Preparare Steve per l'operazione fu un'impresa che finì per
agitare anche
Edward. Si rese conto che faticava con le mani ferite ma strinse i
denti.
"Ce la fai?" Gli chiese
John preoccupato che si malediva per non poter muovere la mano
fasciata. Edward
fu perentorio.
"Sono solo arrossate sta
tranquillo, posso sopportare." Non si girò nemmeno a
guardare il volto di
Roberts che per non farlo penare di più, chiamò
Noreen.
Con l'aiuto dell'infermiera
riuscirono a spogliarlo, Edward cercava di non muovere inutilmente
Steve per
non aggravare il dolore alla caviglia.
Ma non collaborava, tanto che gli
si
aggrappò alle braccia.
"Stai fermo, fratello! Mi rendi
tutto più difficile." Erano riusciti a togliere parte degli
indumenti, ma
Steve faticava a mettere in mostra le sue ferite. Aveva il volto
contratto, gli
occhi guardavano imploranti Edward, non gli ci volle molto a capire.
"Va bene, ora ci penso soltanto
io."
Steve si morse il labbro,
annuì
silenzioso. Il comandante fece un cenno a John che comprese e
uscì insieme a
Noreen.
"Preparalo come ti ho
detto." Lo incalzò il dottore prima di andarsene.
Edward apprezzò la
riservatezza di
Roberts, sorrise a suo fratello che si contorceva sul letto.
"La devi superare questa cosa
delle cicatrici, non potrai nasconderle per sempre." Intanto lo
svestiva e
usò molto tatto quando arrivò alla schiena.
Steve mormorò solo
poche parole con
la testa abbassata.
"Mi vergogno, non so cosa
farci." Socchiuse gli occhi. "Le ho nascoste per anni."
Edward gli passò la
mano nei capelli,
erano umidi per il sudore.
"Steve, non è stata
colpa tua.
Portale con orgoglio invece, sei stato bravo a sopportare la rabbia di
nostro
padre, se padre si può chiamare." Grugnì con il
volto teso.
"Era malato Eddy, lo sai come
agì anche con te." Edward increspò le labbra. "Lo
zio avrebbe dovuto
aiutarci non lasciarci nelle sue mani."
Quando arrivò alle
cicatrici delle
cinghiate si morse le labbra nel vedere lo scempio nel corpo di suo
fratello.
Alcune erano nascoste dai boxer. Non riuscii a mascherare il disappunto
per
quella cattiveria che il padre gli aveva fatto, sussultò e
le mani si fecero
insicure.
"Non guardarle, Eddy, sono
lì da
molto, mi ci sono abituato che pungano un pò." Il fratello
maggiore
incapace di continuare si appoggiò al letto,
abbassò il capo.
"Come hai sopportato il dolore?
Dio, eri un ragazzino! Come ho potuto non accorgermi di nulla." Steve,
gli
occhi lucidi, prese la mano del fratello.
"Eddy, ti prego fa in fretta,
rivestimi e non ci pensare."
Il più grande si fece
forza, gli
accarezzò le spalle e chiuse il camice quadrettato.
Cercò una parvenza di
normalità.
"Ecco ora sei più carino."
Lo spinse giù con
delicatezza.
"Sta tranquillo, Steve, andrà tutto bene e sarò
con te." Lo sistemò
come gli era stato indicato, si assicurò di aver fatto tutto
alla perfezione.
Steve era stranamente sereno,
proprio
lui che odiava gli ospedali. Si rivolse al fratello con un debole
sorriso.
"Eddy, ho paura, ma tienilo per
te."
"Lo so, me lo ricordo bene come
strillavi quando vedevi un ago." Rise sommesso allacciando le ultime
stringhe.
Il più giovane gli
allungò un
colpetto sul braccio. "Perché tu no?" Edward
annuì. "Sì, hai
ragione spesso anch'io strillavo e molto. "
Risero con una
complicità che gli
mancava da tempo. John che aveva aspettato fuori entrò e li
trovò con le mani
strette che si davano forza a vicenda. Il suo volto si distese in un
caldo
sorriso.
"Allora si va? Pronto Maggiore?
E tu Comandante?"
"Siamo pronti dottore."
Steve aveva riacquistato fiducia, John fece cenno a Cooper di indossare
il
camice sterile e tutto il necessario per entrare in sala. Noreen lo
aiutò con
la sua esperienza.
Fu lo stesso Edward a spingere il
lettino fino alla piastra operatoria dove furono accolti dal chirurgo
ortopedico, il dottor Trevis fu cordiale e lo tranquillizzò
subito.
