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Autore: Iaiasdream    14/08/2022    0 recensioni
Vincenzo Gargano, ricco novantenne proprietario terriero, muore lasciando tutti i suoi averi al figlio Diomede e ai due nipoti Stefano e Carmine, a patto che a scadenza di un anno dalla sua morte, uno dei due prenda moglie.
Per non rischiare di perdere tutto, poiché Stefano dieci anni addietro tagliò i ponti con l'intera famiglia, Diomede cerca di affrettare i tempi accettando la proposta di sua cugina Rita Ferrara, facendo sposare Carmine con la procugina Marella.
Il giovane, però, è contrario, poiché innamorato di Arianna, figlia adottiva del cugino di suo padre, da tutti chiamata Aria.
Carmine sembra propenso a non voler piegarsi a quel obbligo e decide con la sua amata di scappare insieme, ma il destino sembra essergli avverso e proprio il giorno previsto per il matrimonio, degli imprevisti inaspettati cambieranno i loro progetti.
A complicare la situazione è anche il ritorno di Stefano, il quale porta con sé un segreto che riguarda Arianna e che insieme dovranno scoprire poiché prima di morire, Vincenzo era propenso a rivelare qualcosa di sconvolgente.
Tra misteri, intrighi e passioni, non mancherà il forte sentimento che travolgerà i due giovani.
Tutti i diritti sono riservati
Genere: Erotico, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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16.
 
I movimenti di Carmine si susseguirono come una moviola e Stefano e Arianna lo guardarono entrambi celando sentimenti confusi, diversi.
La giovane non seppe spiegare quello che realmente sentiva. Vederlo uscire dalla macchina, abbronzato, dimagrito dal giorno del suo matrimonio, le scombussolò l’animo. Indossava un paio di occhiali da sole scuri, ma Aria sapeva benissimo che i vetri celavano lo sguardo puntato su di lei. Se li sentiva addosso quegli occhi verdi e al solo pensarci percepì come una stilettata nel cuore, tanto da farle portare la mano sul petto e stringerlo come a voler fermare quell’atroce dolore.
Stefano, invece, guardava ora il fratello, ora la ragazza che gli stringeva il braccio e tremava, ansioso di carpirle le sensazioni che stava provando.
Anche Marella era uscita dall’auto, con la sua solita aria da spaesata e incerta, ma nessuno sembrò far caso alla sua presenza. Era come se in quel cortile, le uniche figure tangibili fossero Arianna e i due fratelli e che quel vento umido che si era alzato incorniciasse il triangolo.
A riportarli alla realtà furono le urla sorprese dei gemelli che corsero verso l’auto portandosi appresso tutta la schiera dei Ferrara, mancavano soltanto Rita e sua figlia Mina.
«Come mai siete di ritorno? – chiese Erminia appoggiata al braccio di suo figlio Alberto – il viaggio di nozze non è stato di vostro gradimento?»
«A quanto pare, non ero l’unico a essere all’oscuro di tutto» esordì Carmine, facendo il giro dell’auto per avvicinarsi agli altri e nel mentre si tolse gli occhiali da sole dando conferma ad Aria che la stava guardando.
Ma anche se la giovane non sperasse di poter leggervi qualche segno di malinconia o anche solo di felicità, quello che percepì fu deludente per lei e soprattutto angosciante. Carmine aveva stampata sul volto la stessa espressione cattiva di suo padre.
«Di che stai parlando?» chiese ancora Erminia scoccando occhiate a tutti gli altri che tentarono di ignorarla, imbarazzati.
«Perché non lo chiedi a mio fratello?» ribatté il ritornato volgendo lo stesso sguardo verso Stefano il quale, senza scomporsi rispose: «Stavo cercando di chiamarti, ma il tuo cellulare non prendeva.»
«Ma davvero?»
«Si può sapere di che state parlando?» esclamò l’anziana, spazientita.
«Mio padre è scomparso da ieri mattina! - rivelò Carmine, continuando a reggere quell’insensata sfida di sguardi verso suo fratello. – Hanno trovato la sua auto in una scarpata e di lui nessuna traccia!»
«Che diavolo stai dicendo?!»
«Scusaci mamma, se non te lo abbiamo detto prima, volevamo una conferma» intervenne Alberto stringendo la presa sul suo braccio per tenerla ferma, poiché quella notizia l’aveva messa in agitazione.
