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Autore: _ A r i a    12/08/2022    1 recensioni
[ post!canon | what if | possibili spoiler del manga ]
Scendono di nuovo giù per le scale, fino a tornare all’ingresso. A un certo punto, però, Enji sente un gemito di dolore che lo mette subito in allarme, costringendolo a voltarsi.
Trova Keigo piegato su se stesso, le braccia strette attorno al proprio corpo, e questo basta a riempirlo di paura.
«Hawks!», lo chiama, terrorizzato. Lo raggiunge all’istante, stringendolo a sé.
«S-se continui a restarmi così vicino mi fai mancare il respiro, Endeavor-san…», lo provoca Keigo, lanciandogli uno sguardo ammiccante.
Enji lo fulmina con lo sguardo. «Ti sembra il momento di flirtare, ragazzino?», lo rimprovera, ma la sua voce non suona per niente arrabbiata, piuttosto solo terribilmente preoccupata.
«Ho f-flirtato con te fin dal primo momento in cui ci siamo incontrati, se non te ne fossi accorto…», gli fa notare il ragazzo. Un sorriso compare sul suo volto nell’osservare lo sbigottimento di Endeavor, ma poco dopo entrambi sono costretti a mutare espressione. Keigo, infatti, sembra essere scosso da una nuova fitta di dolore, il volto che si contrae per la sofferenza, mentre Enji torna a posare su di lui occhi pieni di apprensione.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Endeavor, Hawks
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando Hawks riapre gli occhi, si accorge subito che qualcosa non va.
«Mh…», si ritrova a gemere, frastornato.
Sente una pesantezza sospetta alla testa. Non ricorda con esattezza cosa sia successo, sa solo che un momento prima era a casa di Endeavor e stava per mettere dell’acqua fresca nel vaso dei fiori, poi aveva sentito qualcosa colpirlo con forza alla testa e da lì il buio. Ora che ha ripreso conoscenza, vede che si trova in un luogo nient’affatto rassicurante.
A prima vista sembra essere uno scantinato lurido, probabilmente in disuso da anni. Non ci sono finestre, e l’unica fonte di luce, a conti fatti, risulta essere un lampadario fatiscente che pende giù dal soffitto. I muri hanno mattoni rossi a vista, a terra c’è uno spesso strato di polvere e l’intero ambiente è permeato da un’aria satura, malsana, soffocante.
Keigo è tremendamente confuso, soprattutto per la botta che ha ricevuto – che, a quanto pare, non lo fa ragionare lucidamente. Non ha chiaro come sia finito là dentro, ma gli sembra ovvio che ne deve uscire al più presto.
Questo è un altro problema. Hawks sembra rendersi conto solo in quel momento che è bloccato.
Il suo corpo è stato infatti sistemato su una sedia di ferro, Keigo ne sente il gelo aggredirgli la pelle. Delle strisce di metallo gli immobilizzano i polsi ai braccioli della sedia, e stessa sorte è toccata anche alle sue caviglie, fermate ben salde alle gambe della seggiola.
Una sensazione ingombrante di panico inizia a farsi strada nel suo petto. Il ragazzo prova a dimenarsi, ma senza successo: la sedia sembra essere inchiodata al suolo.
Okay. Niente panico. Ha ancora le sue ali. Può richiamare alcune delle sue piume e cercare una soluzione, forse riesce perfino a farle indurire al punto da spezzare il metallo…
Ed è in questo momento che con orrore Hawks si accorge di qualcos’altro.
Sulla sua schiena, infatti, non c’è più alcuna traccia di Ali Possenti.
L’espressione sul volto di Keigo si fa ora più disperata. Riprende a dimenarsi, stavolta con più forza, ma continua a non ottenere risultati soddisfacenti.
In quel momento, la porticina in cima ai pochi scalini che conducono al seminterrato viene dischiusa.
«A quanto pare il principino si è svegliato», sente pronunciare da una voce odiosa.
Una voce che, purtroppo, riconosce all’istante.
Capelli rosso brunastri, occhi scuri come la notte. Un sorriso sadico dipinto sul volto. Keigo osserva Takami scendere in tutta calma lungo le scale.
Suo padre.
Se possibile, Hawks tenta di dimenarsi con ancora più decisione.
«C-come mi hai trovato?», domanda Keigo, terrorizzato.
L’uomo continua ad avvicinarsi minacciosamente a lui, fino a quando Keigo non se lo ritrova davanti. Il villain gli afferra il mento, stringendoglielo malignamente tra le dita. «Oh, Keigo, solo uno sciocco come te avrebbe potuto pensare che non sarei riuscito a trovarti», commenta Takami, sogghignando. «Da giorni sapevo dove ti nascondevi. Abbastanza ovvio, in realtà: un debole come te non avrebbe potuto far altro che chiedere aiuto al suo eroe, quel buono a nulla del numero uno. Pensa, però, che è stato proprio il tuo Endeavor a tradirsi: quando ci siamo scontrati a Shibuya mi è sembrato che avesse preso fin troppo a cuore la questione.»
