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Autore: NightWatcher96    16/08/2022    2 recensioni
La verità prima o poi viene sempre a galla, nel modo peggiore spesso. Tuttavia, dopo può sempre sbucare il sole; basta solo cogliere un raggio di luce nell'oscurità.
BakuDeku (trans Deku)
Continuo di In All its Forms, Love is Love
Genere: Drammatico, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Angolo della Quirkless

Di solito non scrivo i continui delle storie ma questa storia si è letteralmente scritta da sola. 
Voglio ringraziare il mio lettore Chiririra00: ti dedico quest'altra parte. 
Nel frattempo, Enjoy!





 

Ci vediamo domani, Deku. L'appuntamento è per le nove e non mancare o ti infilerò il mio cazzo dentro così forte da farti piangere!

 

Quando Izuku aveva ricevuto questo messaggio da Katsuki, rientrati da quella sorte di gita termale, il suo cuore aveva sussultato e si era messa a rileggere con emozione crescente quelle parole.

 

A domani, Kacchan! Ci sarò!

 

Questo aveva scritto, alla fine, dopo vari tentennamenti.

Si era addormentata molto facilmente e quando aveva riaperto gli occhi si era stupita di trovare un sorriso stampato in faccia. Aveva fatto la doccia e non era scesa per colazione, come suo solito ma quand'era tornata in camera qualcosa l'aveva scossa.

Non fu il fatto di trovarci sua madre bensì un completino schifosamente femminile sul suo letto e un reggiseno nero imbottito tra le dita della donna raggiante.

«Izumi, tesoro, fammi contenta per una volta! Voglio solo vederti come stai con questi addosso».

La verdina contrasse nervosamente la palpebra inferiore ma tacque, sperando che se l'avesse ignorata, sua madre ci avrebbe rinunciato.

«Per favore, piccola mia. Non dare un ulteriore dispiacere alla mamma».

Quelle parole la colpirono così tanto che Izuku la guardò in modo scioccato. Sua madre non sembrava dispiaciuta e anzi, manteneva un'espressione delusa.

«Mamma, ma io sono un maschio e quelle cose non le posso indossare» replicò Izuku.

Avrebbe dovuto essere un'imprecazione e invece era uscita una debole scusa.

La donna sospirò, tuttavia le appoggiò il reggiseno sul petto nudo. Un sorriso le increspò amorevolmente le labbra, tuttavia morì quando i suoi occhi non più gentili corsero sul fisico così mascolino quanto pelle e ossa.

Izuku lo lesse facilmente il disgusto e si sentì nuovamente male, in colpa.

«Solo una volta e non insisterò più, tesoro».

L'altra deglutì: annuì leggermente senza però guardarla. Aveva appena ingoiato il suo orgoglio. Così, con sua madre che faceva da spettatrice e le rendeva il compito quasi una delle dodici fatiche di Ercole, si vestì.

Nell'immediato, Izuku fece una lista di cose che non andavano.

Il tessuto morbido e nero al petto le causava fastidio e prurito, le spalline erano troppo strette.

L'intimo era troppo succinto, sentiva sprofondare in continuazione la stoffa nera tra le natiche.

La gonna pieghettata rossa, in tema scozzese, la faceva sentire tremendamente nuda ed esposta.

La camicetta bianca e il maglioncino nero con quel fiocco al collo le causavano continui conati di vomito bloccati nella gola.

Ed Izuku sollevò gli occhi al soffitto pur di non piangere. Aveva le guance rosse di rabbia e respirava velocemente. Sua madre la spinse per le spalle dinanzi allo specchio della stanza e le sorrise dolcemente.

«Sei così bella, Izumi. Sei davvero una bellissima ragazza».

Inko le fece indossare perfino dei tacchi non molto alti e allora la giovane abbassò gli occhi senza proferire più parola. Non oppose resistenza quando le fu applicato un po' di rossetto rosa sulle labbra e un pochino di blush alle guance.

Non si mosse neanche quando un paio di mollette le sollevarono parte della frangia.

«Izumi, se ti vedesse il figlio dei Bakugo, penso che ti vorrebbe molto!».

La ragazza, internamente, sbuffò un'amara risata.

Che ne sapeva sua madre? In quei tre giorni di autentica pace, aveva scoperto che Katsuki si era innamorato di lei ed aveva accettato la sua linea di pensiero. Non sarebbe stata la stessa cosa se l'avrebbe vista conciata così!

Improvvisamente, dal piano inferiore, la porta d'ingresso sbatté e Hisashi annunciò la sua presenza con un «Ho portato i dango!».

La donna lasciò finalmente Izuku per andare ad accoglierlo con il solito bacio sulle labbra, tuttavia, quando Hisashi risalì le scale dentro la ragazza crebbe un terribile presagio.

«Dov'è Izuku?» sentì chiedere dall'uomo.

