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Autore: Il cactus infelice    15/08/2022    2 recensioni
Estate 2020. Il riscaldamento globale colpisce non solo il mondo Babbano, ma anche quello dei Maghi. La frenesia dei social, della tecnologia, sta travolgendo anche i maghi e le streghe. Bisogna tenersi al passo coi tempi.
Ma mentre queste questioni vengono lasciate ai Babbani - che se ne intendono di più - il Mondo Magico avrà un'altra gatta da pelare.
Harry Potter si ritroverà a dover risolvere un altro mistero, forse addirittura a combattere un'altra guerra e questa volta lo riguarda molto, molto da vicino.
Tutto inizia con un ritorno inaspettato una mattina del 10 Luglio 2020.
Genere: Angst, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Potter, Famiglia Weasley, I Malandrini, Nimphadora Tonks, Teddy Lupin | Coppie: Bill/Fleur, Harry/Ginny, James/Lily, Teddy/Victorie
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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RITORNO A CASA

 

Tornare a casa rendeva tutto molto più reale. Almeno in ospedale, Regulus poteva fingere che non fosse reale, o comunque, non abbastanza. L’ospedale dava una sensazione diversa, era comunque un posto dove ci sono persone malate, ferite, traumatizzate e dove le persone finiscono per essere rimesse in sesto normalmente, come nuove. Non sempre, ma nella maggior parte dei casi.
Perciò tornare a casa ora… Se avesse detto che non era terrorizzato avrebbe mentito. Ma non è che lo avesse espresso ad alta voce, no, certo che no. Era pur sempre Regulus Black, un minimo di amor proprio lo poteva conservare. E poi a chi dirlo? Ai medici? A Sirius? Sirius aveva già un bel po’ di roba a cui pensare ora, non voleva aggiungergli anche quel peso sulle spalle. Era sicuro che era stanco pure lui del San Mungo, della sedia scomoda e del cibo della mensa. 

Sirius era entusiasta che suo fratello tornasse a casa e di certo non sarebbe stato lui a rovinargli l’umore.
Perciò Regulus ingoiò il rospo, cercò di non pensarci e diede la mano a Sirius quando si allontanarono dall’ospedale per Smaterializzarsi.
Non si era aspettato quello però. Il Medimago che lo aveva visitato gli aveva detto che avrebbe avuto problemi con la Materializzazione, ma non si era aspettato di sentirsi così tanto… Disorientato. Dovette chiudere gli occhi perché i colori che vedeva - l’unica cosa che vedeva - avevano preso a girargli davanti alla faccia e si aggrappò più forte al braccio di Sirius per paura di perdere l’equilibrio. 

“Tutto bene?” gli chiese questi e il minore percepì un certo tono preoccupato.
“Sì, è solo… Un po’ di marea. Tranquillo”. 

Be’, quello sì che era molto reale. All’inizio, quando gli avevano detto che non avrebbe potuto usare la Materializzazione, la Metropolvere o addirittura le Passaporte senza qualcuno che lo accompagnasse, non aveva voluto crederci. L’idea di non potersi più muovere liberamente, di non poter viaggiare in autonomia era agghiacciante, ma ora, dopo quest’esperienza… La verità gli venne sbattuta come una porta in faccia.
Regulus soffocò quel pensiero da qualche parte nelle profondità del cervello, deciso a non volerlo affrontare ora. Non ne aveva le forze.
“Fammi un attimo aprire la porta e ci siamo”, disse Sirius e il minore lo sentì cercare le chiavi nelle tasche, poi una serratura scattare. 

Entrare in casa era invece… Anche quella tutta un’altra storia. Era un posto familiare e al tempo stesso sconosciuto. Sapere com’era fatto un posto ma non poterlo vedere era forse più disorientante che non averlo mai visto. Certo, aveva la fortuna di poter richiamare alla memoria gli spazi, gli ambienti e i mobili e quindi non avrebbe dovuto studiarsi la casa a tentoni. Ma comunque non si ricordava certo quanti passi lo separassero dal salotto o da che parte girarsi per non sbattere contro il tavolino. E poi, la casa era illuminata o al buio? Le tende erano tirate o no? L’idea che non avrebbe più dovuto preoccuparsi di accendere la luce quando entrava in una stanza lo demoralizzò ancora di più. Anche a quello non ci avrebbe pensato. Per ora.
“Reggie, vuoi andare in camera tua?” gli domandò Sirius, piano, esibendo un tono di voce tranquillo che non gli apparteneva.
“Sì”.

