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Autore: musa07    21/08/2022    2 recensioni
[Tsurune: Kazemai Koukou Kyudo-Bu]
[Tsurune] [Fujiwara Shuu Narumiya Minato Takehaya Seiya. Un po' tutti]
"Shuu sentiva lo sguardo di Seiya su di sé. Sempre!
E sinceramente non capiva perché Seiya pensasse di dover proteggere Minato da lui.
Ma in quel momento quello che sentiva su di sé era lo sguardo di Minato [...]
Ci sarebbe stato il tempo delle risposte. Ora c’era il tempo del dover recuperare quello perduto.
Ecco perché in quel tardo pomeriggio di metà Giugno, quando Minato e Shuu avevano passato la giornata insieme a casa della loro sensei, Minato stava correndo a perdifiato sulle scale della stazione deserta.
- Shuu? -
L’urgenza con la quale Minato l’aveva richiamato fece bloccare Shuu di colpo, con il cuore in gola. Sollevò gli occhi verso l’alto da dove vide spuntare il volto dell’altro, con il fiatone.
- Shuu vuoi mangiare takoyaki? -
- E-eh? -
Minato aveva voglia di passare ancora del tempo con Shuu. Ora sentiva come quei mesi di silenzio, distanti, gli fossero parsi come se si fosse trattata di una eternità. Aveva sempre impedito a se stesso di pensare alla terribile sensazione che gli procurava la lontananza da Shuu[...]"
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le vette non si raggiungono se non c’è una buona cordata





Capitolo 3



- Kacchan cosa ne pensi di Minato e Fujiwara-kun? - fu la domanda a bruciapelo di Nanao.
- Te ne sei reso conto anche tu, eh? - fu la replica seria e pensierosa di Kaito mentre osservava i due diretti interessati camminare davanti a lui.
- Più che altro mi sorprende che tu ne sia reso conto. - lo prese amorevolmente in giro.
- Hah? Comunque, è palese. Fin dalla prima volta che li ho visti insieme. O perlomeno, all’epoca, per quanto riguardava Fujiwara si vedeva che per lui era chiarissimo ciò che provava. Minato, al solito, ha idee molto confuse nella sua testa, perché anche a guardar lui si percepiva chiaramente che Fujiwara non gli è indifferente ma, al suo solito, nella sua testa ha idee molto confuse. - 
- Kacchan! - lo rimproverò l’altro, dandogli una leggera spallata.
- Ma dai, è vero. È palese che per lui Fujiwara non gli è indifferente, l’hai visto come ha reagito quella volta alle qualificazioni del torneo quando si sono visti dopo tempo? O durante la finale? Non sono reazioni che uno ha quando si trova di fronte a quello che considera solo un animo. Solo che figurati ora che lui si capisca, tsk, fa a tempo ad arrivare la fine del mondo. - 
Nanao sapeva che Kaito era sempre così attento alle reazioni delle persone, aveva questa qualità – che tentava di tenere ben nascosta – di saper leggere molto bene l’animo umano, ciò che gli si agitava dentro. Niente da stupirsi, allora, che avesse percepito tutta questa serie di cose immediatamente.