Gli occhi di Hawks si spalancano, attraversati da un cieco terrore.
Quella, per suo padre, sembra essere una reazione fin troppo eloquente. «Allora è vero», commenta, colmo di disprezzo. «Avete una relazione… mi fai ribrezzo. Non potevo aspettarmi niente di meglio da una delusione come te, dopotutto.»
«Non ti azzardare a toccarlo!», gli grida contro Hawks, con tutte le forze che ha in corpo.
«Ma è naturale!», replica l’uomo, lasciandogli andare il mento. Una risata malvagia gli scuote il corpo, e Keigo si ritrova a valutare che non c’è niente di sano in quell’accesso d’ilarità. «Il mio obiettivo sei sempre stato tu, di lui non me ne faccio un bel niente! Come avrai notato, per prima cosa mi sono occupato delle tue ali. Le ho bruciate, hai visto? Così non potrai cercare di chiedere aiuto con quelle tue stupide piume. Ricresceranno, lo so, ma avrò la premura di distruggerle ancora, e ancora, e ancora… non ho intenzione di ucciderti, non subito almeno. Voglio torturarti per bene, mi sembra il minimo dopo tutto il tempo che ho trascorso in carcere a causa tua e del tuo eroe. Vedi di abituarti a questo scantinato, ci passerai un bel po’ di tempo…»
«Tu sei un pazzo!», urla ancora Keigo, mentre l’uomo è già sulle scale. «Pensi davvero che Enji, notando la mia assenza, non si metterà subito sulle mie tracce? Troverà questo posto e‒»
«E come?», lo interrompe il villain, voltandosi di nuovo nella sua direzione. «Mi sono assicurato di rintracciare un luogo che non avesse alcun legame con me, proprio per avere la certezza che i tuoi amici eroi non riuscissero a trovarmi. Goditi la tua permanenza all’inferno, Keigo, perché sarà lunga.»
L’uomo esce dallo scantinato, serrandosi la porta alle spalle.
Hawks rimane per qualche istante a fissare con sgomento il punto in cui l’ha visto sparire, per poi riprendere a dimenarsi, cercando di liberarsi dalla morsa della sedia.


Enji riesce a rientrare a casa solo un paio d’ore dopo.
Ha un’espressione seccata in viso. Non è ancora riuscito a liberarsi dal fastidio di essere stato disturbato nel bel mezzo del pomeriggio. D’accordo, ha sempre trascurato ogni cosa per il lavoro, ma è tremendamente mortificato al pensiero di non essere riuscito a mantenere la promessa che aveva fatto a Hawks.
Ormai è l’imbrunire. Forse è in tempo per preparare la cena assieme al ragazzo, come da programma che Keigo gli aveva annunciato prima che uscisse di casa. Non sa se sarà sufficiente per farsi perdonare, ma almeno è qualcosa.
Quando apre il piccolo cancello che dà accesso alla sua proprietà, Enji si accorge che tutte le luci sono ancora spente, sia i lampioni nel giardino che l'impianto interno della casa. È strano, ma ormai le giornate si sono allungate, forse Hawks ha preferito lasciare tutto spento perché non gli sembrava ancora così buio, chissà.
Sotto il portico è rimasto aperto il pc di Hawks. Sembra essere in standby da un pezzo, a Enji viene da pensare che probabilmente Keigo si è dimenticato di spegnerlo per dedicarsi a una delle sue mille attività. Hawks è così, sempre in movimento, Enji ormai l’ha capito da un pezzo. Una sbadataggine del genere è perfettamente da lui.
«Ragazzino, sono a casa», si annuncia Enji, muovendo alcuni passi all’interno dell’abitazione buia. Si aspetta quasi di sentire da un momento all’altro la voce allegra di Keigo che lo accoglie, o quantomeno di sentire l’olio che sfrigola in qualche padella mentre è in cucina a preparare chissà cosa.
Solo che non succede niente di tutto questo.
Enji si ritrova a valutare che è strano. Da quando Hawks abita a casa sua, non gli sembra di aver mai udito così tanto silenzio tra quelle mura.
Endeavor si decide finalmente ad accendere le luci di casa. Preme un interruttore, e le tenebre sembrano svanire da quell’ambiente.
La casa gli sembra immutata da come l’ha lasciata quando è andato via, qualche ora prima. Ci sono, tuttavia, due cose che non gli tornano in alcun modo.
