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Autore: Aagainst    18/08/2022    1 recensioni
“ Lexa se n’era andata senza nemmeno salutarla. L’aveva sedotta per poi abbandonarla, gettarla via come una scarpa vecchia. Le aveva preso tutto, il suo cuore, la sua anima, il suo amore e l’aveva resa un guscio vuoto, incapace di sentire qualsiasi cosa all’infuori di un insopportabile dolore. E, nella penombra della sua stanza, Clarke giunse alla più beffarda delle conclusioni. Non avrebbe mai smesso di amare Lexa Woods. Non ne sarebbe stata capace. Mai.”
Sono passati tre anni da quando Clarke si è risvegliata senza Lexa accanto, tre anni in cui, eccezion fatta che per qualche panel o intervista a cui entrambe hanno dovuto presenziare, le due attrici si sono a malapena rivolte la parola. Tre anni in cui Clarke non ha mai ricevuto risposte e in cui Lexa non ha fatto nient’altro che sfuggire qualsiasi domanda.
Eppure, il destino è dietro l’angolo
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa, Madi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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27.

Someone save me
(Skillet-Save Me)

 

 

“Una settimana e mezza? Mi sta dicendo che sapeva del ritorno in città di Gloomy da una settimana e mezza e non ha riferito la cosa né a me, né a Clarke?”. Lexa era fuori di sé. Di fronte a lei, Diana Sidney si guardava intorno, senza la minima idea di come rispondere. 

“Signorina Woods, lei deve capire che…”

“Capire?” la interruppe l’attrice, alzandosi in piedi di scatto. “Cosa dovrei capire? Madi ed Aden sono chissà dove, nelle mani di un un uomo che ho provato più volte a farle capire essere terribilmente pericoloso!”. 

“Lexa, ti si riaprirà la ferita.” provò a calmarla Clarke. Quando l’aveva vista riversa sull’asfalto e ricoperta di sangue, aveva pensato immediatamente al peggio. Per fortuna il proiettile le aveva solo sfiorato la spalla, ferendola in modo non grave. In ogni caso, Abby in ospedale le aveva dovuto mettere diversi punti. L’avevano dimessa poco dopo e ora lei e Clarke erano tornate a casa, in compagnia della madre di quest’ultima. Anya e Raven erano poi passate a prendere Adria ed Ethan, per portarli in un luogo più sicuro, lontani da eventuali paparazzi. 

“Clarke ha ragione, torna a sederti.” si raccomandò la dottoressa Griffin, aiutando Lexa ad accomodarsi su una sedia. L’attrice obbedì docilmente, senza protestare oltre. Non sapeva nemmeno lei quali sentimenti stesse realmente provando. Rabbia, panico, paura si facevano via via largo in lei, prepotenti.

“Mi dispiace.” mormorò Diana Sidney, il capo chino. Lexa scosse il capo, senza rispondere. Abby le mise una mano sulla spalla sana, per farle capire che doveva restare il più tranquilla possibile se voleva evitare che i punti saltassero.

“Se ne vada.” intimò l’attrice, senza nemmeno guardare l’assistente sociale in faccia. La donna annuì e, raccolte le sue cose, si avviò verso la porta. Fece per aprirla, quando qualcuno la chiamò. Si voltò. Clarke era di fronte a lei, lo sguardo duro e carico di preoccupazione al tempo stesso. 

“Le è mai importato?” chiese, all’improvviso. Diana Sidney inarcò un sopracciglio, confusa.

“Come, scusi?”

“Le è mai importato di Madi?“ 

“Beh, naturalmente.” rispose l’assistente sociale. Clarke avanzò verso di lei, impassibile. 

“Mi dica la verità. L’ha mai considerata più di una pratica sulla sua scrivania? L’ha mai vista come una persona? Ha mai creduto in lei, signora Sidney?”. La donna scrollò le spalle.

“È lavoro, signorina Griffin. Sa quanti ne esistono come Madi? Non posso di certo preoccuparmi per tutti allo stesso modo.”rispose. “D’altronde, glielo avevo detto alla signorina Woods che l’emancipazione sarebbe stata la scelta migliore. Non capisco davvero perché si sia voluta accollare quella ragazzina.”. Clarke si lasciò sfuggire una risata carica di nervosismo. Scosse il capo e strinse i pugni, sforzandosi di non fare qualcosa di cui si sarebbe pentita in seguito.  

“La responsabilità di quanto è successo è anche sua. Spero ne sia consapevole.” asserì. “Se ne vada, signora Sidney. Se ne vada e non si faccia rivedere mai più.”. E la donna non poté fare altro che obbedire.