E Nanao, ovviamente, ci mise lo zampino. Cioè, gli dispiaceva per Seiya (e si sarebbe in qualche modo occupato anche di lui, ne faceva una questione di principio) ma, novello Cupido, capì che doveva dare una spintarella (una grande spintarella) a Minato. A dirla tutta aveva confidato in Fujiwara, non gli sembrava proprio uno che dormisse in piedi, ma molto probabilmente questi non voleva traumatizzare Minato con qualche mossa troppo avventata. 
“Sì, mossa avventata, voglio dire... non è che cercar di restar da soli sia chissà quale mossa avventata” stava pensando Nanao, mentre si mordicchiava la punta del pollice, come faceva sempre quando era meditabondo, dopo quel veloce scambio di battute con suo cugino.
- Quale diavoleria stai machiavellando? - gli chiese infatti Kaito preoccupato, dato che conosceva molto bene quel gesto.
- Hum? - l’altro si risvegliò dai suoi pensieri.
- Lo sai benissimo. - Kaito sbuffò, fermandosi e obbligandolo a fare altrettanto dopo averlo fermato per un braccio.
- Oh, Kacchan: hai sviluppato anche la telepatia. Wow, mi sorprendi ogni giorno sempre di più con i tuoi superpoteri. -
- Vuoi che ti sorprenda con il superpotere di trivellarti la testa di pugni? -
- Quanto sei violento, Kacchan. Guarda che se continui così, non troverai mai nessuno che ti sopporti. -
- Ho già te da sopportare, è più che sufficiente. - 
Frase che fece sgranare gli occhi a Nanao per la sorpresa per poi farlo produrre in un piccola piroetta con inchino teatrale annesso e un “grazie, ne sono profondamente onorato.”
- Non penso che dovremmo metterci in mezzo. - Kaito continuò a perorare la propria causa, cercando di renderla ancora più convincente producendo uno dei suoi soliti cipigli, mentre incrociava le braccia al petto.
- Vedi che hai davvero sviluppato la telepatia. - gli fece notare ridendo di cuore.
- No, è che ti conosco perfettamente. E so perfettamente le rotelline che si mettono in moto in questo tuo cervellino bacato. - battendogli ritmicamente il dito sulla sommità della testa.
- O sei con me o sei contro di me. - proferì malandrino Nanao tutto pomposo puntandogli l’indice sul petto, sapendo di dargli i nervi con una frase del genere. Ed era proprio quello che voleva.
- La pianti di esprimerti per luoghi comuni!? - gli arrivò infatti l’imbeccata di Kaito, con comprensiva schiccherata sulla fronte che lo fece fintamente lamentare.
- Ma insomma Kacchan! Guardarli. Guardali! Hanno bisogno di un aiutino. Di un groooooosso aiutino. - indicandoglieli con un plateale gesto della mano aperta.
- Abbassa la voce, cazzo! -
Ma l’altro non si diede per vinto e, pur non proferendo parola alcuna dopo aver fatto il gesto di zipparsi le labbra, li indicò nuovamente con la mano.
- Dormono in piedi... - dovette convenire anche Kaito alla fine, con immensa soddisfazione da parte di Nanao che fece il gesto di esultare in modo silenzioso – Da Minato non mi aspetto niente di diverso ma Fujiwara pensavo fosse uno più sgamato su questo genere di cose. -
E, incrociate le braccia al petto entrambi, iniziarono a spiarli in modo confabulatorio, proprio come due comari.
- Ma forse sarà come Masa-san, che ha dedicato la sua vita e il suo spirito al kyudo e quindi ha sempre sacrificato le gioie dell’amore. -
- Scusa, e tu che ne sai di Masa-san? - ora l’attenzione di Kaito era nuovamente tutta riposta verso Nanao, fissandolo accigliato.
- Hum? - Nanao si sentì osservato e portò a sua volta l’attenzione verso il volto del cugino. Che stava chiaramente aspettando una risposta, infastidito. E la stava aspettando tipo ora.
- Gliel’ho chiesto. - rispose candido, stringendosi nelle spalle come ad indicare che non capiva proprio perché Kaito se ne fosse uscito con quel suo cipiglio incazzoso – Gli ho chiesto se avesse qualcuno. E lui mi ha risposto che aveva dedicato, e stava tuttora dedicando, la sua vita alla via del kyudo -
- Ma come fai a far domande così imbarazzanti alla gente? - sibilò incredulo.
- Ehhh, ma quali domande imbarazzanti? - cercò di difendersi Nanao, trotterellandogli dietro dato che Kaito aveva ripreso a camminare – Mica gli ho chiesto se stantuffa o si fa stantuffare. -
- Piantala di usare questi termini da scaricatore di porto! - lo ammonì severamente Kaito, non avendo ancora capito quanto Nanao adorasse stuzzicarlo apposta per vedergli produrre quel suo cipiglio incazzoso che tanto adorava.
- Sei tu quello che usa termini da scaricatore di porto. -
- HAH?! Io non vado di certo in giro a chiedere alla gente se stantuffa o si fa stantuffare! -
E ovviamente, come ogni volta che gli partiva l’embolo, aveva alzato il tono della voce. Peccato che, come da copione, il resto della compagnia che camminava davanti a loro avessero deciso di zittirsi tutti nel medesimo istante e quindi le parole di Kaito riecheggiarono sovrane. Tutti si voltarono verso di lui, a fissare quel duo che si erano nuovamente fermato e che si sentì leggermente osservato.
- A-ahehm… - Kaito non era per niente bravo a venir fuori dalle situazioni imbarazzanti, che lui stesso creava nella stragrande maggioranza delle volte. A nulla valse il contegno che cercò di darsi e, al solito, fu Nanao a correre in suo aiuto. E mentre stava facendo uno sforzo assurdo per non scoppiare a ridere perché non voleva metterlo in imbarazzo ancora di più.
- Kacchan, Kacchan: dai andiamo in quella bancherella dove si tira con l’arco. -
Voleva spostarlo da lì velocemente, in modo tale da deviare l’attenzione degli altri, tuttavia gli prese la mano con un tocco delicato, accarezzandogli delicatamente le dita, sentendo il solito calore che il palmo della mano di Kaito sprigionava e che lo riscaldava dentro. 
E Kaito, docile come non mai, si lasciò trascinare via ma non facendosi cogliere impreparato, facendo intrecciare le proprie dita con quelle di Nanao per poi esser lui a prendere il comando della situazione ed indirizzarlo verso la bancherella indicatagli, galvanizzandosi all’idea. Gliela avrebbe fatta vedere a quelli della Kirisaki, quanto fosse ancora migliorato in quelle settimane dopo il torneo. Era più forte di lui. Non che fosse uno al quale piaceva mettersi in mostra, non era questo, ma più che altro una sorta di sano spirito agonistico.
E Nanao aveva perfettamente capito che cosa lo stesse muovendo e sentì un sorriso salirgli alle labbra, un moto di puro orgoglio nei confronti di Kaito. Gli piaceva quando quelli che erano i suoi sforzi, il suo impegno, riuscivano ad emergere e a farlo brillare. Cosa che, in qualche modo, si rifletteva anche su di lui; lui per natura non era uno competitivo ma Kaito - la sua vicinanza, la sua indomabile energia, la sua dedizione - erano in grado di stimolarlo.
Le loro mani si sciolsero con una muta carezza solo nel momento in cui si trovarono davanti alla famigerata bancherella e dopo essersi lanciati uno sguardo di intesa. 
Tutto genunianmente felice, Kaito si tirò su le maniche della maglia mentre, ovviamente impaziente, si faceva consegnare l’arco dal ragazzo che si trovava alla bancarella, che poteva aver massimo due o tre anni in più di loro. 
I suoi compagni di squadra gli furono tutti e quattro attorno in un attimo, controllando a loro volta con il loro comprensibile occhio clinico le condizioni della corda. Kaito ne saggiò la tensione, passando poi a controllare i flettenti. Ovviamente quell’arco non aveva il libraggio che lui era solito usare e, di conseguenza, nemmeno le frecce ma ad una distanza così ravvicinata del bersaglio – rispetto ai 28 metri verso i quali erano soliti tirare – ciò non avrebbe di sicuro rappresentato un problema.
Ovviamente il fatto di trovarsi in una bancherella del matsuri e non in un dojo non fece prendere la cosa sottogamba da Kaito. Non si sarebbe mai permesso di non onorare degnamente un arco. Si preparò con grande concentrazione, dopo aver chiesto a Nanao quale fosse il mega peluche che avrebbe voluto. 
- Tsk! Consideralo tuo. - ghignò tutto pomposo quando l’altro gli indicò uno Stitch formato gigante.
Nel momento in cui rilasciò la prima freccia, che ovviamente andò a colpo sicuro, di nuovo Kaito era riuscito a creare silenzio intorno a sé ma stavolta non ne fu per niente cosciente. Come tutti loro nell’esatto momento in cui prendeva in mano l’arco ed iniziava tutta la preparazione era come entrare all’interno di una bolla, dove ogni suono che riguardava l’arco, la freccia (che divenivano un prolungamento del proprio corpo) ti arrivava alle orecchie come se fosse in realtà dentro di te e dove tutto ciò che ti circondava era come sospeso. Non era solo la grande concentrazione a farti estraniare da tutto il resto (suoni, voci, odori) ma era proprio come esser risucchiati in una dimensione dove lo spazio e il tempo venivano sospesi. Tutto era enfatizzato, il ritmo e il suono del proprio respiro, ogni singolo muscolo che entrava in trazione, il suono della corda, il suono dei flettenti che si tendevano ti sibilavano nelle orecchie.
Così come quei piccoli gesti che diventavano una abitudine, ormai così interiorizzati che se non erano gli altri a farteli notare, neppure te ne rendevi minimamente conto. Come lui, per esempio, che quell’istante prima di sollevare l’arco sopra la testa emetteva sempre un piccolo espiro nel quale buttava fuori lentamente l’aria.

Lo tsurune prodotto da Kaito era stato ovviamente differente da quello che avevano prodotto coloro i quali lo avevano preceduto, così come il suono che aveva prodotto la freccia nel momento in cui era andata ad impattare nel bersaglio. Era squillante. E la precisione del ritmo con il quale incoccava la freccia, tendeva l’arco e scoccava era martellante. Per questo, in breve, intorno a lui si creò un campanello di curiosi che si godevano lo spettacolo in religioso silenzio.
- Tsk! Fatto! - scrocchiò tutto orgoglioso quando consegnò a Nanao il suo premio.