La prima è che lì non sembra esserci alcuna traccia di Hawks. La seconda riguarda alcuni cocci infranti che Enji nota a terra.
Endeavor si avvicina in fretta, chinandosi sulle assi di legno a terra per osservare meglio ciò che ha trovato. Afferra con le dita quei frammenti, per poi avvicinarseli al volto: hanno il colore della terracotta, e all’apparenza provengono da un qualche vaso.
Quella storia non gli piace per niente. Enji si rialza in fretta in piedi e, nel farlo, ha già recuperato il telefono dalla tasca dei pantaloni.
Prima che possa rendersene conto, ha già avviato una chiamata.
«È scomparso.»


È un gran casino.
Per quanto Keigo cerchi di dimenarsi, da solo non può nulla contro il metallo che lo imprigiona. Prima che il suo quirk si rigeneri, inoltre, ci vorrà del tempo. Da quanto è rinchiuso la dentro? Non ne ha idea. Sa solo che a un certo punto si è svegliato ed era già lì, nello scantinato.
Non sa quanto tempo sia trascorso tra la sua cattura e il risveglio. Forse ore, ma potrebbe trattarsi benissimo anche di giorni. Endeavor sarà tornato a casa? Avrà notato la sua assenza? Saranno già cominciate le ricerche?
Cercare di sfilare polsi e caviglie dalle strisce di ferro che li imprigionano è impossibile, ma a Hawks tentare quella via sembra la sua unica possibilità. Prova a richiamare ancora una volta gli arti a sé, sperando di riuscire a sfilarli dalla morsa che li tiene imprigionati, ma senza alcun successo. La sua pelle si sta riempiendo di segni rossastri e lividi, ma non sembra darci peso.
Deve uscire da lì. Deve tornare da Enji. Deve mettere fine a tutta quella storia.
Mentre cerca di liberarsi dalla prigione in cui è bloccato, un ritmo perpetuo e regolare scandisce il tempo che passa. Keigo solleva lo sguardo, e si accorge che, fuori dalle mura di mattoni rossi, pendono delle tubature dall’aspetto assai antiquato. Andrebbero sostituite – se solo quel luogo non fosse abbandonato e nessuno probabilmente se ne curi più da molto tempo –, perché a quanto pare c’è una perdita. Hawks non sa bene dove, ma il rumore di uno stillicidio continuo non fa che riempirgli le orecchie da quando è rinchiuso lì. È insopportabile.
Keigo riprende la sua lotta con la sedia, cercando di ignorare il ticchettio dell’acqua per quel che può. Sfrega i polsi con decisione, trattiene un gemito tra le labbra, ma niente, sembra ben lontano dal riuscire a liberarsi.
Si lascia sfuggire un sospiro stanco, ma non ha neppure il tempo di crogiolarsi nel suo fallimento prima che una nuova preoccupazione inizi a tormentarlo.
La tubatura, infatti, sembra aver deciso improvvisamente di voler smettere di reggere. Il metallo cede, così che il condotto pare letteralmente spaccato a metà, e adesso l’acqua che cade nella stanza è decisamente di più.
Sulle labbra di Keigo affiora un sorriso beffardo.
«Oh, ma andiamo…», commenta, le parole che si perdono nel vuoto intorno a sé.
Quella è una quantità sufficiente per allagare uno scantinato? Keigo non ne ha idea.
Il ragazzo si agita sulla sedia in maniera più febbrile.
Ti prego, Endeavor, fai presto…


La sala principale dell’agenzia Endeavor sembra essere nel caos più totale.
Pressoché tutti gli eroi in cima alla classifica sono lì. È bastata la chiamata a Jeanist per mobilitare praticamente chiunque.
Endeavor sa di avere lo sguardo interrogativo di circa una dozzina di colleghi puntato su di sé. Deve loro delle spiegazioni, il problema è che non sa da dove cominciare. Continuano a tornargli in mente i cocci del vaso che ha trovato a terra, a casa sua, e tutto comincia a vorticare in maniera frenetica e pericolosa nella sua mente.
«Hawks è scomparso.»
Lo annuncia così, senza troppi giri di parole. Dirlo gli costa una gran fatica, perché è terribilmente preoccupato per lui, oltre a sentirsi in colpa per la sua sparizione, ma sa che potrebbero avere i minuti contati, è inutile perdersi in convenevoli.
Chi sembra prendere la notizia peggio degli altri è Mirko. Rumi lo fissa con aria interrogativa, come se non riuscisse a comprendere veramente ciò che si cela dietro alle sue parole.
«In che senso?», la sente informarsi infatti poco dopo. «Non ti risponde più al telefono, ci hai fatto scomodare tutti e venire fin qui per questo?»
