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Autore: Aky ivanov    12/08/2022    1 recensioni
Kaito non la odia, odiare è un parolone troppo grande, ha solo perso
il genitore per cui prova maggiormente amore. L’uomo che lo capiva,
masticava la sua stessa lingua di magia. Il padre da imitare, in tutto,
pure nelle folli vesti bianche che lo hanno condannato a morte.

Lei? Lei era solo la mamma, destinata a restare nell'ombra.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Chikage Kuroba, Kaito Kuroba/Kaito Kid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le coeur d'une maman
1.

 

Pirofobia, la paura del fuoco.

L’istinto di scappare alla più piccola fiamma, all’odore di legna bruciata, alla candela accesa su una torta di compleanno. Irrazionale. Lei non lo era, affetta di pirofobia si intende. Il fuoco, semplicemente, lo detestava. Era un vicino caparbio con cui discutere di una pianta mal potata, di un comignolo spazzolato sbrigativamente mentre le sue lenzuola fresche e profumate sventolavano al sole. Lui, il fuoco, il vicino, colui che a tutti i costi vuole ignorare ma puntualmente si ripresenta, bussa alla sua porta, entra senza permesso, si accomoda sulla poltrona preferita, proprio quella. L’ha lasciata volutamente nella stanza, in attesa di un uomo, il suo, quello che le ha promesso di finire lo spettacolo e portarla fuori a cena. La poltrona su cui nessuno mai si accomoda, nonostante quella cena non l’abbia mai consumata.

La tacita decisione, sua e di Kaito, non del fuoco.
Lui è tornato, questa volta senza bussare.

«Non preoccuparti, tornerò presto»

La solita risposta sbrigativa, frettolosa, forse un po’ insofferente.

L’età in cui la raccomandazione di un genitore diventa superflua, opprimente, nonostante gli abbia soltanto chiesto di prestare attenzione. Tornerà, lo ha detto, ma non lo ha promesso. Kaito le promesse non le fa, ha smesso nove anni fa.

«Quasi preferisco quando sei a Las Vegas»

L’indole ribelle, il borbottio scontento ingoiato dalla porta sbattuta, le montagne russe adolescenziali. Kaito, però, non è un adolescente normale, non lascia trapelare emozioni. Lui non la vuole lì, per davvero. La realtà con cui ha imparato a convivere, anche senza che lui parlasse. Kaito non la odia, odiare è un parolone troppo grande, ha solo perso il genitore per cui provava maggiormente amore. L’uomo che lo capiva, masticava la sua stessa lingua di magia, quello da imitare, in tutto, pure nelle folli vesti bianche che lo hanno condannato a morte.

«Non preoccuparti, tornerò presto»

Il fuoco le sorride, alle spalle della giornalista, indomabile da quattro ore. L’attesa è solo una questione di abitudine. L’attorcigliarsi di una routine dimenticata, ripiegata su stessa, protratta all’indietro vero la precedente strada sterrata. Lei questa volta è lontana, non sente il fumo nei polmoni, può solo vederlo. Il bambino scalciante stretto al petto non le perfora i timpani con le urla, è lontano pure lui. Leggiadro come una piuma ha fatto la sua apparizione sulla teca, quella esplosa.

«Non preoccuparti, tornerò presto»

La giornalista tossisce, si copre la bocca e lei perde il filo.
Il televisore è impostato sul muto, non vuole sentire la gente urlare, ma così non può seguire il labiale. Hanno estratto un altro corpo, il quinto, sempre ferito, ancora nessun morto. La valeriana balla sulla superfice dello stomaco, la divisa bruciacchiata della polizia svetta sulla barella trascinata di corsa. Può sospirare, di sollievo misto a egoismo, altrove ci sarà un’altra mamma come lei appena caduta nello sconforto.

Kaito, però, è ancora disperso, tanto le basta per non vomitare.

La fede tintinna contro la ceramica, si infrange contro la durezza stretta tra le dita in cui il sangue ha smesso di circolare. Il promemoria ingrato del suo primo e unico amore, della sua eterna maledizione.

«Non preoccuparti, tornerò presto»

La fatiscente tazzona scricchiola e lei allenta la presa, non vuole distruggere quel ricordo, esuberante e anticonvenzionale come il suo autore. Il sole blu, le nuvole arancioni, il prato rosa shocking, lei, una figura umana informe alta quanto l’albero rosso. L’insegnate dell’asilo francese preoccupata di un eventuale daltonismo inesistente. La tazza conservata gelosamente durante il trasloco da una nazione all’altra, riposta nella credenza, nell’angolo dove Kaito non sarebbe mai andato a curiosare.