«Volevate la conferma, o volevate godervi la bella notizia?» quelle taglienti parole, che nessuno credeva potessero mai uscire dalla bocca di Carmine, fecero calare un agghiacciante silenzio. I presenti si guardarono tra loro sconcertati, mentre Stefano serrò la mascella convinto di aver d’avanti non più suo fratello ma qualcuno da cui sarebbe dovuto stare attento.
L’unica a sentirsi ancora confusa fu Aria che con la mente chiedeva al suo vecchio amore di rivolgerle ancora lo sguardo per convincersi che quell’orribile sensazione altro non fosse che una sua paranoia. E Carmine sembrò ascoltarla, la guardò freddo, insensibile, prima di afferrare la mano di Marella e chiedere a zia Erminia se la loro stanza fosse pronta per accoglierli. «Mia moglie è stanca per il viaggio.» aggiunse con un ghigno enfatizzando le prime parole.
Aria sentì in quel tono una punta di strafottenza nei suoi confronti, ma non ammise a se stessa che quella che finalmente riuscì a provare per quel ragazzo era rabbia. Mollò la presa su Stefano, attirando involontariamente la sua attenzione e si allontanò senza dire nulla.
Stefano lì per lì volle seguirla per essere certo che l’arrivo di suo fratello non avesse alimentato la piccola fiammella che fino alla sera prima sembrava stesse spegnendosi.
 
***
 
Carmine e Marella occuparono la stanza da letto che una volta era stata di lui da celibe. Prima di pranzo, dopo essersi sistemati, il giovane si recò nello studio di suo padre e chiamò a raccolta suo fratello e i fratelli Ferrara, perché, disse, aveva urgenza di parlargli.
Esordì col chiedergli che cosa fosse realmente accaduto a suo padre, inveendo poi contro Stefano per non averlo avvisato.
«Ti ho già detto che ho tentato di chiamarti, ma il tuo cellulare risultava spento.» spiegò il fotografo reggendo quella sua calma apparente.
«Avresti dovuto insistere! – lo ammonì alzando il tono di voce. – o, effettivamente devo pensare che eravate concentrati a godere della notizia?»
I fratelli Ferrara, offesi da quelle parole che il giovane si ostinò a ripetere, tentarono di replicare, ma Stefano li precedette, rimproverandolo e ordinandogli di tenere la bocca chiusa.
La tensione che calò tra i due fu evidente e l’aria si fece più pesante.
Per calmare i bollenti spiriti, Alberto prese parola, raccontando tutto ciò che fino a quel momento avevano scoperto sulla scomparsa di Diomede e cioè che oltre all’auto non avevano trovato nient’altro. Cristoforo aveva provato a chiamarlo al cellulare, ma nulla, e Stefano disse la sua, raccontando quel poco che l’appuntato era andato a riferirgli in mattinata.
«Oltre a non aver ricevuto ancora nessuna proposta di riscatto – aggiunse – escludo a priori il rapimento. Rocco ha detto che era andato a prelevare del denaro, se fosse così, si sarebbero limitati a rapinarlo. Stanno comunque continuando le indagini.»
«So che non sono affari nostri, ma – s’intromise Cristoforo – perché si è recato in banca per prelevare? Non siamo alla fine del mese e per quanto riguarda noi, ci paga con dei bonifici – e si fece scappare – per quello che ci dà…»
Quell’ultima frase fu ben udita dai fratelli Gargano e solo Carmine si volse a guardarlo in malo modo. Stefano ignorò il cugino mentre tentava di scorgere nel fratello qualche scorcio di verità in quel suo comportamento. «Non ci hai riuniti qui, solo per questo, vero?» gli chiese a quel punto.
«Infatti – Carmine si sedette al posto che era di Diomede. – Ad avvisarmi dell’accaduto è stata Mina. Ha chiamato sua sorella e gliel’ha detto. Per questo abbiamo interrotto il viaggio. Comunque, vista la situazione, mi vedo costretto ad aggiornarvi su alcune cose. – si fermò per qualche istante fissando la porta socchiusa, dal cui spiraglio scorse un’ombra che riconobbe. Sorrise ma non ci fece caso e con voce ferma, riprese alzando il tono di voce per far sì che chi stava origliando ascoltasse bene - Prima della mia partenza, mio padre mi ha affidato la gestione dei terreni e di tutti i suoi progetti.»