Enji scuote brevemente la testa. «No», replica, cercando di dominare l’ansia che sente salire ogni secondo di più dentro di sé. «Credo che sia stato rapito.»
Rumi inarca un sopracciglio, scettica. «Ah, sì? E da chi, di grazia?», insiste, stoica.
Lo sguardo di Endeavor resta fermo, imperturbabile. «Da suo padre», si decide finalmente ad alta voce. Dirlo a qualcuno suona come una liberazione, dopo giorni trascorsi facendo attenzione a non lasciar trapelare nulla per non aumentare i rischi. «Circa un mese fa Hawks mi ha informato che era tornato in libertà e aveva già cercato di avvicinarsi a lui, riuscendoci e ferendolo. Da allora gli ho offerto protezione e lui si è trasferito a casa mia…»
«Questa storia va avanti da un mese e noi ne veniamo al corrente adesso?», lo interrompe bruscamente Rumi.
«Avevo avviato un’indagine ma non siamo riusciti a ottenere alcun risultato soddisfacente», si giustifica solamente Enji, sperando che ciò basti alla sua collega.
Mirko, però, non sembra affatto persuasa. Si avvicina a Endeavor, minacciosa. «E ti sembra sufficiente?», domanda, fulminandolo con lo sguardo. «Avreste dovuto quantomeno avvisare le autorità!»
Le fiamme di Enji cominciano a volteggiargli attorno con maggiore ferocia. «Ho solo fatto ciò che Hawks mi ha chiesto», ribatte, l’aria attorno a lui che nel frattempo è diventata incandescente.
Prima che la situazione possa peggiorare ulteriormente, sia Rumi che Enji avvertono qualcosa afferrarli con vigore e riportarli a una certa distanza l’uno dall’altra.
«Signori, per favore. Non abbiamo tempo da perdere in queste riprovevoli discussioni.» Jeanist ha ancora una mano piegata davanti a sé, la stessa con cui ha controllato le fibre dei costumi di Endeavor e Mirko. «Per ora la nostra priorità è ritrovare Hawks.»
Enji e Rumi spostano lo sguardo di lato, con aria colpevole, ma sanno bene che Tsunagu ha perfettamente ragione.
Nella confusione, Edgeshot alza una mano. «Scusate», domanda infatti. «Ma dove potrebbe trovarsi adesso Hawks? Cioè, ci sarà un nascondiglio, un covo che avete individuato in cui probabilmente suo padre si rifugia, no?»
Endeavor si volta in direzione di Shinya, con espressione affranta. «In realtà no», ammette. «Abbiamo cercato per giorni ma non ci risulta che ci siano luoghi legati in qualche modo alla sua figura…»
Rumi sembra essere di nuovo sul punto di esplodere, ma in quel momento qualcuno arriva in supporto di Endeavor.
«Scusate!» Burnin cerca di richiamare l’attenzione di tutti i presenti su di sé con la sua voce squillante. «Io forse un’idea ce l’avrei!»
Tutti i più importanti eroi della nazione si voltano a guardarla, confusi. Moe, invece, si limita ad avvicinarsi in fretta a loro, tenendo tra le mani il suo tablet. «Il capo mi aveva chiesto di indagare di più sul passato del padre di Hawks, così è venuto fuori che in realtà qualche legame ce l’ha», spiega la ragazza. Dallo schermo del dispositivo, che ha appoggiato su una scrivania, adesso viene proiettato a mezz’aria l’ologramma di un edificio, che tutti gli eroi osservano con aria sorpresa. «Durante il periodo trascorso in carcere, infatti, avrebbe legato parecchio con un altro detenuto, un certo Nakahara Shogo, suo compagno di cella. Nakahara sta ancora scontando la sua pena, ma ho scoperto che ha un piccolo locale intestato a Ikebukuro.»
Enji osserva la planimetria dell’edificio. Sembra un vecchio locale abbandonato da tempo, probabilmente un tempo doveva essere adibito a uso commerciale. Ci sono diverse stanze vuote al piano superiore e, attraverso una rampa di scale, si giunge a un piccolo seminterrato.
Non sa perché, ma più Enji fissa l’ologramma azzurrognolo, più sente una specie di forza ancestrale che lo attira lì.
È pressoché certo che sia quello il luogo in cui è stato rinchiuso Keigo.
«Beh, è pur sempre qualcosa. Meglio di niente», commenta seccamente Rumi.
Fosse per Enji, in questo momento starebbe già volando fuori di lì.
«Non abbiamo altra scelta», conclude cupamente. «Dobbiamo tentare.»


C’è qualcosa di profondamente ironico, in tutta quella situazione.
