuonò. Carlo si voltò di scatto. Quel maledetto demone non l’avrebbe passata liscia. «Ti ho detto espressamente di non…»

Una delicata pressione delle mani di lei lo costrinse a rigirarsi. Sara lo cinse in un abbraccio, gli accarezzò la schiena, il collo, la nuca. Carlo cercò di divincolarsi. Era quello che voleva, ma non nel modo in cui lo voleva. Non era giusto che fosse perdonato solo per il potere di un demone. La mano di lei sul suo capo premette per spingere il volto di Carlo verso il suo. «Aspetta!» mormorò «Dammi solo un…»

Le loro labbra si incontrarono, per la prima volta dopo tanto, troppo tempo. Il cuore di Carlo impazzì, le sue mani tremarono, la fronte si coprì di sudore. Tutta la tensione che aveva addosso svanì nel nulla. Con gli occhi chiusi, il sapore di lei che lo riempiva, il suo profumo che lo stordiva, non c’era più spazio per i dubbi. Lei si fece indietro, ma lui la trasse di nuovo a sé. L’unica cosa che contava era lei, lei e quel momento perfetto.

Infine si sciolsero, e Carlo riaprì gli occhi. Dietro le spalle di Sara il demone volteggiava con un ghigno beffardo e soddisfatto. Carlo strinse gli occhi, ma non sapeva cosa dirgli.

«Ho piuttosto fame» Sara si sedette su una poltrona e si sistemò il vestito «Possiamo ordinare qualcosa?»

Senza distogliere l’attenzione da Sorieno Carlo annuì «Certo, certo. Solo un attimo, devo prendere il telefono.»

Il mostriciattolo lo seguì nella sua stanza. Carlo gli puntò contro il dito «Il discorso non è finito»

Il demone si arricciò un ciuffo di capelli «Io non me ne vado. Può riprenderlo quando più le aggrada»

Carlo afferrò il cellulare «Non credere che non lo farò»

   
 
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