E Nanao, più che l’enorme peluche - grande praticamente quanto lui - accolse con gioia il sorriso tutto felice ed orgoglioso di Kaito. 
Sorriso di quest’ultimo che però gli si smorzò dalle labbra quando gli giunse alle orecchie uno tsurune melodioso e cristallino, indubbiamente, e per forza di cose, differente dal suo. Se nel suo emergeva il suono della sua forza, in quello appena prodotto vi era un tipo di melodia completamente differente. E non gli servì girarsi per capire chi lo avesse prodotto perché solo qualche settimana prima ce l’aveva avuto giusto dietro alle spalle e aveva percepito, attimo per attimo, tutta la sua aura maestosa e regale.

Eccolo lì, Fujiwara Shuu in tutta la sua regalità, con le maniche della camicia bianca piegate fino a metà dell’avambraccio, non solo stava mettendo a segno un tiro dietro l’altro, ma le frecce saettavano una sopra l’altra, le piume delle cocche che si sfioravano.
E la cosa che gli rendeva ancora più giustizia è che non lo stava assolutamente facendo per mettersi in mostra ma perché il padre (inetto) di una bambina che tanto desiderava il pupazzo di Mu-Shu non aveva mandato a segno una freccia neanche per sbaglio, generando lo sconforto più totale nella sua progenie. Progenie che ora stava fissando Shuu, apparsale come chissà quale meravigliosa visione, con gli occhi a cuore. Nell’ingenuità dei suoi cinque anni stava sperimentando per la prima volta in vita sua il batticuore di una cotta spaventosa. Fissava il profilo regolare di quel principe (sì, dai: davvero! Sembrava uno di quei principi delle fiabe che correvano sempre in aiuto dei più deboli e dei più bisognosi) sentendo il cuore batterle sempre di più. Per non parlare di quando quel principe, dopo aver mandato a segno TUTTE le frecce (ma a lei cazzo fregava in quel momento?) si era girato verso di lei abbassandosi quel tanto che gli permise di avere i volti alla stessa altezza e le aveva porto il Mu-Shu tanto desiderato.
Non era riuscita a spiaccicare parola alcuna se non quel “grazie” al quale i suoi l’aveva sollecitata. Poi mentre si stringeva addosso Mu-Shu ancora tutta sognante, quando quel principe si era girato dopo averle sorriso con quel sorriso che l’aveva fatta innamorare ancora di più, prima che lui se ne andasse con i suoi amici, quando ormai era già girato, aveva attirato la sua attenzione tirandolo per la camicia, costringendolo in qualche modo ad abbassarsi nuovamente, sorpreso. 
Ma la sorpresa di Shuu si moltiplicò ancora di più quando la bambina, alzatasi sulle punte, gli schioccò un sonoro bacio sulla guancia, prendendo fuoco, prima di scappare dai suoi genitori e prendere sua madre per mano, che salutò Shuu con un lieve inchino del capo. Immediatamente ricambiata dal diretto interessato, che tuttavia se ne restava lì ancora interdetto. Non era così avvezzo ad aver a che fare con i bambini, quindi quel gesto lo aveva veramente colto di sorpreso.
- E bravo il nostro rubacuori! - si divertì a dargli un bonario tormento Sase, dandogli una vigorosa manata sulla schiena.
- Tch! - la lingua di Kaito schioccò infastidita sul palato.
- Che c’è Kacchan, vuoi che ti dia anch’io un bacio sulla guancia per ringraziarti, mio principe? -
- Idiota! Guarda che mi riprendo Stitch. -
- Non ci pensare minimamente! -

Ma per Kaito la questione non era ancora finita lì. 
Mentre stavano ancora tutti gironzolando tra le bancherelle, in attesa dei fuochi, gli si presentò l’occasione. Shuu era seduto da solo, in attesa di Minato e Seiya, in una delle panchine che portavano verso la salita del tempio, da dove avrebbero assistito allo spettacolo dei fuochi d’artificio.
Nanao non capì subito dove Kaito si stesse pilotando e quasi gli venne un colpo quando il cugino si rivolse a Fujiwara con quel suo solito ohy? che appariva minaccioso anche quando Kaito non lo voleva essere.
Nell’ordine, gli scenari che si presentarono nella mente di Nanao (uno più apocalittico dell’altro essendoci di mezzo Kaito e la sua ben nota – spoiler: per niente! - delicatezza) furono: 
- che gli proponesse una sfida all’ultimo sangue a scoccar frecce fino a quando uno dei due non sarebbe stramazzato agonizzante a terra, 
- che lo sfottesse dicendogli che lo Stitch che aveva vinto lui era più bello del suo Mu-Shu,
- che avrebbe esortato Fujiwara a darsi una mossa con Minato, uscendosene con qualcosa del tipo “ti serve un disegnino per capire come infilargli la lingua in gola?”

