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Autore: Fuyuko_takahashi    13/08/2022    0 recensioni
//RanMasa//
Aitor Cazador odia la scuola, le regole e dover essere gentile a forza solo per piacere a persone che prima o poi lo abbandoneranno.
lui preferisce fare qualche scherzo stupido con il quale attirare l'attenzione, piuttosto che dire un 'ti voglio bene'. Quest'ultimo è un trattamento riservato a pochissimi.
Mostrare affetto e affezionarsi non è nelle sue corde, perché dovrebbe? Se neanche i suoi genitori sono stati capaci di amarlo, come potrebbero farlo gli altri?
Così preferisce stare solo e giocare a calcio. L'unica cosa che, sin da piccolo, lo rende veramente felice. Per questo entrerà nella Raimon per distruggere il Quinto Settore. Quel gioco sporco e corrotto non è il suo calcio e lo dimostrerà con tutte le sue forze.
//Fede Stonewall-Sharp è il mio personaggio//
Genere: Erotico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kariya Masaki, Kirino Ranmaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aitor

"Allora, Aitor è pronto? Fede ci sta aspettando in macchina" 

"Si, è di sopra." Xavier sospira, si sente che è preoccupato per qualcosa. E non sono l'unico ad accorgermene.

"Che succede?" Mi nascondo dietro il muro, consapevole del fatto che se entrassi ora nel salone, lui si bloccherebbe. Non si fa mai vedere scosso davanti a me, così come Jordan. È come se si impegnassero a fondo per farmi sempre pensare che vada tutto bene.

"Posso farti una domanda?" Sento qualcosa che striscia, probabilmente stanno portando la valigia vicino alla porta d'ingresso. "In realtà... volevo chiedertelo da un po', dalla cena a casa vostra."

"C'è qualcosa che ti preoccupa?"

"È che... Non dirlo a Jordan, perché anche lui ci sta male. L'altra sera abbiamo notato come Fede non si facesse problemi a chiamarvi 'papà', nonostante non foste i suoi genitori biologici. Aitor non è così... Lui... Aitor non ci ha mai detto che ci voleva bene, non ci ha mai chiamato 'papà'. È solo.." Fa una piccola pausa, in cui il silenzio più assoluto è interrotto solo dal battito del mio cuore che non riesce a stare fermo. "Perché Aitor non ci riesce? È da anni che è con noi, lo abbiamo adottato che ne aveva sei e a volte mi chiedo se sia stata la scelta giusta."

"Ti stai pentendo di aver adottato Aitor?" Il cuore mi salta, Xavier non mi vuole più come figlio?

"Cosa? No! No, assolutamente! Aitor mi ha colorato la vita! La mia e quella di Jordan. Amo mio figlio. Ma è proprio questo il punto. Io lo considero a tutti gli effetti mio figlio. Lui non riesce neanche a dirci che ci vuole bene. E lo vedo che ci prova, solo che poi si trattiene. Come se pensasse che non fosse giusto. Io mi chiedo soltanto se lui sia felice con noi, se non avrebbe preferito qualcun altro. Se non avrebbe preferito i suoi veri genitori..." La sua voce si affievolisce sulla fine e io vorrei solo avere il coraggio per corrergli incontro e abbracciarlo. Ma sono un codardo e non ci riesco. Non ci riesco. Perché non riesco a farlo?

"Aitor vi vuole bene, Xavier. Ve lo assicuro. Lo so perché vedo come vi guarda. Lo vedo. Con voi si sente protetto, come non si sente con nessuno. Il fatto che non riesca a mostrarvi a parole i suoi sentimenti, non significa che non ne provi. Fede è diversa. Lei, fin da piccola, è stata una bambina espansiva. Quando l'abbiamo presa con noi, non faceva altro che trotterellare in giro per casa. Fede corre da noi anche se si buccia un ginocchio. Aitor, da quel poco che ho visto, è più il tipo da correre via e disinfettarsi da solo, senza farsi scoprire, perché ha paura che anche una semplice ferita possa essere un peso, per voi. Lui fa di tutto per non farvi pentire di averlo preso con voi."

"Ma lui non potrebbe mai essere un peso, per noi! E io non so come farglielo capire."

"Sapete perché io e Mark non lo abbiamo sostituito, alla fine del primo tempo? Perché sapevamo che voi due eravate sugli spalti. Siamo stati sicuri nel tenerlo in campo, ma non per questione di favoritismo. Lui doveva essere lì perché lo voleva. Lo voleva così tanto. Il suo non è solo un giocare a calcio. Il suo è metterci cuore e passione nel dimostrare il vostro calcio. Quello che tu e Jordan gli avete insegnato. E, nonostante l'errore, abbiamo capito che lui doveva rimanere in campo per riscattarsi. Perché se fosse uscito, non avrebbe avuto occasione di rimediare all'errore e vi avrebbe delusi, nella sua testa. Voi dovevate vederlo giocare al massimo, in una vera squadra, perché è ciò che lui aveva bisogno di farvi vedere. È così che vi dimostra quanto vi vuole bene. Quanto è fiero di essere vostro figlio."

"Io vorrei solo che sapesse che noi ci siamo, sempre. Per lui, per ciò di cui ha bisogno. Non sarà un calcio ad un pallone, o una partita a renderci fieri di lui. Noi lo siamo già." Sospira, mentre io mi asciugo con il polso della felpa la lacrima sfuggita ai miei occhi. "Sei sempre stato un bravo osservatore, Jude. Grazie per le tue parole, mi servivano."