“Ti accompagno allora”.

“No”, rispose prontamente Regulus. “Mi arrangio. Indicami solo le scale”. 

Sirius esitò prima di rispondere. Per Salazar!, quanto odiava non poter vedere la sua espressione. “Okay”. 

E il fratello lo prese per mano portandolo fino alle scale e appoggiandogli la mano sul corrimano. Regulus contò dieci passi dalla porta d’ingresso alle scale. C’erano quindici gradini poi, quello se lo ricordava. Quindici gradini e si trovò al piano superiore. Ora doveva trovare la sua stanza. Era la prima porta sulla sinistra perciò Regulus si tenne sulla sinistra del corridoio, facendo scorrere le dita della mano sul muro finché non trovò lo stipite della porta. Era chiusa. Così appoggiò di nuovo la mano, questa volta la destra, e la fece scivolare fino alla maniglia. Spinse. La porta si aprì. La stanza doveva essere illuminata perché i colori davanti ai suoi occhi si schiarirono un po’. Probabilmente era la luce che entrava da fuori, era ancora pomeriggio.
Ora doveva trovare il letto. Gli sembrava quasi di star giocando a mosca cieca solo che tutto questo era molto, molto reale e non c’era nessuna benda a coprirgli gli occhi. Si armò di coraggio e si mosse nella direzione dove doveva essere il letto, sperando di non aver lasciato nulla in mezzo al pavimento su cui inciampare.
Contò ancora i passi.
Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque. Sei. Sette. Otto.
Le sue ginocchia sbatterono leggermente contro qualcosa di duro. Okay, quello doveva essere il letto. Regulus si piegò in avanti per rassicurarsene e quando le sue mani toccarono la coperta morbida tirò un sospiro di sollievo.
Otto passi dalla porta al letto.
Dieci passi dalla porta di ingresso alle scale.
Quindici gradini. 

Il ragazzo si ripetè quei numeri un paio di volte nella testa. Poi si buttò sul letto a peso morto e chiuse gli occhi, un peso fatto di angoscia e panico che gli tormentava lo stomaco. 

Merlino e Morgana se era stato difficile arrivare fino a lì! 


A un certo punto stava per crollare. Sentiva il sonno calargli addosso poco alla volta, complice anche l’oscurità della sera che stava iniziando ad avvolgere la stanza, dopo essersi messo comodo sul letto sopra le coperte, la bacchetta appoggiata malamente sul comodino.
La magia era un altro punto di tutta quella questione sulla quale non voleva soffermarsi, non per il momento almeno. Pian piano diversi elementi della sua vita stavano facendo capolino nella sua testa chiedendo a gran voce dove calzassero: come doveva praticare la magia se non vedeva niente? Come avrebbe fatto a trasfigurare un oggetto o a capire se aveva eseguito bene la trasfigurazione se non poteva verificarlo con gli occhi? Anche riempire un semplice bicchiere con dell’acqua… E le pozioni? Prendere le misurazioni, vedere il colore… A Regulus piaceva fare pozioni. Sì, probabilmente c’erano altri modi per farlo, sicuramente c’erano degli incantesimi che gli potevano venire in aiuto ma si trattava di nuovo di fare ricerche, leggere, trovare le informazioni e per quello facevano comodo due occhi funzionanti ed era un cane che si mordeva la coda 

Poi c’era il quidditch, volare, cucinare - Sirius faceva schifo a cucinare - leggere, guardare la tv….
Era tutto troppo. Gli stava venendo il mal di testa. Era allora che aveva deciso di seppellire tutti quei pensieri nelle profondità della mente e tornarci in un altro momento, con calma forse, con più razionalità. Era tutto ancora fresco. 

Gli occhi gli facevano ancora male, soprattutto quando li muoveva, e si annotò di fare attenzione a non muoverli troppo. Che poi, anche quello era assurdo perché muovere gli occhi gli veniva istintivo, naturale, la memoria muscolare ancora ingranata nella sua testa, ma allo stesso tempo non vedeva niente quindi a che pro muoverli?
Sperava solo di potersi addormentare presto, almeno nel sonno poteva ancora fingere che fosse tutto normale. 