La prova di essere stata la mamma, quella da amare, come il papà.

«Kaito, perché hai disegnato le nuvole arancioni?»

«Il bianco non mi piaceva, era noioso»

«Noioso?»

«Sì…tutti usano il bianco, è noioso, così invece è speciale»

La linea torna allo studio, la pubblicità del dentifricio occupa lo schermo, le notizie del mattino sono concluse. Tre ore al prossimo aggiornamento, centottanta minuti di attesa. Ha le persiane del soggiorno da lavare, la lavatrice da caricare, la libreria da rassettare. Ripensa a tutto e ingoia la punta amarognola delle erbe radicate sul palato.
Le gambe le tremano, colpa della posizione, le ha tenute incrociate.
Poggia la tazza ricolma per metà sul comodino, ha già versato troppe gocce sul copriletto, preferisce afferrare il telefono. Il numero selezionato ricambia il suo sguardo, una chiamata, le basterebbe una sola chiamata. Le dita scrollano la sezione contatti e lo schermo si oscura.

Attende, il sole è quasi sorto, lei attende.

Ricarica la pagina della testata giornalistica prescelta, aggiornata in tempo reale. Lo sa, è una bugia, passano venti minuti tra un report e l’altro, non è tempo reale. Lo schermo suda, no, sono le sue mani che scivolano sulla superfice. L’incendio è stato doloso, tentato omicidio. Il proprietario del gioiello ha assoldato un dinamitardo, in un forum, il mondo che va a puttane senza che nessuno ci presti correttamente attenzione. La disperazione cede il passo alla rabbia, uno sconosciuto ha tentato di ammazzare suo figlio, a pagamento.

«Non preoccuparti, tornerò presto»

Sessantottomilaseicentocinquantatré* yen, il valore della vita di Kaito.
È quanto ha affermato l’uomo, rabbioso, davanti alle telecamere, più preoccupato per i danni collaterali al suo edificio che una vita stroncata. Era giustificato, dice, un modo come un altro per togliere di mezzo un criminale, ammette. I feriti sono pochi poliziotti, le morti continuano a mancare, si è assicurato che tutti gli innocenti fossero abbastanza lontani. Tutti tranne lui, tranne il suo Kaito. L’ignobile ladro che aveva osato provare a portare via la preziosa gemma, quello che meritava una fine così scenica.

«Non preoccuparti, tornerò presto»

Il tempo scorre, il sole è ora alto, atri centoventi minuti al prossimo telegiornale.
Rilegge il trafiletto in attesa del successivo, un sorriso amaro le contorna le labbra alla frase in grassetto. L’ispettore Nakamori ha alzato le mani sul riccone pomposo al termine delle dichiarazioni, inferocito, ottenendo in cambio grane burocratiche e la blanda consolazione di avergli rotto il naso. Troppo poco, pensa tra sé, immaginando di uccidere quell’ignobile uomo con le sue mani. Il sapore del desiderio di vendetta lo conosce bene, non è la prima volta che lo prova, ha alle spalle nove anni di esperienza.

«Non preoccuparti, tornerò presto»

Il logo dell’edizione straordinaria del telegiornale interrompe la televendita, la conduttrice affranca parole su parole cambiando velocemente i fogli dinanzi a lei. Il cuore accelera, a tratti rallenta, non è più certa di cosa stia ascoltando. Ha occhi solo per il televisore, il poderoso edificio occupa la visuale, ingrigito e sfaldato, per tutta la lunghezza degli ultimi dieci piani. L’incendio è stato domato, la polizia ha cominciato il sopralluogo con i pompieri. La giornalista questa volta arranca, incastra il microfono sotto la spalla e solleva la prova di tutta quell’agitazione. Il mantello non più tanto bianco pende floscio dalle sue mani, quasi del tutto incenerito, e lei lo sa, non è un’imitazione. Il telaio fuso dell’aliante si confonde con la stoffa, arricciato grottescamente su stesso, la via di fuga prediletta purtroppo mancata.

«Non preoccuparti, tornerò presto»

Kaito, la danza annoiata dei suoi occhi, il sorriso sfacciato, sbilenco, mentre tira su la zip della felpa uscendo di casa. L’ultima raccomandazione mormorata alla porta dolcemente richiusa.