Sì, indubbiamente tutte cose molto poco edificanti alle quali, al solito, lui avrebbe dovuto in qualche modo porvi rimedio, solo non sapeva davvero come in questo caso. 
Tutti questi pensieri gli si affacciarono alla mente nel giro di una frazione di secondo e stava di nuovo per recuperare la mano di Kaito per trascinarlo via da lì, mentre notava come Shuu avesse lentamente sollevato gli occhi verso quelli di Kaito, restando quietamente in attesa ed emanando una calma ed una seraficità pazzesche. Quel ragazzo era straordinario, pensò Nanao, ammirato, non stava arretrando di un passo di fronte a Kaito, perché aveva perfettamente capito che non ci fosse nulla da temere da lui.
- Tu sei già incredibilmente bravo, cosa ti spinge ad impegnarti per migliorarti ancora di più? -
No, ok aspetta… cosa?! Nanao, sbalordito, si girò a fissare Kaito con la mascella praticamente a terra. Che cosa aveva appena sentito? Kacchan fare un complimento a qualcuno e in modo così esplicito? Intendiamoci, Kaito non era uno che le mandava a dire ma di solito quando doveva fare un complimento a qualcuno o esprimere un apprezzamento era una cosa che lo imbarazzava così tanto che quando cercava di esprimerlo a parole si incartava paurosamente e quello che riusciva a proferire suonava tanto come una minaccia di morte e non un apprezzamento.
Anche Shuu sgranò gli occhi per la sorpresa. Aveva capito che quella forza della natura che gli stava di fronte fosse uno senza peli sulla lingua (e che fosse uno tsunderello fatto e finito, il classico cane che abbaia ma che poi, quando l’hai conquistato, per te si sarebbe strappato anche il cuore dal petto se ne necessario, difendendoti a spada tratta) ma mai si sarebbe aspettato un complimento del genere.
Che strana quella domanda, pensò. Non si era mai fermato a chiedersi il perché. Per lui sarebbe stato come chiedergli perché un essere umano respira o si ciba.
Prese quindi molto sul serio la domanda che gli Kaito gli aveva posto. Incrociò le mani sotto al mento, concentrandosi sulle parole giuste da usare perché davvero non era semplice descrivere quello che provava con delle parole. Gli sembrava che non sarebbero state in grado di esprimere a pieno quello che sentiva dentro.
Kaito attendeva, con le braccia incrociate al petto e il suo cipiglio incazzoso, che in realtà indicava grande attenzione.
- Credo dipenda dal fatto che non ho mai ragionato in termini di competizione, di vittorie e di sconfitte. Ma ho sempre inteso il kyudo proprio come quella via dell’arco che si propone di essere, di virtù e verità. Un’esperienza totalizzante con me stesso, per conoscere e migliorare me stesso. Avete presente? Non modificare lo strumento ma modificare colui che tira. - 
I due cugini ascoltavano entrambi con grande attenzione quella risposta.
- Hum. Da uno come te accetto una risposta del genere perché è palese che tu non mi stia prendendo per il culo ma sia una risposta seria e non da fighetto. - asserì Kaito annuendo anche con il capo, cacciandosi ora le mani in tasca.
Shuu tralasciò di chiedersi cosa intendesse l’altro con quel “da uno come te” e accolse le parole di Kaito con il suo solito lieve sorriso, facendo un lieve inchino con il capo come a volerlo ringraziare.
Dal canto suo, invece, Nanao avrebbe voluto dare uno scappellotto al cugino proprio per quel “uno come te” perché chissà il povero Fujiwara che cosa stesse pensando ma fosse troppo educato per chiedere. Ma lo scappellotto glielo diede metaforico.
- Ahh Fujiwara-kun ignoralo quando fa così, ha preso una botta in testa quando era piccolo dovrebbe essere ancora ricoverato in ospedale. -
- Ma non è vero! - ci tenne a precisare Kaito come se temesse che Nanao potesse essere creduto e parlando con, cosa incredibile per lui, estrema pacatezza.
E a quel siparietto Shuu si lasciò scappare una piccola risatina.
- Onogi-kun faccio io una domanda a te ora. - rifattosi improvvisamente serio e Kaito si fece serissimo a sua volta, assottigliando gli occhi, come sempre quando si faceva attento, proprio come i gatti.
- Se mentre ti stai esercitando hai scoccato quattro frecce, che son andate tutte dritte nel centro del bersaglio, cosa fai: ti arrischi a scoccare anche la quinta, con il rischio che ti rovini quel volé perfetto, o non ti interessa e vai: scocchi? -
- Tsk! Che domanda. - rispose ghignando - Ovvio che non mi interessa. Un vero arciere non guarda ai centri ottenuti, quelli sono solo una conseguenza. Un risultato ottenuto da tutta la preparazione e la compostezza del tiro non un obiettivo. - 
Shuu sorrise pacato a quella risposta.
- Vedi? Abbiamo detto la stessa cosa sostanzialmente. - 
E di nuovo si guadagnò il ghignetto soddisfatto di Kaito e il sorriso deliziato di Nanao, i quali fecero per proseguire nel loro cammino ma vennero richiamati indietro di Shuu.
- Onogi-kun? Kisaragi-kun? -
E i due si voltarono contemporaneamente, uno di fronte all’altro, fissandolo incuriosito, mentre si era alzato e aveva un mosso un passo verso di loro.
- Grazie per esservi presi cura di Minato e di Seiya. - e si proferì in un piccolo inchino.
Santi Numi, ma quel ragazzo era reale? Ma da quale era saltava fuori, da quella dei Samurai?
Kaito, per niente avvezzo ai complimenti, ovviamente non li sapeva gestire e avvampò, grattandosi la nuca imbarazzato, volgendo lo sguardo verso Nanao perché si desse una mossa per replicare qualcosa. Il quale Nanao doveva ancora riprendersi dalla sorpresa. Dio, quel ragazzo lo aveva appena conquistato nel modo più totale e assoluto. Non era facile lasciare anche Nanao senza parole.
- Beh… - lanciando occhiate nervose a Kaito sperando l’insperato, cioè un aiuto da parte sua. Cosa che ovviamente non avvenne.
- Beh, siamo amici, è normale. E ti assicuro che anche loro si sono presi cura di noi. Soprattutto di Kacchan. – rise – Anche se Kacchan all’inizio aveva il dente avvelenato nei confronti di Minato. E si prendeva delle belle tranvate sui denti dal parte del nostro presidente - non ce la faceva a non cercare di metterlo in imbarazzo. Perché semplicemente adorava come avvampava e, di conseguenza, corrucciava le labbra.
Shuu era rimasto molto colpito dal fatto che Nanao avesse usato il termine “amici” e non semplicemente “compagni”, era una cosa indubbiamente interessante. E bella anche. E che traspariva perfettamente anche quando gareggiavano, il fatto che ciò che li accomunava fosse un sentimento di amicizia, che aveva creato legami e ricordi insieme. 

- Nanao, teme! Beh, mi faceva incazzare all’inizio - si giustificò – vedevo come calpestasse il suo orgoglio di arciere. E in quanto a prendermi piccate da parte di Seiya che mi rispondeva a tono, beh… in parte credo fosse meritate. -
- Credi? - lo punzecchiò divertito Nanao, ricordando però quale fatica gli fosse costata spegnere quel fuoco in Kaito quando Seiya ci buttava benzina sopra.
E quelle parole colpirono molto Shuu.
- Il suo orgoglio di arciere… - ripeté questi mormorando, assottigliando appena gli occhi e lasciandogli andare.
Tuttavia quando Kaito ebbe iniziato a salire la scalinata, esortato da Ryohei che li aveva raggiunti, Nanao – già sul primo scalino – si fermò un attimo per poi voltarsi.
- Fujiwara-kun? -
- Sì? -
- Vedere Kacchan fare un complimento a qualcuno in modo così esplicito, superando la sua  naturale ritrosia, è un po' come assistere all’allineamento dei pianeti del sistema solare. – gli disse ridendo ma anche addolcendo lo sguardo – Ma non perché non riconosca il valore del suo avversario ma perché, nonostante il suo continuo sbraitare e guardare le persone come se volesse ucciderle, è una persona estremamente timida e riservata. Se è arrivato a farti un complimento vuol dire che ti ammira e ti stima molto. E che la sua missione di vita è quella di impegnarsi ancora di più e riuscire a dimostrarti di essere bravo almeno quanto te. -
Shuu, sorpreso, non riuscì lì lì a proferire nulla e comunque anche se avesse voluto non averebbe potuto replicare alcunché perché Nanao era parso sul punto di andarsene ma, nuovamente, si era bloccato quasi avesse avuto una rivelazione.
- Ah! - eccolo lì, infatti, di nuovo voltato verso di lui – Io se fossi in te mi butterei. Sai, sarei sicuro di avere il vento favorevole. - concluse strizzandogli l’occhio e, cielo: cosa vide? Fujiwara Shuu arrossire? Ok, voleva dire che la missiva era arrivata, forte e chiara.
Sì, come se fosse facile scrollarsi di dosso tutta quella gente!, pensò Shuu.