La voce di suo fratello però lo fece sobbalzare. Sirius era sulla soglia e non lo aveva nemmeno sentito arrivare.
“Reggie, la cena è pronta. Vuoi venire?”
“Oh, okay”, rispose l’altro tirandosi su a sedere.
Normalmente Sirius lo avrebbe chiamato direttamente dalla cucina, urlando il suo nome per tutta la casa come un dannato e Regulus sarebbe sceso quasi correndo, rimproverandolo per gioco. 

“Vuoi una mano a venire giù?”
“No, grazie. Mi arrangio”.

“Sicuro?”

“Sì”.

Sirius non insistette e Regulus gliene fu grato. Suo fratello che lo trattava come se fosse fragile e avesse costantemente bisogno d’aiuto sarebbe stata la ciliegina sulla torta per l’esplosione dei suoi nervi. Tutto sommato, si comportava normalmente, ma il Serpeverde poteva percepire che era teso e che c’era dell’incertezza nel suo tono, persino nei suoi movimenti. 

Sentì i passi di Sirius allontanarsi, attutiti dalla moquette, e lui si alzò subito dopo. Non si era ancora cambiato dai vestiti che Sirius gli aveva portato in ospedale per le dimissioni, ma non aveva voglia di scorrere a caso nell’armadio e cercare di trovare per intuito qualcosa da indossare. Aveva già fatto abbastanza per quel giorno. 

Contò otto passi fino alla porta e uscì dalla stanza, raggiungendo le scale a tentoni come aveva fatto prima. Si aggrappò al corrimano fino alla fine delle scale.
Andare alla cieca era davvero, davvero spaventoso. E quell’incantesimo che gli avevano messo non sembrava stesse funzionando. Non capiva come doveva intuire dove fossero gli ostacoli.
“Sirius?” chiamò tentennante, non sentendo il fratello da nessuna parte.

“Sono qui”, gli rispose l’altro prontamente.
Era rimasto lì ad aspettarlo?
“Vuoi una mano?”
“Mi dici solo dove… Sedermi?”

“Certo!” 

Sirius gli si avvicinò e lo prese per un braccio, delicatamente, e lo accompagnò fino alla sua solita sedia al bancone della cucina, appoggiandogli la mano sullo schienale. 

Regulus la tirò verso di sé e vi si sedette.

“Ho scaldato le lasagne che Molly ci ha lasciato in frigo”, disse Sirius intanto che prendeva anche lui il suo posto. “Hanno un profumo delizioso. Il piatto è di fronte a te, insieme al bicchiere d’acqua”.
Grazie a Merlino Sirius sembrava quasi leggergli nella mente. Dovergli chiedere persino quello sarebbe stato troppo. 

I due mangiarono in silenzio. Mangiare da ciechi era un altro paio di maniche. Lo aveva già collaudato in ospedale; cercare il cibo nel piatto con la forchetta era quasi una missione, soprattutto se dovevi cercare di non farlo sembrare una cosa strana, per non parlare dell’usare il coltello. Per fortuna le lasagne di Molly erano abbastanza morbide da non avere bisogno del coltello.
Regulus allungò una mano verso la direzione in cui supponeva ci fosse il bicchiere, eccetto che la allungò un po’ troppo dando quasi un pugno all’oggetto che, seguendo la legge naturale dell’attrito, si sbilanciò e rotolò sul tavolo, spandendo ovunque l’acqua che vi era contenuta dentro.
Il ragazzo spalancò gli occhi in automatismo e riuscì a immaginarsi perfettamente l’acqua che si espandeva in rivoli fino al bordo del tavolo. Il rumore delle gocce che cadevano a terra gli diceva che non era tanto lontano dalla realtà.
Il suono della sedia di Sirius che grattava gli indicò che quest’ultimo doveva essersi alzato di colpo.
“Merda! Mi dispiace, io…”.
“Tranquillo”, si intromise il maggiore. “Ci penso io. E’ solo dell’acqua”.
E Sirius subito tirò fuori la bacchetta e sistemò le cose, riportando l’acqua nel bicchiere. Era come se non fosse successo niente.
“Ti metto il bicchiere sulla sinistra, okay? A ore dieci circa”. 

Regulus questa volta allungò la mano con più cautela, seguendo l’indicazione dell’altro che era stato piuttosto preciso. Bevve un sorso e finì le lasagne. 

“Reggie, ti andrebbe di parlare di… Tutto questo?”
Il Serpeverde sospirò piano, gli occhi ancora fissi sul piatto. “Onestamente? No. Non… Non adesso”.