Keigo riderebbe persino, se solo non si rendesse perfettamente conto di essere nel bel mezzo di un disastro.
Hawks ha sempre temuto le fiamme, perché quell’elemento è l’unico in grado di distruggere le sue ali. Nonostante questo, ha finito per innamorarsi di Endeavor, lo ama da tutta la vita, e il fuoco che controlla non lo ha mai spaventato.
Al contrario, non gli è mai sembrato che l’acqua costituisse un problema, per lui. L’acqua che ha sempre accolto il suo corpo con gentilezza, l’acqua in cui si è ritrovato a galleggiare placidamente.
Invece, se adesso verrà la sua morte, sarà proprio a causa dell’acqua.
La perdita ha inondato in fretta l’intero scantinato. Per quanto abbia continuato a dimenarsi, non è riuscito in alcun modo a liberarsi da quella morsa di ferro che lo tiene imprigionato. Ora che si ritrova con l’acqua – letteralmente – alla gola, continua a non avere neppure un dubbio sul fatto che Endeavor lo troverà.
Forse sarà troppo tardi, ma Keigo non ha mai dubitato, neppure per un secondo, che Enji lo stesse cercando.
Prima che l’acqua ricopra del tutto il suo viso, Hawks lancia a pieni polmoni un ultimo, disperato, grido di aiuto.
«Endeavor-san!»


Gli eroi raggiungono in fretta il luogo che Moe ha indicato loro.
Sembra un normale fabbricato abbandonato, in una zona decisamente poco frequentata di Ikebukuro. Non ci sono altre costruzioni nei paraggi, eccezion fatta per quell’edificio di mattoni rossi. Piccoli ciuffi d’erba spuntano dalle crepe dell’asfalto, segno che di lì per molto tempo non sia passata anima viva.
Endeavor attraversa il piazzale con ampie falcate. Non ha molto tempo da perdere, Hawks è in pericolo e non hanno neppure la certezza che sia lì. Deve sbrigarsi a trovarlo.
L’ingresso è sigillato da una pesante porta di metallo arrugginita. Enji gli assesta una spallata con decisione, e subito l’uscio cede, spalancandosi davanti a lui.
L’interno, se possibile, sembra essere ancor più desolato dello spazio lì fuori. Le stanze sono vuote, prive di ogni genere di mobilia, e i pavimenti lerci sono ricoperti da uno spesso strato di polvere.
Endeavor e Jeanist sono i primi a entrare là dentro. I due cominciano a ispezionare il posto, passando da una stanza all’altra, senza tuttavia riuscire a trovare nessuna traccia.
«Sembra che non ci sia nessuno, qui», commenta Jeanist, poggiando una mano con evidente disgusto sullo stipite di cemento all’ingresso di una delle varie stanze.
Enji non ne sembra affatto convinto. Il punto è che, nel momento in cui Burnin ha mostrato loro la pianta di quell’edificio, ha pensato all’istante che quello fosse il luogo in cui era stato rinchiuso Hawks. Non ha idea del perché, probabilmente se ne è solo voluto inconsciamente convincere perché così disperatamente desideroso di trovare il più in fretta possibile il ragazzo.
Forse ha ragione Jeanist, lì non c’è un bel niente e faranno meglio a tornare in agenzia per valutare la presenza di altri possibili nascondigli. Endeavor sta quasi per dirlo al collega, solo che è proprio in quel momento che lo sente.
È così flebile e lontano che per un momento crede persino di esserselo immaginato, eppure qualcosa gli dice che no, è impossibile.
Non confonderebbe mai quella voce con nessun’altra al mondo.
Enji si volta di scatto nella direzione da cui l’ha sentita provenire. C’è un’altra porta, anche questa di metallo. Endeavor ci si scaglia letteralmente contro, mentre sente i cardini cedere sotto la violenza del suo assalto.
Si trovano adesso in un’altra stanza che non erano ancora riusciti a individuare, e in fondo a essa si trova l’ennesima porta. Ora che la vede, ricorda che nella planimetria che Burnin ha mostrato loro era presente uno scantinato, solo che, una volta arrivati lì, non ne hanno trovato alcuna traccia.
Enji raggiunge in fretta anche quella porta. Oltre di essa si leva un rumore nient’affatto rassicurante, che Endeavor riconosce bene.
Acqua.
Scardinata anche questa soglia, Enji raggiunge finalmente lo scantinato.
La prima cosa che nota è che è praticamente invaso d’acqua. Un getto copioso che fuoriesce da una tubatura ha colmato la stanza, tanto che ormai è arrivato a metà della scala.
Ben presto, tuttavia, nota che sotto la superficie dell’acqua si cela una figura.