E tentare di scrollarsi di dosso tutta quella gente era quello che stava pensando anche Minato. 
Oltre al fatto di tentar di tenere a bada il suo cuore. Ok, nella letteruatura medica si narrava di casi in cui il cuore era esploso nel petto del legittimo proprietario ogni qualvolta gli occhi si posavano in quelli di un’altra persona? No, giusto per sapere a che razza di morte poteva andar incontro.
Sempre se si fosse ricordato di continuar a respirare, ben si intende.
Santo Cielo, ma cosa gli era successo? Dopo la notte passata con Shuu e dopo la chiacchierata con Masa-san indubbiamente era come aver subito una sorta di trasformazione. O meglio: aver iniziato a pensare Shuu in modo diverso, guardarlo in modo diverso. Cioè ok, era sempre stato consapevole del fatto che fosse oggettivamente bello, un arciere straordinario, una persona in grado di infondere una calma e una seraficità pazzesca, che aveva sempre quel modo squisito e cortese di rivolgersi a tutti e che non fosse il classico viziato figlio di papà come giravano in tanti lì alla Kirisaki, ma ora…
Ora era come se gli si fossero tolti da davanti agli occhi dei veli, lo aveva detto anche a Masa-san, era come se vedesse tutto con colori più vividi.
Ah, già! Piccolissimo particolare: il sogno di quella notte. Voleva spararsi un colpo in testa solo a pensarci! O sotterrarsi dalla vergogna. Non aveva neanche il coraggio di pensarci, il problema però era che il suo inconscio continuava a presentargli quelle immagini davanti agli occhi e con dovizia di particolari. Immagini per niente caste, ovviamente. Santi Numi, ma da dove gli era saltato fuori quel film p0rno?! Quando si era risvegliato, in un bagno di sudore e con quella a dir poco imbarazzante macchia umida e appiccicaticcia sui pantaloni e lentamente tutto si era fatto chiaro e non nebuloso nella sua mente, si sarebbe lanciato dal secondo piano. Ma con che coraggio avrebbe guardato Shuu in faccia tra poche ore? Gli sembrava di averlo in qualche modo insozzato. 
Ecchecazz! Non era la prima volta che gli succedeva, sapeva fosse una cosa normalissima ma solo… solo… Shuu! 
“Arghhhh!” ancora si lamentò dentro di sé, sentendosi avvampare. D’altra parte gli era praticamente impossibile non essere calamitato dalla figura di Shuu. Soprattutto ora che in lui si stava facendo strada una maggiore chiarezza e consapevolezza di quello che provava nei confronti dell’amico.
Beh, d’altra parte il suo inconscio glielo aveva sbattuto per bene in faccia quella notte, se non gli fosse stato chiaro che – tra le altre cose – provava una attrazione fisica – e sessuale! - per lui. Minato aveva sempre pensato che ammirasse e fosse attratto dal suo modo di praticare il kyudo, pensava si trattasse di una leggera infatuazione per lo stile di kyudo di Shuu, e non per lo stesso Shuu!
Ora doveva capire come agire e se potesse avere qualche chance con lui. (E poi non si dica che Kacchan fosse maligno quando diceva che Minato aveva idee confuse dentro di sé.)

Punto primo, piccolissimo scoglio: erano due ragazzi. 
Ok, sapeva che Shuu non aveva nessun tipo di preconcetto, se la ricordava perfettamente quella volta in cui – in terza media – aveva messo a zittire un gruppo di imbecilli di classe loro che stavano facendo dei commenti omofobi. 
Li aveva taciuti con il suo solito modo calmo e serafico di parlare ed era stato tipo meraviglioso.
Ok, ok! Ma il fatto che non fosse un omofobo non è che implicasse necessariamente che gli piacessero i ragazzi.
Mamma santa, ma poteva essere più sfigato di così? Prima infatuazione in vita sua, che già era complicata di per sé per antonomasia, e verso chi? Verso un altro ragazzo. Giusto per renderla ancora più complicata e magari ancora più sofferente. Sì perché se già di suo non è che fosse uno che esprimeva i suoi sentimenti in modo così esplicito, figurarsi doversi dichiarare e dichiarare ad una persona dello stesso sesso. E non uno qualsiasi, ma Shuu! Se il tutto non fosse stato così tragico, nonché grottesco, sarebbe stato anche da ridere.

Non che avesse intenzione di dichiararsi quella sera sia ben chiaro (e si chiedeva se mai avrebbe avuto il coraggio di farlo) anche perché stava ancora cercando di venire a patti con la confusione che aveva dentro di sé. Si chiedeva come fosse possibile che, dopo tutti quegli anni che si conoscevano, perché non si fosse preso una infatuazione per Shuu molto prima. Forse perché credeva all’amore a prima vista? Ma no no, non diciamo fesserie. Sapeva che anche i suoi genitori si conoscevano fin dai tempi del Liceo ma era stato solo all’Università che si erano resi conto di essere innamorati l’uno dell’altra. Un sentimento che era cresciuto piano dentro di sé, da amicizia si era poi trasformata in amore.
Quella mattina aveva cercato di parlare con suo padre proprio di questa cosa ma era stato un momento così imbarazzante che anche solo a ricordarlo si sentiva andare a fuoco le guance. Si erano fissati, uno seduto dal lato opposto del tavolo, fissandosi – imbarazzati – che era certo che se gli avesse raccontato per filo e per segno di come e cosa Shuu gli avesse fatto nel sogno che aveva fatto solo qualche ora prima, sarebbe stato di sicuro meno imbarazzante.
Era certo che quel silenzio assordante non fosse dovuto al fatto che aveva nominato suo madre, ormai era da tempo che riuscivano a parlare di lei, di ricordi che la riguardavano, senza che la voce di entrambi si incrinasse.
Ad un certo punto suo padre, che era uno di poche parole, se n’era uscito con l’infelice frase “Minato, devo spiegarti su come evitare malattie e gravidanze indesiderate?” e lui tipo avrebbe voluto morire in quel preciso istante o che, a scelta, arrivasse una astronave aliena a rapirlo. E non seppe dirsi perché in quel momento la risposta, intelligentissima, che gli sovvenne alla mente era stata qualcosa del tipo “beh, tranquillo: in questo caso nessuno dei due rischierebbe di restare incinto” ma voleva evitare, per il momento, che a suo padre venisse un colpo, al corso di pronto soccorso a scuola non gli avevano ancora insegnato come effettuare un massaggio cardiaco.