“Okay”.
Poteva immaginare Sirius annuire.
“Tranquillo. Lo capisco. Prenditi il tuo tempo”.
Ma Regulus non sapeva esattamente quanto tempo gli sarebbe servito. Avrebbe preferito di gran lunga riportarlo indietro, il tempo. 

“Penso che andrò a letto. Sono un po’ stanco”.

“Certo. Vuoi una…”.

“No”, lo interruppe l’altro, capendo dove andava a parare la domanda. Se gli avesse chiesto un’altra volta se gli servisse una mano gli sarebbe saltato addosso. 

Regulus si alzò e contò sedici passi fino alle scale.
Quindici gradini.
Sulla sinistra del corridoio, la mano sul muro.
Otto passi fino al letto.
Era così frustrante. 


Dopo che Regulus sparì al piano di sopra, Sirius raccolse i piatti e li mise nel lavello, decidendo di lavarli a mano perché lo trovava rilassante e perché aveva bisogno di distrarsi. 

Non voleva pensare, ma sapeva che gli sarebbe stato impossibile. Aveva sperato che suo fratello si sarebbe aperto un po’, che avrebbero potuto parlarne, decidere il da farsi e, soprattutto, che gli avrebbe detto che cosa provava, se stava male, se aveva bisogno di sfogarsi, ma conosceva Regulus e doveva aspettarsi che non sarebbe stato così. Aveva la tendenza a tenersi tutto dentro, ma Sirius non era sicuro che questa volta avrebbe funzionato.
Tuttavia non lo voleva forzare né costringere a fare nulla che non fosse ancora pronto a fare. Dopotutto, era appena tornato a casa e doveva lasciarlo abituare. Forse sarebbe venuto lui dal maggiore, o forse alla fine Sirius in qualche modo lo avrebbe fatto parlare, ma per ora gli avrebbe lasciato i suoi tempi e i suoi spazi. Fare pressione su Regulus non era mai una buona idea.

Il problema era che Sirius non era sicuro di come muoversi in quella situazione, di quali passi poteva calpestare, e gli sembrava di camminare sui gusci delle uova. Non era paziente di natura e i problemi preferiva risolverli il prima possibile, ma quello era uno di quei casi che richiedeva tempo, un po’ come l’appostamento fuori dalla casa di un sospettato. 

Chiuse il rubinetto e si pulì le mani con la pezza da cucina. Salì in camera di Regulus per controllare se veramente stesse dormendo e rimase un po’ sorpreso che effettivamente era così, se il respiro pesante non era tutta una messinscena. Probabilmente le medicine che gli avevano dato per la ferita al petto gli causavano ancora un po’ di sonnolenza. 

Decise allora di bussare a casa di James e Lily che tanto erano lì a due passi; non sarebbe rimasto molto, voleva comunque essere sempre a disposizione del fratello, ma aveva bisogno di distrarsi un po’ e parlare coi suoi amici. Di solito riuscivano sempre a tirarlo su di morale.
Così, prima ancora di avere il tempo di realizzarlo, si trovò di fronte alla porta dei Potter e bussò.
James si aprì in un sorriso gigante non appena lo vide.
“Pads! Sono contento di vederti”.

“Ehi, Prongs. Disturbo?”
“Niente affatto. Abbiamo appena finito di cenare”.
L’amico si fece da parte e lo lasciò entrare. Sirius trovò Marlene e Lily intente a sistemare i piatti e i rimasugli di cibo.
“Ciao, Sirius! Come stai?” salutò Lily, la voce più acuta del suo solito. Sirius si chiese se fossero veramente così contenti o se cercavano solo di metterlo a suo agio. 

Tuttavia l’uomo decise di fare finta di niente, aveva già troppo per la testa.
“Sto… Bene”, rispose semplicemente, e subito dopo lasciò andare un sospiro come se quella fosse stata la domanda più difficile del mondo. E in quel momento probabilmente lo era. 

“Reggie?” domandò James, sedendosi sulla sedia accanto all’amico, dopo averlo fatto accomodare al tavolo. 

“A casa, sta dormendo”. 

James gli lanciò un’occhiata, come a dire che si aspettava dell’altro. 