 

________________

 

Madi si guardava intorno, cercando in tutti i modi di capire dove lei ed Aden si trovassero in quel momento. Sembrava una sorta di scantinato, piuttosto dismesso. Erano arrivati lì con un cappuccio sulla testa, dopo che Gloomy li aveva costretti a salire in macchina minacciandoli con una pistola, la stessa che aveva usato per sparare a Lexa. 
Madi non riusciva a togliersi di mente l’immagine dell’attrice per terra, esanime e tutta sporca di sangue. Non voleva nemmeno chiedersi se fosse in condizioni gravi o peggio. Non ce la faceva. Si voltò verso Aden, che era seduto alla sua destra. Erano entrambi per terra, legati a quello che rimaneva di un vecchio termosifone arrugginito. 

“Stai bene?”. Il ragazzino annuì. Madi fece per dire qualcosa, quando la porta si aprì facendo sobbalzare sia lei, sia Aden. Gloomy avanzò verso di loro, sogghignando in modo orribile. Si chinò di fronte alla ragazzina e le accarezzò una guancia, viscido. Madi rabbrividì.

“Lasciala stare!” urlò Aden, agitando le gambe e colpendo l’uomo con un calcio. 

“Come osi, pidocchio?” sbraitò Gloomy, afferrando il ragazzino per il colletto del pigiama. Aden lo fissava in silenzio, cercando il più possibile di celare la sensazione di panico che stava provando.

“Hai fegato, moccioso.” disse infine l’uomo, lasciandolo andare. “Sì, hai decisamente fegato.”

“Che intenzioni hai?” gli domandò Aden, ormai sempre più apparentemente sicuro di sé. Aveva notato quanto Gloomy terrorizzasse Madi e, per quanto anche lui fosse profondamente spaventato dall’uomo, tutto ciò che voleva era infondere alla sorella quanto più coraggio possibile. 

“Che intenzioni ho? Beh moccioso, purtroppo dovrò sbarazzarmi di voi.” rispose Gloomy, quasi con una nota di dispiacere nella voce. Madi ed Aden deglutirono, paralizzati dalla paura. 

“Ti prego, non fargli del male.” supplicò la ragazzina. Gloomy schioccò la lingua, un sorriso divertito dipinto sulle labbra. 

“Dovrò decidere.” disse poi, dirigendosi all’uscita. “Ci vediamo più tardi.”. Madi ed Aden lo osservarono aprire la porta e, infine, lasciare la stanza. La ragazzina chinò il capo e scoppiò a piangere, disperata. 

“Mi dispiace.” mormorò fra i singhiozzi. “Avevi ragione Aden. Faccio schifo. Se non fosse per me, tu ora non saresti in questa situazione. Io… Io volevo solo proteggervi.”dichiarò. “La verità è che io e te non veniamo dallo stesso mondo, Aden. Non importa quanto io finga, Malachi ha ragione. Sono nata a Polis e morirò a Polis. Mi sono illusa di poter aspirare a qualcosa di più, ma ho sbagliato.”. Aden scosse il capo.

“Devi smetterla, Madi.” disse. “Sì, devi smetterla di credere che dovrai affrontare ogni cosa da sola. Va bene, non sarai nata a Beverly Hills, ma non mi interessa. Sei mia sorella, Madi. Sei la mia famiglia e io sono la tua. Non sei più sola.”. Madi annuì, sorpresa da quel discorso. Si chiese da dove Aden prendesse tutta quella forza, perché lei se la stava facendo sotto dalla paura. Sospirò. Suo fratello avevo ragione, ne era consapevole. Si era lasciata convincere da Gloomy di non valere nulla per nessuno, ma non era così. Avrebbe solo voluto realizzarlo prima.

“Ti voglio bene.” sussurrò. 

“Anche io, Mads.” rispose Aden, con dolcezza. “E ora troviamo il modo di uscire da qui.”.

 

________________

 

Lexa era in camera sua, stesa a letto. Poteva udire Clarke discutere con la polizia al piano di sotto. Si sentiva così inutile. Roan e Luna le avevano affidato i suoi figli e lei aveva fallito miseramente. Non era stata in grado di proteggerli, di tenerli lontani dai guai. Si voltò verso il comodino. La foto ritraente lei e Roan e Luna con i ragazzi ad Aspen la fissava, con fare accusatorio. Scosse il capo e si mise a sedere. Accarezzò la cornice, le lacrime agli occhi.