«Non preoccuparti, tornerò presto»

Poche ore e il ricordo ha già ha mutato forma. Kaito non le ha sorriso, le sarebbe piaciuto ma non lo ha fatto. È andato via scontento, sbattendo quella porta, allontanandola dal suo mondo, quello in cui non può più provare a comprenderlo.

«Non preoccuparti, tornerò presto»

Il servizio continua senza che lo veda, ha occhi solo per quel ricordo che le strazia il cuore. Le emozioni l’hanno abbandonata. Resta ferma, immobile, su quel letto perfetto troppo grande, poi lo sente. Il cigolio, quello familiare, quello della finestra del bagno non oleata a sufficienza. Tende l’orecchio, il tanto che basta per il fruscio della stoffa nel corridoio, infine il silenzio. Non sente più nulla, le orecchie sono ovattate, se Kaito ha cambiato stanza non lo rileva.

È una sciocca, se lo ripete una seconda volta accartocciandosi sulle ginocchia, le mani premute sulla bocca. Lui è vivo, non è morto nell’incendio, è tornato a casa. Le lacrime contro ogni volontà le inondano gli occhi riversandosi sulle guance mentre il sollievo le prosciuga le energie, rammentandole la notte insonne.

Toichi non c’è più, Kaito è ancora lì.

Silenziosamente è alla sua porta, le guance asciugate frettolosamente.
Il sole inonda la camera dannatamente ordinata, il desiderio giornaliero con cui ogni altra madre dovrebbe convivere. Kaito è disteso sul letto, a pancia in giù, profondamente addormentato. Il pantalone bianco annerito ancora indosso, ignifugo ma bruciacchiato in più punti, la giacca manca all’appello e poco le importa. Le braccia lasciate scoperte dalla camicia blu arrotolata le consentono la sua analisi scrupolosa. Non vi è alcuna bruciatura, qualche escoriazione a malapena disinfettata ma nessuna pericolosa ustione con cui fare i conti.

Kaito sta bene, ne è uscito miracolosamente indenne.

Il sospiro è pesante mentre si avvicina, sfiora la guancia cosparsa di fuliggine in una carezza appena accennata. Kaito mugugna strofinandosi sul cuscino, imbrattando di nero le lenzuola, afferrando nel sonno la mano ancora adagiata sulla sua faccia.

«Papà…»

«Shhh, figliolo…continua a dormire»

Le corde stringono dolorosamente il suo cuore mentre la voce dell’uomo tanto amato abbandona naturalmente la sua bocca, un’imitazione facile, la più piccola intonazione è stampata nella sua memoria, difficile da dimenticare.

Kaito si rilassa, la presa attorno alla sua mano scompare, il respiro si fa flebile e leggero. Non c’è posto per lei in questi casi, se n’è fatta una ragione.

«Buonanotte amore mio»

Le dita sfiorano la franga ricaduta sulla fronte, spazzolano via i superflui sprazzi di cenere. Le lacrime premono nuovamente agli angoli degli occhi, le ignora, ricacciandole indietro con un sorriso strozzato. Inspira le tracce di cenere adagiando un bacio affettuoso sugli ispidi capelli prima di uscire. La sveglia portata con sé, la tapparella abbassata e la coperta accuratamente sistemata sulla figura addormentata, infilata dolcemente sotto le lenzuola con la delicatezza di una fata.

È riuscita a sistemarlo a letto senza svegliarlo.

Ha bisogno di un minuto per sé stessa, del suo autocontrollo.
Si sposta in cucina, lontana dalla camera.
Distante dal mormorio flebile soffocato dalle coperte.

 

«Buonanotte mamma»

 

 

Note finali

* circa 500 euro

 

Sì, sono sempre io, quella che inizia storie senza aver completato le altre.
Questa volta con protagonista Chikage Kuroba e il suo legame con Kaito, molto sfaccettato, perlomeno secondo la mia impressione. Mi hanno sempre dato l’idea di volersi bene ma in un detto non detto, quasi come se dirlo apertamente fosse un’offesa per Toichi. Kaito vuole bene alla madre più di quanto sia disposto ad ammettere e lei, beh, come tutti i genitori non sempre se ne rende conto.

Quindi, eccovi un viaggio di momenti madre-figlio.
In aggiornamento altalenante. ç.ç

 

Le recensioni sono ben accette, volendo anche i piccioni viaggiatori, evitiamo però i segnali di fumo, ci manca solo che scoppi un incendio a causa mia. ❤️


Alla prossima,

Aky

 

 

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Gōshō Aoyama, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro

 

   
 
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