«Hawks!», grida, disperato.
Enji non ci pensa due volte. Afferra il corrimano di metallo e si lancia oltre di esso, finendo sommerso dall’acqua.
Nuota in fretta per raggiungere il corpo del ragazzo. Purtroppo, da quello che gli sembra di vedere, non pare essere cosciente.
Spera solo di non essere arrivato troppo tardi.
Keigo è immobilizzato a una sedia di metallo. Ci sono delle strisce spesse di ferro che gli bloccano i polsi e le caviglie.
Endeavor non sa se il suo quirk funzioni anche sotto tutta quell’acqua, ma deve provare. Ne va della vita di Hawks.
Enji posa le mani su quelle placche di metallo, cercando di condensare il proprio potere unicamente su di esse. Concentra le fiamme in un solo punto, in modo che lentamente sciolgano e fondino il ferro.
Funziona.
Con quella tecnica, riesce a liberare in fretta i polsi del ragazzo. Ripete la stessa operazione anche con le caviglie, così poco dopo Keigo è finalmente libero.
Enji avvolge con forza le braccia attorno alla vita del ragazzo, dopodiché si dà una spinta con i piedi e dal terreno comincia rapidamente a riemergere.
Endeavor torna a respirare, boccheggiando affannosamente.
«Jeanist!», si ritrova a chiamare con forza, in direzione del collega.
Tsunagu sembra comprendere al volo le sue intenzioni. Il numero tre controlla le fibre dei vestiti di Hawks, attirandolo in salvo.
Ora, però, anche Enji deve sbrigarsi a uscire di lì. Gli schizzi d’acqua stanno raggiungendo il lampadario, e da alcuni cavi della corrente elettrica scoperti partono delle scintille. Se dovessero raggiungere l’acqua, finirebbe per morire folgorato.
Endeavor raggiunge in fretta a nuoto le scale, per poi salire su di esse.
«Presto, fuori da qui!», ordina.
Jeanist non se lo fa ripetere due volte. Continuando a tenere il corpo di Hawks ben stretto a sé, esce fuori dalla stanza, lasciandosela alle spalle.
Enji lo imita subito dopo, serrando la porta alle loro spalle.
Non possono tuttavia allontanarsi molto di più da lì, lo sanno bene. Prima di tutto devono infatti constatare le condizioni di Hawks.
Endeavor si avvicina in fretta al ragazzo. Tsunagu l’ha già disteso a terra supino, e lo osserva con aria preoccupata.
Come Enji aveva notato raggiungendolo sott’acqua, Keigo non è cosciente. Il suo respiro, inoltre, sembra essersi arrestato.
Per quanto la cosa lo terrorizzi, per una volta Endeavor si ritrova a benedire il fatto di essere un eroe. Perlomeno, la sua professione gli permette di conoscere perfettamente la procedura da adoperare in questi casi, visto che anche questo significa salvare delle persone.
Enji si avvicina alle labbra di Keigo, soffiandovi aria all’interno. Tasta attentamente il polso del ragazzo, e si ritrova a constatare l’assenza di battiti.
Per quanto senta il panico montare sempre di più dentro di sé, Endeavor tenta comunque di praticargli un massaggio cardiaco.
«Ti prego, Keigo», si ritrova a mormorare, tra una compressione e l’altra sul petto del più giovane. «Non puoi lasciarmi così… devi restare con me… ti prego… ti prego…»
Enji non può accettarlo. Non può credere di essere arrivato troppo tardi, che non ci sia più tempo per salvare Keigo. Gli sembra di rendersi conto solo in quel momento, di quanto, in così poco tempo, il ragazzo sia diventato importante per lui.
Non può perderlo prima di avergli detto quello che prova davvero.
Tsunagu osserva la scena in silenzio, tremando appena. Essere un eroe significa vivere con la consapevolezza che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo, ma in questo caso è diverso, perché si tratta di Hawks, un collega con cui ha collaborato a stretto contatto in passato, e poi sarebbe ingiusto perderlo in una circostanza del genere. E poi c’è Endeavor, che guarda Keigo con quello sguardo disperato, come se da lui dipendesse tutto il suo mondo e perderlo vorrebbe dire veder crollare tutto ciò che faticosamente ha cercato di ricostruire dopo la fine della guerra. Non si tratterebbe solo di perdere un collega, per lui.
Di colpo, il corpo di Keigo viene scosso da alcuni colpi di tosse. Il ragazzo riapre lentamente gli occhi, mentre dalle labbra esce ancora un po’ d’acqua.
«Sei… p-più bello mentre mi salvi la vita», mormora, la voce tremendamente roca.