Dunque, ricapitolando: se mai si fosse dichiarato a Shuu, sapeva per certo che questi non avrebbe provato schifo nei suoi confronti per il fatto che lui fosse un ragazzo. 
Magra consolazione. Sospirò sconsolato e lo cercò con gli occhi tra la folla, vedendo la sua schiena ed inevitabile ripensò a quando si era addormentato tra le sue braccia. Lì c’era stato il primo campanello d’allarme. Era stata una sensazione a dir poco meravigliosa, che non riusciva a descrivere a parole, perché erano sensazioni non descrivibili a parole e si chiedeva se anche Shuu le avesse provate identiche alle sue ma ovviamente, almeno per il momento, non se ne parlava proprio di chiedergli una cosa simile. Ora ciò che desiderava era restare da solo con lui, gli bastava anche solo camminarci a fianco, in silenzio. Con Shuu il silenzio non pesava mai. 

Ma ora bisognava proseguire con il punto secondo.
Dunque, qual era il punto secondo? Tipo magari di evitare di farsi sgamare così brutalmente? E da chiunque? Perché si chiedeva se Shuu, ogni volta che gli si avvicinava (e Minato era così agitato e incasinato nella testa da non rendersi conto che Shuu gli si avvicinava, o meglio: non gli si scrostava di dosso se non proprio strettamente necessario, praticamente sempre, cosa questa che lo avrebbe in qualche modo aiutato a capire le intenzioni dell’altro) avrebbe finito per sentire come il suo cuore iniziasse a rimbombargli in petto e di come il respiro si facesse corto.
No dai, non era questo il punto secondo. Il punto secondo era… e gli vennero in mente le parola di Masa-san. Goditi queste sensazioni, la persona stessa...
Già, era vero! Doveva godersi quel momento. Era tutto così preso dai suoi pensieri, dalla sua agitazione, che non si stava né godendo Shuu, né i suoi amici. E vabbè, la faceva facile la sua parte razionale!, si ritrovò a pensare, quando venne interrotto dalle sue elucubrazioni mentali.

- Ohy? -
Lentamente si girò, sentendo un brivido ghiacciato percorrergli la schiena. 
Oh Signore, che cosa aveva fatto per far incazzare Kaito? Era da quella volta del torneo che non gli sbraitava contro. 
Dopo quella famosa volta che aveva recuperato il cappello di Nanao, sapendo che cosa significasse per lui, Minato si era conquistato la fiducia di Kaito. Kaito era così: diffidente e sospettoso all’inizio, proprio come i gatti, ma quando si conquistava la sua stima e la sua fiducia, allora ti avrebbe difeso a spada tratta, arrivando anche a strapparsi il cuore dal petto per te se fosse stato necessario.
Quindi, tolta la parentesi di quella volta al torneo, prima della finale, quando Minato gli aveva dato una scossa e Kaito si era fatto prendere per un attimo dall’ira ma poi aveva capito cosa stesse cercando di dirgli Minato, non era più successo che l’avesse fatto incazzare, quindi cosa diamine era accaduto per farlo fissare così minaccioso ed infastidito?
- S-sì? - chiese portando i suoi occhi su quelli dell’altro.
- Sei imbarazzante. E mi stai innervosendo con la tua staticità. -
- E-eh? - biascicò in confusione totale, mentre Kaito avvicinava ancora di più il proprio volto al suo.
- Ti serve un disegnino per capire come infilargli la lingua in gola?! -
Signore! Ecco, lo aveva detto! Nanao, anche se non presente alla scena, conosceva sufficientemente bene Kaito per sapere che se ne sarebbe potuto uscire con una frase del genere presto o tardi. 
A sua personale discolpa si poteva dire che lo avesse fatto per spronare Minato, solo che forse doveva lavorare ancora un po' sui modi.
- Ka- Kaito! - urlò questi, mentre lanciava occhiate in giro a vedere se qualcuno lo avesse sentito ma per fortuna Onogi aveva scelto un momento in cui gli altri o erano distanti o erano distratti da altre cose.
- Datti una mossa. - ribadì l’altro dandogli una piccola schiccherata in fronte.
- Ma tu… tu come hai fatto a capire? - chiese Minato, massaggiandosi la fronte nel punto colpito e cercando di non sbilanciarsi troppo.
- Tsk! - ghignò Kaito divertito. E come schioccava la lingua lui sul palato mai nessuno nella vita, perché a seconda dell’intensità, della velocità, del rumore stesso dello schiocco, Kaito esprimeva mille tipi di comunicazione non verbale.
– Bisognerebbe esser ciechi per non capirlo. E mi sa che l’unico cieco qui è proprio Fujiwara. - concluse bisbigliando.
- Non è propriamente così semplice, eh. - proferì Minato, contrariato dal fatto che l’altro la facesse così semplice, non prendendo in considerazione tutti i suoi turbamenti interiori tipo per esempio anche solo sentirlo fare il nome di Shuu.
- Hah? - fu la replica minacciosa di Kaito, mentre aveva cacciato le mani nelle tasche dei pantaloni, iniziando a camminare – Ti serve davvero un disegnino? -
- Ma non stavo parlando di quello! - replicò, avvampando – Mi riferivo al fatto che… che c’è troppa gente per esempio e non è semplice restare da soli. -
- Siamo ad un matsuri, ci sarà sempre troppo gente. - riferì l’ovvio.
- Cosa state confabulando voi due? -
Ryohei fece fare un salto a tutti e due, dallo spavento, essendo sbucato dal nulla all’improvviso e non permise a Kaito di replicare. 
Ma neanche dopo essersi ripreso dall’infarto procurato dalla comparsata di Ryohei, Kaito avrebbe potuto fare alcunché poiché il gigante buono, con la sua solita castroneria per evitare proprio Kaito, andò inavvertitamente ad urtare contro uno dei due cloni (quei due erano sempre in mezzo!) e il contenuto della sua bottiglietta d’acqua si riversò niente meno che addosso a Shuu. 
La bottiglia era pressoché vuota ma l’acqua che restava non impedì di fare una micro doccia a Shuu. L’urlo agghiacciato e mortificato di Ryohei si sarebbe potuto tranquillamente sentire a chilometri di distanza. Lui fu l’unico che articolò suoi dalla bocca, come Shuu che cercò in tutti i modi di tranquillizzarlo, perché il resto dell’allegra brigata si era ammutolita all’istante per il solo semplice fatto che un Fujiawara Shuu con camicia bianca bagnata addosso - che era inevitabilmente diventa trasparente e appiccicata al suo petto, lasciando intravedere il fisico tonico che si trovava al di sotto, in un gioco di “vedo non vedo” – era indubbiamente una visione intrigante.