«Ha fatto bene…» balbettò Cristoforo, incerto, ma Alberto e Stefano tacquero, entrambi sospettosi.
«Per tutti i suoi progetti, intendo proprio tutti.»
E lì, il fotografo assottigliò gli occhi inarcando le sopracciglia, avendo intuito il seguito.
«Arriva al dunque» lo spronò Alberto.
«Sto parlando dell’agriturismo. Dell’idea di abbattere le scuderie.»
«Be’, naturalmente, ora ci sei tu e quindi possiamo anche lasciar perdere quest’idea insensata di tuo padre…» riprese Cristoforo, convinto delle sue parole, ma Carmine lo spiazzò, interrompendolo «Il progetto è in fase di visura. Fra qualche settimana inizieranno i lavori, non appena il comune ci darà il nullaosta. Quindi, iniziate a pensare a chi vendere i cavalli, o male che vada, portarli al mattatoio.»
L’unico ad esclamare il suo diniego fu Cristoforo, il quale scattò in avanti e sbatté i pugni sulla scrivania gridando in dialetto stretto che se le sue parole fossero uno scherzo, lo intimava di finirla all’istante.
Fu Alberto a trattenerlo e a tirarlo indietro, reggendo un’assurda calma, la stessa che imperava su Stefano, il quale, in silenzio, si limitava a studiare suo fratello.
Qualcosa non andava in lui, lo aveva capito benissimo.
«Abbassa i ragli, Cristo’!» esclamò Carmine alzando la voce ferma e impassibile. «E mo’ andatevene, non ho altro da dire.»
Cristoforo continuava a dimenarsi tra la stretta di suo fratello, ma alla fine, anche se livido di rabbia, uscì dallo studio bestemmiando tutti i morti di quella famiglia, augurando di ritrovare il corpo di suo cugino sventrato da qualche cinghiale.
Prima di uscire, Alberto si volse verso Carmine e gli disse: «Se la tua è una ripicca, non prendertela con chi non ha colpe.»
Non ebbe risposta e se ne andò salutando solo Stefano, il quale dopo essersi sincerato di essere rimasto da solo con suo fratello, prese finalmente parola chiedendogli: «Che cazzo ti prende?»
Carmine si alzò bruscamente, scalciando la sedia che andò a scontrarsi contro la libreria. «Che pensavate? Che mi sarei sacrificato per niente? Pensavate che il coglione di turno si sarebbe tolto dalle palle e che il nipote prediletto avrebbe avuto via libera?»
«Nessuno ti ha chiesto di farlo!»
«Non farmi la morale del cazzo! Dovresti ringraziarmi. Visto che sposandomi, ho salvato anche la tua parte di eredità!»
«Non me ne frega un cazzo della mia parte!» gridò Stefano facendo valere la sua posizione di fratello maggiore. «Se non ti fossi sposato, i Ferrara non avrebbero corso nessun rischio! Le mura di quelle scuderie grondano anche del tuo sangue, o te lo sei dimenticato?»
«Quel lavoro non frutta…»
«Per tuo padre! Ma per i Ferrara è tutta la loro vita!»
«Ma tu di che t’impicci? Non hai appena detto che della tua parte non te ne fotte niente? Allora stanne fuori. Non te ne saresti dovuto ritornare a Firenze? Vattene!»
Stefano rimase in silenzio, ma gli si avvicinò lentamente e quando gli fu a un palmo dal naso, fissandolo dritto negli occhi, senza nemmeno abbassare le palpebre, disse: «Fino a oggi era solo una la ragione per cui non volessi andarmene, ma ora ne sono diventate due.», poi girò i tacchi e raggiunse la porta, ma prima di uscire, senza voltarsi lo avvisò: «Le scuderie non si toccano, i Ferrara continueranno la loro vita senza avere problemi. Sacrificio o no, la proprietà è anche mia. Se è così che la vuoi mettere, allora farò anch’io la mia parte. Se proprio vuoi farti l’agriturismo, rimane sempre la tenuta di Torremonte – poi voltandosi sorrise – o hai anche tu paura dei fantasmi?» infine uscì, ma non appena aperta la porta incrociò lo sguardo di Aria.
Rimase sorpreso nel vederla lì, anche se, se lo sarebbe aspettato. La ragazza sembrava atona, le sorrise e se ne andò senza dirle nulla.
Arianna fino a quel momento se n’era stata in silenzio ad ascoltare la discussione.