Gli occhi dorati di Keigo sono belli come sempre. Fissano Enji, il suo eroe, pieni di riconoscenza, gratitudine, amore.
Endeavor sorride, avrebbe da ridire sul fatto che si sia lasciato sfuggire un commento del genere poco dopo aver quasi rischiato di morire, ma è così sollevato al pensiero che sia lì con sé che non riesce a darci peso.
Appoggia la fronte a quella del ragazzo.
È vivo. Sta bene.


Endeavor e Jeanist scendono di nuovo nello scantinato.
Bloccata la perdita, le fiamme di Enji si occupano dell’acqua che rimane: con tutto quel calore, non passa molto tempo prima che sia di nuovo evaporata.
I due percorrono verso il basso la scaletta che conduce al seminterrato, anche se a prima vista non sembra esserci molto di diverso dalla desolazione che hanno avvertito nelle stanze al piano superiore. Il pavimento, che era coperto di polvere, dopo il passaggio dell’acqua si è riempito di fanghiglia. Nei muri ci sono mattoni rossi a vista, e dal soffitto penzola un lampadario malridotto, lo stesso che poco prima ha minacciato di ucciderli a causa delle scintille irradiate dai suoi cavi elettrici scoperti – insieme agli altri mille fattori che hanno complottato contro la loro vita, certo.
L’unico oggetto che sembra attirare l’attenzione più degli altri è la sedia di metallo, forse perché stona un po’ in quel contesto in cui ogni cosa sembra essere immutata da anni. La trappola in cui era stato imprigionato Keigo, infatti, sembra essere stata costruita proprio lì, in quello scantinato, e di recente. Enji si ritrova a valutare che dev’essere stata la prima cosa a cui Takami si è dedicato dopo essere uscito di prigione, che deve aver premeditato per mesi il rapimento del figlio, e che probabilmente aveva cominciato a covare quel piano già molto tempo prima, mentre era ancora in carcere. C’è qualcosa di profondamente inquietante, nei contorni di quella storia.
Tracce dell’uomo, però, non sembrano esserci, per cui se vogliono trovarlo sono ancora a un punto morto. In quel momento, tuttavia, mentre stanno quasi per lasciare lo scantinato, i due eroi sentono gracchiare i loro auricolari.
«Endeavor! Jeanist! Sono Mirko!», si annuncia Rumi. «Lo abbiamo preso!»
I due eroi si scambiano uno sguardo sorpreso.
«Sul serio?», domanda Enji, incredulo.
«Sì!», conferma lei. «L’abbiamo trovato che stava cercando di scappare da Ikebukuro. È bastato un colpo ben assestato dei miei ed è finito subito al tappeto!»
Enji e Tsunagu si guardano nuovamente, sollevati. È finita veramente.
Deve dirlo subito a Hawks.

Keigo è seduto a gambe incrociate in cima ai gradini all’esterno del vecchio edificio. Il cemento non rasato graffia e abrade i suoi vestiti, ma lui non sembra curarsene. Tiene le braccia conserte poggiate sopra alla ringhiera di ferro che corre lungo la scala, lo sguardo perso a fissare l’orizzonte. Nel cielo c’è ancora una sfumatura violetta che lo rende bellissimo.
Sul suo volto si riflettono le luci blu e rosse dei lampeggianti dei mezzi dei paramedici giunti sul posto. Probabilmente dovrà recarsi in ospedale per degli accertamenti, al momento però, dopo un primo controllo, sembra essere incredibilmente in forma sebbene abbia rischiato di morire meno di un’ora prima, così gli hanno dato il permesso di restare lì, lasciandogli una coperta marrone sulle spalle.
Sente dei passi avvicinarsi alle sue spalle. Anche senza quirk riconosce quella camminata, e non ha bisogno di altre informazioni per sapere a chi appartenga.
Enji si siede accanto a lui. Tecnicamente non si vedono solo da qualche ora, eppure a Keigo pare un’eternità. Nota che sul volto dell’uomo stenta a scomparire un’espressione preoccupata.
«A quanto pare il tuo hobby è salvarmi la vita», ironizza Hawks. Ha ancora la voce un po’ arrochita, dopo tutto quello che è successo.
Sul volto di Endeavor compare l’accenno di un sorriso, ma non dura che un secondo. Restano per qualche istante in silenzio, come se entrambi avessero timore di parlare, infrangendo quella pace che ora aleggia tra loro.
Alla fine, l’equilibrio viene spezzato da Enji.
«Le ali?», domanda, guardando con aria interrogativa la schiena del ragazzo. C’è qualcosa di tremolante nella sua voce, e Hawks sospetta che non si sia ancora liberato dal terrore di averlo quasi visto morire, poco prima.