“Mi dispiace.” mormorò. Si alzò e, attenta a non rovinare la medicazione, si vestì. La spalla le faceva malissimo, ma decise di ignorare il dolore e continuare a prepararsi. Afferrò le chiavi della macchina e uscì. Scese le scale lentamente, sperando che Clarke non se ne accorgesse. Invano, ovviamente. 

“Lexa, cosa fai in piedi?” le chiese la bionda, preoccupata. Aveva gli occhi rossi, segno che doveva aver pianto. Lexa chinò il capo e si mise a giocherellare con le chiavi. 

“Io… Dov’è la polizia?” chiese. 

“Sono appena andati via. Il detective che si occupa delle indagini mi ha assicurato che un paio di agenti dovrebbe ritornare tra massimo mezz’ora però.” rispose Clarke. “In giardino è pieno di giornalisti. Tutti i nostri sforzi per tenere i ragazzi lontani dai riflettori sono appena andati in fumo. Per non parlare di Madi ed Aden, loro… Ma li troveranno, Lex. Sì, li troveranno.”. Lexa strinse Clarke a sé e le baciò il capo. La bionda scoppiò a piangere, lasciandosi finalmente andare a tutte le emozioni e paure che la attanagliavano da ormai diverse ore. Rimasero così per svariati minuti, fino a quando la stessa Clarke non si scostò.

“Tu… Scusa, non…” balbettò, giocherellando con i bottoni della giacca di pelle che Lexa indossava. La mora le circondò le mani con le sue e le baciò le dita, con dolcezza. 

“Andrà tutto bene, Clarke. Vedrai.” cercò di tranquillizzarla, anche se in quel momento stava rassicurando più sé stessa che la sua ragazza. 

“È tutta colpa mia. Avrei dovuto insistere con Madi, avrei… Dio.”. Lexa osservò Clarke lasciarsi cadere sul divano. Era distrutta, i sensi di colpa la stavano divorando viva. Le si sedette accanto e la costrinse a guardarla negli occhi.

“So che ti senti responsabile di quanto successo, vale lo stesso anche per me. È da ore che non faccio altro che chiedermi se non avessi potuto agire diversamente. Vorrei solo averla fermata in tempo. Vorrei solo averle dato un motivo per permetterle di aprirsi con noi.”

“Non è colpa vostra.”. Entrambe le attrici si girarono. Abby era appoggiata alla parete e le guardava con estrema tenerezza. Si spostò e si sedette di fronte a loro. 

“Mamma…” mormorò Clarke, ma la donna le fece segno di lasciarla parlare.

“È normale che pensiate di non aver fatto abbastanza e forse è così. È la maledizione di ogni genitore, purtroppo. Non faremo mai abbastanza per proteggere i nostri figli.” disse. “Ma di una cosa sono sicura: sia Madi, sia Aden sanno che volete loro bene. Loro sanno che li amate. L’hanno sempre saputo. Magari ci hanno messo un po’ ad accettarlo, ma la verità la conoscono bene. E credetemi, è quello che ha fatto, fa e farà la differenza.”. Lexa e Clarke annuirono, in lacrime. Abby sorrise loro e le strinse a sé. 

“Si risolverà tutto, vedrete. La polizia prenderà quel verme.” dichiarò. “Quanto a te Woods, a letto.”. Lexa si passò una mano sul volto. Si morse il labbro. Non voleva tornare a letto. No, tutto ciò che desiderava era solo ritrovare Madi ed Aden, nient’altro.

“Io veramente non…”. Qualcuno bussò alla porta, interrompendola. Abby andò ad aprire. Davanti a lei c’era un uomo che doveva avere suppergiù l’età della figlia. 

“Detective Miller, entri pure.” lo invitò ad accomodarsi.  

“Ci sono novità?” Lexa e Clarke chiesero quasi all’unisono. Il poliziotto annuì.

“Un vecchio compagno di cella di Gloomy ha parlato. Li abbiamo trovati.”.

 

________________

 

“Ci sono quasi.” dichiarò Aden, mentre sfregava i polsi contro il termosifone. Era riuscito a staccare una parte molto arrugginita del calorifero, in modo da ricavare da ciò che ne rimaneva una superficie tagliente per provare a liberarsi le mani.

“Aden, stai sanguinando.” constatò Madi, la voce tremante. Il ragazzino scrollò le spalle, senza smettere di sfregare i polsi conto il termosifone.

“Non importa. Devo… Io devo farcela.” insistette Aden. Strinse i denti, cercando il più possibile di ignorare il dolore. Finalmente, sentì le corde allentarsi e cadere per terra. Si massaggiò i polsi e si slegò i piedi, per poi correre a liberare Madi.