Fin dall’inizio, nel tono di voce di Carmine aveva sentito qualcosa di mutato, era come se non fosse lui. Non era cambiato solo fisicamente, ma anche nei modi di fare.
Dov’era finito il ragazzo dolce e amorevole che era? Dal suo matrimonio erano solo passati sedici giorni, cos’è che lo aveva cambiato?
Nel sentirlo parlare in quel modo non aveva avuto più dubbi, il sentimento per lui si stava completamente dissipando. Aveva parlato dei cavalli come merce da macello, lui che aveva sempre amato quegli animali, che anche quando li aveva venduti si era sempre sincerato che fossero passati in mani sicure.
Perché si comportava in quel modo?
Quando Stefano le lasciò libero il campo visivo, si ritrovò di fronte il suo vecchio amore, che la guardava e i suoi occhi dal colore dei campi verdeggianti sprigionavano puro, inconfondibile disprezzo.
Lo vide avvicinarsi alla porta e chiudergliela lentamente in faccia.
Aria rimase immobile, incredula fino a quando il tonfo non la fece trasalire.
Era evidente: Carmine la odiava. Ma non si spiegava il perché, alla fine dei conti era stato lui a tradirla, ad abbandonarla. Si era piegato al volere assurdo del padre e tutto quello per cosa?
Ora lo capiva perfettamente: l’eredità.
Il pensiero di aver amato una persona rivelatasi subdola e opportunista la nauseò.
Che brutta sensazione sentirsi il voltastomaco per chi le aveva fatto passare tre anni di puro, idilliaco amore.
No, si disse mentre girava i tacchi, non gli avrebbe permesso di distruggere il lavoro di suo padre. Se voleva comportarsi come Diomede, allora lei non avrebbe fatto più distinzioni e il pensiero che Stefano, l’uomo a cui si era concessa, lo stesso che aveva ravvivato il suo cuore in una nuova e sublime emozione, fosse dalla sua parte, le alleviò quel peso che per tutta la mattinata si era portata dentro.
Quando giunse davanti alla porta della camera di suo nonno, il ricordo della sera precedente fece capolino tra tutti i suoi pensieri e quel famigliare formicolio al basso ventre si diramò in tutto il corpo facendola fremere di piacere. Prima di appostarsi alla porta dello studio di Diomede, si era prodigata per rifare il letto, ma il pensiero del ritorno di Carmine e la confusione che aveva sentito nel suo cuore, l’avevano distolta dal piacevole ricordo. In quel momento, però, fu tutto diverso. Chiuse gli occhi immaginando ancora il profumo inconfondibile di Stefano e lentamente senza accorgersene si allungò la mano verso la maniglia della porta, quando a un tratto fu fermata da qualcuno che la chiamava alle spalle.
Si volse di scatto sussultando per la sorpresa.
Era Marella.
Anche lei aveva il viso abbronzato, un po’ ustionato sugli zigomi, data la sua pelle chiara e i capelli scuri avevano striature chiare a causa della salsedine e dei raggi solari.
«Aria! – esordì abbracciandola, senza darle nemmeno il tempo di salutarla. – che bello rivederti.»
«Marella, come stai?» chiese sua cugina che, malgrado la situazione, condivise l’abbraccio.
Quando Marella si allontanò da lei, Aria si accorse che sullo zigomo purpureo, all’altezza dell’occhio, c’era una macchia più scura, un livido, sbiadito. Al ché la ragazza, d’istinto, le allungò la mano, per scostarle la ciocca di capelli che le copriva il viso e osservò perplessa. «Marella, che cosa…»
La cugina si scosse divincolandosi bruscamente urlandole di non toccarla e in quel momento Aria poté notare anche la fasciatura che le cerchiava il polso. Titubante, passò a fissarle il resto del corpo, ma non vide altro, così, cercando di essere il più tranquilla possibile, poiché conosceva le fragilità di quella ragazza, le chiese che cosa le fosse accaduto.
Marella, mosse gli occhi spaesata, come se stesse osservando un’ambiente sconosciuto, si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio allisciandosela nervosamente, mormorava qualcosa, ma non diede alcuna risposta. Poi si congedò dicendo che doveva disfare le valigie e se ne andò.
Arianna rimase a guardarla. I dubbi che l’assalirono non le diedero pace per tutto il resto della giornata.

 
   
 
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