Sehhh, aloha! Altro che sogni porno adesso! Non servivano proprio i sogni in quel momento, Shuu stava dando uno spettacolo (porno) di tutto rispetto. Minato si portò una mano alla bocca, avrebbe anche potuto portarla al naso per assicurarsi che non partisse uno schizzo di sangue sui 100 metri ad ostacoli o portarsi una mano sul petto ad assicurarsi che il cuore stesse ancora battendo o non battendo troppo. Non riusciva a staccargli gli occhi di dosso ma comunque vide perfettamente, con il centottantesimo grado della vista, come perfino Kaito stesse scanerizzando l’altro, facendo risalire gli occhi sulla figura di Shuu con lentezza estenuante.
- Cosa guardi?! - lo redarguì, quasi strillando.
- Cosa c’è, sei già geloso? - lo perculò per bene Kaito, abbassando il volto a sussurragliela all’orecchio questa provocazione.
Ovviamente, come si diceva, non erano gli unici due che erano rimasti quell’attimo in più a fissarlo.
- Sase lo vedi senza camicia, a petto nudo, ogni giorno in spogliatoio. - lo prese in giro Hiroki, cercando di spezzare – con i suoi soliti modi pacati – quella situazione di stallo.
- Sì, ma con la camicia bianca tutta bagnata e trasparente è indubbiamente tutto un altro vedere. - precisò Daigo, cercando di buttar la cosa in ridere e riprendersi dalla figura barbina fatta, ma facendo più danno che altro in questo caso.
- Sase-senpai devo forse considerarla come una molestia sessuale? - fu infatti la replica di Shuu. Come questi riuscisse a risultare serio e minaccioso anche se il suo tono era, al solito, placido, era uno dei tanti suoi misteri.
- Ehm… no… scusa. -
E quale piccola risatina deliziata scappò a Hiroki per come il suo compagno fosse stato messo al suo posto dal loro kohai. Come sempre.
Ma se non altro quella era l’occasione giusta per agire. O almeno fu quello che pensò Nanao.
- Fujiwara-kun: nei bagni che ci sono un po' più indietro ci sono degli asciugatori mani ad aria, così puoi asciugarti un po' la camicia. -
Il diabolico furetto si era mobilitato immediatamente. Sfruttando il fatto che la gente si stesse muovendo tutta nello stesso identico momento per raggiungere dei punti strategici per poter ammirare i fuochi, che sarebbero iniziati da lì a breve, era un attimo perdersi tra la folla e quindi Nanao pensò bene di spingere contro flusso Minato – come un salmone canadese che risale la corrente –  in modo tale che, separandosi dagli altri, sarebbe rimasto da solo con Shuu. Certo, c’erano all’incirca un milione di persone ma se non altro sarebbero stati separati dai propri compagni.


- Mi dispiace farti attardare, Minato. Rischiamo di perderci l’inizio dei fuochi. E abbiamo perso anche gli altri oltretutto. -
- Tranquillo: va tutto bene. -
“Va tutto malissimo invece! Non so da che parte guardare!” si impanicò invece dentro di sé Minato.
Erano in quel bagno pressoché deserto, con Shuu (splendidamente) quasi nudo dalla vita in su mentre asciugava la camicia aperta sul petto. Lui non sapeva dove guardare mentre Shuu non gli staccava gli occhi di dosso. Sarebbe stato più corretto dire che non è che non sapesse dove guardare perché la sua attenzione era tutta calamitata da quel fisico tonico che praticamente stava urlando di essere fissato. Ecco, anche questo era indubbiamente un leggero campanello d’allarme, si erano visti nudi negli spogliatoi e nelle docce un’infinità di volte e sì ok, lo aveva visto come il fisico di Shuu stesse crescendo e si stesse facendo più adulto ma era come quando si va in un museo e si ammirano certe sculture, adesso indubbiamente quel corpo gli appariva tutto fuorché come una scultura. Cioè, perfetto ma anche… anche così desiderabile, così vivo. Così pulsante. Santo Cielo ma era diventato un pervertito sessuale nel giro di un paio di giorni? Gli ormoni si erano improvvisamente risvegliati dopo un torpore durato tipo da sempre? E dire che era estate ormai, la primavera – la stagione degli amori e degli accoppiamen… Minato, smettila! - era già passata da un pezzo. Non sapeva cosa fare, se non quello di girare in tondo con le mani sulle guance in una rappresentazione animata del ben celebre quadro di Munch.
- Minato, ti sto mettendo a disagio? -
Eccallà! Sapeva lui che a Shuu non sfuggiva niente.
- N-no. Scusami… - riportando infine gli occhi sui suoi, che erano indubbiamente un territorio neutrale - sì, più o meno… - e gli sorrise. Sorriso che venne immediatamente ricambiato da Shuu, che si era indubbiamente preoccupato.
- Non ti devi scusare, sono io semmai quello che si deve scusare per il fatto di star facendo tardi. - disse mentre controllava lo stato di umidità della camicia. - Direi che ci siamo. -
- Non avere fretta, asciugala per bene, anche se è estate qua siamo in collina e con il buio l’aria è fresca alla sera. -
E Shuu lo fissò sgranando gli occhi, per la sorpresa. Si stava preoccupando per lui, era a dir poco adorabile.
- Grazie. - sussurrò all’indirizzo di Minato, il quale Minato scosse la testa sorridendo, come a dire che non serviva che si scusasse, avvicinandosi a lui per controllare a sua volta quanto bagnata o meno fosse ancora la camicia. E quale stilettata gli arrivò diretta al naso! Il profumo della pelle di Shuu lo invase dentro, penetrandolo fin nei meandri più profondi del suo essere.
- È… è asciutta sì. - disse, portando gli occhi su quelli dell’altro. Rimandendo ammalitato, e confuso, da quello che vi lesse. Avevano una luce così… dolce. Dolce sì, ma anche… non era solo di dolcezza era come se Shuu gli stesse parlando con quei suoi occhi spettacolari, gli stesse comunicando ciò che gli si agitava dentro. Forse che… avrebbe anche potuto sperare di non vedersi rifiutato?

Fu il primo fuoco di artificio sparato in aria a fermare quella loro conversazione fatta di sguardi.
Si precipitarono fuori dai bagni, per godersi meglio lo spettacolo. Che gli lasciò senza parole, anche se era il profilo dell’altro – con il naso all’aria e lo sguardo estasiato, la gioia che si manifestava nella piega delle labbra – lo spettacolo che attirava inevitabilmente gli occhi sia dell’uno che dell’altro e di come, quando l’uno scopriva lo sguardo dell’altro su di sé, inevitabilmente lo incroci insieme per poi staccarlo improvvisamente, teneramente imbarazzati.
- Va tutto bene? - gli chiese Shuu ad un certo punto, vedendolo in qualche modo nervoso, come se si trovasse sull’orlo di un precipizio indeciso se saltare o meno.
- Hm… sì… mi godo il momento… - quella frase di Masa-san era il suo personale mantra di quella sera. 
- È  indubbiamente un buon suggerimento. - rispose, portando nuovamente lo sguardo sopra di sé – è uno spettacolo meraviglioso, non trovi?-
- Non puoi neanche immaginare quanto… -
Essere lì, con lui, ad ammirare i fuochi era come se fosse la cosa più naturale del mondo. 