“Non farmi domande, Jamie. Non so che dire. Reggie è… Be’, è Reggie. Credo stia accumulando abbastanza da diventare una bomba a orologeria e so che prima o poi crollerà, solo che… Vorrei evitarlo. Vorrei poterlo prevenire e-”

“Sirius!” James lo bloccò, mettendogli una mano sul polso e guardandolo in volto. “Credo che tu debba lasciare a lui il modo e il tempo di decidere come fare. Non scervellarti per capire come puoi aiutarlo o… Evitare che soffra troppo. Probabilmente è il suo modo di fare e se è quello che gli serve Sii presente quando succederà, okay?”
Sirius annuì, gli occhi che pizzicavano leggermente.
“Capisco tu stia soffrendo, ma lui sta soffrendo il doppio e… Sii paziente. So che non è il tuo forte, ma lascia che sia Regulus a dettare le regole”. 

Le labbra di Sirius si piegarono in un piccolo sorriso intenerito. “Davvero, Prongsie, quand’è che sei diventato così saggio? Mi fai quasi paura”.

James scoppiò in una risata sonora, e Lily e Marlene - che avevano finito di sistemare la cucina da un po’ - ghignarono.
“Scusatemi. Io ho un turno al lavoro. Vado a prepararmi”, disse Lily, salendo subito le scale. 

Marlene si sedette accanto ai due uomini. 

“Comunque, Sirius”, fece la ragazza. “So che non mi sono fatta sentire, ma… Mi dispiace davvero per tuo fratello. Sai che i rapporti tra me e lui sono un po’ tesi, anche se mi ha salvato la vita, glielo devo concedere… Però mi dispiace davvero. E… Se c’è qualcosa che posso fare, fammelo sapere”.

Sirius sorrise all’amica. “Grazie, Marls”. Poi si girò verso James. “Ho visto che avete messo a posto la casa. Grazie davvero”.

“Figurati”.

“Come sta andando al lavoro senza di me?”
“Oh, un vero caos!” sospirò l’amico, ma nei suoi occhi era chiaro che lo stava solo prendendo in giro. Subito dopo cominciò a parlargli degli ultimi casi, delle chiamate di emergenza assurde e di Victoria, tessendone le lodi un po’ troppo per essere casuale. 

 

***

Ooookay, buongiorno e buon Ferragosto! Siamo a metà Agosto e francamente sono contenta che Agosto stia volgendo al termine. Ho sempre odiato questo mese, come in generale tutta l’estate, Agosto soprattutto XD

Che mi dite?
Capitolo in cui non succede granché, ma ci tenevo a entrare un po’ nella mente di Regulus e far vedere come si sta adattando il nostro cucciolo :( Okay, forse non si sta adattando bene.
Se vi capiterà di leggere un po’ di abilismo e, soprattutto, abilismo interiorizzato nonché un po’ di pensieri non proprio belli su sé stessi da parte di Regulus, be’ è normale e voluto. Per quanto io sia assolutamente pro a tutto ciò che riguarda l’autostima e il rispetto e l’amore verso sé stessi, in particolare per chi ha una disabilità, diventare disabili da un giorno all’altra è un bel trauma e Regulus non ne è immune. Ce la farà e lo supererà, ovviamente, ma gli servirà del tempo. 

Inoltre, la mia esperienza con la cecità è limitata a esperienza di seconda mano, nel senso che ho convissuto con una coinquilina cieca e seguo qualche creator cieco su Instagram, tutto qui, pertanto se dovessi scrivere qualche castroneria, vi prego, ditemelo :) Non entrerò in cose troppo specifiche, ma voglio comunque fare le cose per bene. 

Ultimo ma non meno importante: l’incantesimo a cui si riferisce Regulus è una specie di incantesimo di orientamento che mi sono inventata io di sana pianta che lo aiuta ad andare in giro (un po’ come un bastone bianco invisibile), ma ovviamente sarebbe troppo facile per la mia mente creativamente malata se fosse una cosa che funziona bene non appena la applichi XD Gli serve comunque un po’ di rodaggio. 

Ho amato molto i commenti all’ultimo capitolo, vedo che alcuni di voi hanno apprezzato la scelta (per quanto dolorosa) perché aggiunge quel tocco di umanità e realtà alla storia, oltre a far sentire qualcuno di voi un po’ più incluso (me compresa). Mi avete anche raccontato delle cose personali e questo mi ha sciolto il cuore perché mi piace legare legami con voi lettori; credo che anche questo sia il bello delle fanfiction. 

Bene, mi sono dilungata anche troppo, di nuovo. Spero di tornare a delle note un po’ più brevi dal prossimo capitolo. 

Grazie mille e a presto!
Come sempre, fatemi sapere le vostre opinioni. 

C.

   
 
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