“Stai bene?” gli chiese lei, preoccupata. Si sentiva così in colpa per averlo trascinato in quella situazione. Il ragazzino annuì e le sorrise. 

“Come fai ad essere così tranquillo?” gli domandò lei. 

“Non lo sono, in realtà.” confessò Aden. “Ma dopo quanto successo a… Mi sono ripromesso di non voler perdere più nessuno.”. Madi lo strinse a sé, le lacrime agli occhi. 

“Ti voglio bene.” gli sussurrò. “Hai idee su come uscire di qui?”. Aden si grattò la tempia e si avviò alla porta. Provò ad aprirla, ma era chiusa. 

“Le finestre sono troppo in alto, non riusciremo mai a raggiungerle.” osservò. Madi si appoggiò alla parete, sconsolata. 

“Certo che ho combinato proprio un bel casino.” disse. 

“Sono d’accordo, ma continuare a ripeterlo non ci farà uscire di qui.” ribatté il fratello. Madi chinò il capo. Avrebbe voluto tornare indietro al giorno in cui Lexa e Clarke avevano scoperto i lividi sul suo corpo e dire loro la verità. Aveva cercato di proteggere sua madre, con tutte le sue forze. C’era della profonda ironia in tutto ciò. In fondo, sarebbe stata sua madre a dover proteggere lei, non il contrario. Madi realizzò in quell’istante di aver fatto di tutto per una persona che non si era mai curata di lei e che, purtroppo, non le aveva mai realmente voluto bene. Non come, invece, l’avevano amata Lexa e Clarke. Madi sospirò. Si sentiva così stupida. Aveva sprecato tutto quel tempo nascondendosi dalle persone che tenevano a lei. Si morse il labbro. Una folle idea le attraversò la mente, improvvisa. Forse non era ancora giunto il momento di smettere di nascondersi. 

“Madi, va tutto bene?” domandò Aden, confuso. 

“Assolutamente sì.” rispose la ragazzina. “Ora so come uscire da qui.”.

 

________________

 

“Può sbrigarsi, per favore?”

“Sto già superando di gran lunga i limiti di velocità, signorina Woods. Non posso andare più forte di così.” rispose il detective Miller, che era alla guida. “Non vi preoccupate, ho già fatto circondare l’area. Quando arriveremo, i ragazzi saranno sani e salvi e pronti a tornare a casa.”. Clarke, seduta al suo fianco, lo squadrò dall’alto in basso. Doveva avere suppergiù la loro età, ma nonostante ciò sembrava essere un tipo in gamba. Era stato anche molto delicato nel porre le domande necessarie per cominciare le indagini e a Clarke aveva fatto una buona impressione. Il fatto che avessero già trovato i ragazzi confermava le idee che l’attrice si era creata sul suo conto.

“Lei ha figli, Miller?” gli chiese. Il poliziotto scosse il capo. 

“Purtroppo no, signorina Griffin. Io e il mio compagno vorremmo adottare un bambino, ma per ora resta solamente un desiderio che abbiamo.”. Clarke si voltò velocemente verso Lexa. La mora era seduta rigidamente sul sedile posteriore, visibilmente agitata. La sua gamba destra faceva su e giù di continuo, segno dell’ansia che la stava mangiando viva. 

“Si fidi di me, detective Miller.” disse Clarke. “Un giorno capirà perché le stiamo chiedendo di andare ancora più veloce.”. Il poliziotto sospirò. Sentiva il peso dello sguardo dell’attrice su di sé, così asfissiante. 

“La prego.” supplicò Lexa, con un filo di voce. Miller schioccò la lingua. 

“E va bene.” cedette, infine. “Tenetevi forte.”. 

 

________________

 

“Maledetti sbirri!” urlò Gloomy mentre scendeva giù per le scale. Un suo vecchio compagno di cella gli aveva appena mandato un messaggio, avvisandolo di aver dovuto confessare alla polizia quanto sapeva dei suoi piani e che, di lì a poco, casa sua sarebbe stata circondata da agenti di ogni tipo. 

“Maledetto idiota!” continuò ad inveire Gloomy. Spalancò la porta in malo modo, senza smettere di imprecare e bestemmiare nemmeno per un istante. Quando però realizzò che Aden e Madi non erano più dove li aveva lasciati, impallidì. Estrasse dalla tasca dei jeans una pistola e si avvicinò al termosifone.