«E' in camera sua ma sta per scendere».

Izuku si fissò allo specchio e rimase inorridita. Quella non poteva essere lei! Perché si era fatta sottomettere da sua madre in quel modo? Strinse nervosamente le pieghe della gonna e si strattonò un po' il gilet.

Il suo cuore batteva a mille, aveva il terrore e non ne conosceva il motivo. Pensò che forse era l'One for All a metterla in guardia.

«Che cosa significa?».

Izuku sobbalzò a quell'improvvisa domanda detta con rabbia. Suo padre era fuori dalla sua stanza e lo shock era dipinto nei suoi occhi. Annusò la scia di profumo: ne riconobbe la fragranza femminile.

Hisashi la raggiunse in poche falcate, la guardò un momento con immenso disgusto e le piantò un forte manrovescio sul volto. Izuku non cadde, mantenne l'equilibrio con un piede messo esternamente.

«E' stata tua madre a farti indossare questa porcheria?» tuonò.

Izuku scosse il capo. Le mani di Hisashi sapevano colpire in modo duro e l'ultima cosa che voleva era vedere sua madre con qualche livido o in lacrime.

L'uomo la schiaffeggiò una seconda volta per poi afferrarle i capelli e reclinarle il collo all'indietro. Izuku lo guardava senza emettere alcun sibilo di dolore.

«Tu sei mio figlio! Non una puttana di strada! Sei un uomo e non puoi permetterti di sfoggiare queste assurdità, capito?!».

Izuku non rispose: sapeva di aver fatto la scelta giusta nel mentire ma questa volta non poteva smettere di sentire, nel cuore, un pizzico di gelosia ed egoismo. Perché doveva proteggere sua madre quando lei aveva palesato il suo disgusto verso il suo vero Io?

Perché doveva subire l'ira di suo padre se non aveva fatto nulla?

A Izuku faceva piacere indossare abiti maschili; da sempre erano stati comodi! Quando entrava nei negozi con sua madre, però, questa non smetteva di sbuffare sottovoce.

Izuku la ignorava fino a quando lei non chiamava qualche commessa che le consigliava abbigliamenti di tutt'altri colori, forme e soprattutto dimensioni. Sì, perché l'abituale oversize diventava una striminzita XS.

I suoi capelli non erano mai abbastanza corti come voleva; ogni volta con sua madre era una lotta, così si era dovuta accontentare di una vita di mezzo.

Hisashi la schiaffeggiò un'altra volta ed Izuku cadde con il fondo schiena in terra.

Da quella posizione, con le ginocchia un po' alzate ed aperte come avrebbe fatto un uomo, Hisashi notò le mutandine nere e femminili. In modo di rabbia le strappò di dosso la gonna e con un calcio all'addome la fece arricciare a pallina.

«HISASHI!» urlò Inko. «Lasciala andare! Non ha fatto nulla, sono stata io a-».

«Lo so che non sei stata tu, Inko! Ti avrà implorato per indossare questa merda ed è giusto che riceva la mia punizione!».

La donna scosse il capo, incredula. Fece per mettersi in mezzo quando la Black Whip le sbarrò la strada, a mo' di ragnatela nera. Hisashi vide il braccio proteso di Izuku, sogghignò un momento, ma tornò rapidamente a colpirla.

La sollevò per i capelli e le tolse di dosso anche il resto degli indumenti, sotto gli occhi di sua madre che continuava a piangere.

La denudò presto e completamente, continuando a colpirla in modo forte con dei calci alla schiena.

«Devi capire che sei un uomo, Izuku! Cancellerò queste idee farlocche dalla tua testa, figlio mio e me ne sarai grato alla fine!».

Izuku avrebbe potuto difendersi, aveva un Quirk per farlo ma dentro di lei si sovrapponevano immagini di un'infanzia a volte felice, dove suo padre le voleva bene e giocavano spesso insieme.

Ricordò di quando le fu detto di essere una Quirkless: suo padre l'aveva coccolata molto e l'aveva portata al Luna Park. Insieme avevano giocato al tiro a segno e Hisashi vinse un pupazzo di All Might.

Non poteva odiare Hisashi.

Non poteva combatterlo.

E inoltre se lo meritava. Avrebbe dovuto fregarsene di quelle accuse di sua madre che non aveva ancora capito che lei era un maschio e invece era stata debole.

Così, a pugni stretti e una lacrima sul viso si mise in ginocchio, dando la schiena a suo padre. Non guardò niente e nessuno. Rimase con gli occhi chiusi.

Non urlò quando la prima frustata arrivò con la fibbia di metallo della cintura di Hisashi.

«Altre diciannove!» esclamò l'uomo. «Mi dispiace, Izuku, ma è necessario!».

La verdina annuì in silenzio, mentre Inko guardava ancora con le mani sulla bocca...

 

  
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