Keigo si stringe appena delle spalle. «Le ha bruciate», spiega. «Ricresceranno in fretta, comunque. Dubito disponesse di un fuoco minimamente paragonabile a quello di Dabi.»
L’accenno a Touya, se possibile, sembra aver turbato Enji ancora di più. L’uomo abbassa lo sguardo, con un’espressione corrucciata in volto.
Keigo si sente in dovere di rassicurarlo. Avvicina una mano al suo ginocchio, stringendolo con fare simpatetico. «Ehi», lo chiama piano, aspettando di avere lo sguardo dell’uomo su di sé per continuare. «Grazie per avermi salvato. Non ho mai dubitato, nemmeno per un momento, che mi avresti trovato.»
Enji accenna un sorriso nella sua direzione, anche se il suo sguardo continua ad essere pervaso da un velo di tristezza. «Scusami», mormora infatti. «Non avrei dovuto lasciarti da solo. E poi prima, mentre eri incosciente, io ti guardavo e… pensavo che non potevo perderti così, senza averti detto quanto tengo a te.»
Gli occhi di Keigo vengono attraversati da una scintilla luminosa. Prima che possa aggiungere qualsiasi cosa, però, Enji lo anticipa.
«Poco fa è arrivata una comunicazione da parte di Mirko», gli confessa. «A quanto pare sono riusciti a trovarlo e lo hanno fermato. Dubito che questa volta lo rilasceranno.»
Keigo sente il cuore in petto battere più forte. Gli sembra così incredibile che, dopo tutto quel periodo trascorso vivendo continuamente col fiato sul collo, ora possa finalmente tornare a respirare, a stare tranquillo, a dimenticare cosa sia la paura.
Si appoggia con la testa sul petto di Endeavor. Enji lo stringe a sé, circondandogli la vita con un braccio mentre una mano si perde tra i suoi capelli.
«È tutto finito», gli sussurra, quasi cullandolo.





notes
che periodo assurdo. qualche giorno fa non avevo più voglia di scrivere, non avevo più voglia di leggere, non avevo più voglia di fare niente. è sempre brutto quando mi sento assalire da una tristezza del genere.
oggi non so dove ho trovato la forza di mettermi al pc a editare. penso di averlo fatto solo perché "lo dovevo fare". però, eccoci qui. in realtà temevo che questo capitolo facesse molto più schifo, invece alla fine rileggendolo mi sono detta che è passabile, per cui... yay, i guess...?
penso che si sia notato che mi sono parecchio divertita a scrivere un personaggio psicopatico. il padre di hawks è uscito fuori leggermente più folle di quanto credo che sia realmente, ma ehi, è pur sempre un villain che si è fatto un mare di anni di carcere. diciamo che è andata così, lol.
[sto tipo morendo, vedi perché non editavo più il giorno stesso della pubblicazione? pensavo di aver finalmente perso questa brutta abitudine invece eccomi di nuovo qui]
non so se sono riuscita a creare un buon effetto di suspence, cioè alla fine penso immaginassimo tuttə che enji l'avrebbe salvato, però vbb, ci ho provato. tra l'altro piccola menzione per la scena in agenzia con enji e rumi che stanno a tanto così dallo strangolarsi a vicenda e il povero tsunagu che come al solito deve tenere a bada una banda di bambini dell'asilo, rip.
per la parte del salvataggio di hawks dalla morte per annegamento devo fare una menzione d'onore a sei di corvi. la scena l'avevo scritta mesi fa, invece ho letto di recente questo libro in cui a un certo punto accade praticamente la stessa cosa, e nulla, mi ha molto rassicurata perché ero terrorizzatissima di aver reso male qualcosa.
a proposito di sei di corvi, colgo l'occasione per accennare al fatto che nei prossimi mesi comincerò a pubblicare sul mio account twitter [@ignisplume click & follow me plzgiurosonosimpy] alcuni capitoli della six of crows!au che sto scrivendo al momento. ah, c'è anche un sondaggio in corso, dateci un'occhiata se vi va!
non ho molto altro da dire in realtà. tutto è bene quel che finisce bene, o almeno così pare. riuscirà enji a dire a keigo chiaro e tondo ciò che prova per lui? per scoprirlo l'appuntamento è per domenica 21 agosto con l'epilogo di questa storia. tutto sommato sono felice di essere arrivata alla fine. sono stati mesi intensi in cui più volte ho perso fiducia in questa storia, forse mettere finalmente il punto mi aiuterà quantomeno a dormire la nott– AEHM.
come sempre, grazie a chi legge e segue la storia, sono seria quando dico che se non fosse per voi adesso non sarei qui a morire di caldo davanti allo schermo di questo pc ♡

a presto!
aria
   
 
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