Dopo qualche minuto mi ritrovo in macchina del mister, a fare finta di non aver sentito nulla,  diretto verso il campo al fiume. 

"Non sei emozionato? Io non vedo l'ora!! Una settimana solo noi, che bello!"

"Andiamo per allenarci, Fede. Non è una vacanza."

"Tsk, dettagli" Mi zittisce con un gesto della mano. 

Faccio un sorriso tirato e non aggiungo più nulla, nella testa ho ancora le parole di Xavier. Per questo, neanche sul pullman presto attenzione al discorso di Fede e Riccardo, nonostante tentino sempre di coinvolgermi. Rimango girato verso di loro, facendo finta di essere interessato. Ma in realtà ho la testa piena di pensieri.

Quando arriviamo corro nella mia stanza, che condivido con Lucian e scendo subito al campo, dopo aver infilato un pantaloncino e la maglia a mezze maniche. I tacchetti sprofondano nell'erbetta, mentre recupero un pallone e mi posiziono di fronte alla porta. Colpisco con tutta la forza che ho. Il dolore che ho nel petto, da quando ho lasciato casa, deve essere scaricato in qualche modo. E allora perché non trasformarlo in rabbia, e la rabbia in forza?

La palla colpisce il palo e rotola fuori.

"Aitor non ci ha mai detto che ci voleva bene, non ci ha mai chiamato 'papà'."

Stringo i pugni, sbatto un piede per terra. 

Corro a riprendere il pallone, lo riposiziono ed è in quel momento che lo vedo. Con la coda dell'occhio noto Gabi al bordo del campo. Mi sta osservando, con una faccia confusa.

"Vuoi avvicinarti o vuoi rimanere lì a fissarmi ancora per molto?" Sputo fuori. Perché mi irritano i suoi occhi, che mi scrutano come se stessero cercando di studiarmi.

"Io mi chiedo soltanto se lui sia felice con noi, se non avrebbe preferito qualcun altro. Se non avrebbe preferito i suoi veri genitori..."

Calcio nuovamente la palla, con la stessa forza di prima. Anche questa volta non entra in porta.

"Sei solo?" Rido di scherno. 

"Lui fa di tutto per non farvi pentire di averlo preso con voi."

Vorrei urlare. Piangere e urlare. Ma non posso. Mi limito a colpire di nuovo il pallone e rispondergli come mio solito.

"Hai bisogno di un paio di occhiali, Babol?" Lui si zittisce, dopo aver fatto una smorfia. Non avrei dovuto essere così duro, forse. E dovrei smetterla id chiamarlo così. Ma oggi non è giornata.

"Perché se fosse uscito, vi avrebbe delusi."

"Ti va di fare un tiro?" Chiedo, perché forse concentrarmi su di lui potrebbe distrarmi dal vortice di pensieri nella mia testa. E magari riesco anche a distrarre lui, che sembra perso a guardarmi da un po', ormai.

"Eh?"

"Il pallone, Gabi. Vuoi tirare o vuoi stare ancora lì fermo a guardarmi?" È già la seconda volta che lo becco a studiarmi con gli occhi, e non lo sopporto. Ho capito che pensa che io nasconda qualcosa, ma non è facendomi la radiografia che lo scoprirà.

Mi strappa la palla dalle mani e tira, ma oggi siamo entrambi baciati dalla sfortuna, perché colpisce la traversa e il pallone finisce tra le mie mani. Glielo riposiziono e lo incito a riprovare.

"Dovresti colpire più internamente, così la palla avrà un effetto migliore. Ricorda che è un tiro, non un passaggio. E prova a prendere una rincorsa laterale, non posizionarti nella traiettoria del pallone, questo ti faciliterà il tiro."

Il mio consiglio gli è utile e io sorrido debolmente. 

Va a recuperare la palla, mentre mi rivolge una domanda, che mi spiazza.

"Sei un difensore, ma mi hai dato consigli come se fossi un attaccante. Chi ti ha insegnato a giocare a calcio?"

Porto la mano sul braccialetto rosso al mio polso.

~"Forza, Aitor! Colpisci il pallone" Xavier allarga le braccia, pronto a prendere il pallone dopo il mio tiro. Calcio, ma inciampo sulla sfera e cado. Due braccia mi sollevano, Riportandomi in piedi. "Avanti, piccolo! Colpisci così!"~

Alzo lo sguardo su Gabi, mentre la mia mente è ancora persa in quel ricordo.

"Io lo considero a tutti gli effetti mio figlio"

"Mio padre"

Un attaccante.


 

###

Spazio autrice.

Due capitoli in due giorni? Devo essere impazzita!!

Devo ringraziare TonyeChiaraCazador per avermi dato l'idea di scrivere un capitolo temporaneamente parallelo a quello precedente. Volevate il pov di Aitor ed eccolo qui! Come ho detto nel commento all'altro capitolo, questo è un esperimento. Sentitevi liberi di dirmi che fa schifo.

La parte iniziale di questo capitolo, comunque, era già nella mia mente e sarebbe stata comunque presente sotto forma di flashback, nell'idea iniziale. Io, personalmente, sono abbastanza soddisfatta di questo capitolo.

Spero piaccia anche a voi. 

Buona lettura.

 

   
 
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