“Piccoli bastardi.” sibilò, non appena capì come i due ragazzini erano riusciti a liberarsi. Un forte rumore improvviso lo costrinse a girarsi. La porta si era richiusa di colpo, intrappolandolo in cantina. 

“Maledetti! Io vi ammazzo!” sbraitò. Prese la mira e sparò alla serratura, facendola saltare. Risalì le scale in fretta e furia e si mise alla disperata ricerca di Aden e Madi. Doveva eliminare qualsiasi prova a suo carico prima dell’arrivo della polizia, ad ogni costo. E ciò voleva dire che doveva assolutamente sbarazzarsi di quei due ragazzini. 

“Avanti, dove siete finiti? Venite fuori, non vi farò del male.”. Nessuna risposta, ovviamente. Uno scricchiolio attirò la sua attenzione. Sogghignò, compiaciuto. Si fermò, la pistola fra le mani.  Si girò lentamente, prima a destra e poi a sinistra. Infine, sparò. Le urla di terrore di Aden e Madi, nascosti dietro ad una sporgenza del muro, lo riempirono di soddisfazione. Sorrise, diabolico. 

“Cucù!” esclamò, raggiungendo i due ragazzini. Afferrò Madi per un braccio e la schiacciò alla parete, la pistola puntata alla tempia.

“Lasciala!” intimò Aden, aggredendo l’uomo. Gloomy alzò gli occhi al cielo e lo colpì al volto. Il ragazzino cade rovinosamente a terra e sbatté la testa contro il pavimento.

“Aden!“ si disperò Madi. Scoppiò a piangere. Era tutta colpa sua, solo colpa sua. Alzò lo sguardo. Gloomy la fissava con un ghigno spaventosamente divertito dipinto in volto, la mano stretta intorno al suo collo.

“Lo sai, sei proprio come tuo padre. Avete lo stesso sguardo da cucciolo bastonato.”. Madi aggrottò la fronte, confusa. Non capiva. 

“Cosa… Tu…”

“Conoscevo tuo padre? Certo, Madi.” rispose Gloomy, ridacchiando. Si sporse in avanti, fino a sfiorare l’orecchio della ragazzina con le labbra. Madi tremava come una foglia, terrorizzata. 

“Ti confesserò una cosa. Sono stato io a costringerlo a lasciarti qui.”. Madi si sentiva le gambe molli. Se non fosse stato per Gloomy, si sarebbe ritrovata per terra. 

“Che… Che vuol dire?” chiese, sgomenta. Malachi rideva di gusto, felice di avere davanti a sé Madi in quelle condizioni. 

“Vedi, tuo padre aveva deciso di tradirci. A quel punto, tua nonna non ha avuto scelta, capisci? O lui se ne sarebbe andato senza fiatare, o noi avremmo dovuto rifarci su di te.” spiegò.

“Mia mamma non…” provò a replicare la ragazzina, ma si zittì di colpo. Mia mamma non l’avrebbe mai permesso, stava per dire. Eppure, sapeva che non era vero. 

“Tua madre farebbe qualsiasi cosa per una dose.” dichiarò Gloomy. “Anche vendere sua figlia.”. Appoggiò la pistola al mento della ragazzina. “E ora, salutami tuo padre.”. Madi chiuse gli occhi, pronta a ricevere un colpo che, però, non arrivò mai. Sentì la presa attorno al suo collo allentarsi sempre più. Riaprì gli occhi. Gloomy era a terra, esanime. Aden era accanto a lui, esausto e con un’asse di legno in mano, recuperata chissà dove. I due ragazzini si scambiarono un’occhiata carica di terrore e sollievo al tempo stesso.  

“Madi! Aden!”. I due fratelli si voltarono. Lexa e Clarke li strinsero forti fra le loro braccia, mentre la polizia portava via Gloomy. 

“Mi dispiace. Mi dispiace.” mormorò Madi, il capo nascosto nell’incavo del collo di Clarke. “Volevo solo…”. L’attrice le fece segno di non dire altro. 

“Lo so.” le sussurrò. “Lo so.”. Madi scoppiò a piangere, seguita a ruota da Aden, stretto fra le braccia di Lexa. 

“Vi vogliamo bene.” dichiarò quest’ultima. “Non scordatelo mai.”.








Angolo dell'autrice 
Scusatemi immensamente per averci messo così tanto ad aggiornare, sono stati giorni complicati.
Dunque, eccoci arrivati all'ultimo capitolo. Il prossimo sarà l'epilogo.
Io vi ringrazio già da ora per aver letto, commentato, seguito questa storia.
All'epilogo! 
   
 
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