Steve non staccava gli occhi dal
fratello. Edward gli fu vicino.
"Lo so che quegli aghi ti fanno
penare, chiudi gli occhi." John lo avvertì che erano pronti,
fece un cenno
con il capo. Steve strinse la mano del fratello, che avvertì
il bruciore delle
scorticature. "Forza, sono qui con te." Steve si addormentò
senza
protestare.
Roberts vide Edward vacillare, la
giornata era stata lunga e pesante anche per lui.
"Non provare a cedere, sta
dormendo e sta bene." Gli mormorò all'orecchio. Il
comandante strinse le
labbra, respirò, mentre la mano di John si strinse delicata
sulla sua spalla.
"Ora puoi andare, se vuoi. Ci
pensiamo noi."
"No, John ho promesso che sarei
rimasto e lo farò."
"Va bene, ma siediti."
Roberts gli allungò uno sgabello. Cooper si
sistemò e rimase silenzioso per
tutta l'operazione.
Di tanto in tanto John, lo
scrutava e
si assicurava che stesse bene.
Edward non si mosse mai,
pensieroso guardava
il fratello.
Steve, sedato, respirava
lentamente,
sembrava sereno. Solo i cicalini dei macchinari a volte disturbavano i
pensieri
che affollavano la mente di Edward. Si erano detestati, cercati,
allontanati,
picchiati, eppure il loro amore fraterno aveva resistito a molte
tormente, e
lui, era l'unico che gli era rimasto vicino nonostante tutto.
Molto probabilmente Steve sarebbe
stato il perfetto erede dei Cooper, era colmo di forza e d'orgoglio, ma
il
padre non era riuscito a domare la sua irruenza. Sir Anthony aveva
preferito
dirottare le sue aspettative su di lui che era debole di carattere e
più
malleabile. Di questo presto avrebbe avuto conferma, lo zio William si
sarebbe
fatto vedere e lui lo avrebbe messo alle strette.
Non aveva rimpianti, era stato il
figlio debole e facilmente plagiabile, che suo padre aveva forgiato a
suo
piacimento. Quello che lo straziava è che non si ricordava
di sua madre come se
lei fosse stata un'entità invisibile. Si ricordò
improvvisamente che era stata
lei che gli aveva insegnato a suonare il pianoforte.
E lei l'aveva amato teneramente
prima
che arrivassero gli altri figli.
Accarezzò i capelli di
Steve che
aveva penato fisicamente più di tutti.
Sentì la mano sana di
John, sulla sua
spalla.
"Ti stai tormentando?" Aveva
visto il suo respiro rallentare, il volto farsi cupo, la fronte
aggrottarsi, e
la mano tremare. Continuò con la voce calma.
"Non è questo il
posto, né il
momento. Esci, va fuori a fare due passi." Edward si scosse, solo
allora
lo vide e lo fissò stranito. "Quanto manca?"
"Pochi minuti, va pure. Non te
ne sei nemmeno accorto ma è andato tutto bene, forse anche
di più, direi."
Cooper si alzò,
accarezzò la mano di
Steve.
"Fosse sempre così
tranquillo!" Rise sommesso. "Pensaci tu, vado a mangiare
qualcosa."
Gli venne in mente che anche John
era
rimasto sempre presente durante la mattinata. "Spero che tu non abbia
saltato il pranzo."
John scosse la testa. "Ho preso
qualcosa mentre ti aspettavo. Tu va pure." Prese il posto di Edward e
si
adoperò su Steve. Cooper uscì, ringraziando e
salutando i medici.
Roberts gli diede un'ultima
occhiata.
Edward avvertiva la
preoccupazione di
Roberts che temeva che la verità gli pesasse e lo
annientasse. Aveva fatto bene
a chiamare i suoi fratelli. Aveva bisogno di aiuto, non doveva cedere,
non ora
che Steve contava su di lui.
Cooper si diresse al bar interno.
Erano quasi le due del pomeriggio. Tutto era accaduto così
in fretta che gli
sembrava fosse passato un secolo. Daniel ed Ellen sarebbero arrivati
l'indomani. Mangiò di fretta un panino. Ma un dubbio lo
divorava dentro. Zio
William era stato sempre reticente su di lui ma ora voleva sapere la
verità.
Doveva assicurarsi che sapesse
dell'incidente di Steve, gli mandò un sms e lo
avvertì delle sue condizioni.
Poi non rispose più.
Sapeva che la
curiosità e la preoccupazione lo avrebbe spinto a venire
alla cittadella. Ed
era quello che voleva.