Così come fu naturale il fatto che Minato, facendo una vera e propria prova di coraggio ma, al contempo, in un gesto che gli venne spontaneo, senza forzatura alcuna, fece scivolare la propria mano lungo il braccio di Shuu, attendendo la reazione dell’altro, per poter capire se poter proseguire o meno. 
E Shuu si irrigidì per un attimo, come se avesse ricevuto una scarica elettrica, ma non perché gli desse fastidio ma molto semplicemente perché tutta la sua attenzione si era catapultata lì. Alle dita di Minato che lo stavano sfiorando. Si trovò costretto a deglutire, ancora immobile, ma si mosse velocemente nel momento in cui Minato, preoccupato di aver osato troppo, fece per ritrarre quella mano e allora fu veloce, Shuu, a trattenerla, permettendo a Minato di sentirsi carezzare da quel palmo caldo e accogliente. Abbassò per un attimo lo sguardo a terra, socchiudendo gli occhi e poi anche le sue dita cercarono quelle dell’altro e solo allora si resero conto di quanto avessero sospirato quel momento e le loro dita si cercarono e si trovarono.
Nessuno dei due osava guardare l’altro, troppo impegnati a cercare di dar tregua ai loro poveri cuori impazziti. 
- Va bene? – chiese alla fine Shuu sorridendo, e tirando su il braccio ad indicare con lo sguardo le loro mani intrecciate.
- Sì, va bene. – sorrise di rimando Minato, con un sorriso che Shuu non gli aveva visto mai.
E il loro toccarsi mise a tacere il loro bisogno di parlare per stemperare la tensione e proseguono a guardare i fuochi, in silenzio. Non pensavano a quello che avrebbero detto dopo, quando i fuochi sarebbero finiti, a cosa avrebbero fatto – questa cosa metteva una certa strizza da entrambi. Ora erano lì, ed esisteva solo quel momento, con Shuu che aveva iniziato ad accarezzargli il dorso della mano con il pollice, in piccoli cerchi concentrici.
Non volevano neppure chiedersi il perché di quel gesto, che cosa implicasse. Non vorrebbero fosse solo l’enfasi del momento, anche se si conosco sufficientemente bene da sapere che nessuno dei due fa mai mosse avventate.
Quello che sa Shuu, però, è che il sorriso di Minato di fronte alle loro dita intrecciate gli ha fatto venire una voglia pazzesca di baciarlo.
Questa ritrovata consapevolezza fece girare lo stomaco a Shuu. Nonostante molti – sia ragazze che ragazzi - gli si fossero dichiarati e gli avessero chiesto di uscire, lui aveva sempre declinato gentilmente (forse già perché il suo pensiero correva solo ed unicamente a Minato) e quindi non aveva esperienza con le cotte, non sapeva – prima di Minato – di come si sentissero le farfalle nello stomaco, non aveva idea di cosa significasse quel nodo in gola.
Immerso in queste considerazioni non si rese conto che Minato gli stava parlando, mentre si trovavano ancora mano nella mano.
- Come scusa? - 
- Ti stavo dicendo che, se ti va, per vedere meglio i fuochi possiamo raggiungere un posto migliore. Da qui conosco una scorciatoia per arrivare in uno piccolo spiazzo praticamente semi-sconosciuto. -
“Minato, Kami Sama: così sembri davvero uno stupratore!”
- Una scorciatoia tipo quella che aveva suggerito Kisaragi ad Onogi? - rise divertito Shuu.
- Mamma mia… - Minato, invece, rabbrividì ancora al ricordo. Quei tre potevano farsi veramente male, solo la prontezza di riflessi e la lucidità di Kaito – e qualche buona stella - li aveva in qualche modo salvati.
- Nono, niente di tutto questo. - precisò – Solo ecco, c’è da passare sotto ad una siepe. - 
- Passare sotto ad una… siepe? - chiese Shuu, perplesso – Cioè sconfiniamo in una proprietà privata? -
E, oddio: cos’era tutta quella serietà? Minato scoppiò a ridere di cuore.
- Nono tranquillo, non ti faccio fare nulla di illegale o che ci faccia rischiare la galera, anche perché la galera per te, bello come sei, sarebbe di sicuro ancora più un infernops. -
“CAZZOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!” urlò Minato dentro di sé, ma ormai il danno era fatto, non poteva ricacciarsi indietro le ultime parole.
- Scusa Shuu. - mortificatissimo.
- Perché ti stai scusando? - cercò di tranquillizzarlo, con le loro mani che si erano sciolte per il momento. E mentre cercava di tranquillizzare anche il proprio cuore. Ed evitare di arrossire fin nella punta delle orecchie, possibilmente. Cioè, che cosa gli aveva appena detto? Che lo considerava bello?
- Perché so quanto ti abbia sempre dato fastidio che la gente si soffermasse sul tuo aspetto fisico. - biascicò, valutando che lanciarsi giù per il fossato forse non era un’idea così malsana o bislacca. Se non altro sarebbe stato un’impresa meno ardua rispetto al sostenere gli occhi di Shuu che lo stavano scandagliando.
- Ma tu sei tu. - proferì, girandosi ora di fronte a lui e muovendo quel passo che costrinse in qualche modo Minato ad indietreggiare e che lo portò con le spalle al muro nel giro di un niente, mentre lo fissava confuso da quella frase sibillina.
- Tu mi hai sempre trattato in modo diverso da tutti, fin dalla prima volta che ci siamo visti, quando eravamo ancora due bambini. - muovendo quell’ulteriore, lento, passo verso di lui, che saggiò con le mani la parete ruvida alle sue spalle. Qualsiasi cosa stesse per succedere, non era pronto. Soprattutto con Shuu che ormai aveva azzerato la distanza tra i loro corpi e non era un modo di dire che poteva chiaramente sentire il calore del suo corpo. Calore del suo corpo che aveva già ben conosciuto oltretutto.
- Tu sei diverso, Minato. - gli sussurrò, mentre non gli permetteva di sganciarsi dai suoi occhi se non per il tempo di permettergli di gettare una rapida occhiata a quella mano che aveva appoggiato al muro all’altezza del suo volto.
- Sei sempre stato diverso, per me. -
Quanta serietà in quel lineamenti perfetti, Minato si trovò a deglutire a vuoto, annaspando alla ricerca d’aria, sopratutto nel momento in cui l’altro mano di Shuu si posò sulla sua cicatrice sul fianco. Aveva sentito le dita di Shuu sfiorarlo lieve da sopra la maglia, percependone comunque il calore del palmo della mano, e posarsi su quella cicatrice con una delicatezza estrema. Reverenziale quasi. Quasi lo volesse curare. 
E lui si sentì le ginocchia cedere sotto a quel tocco, davvero si chiese come riuscisse a restare ancora in piedi.
Che cos’è che aveva detto Kaito? Cacciargli la lingua in gola? Ma no, no! Ma a cosa andava a pensare dai. Ma anche volendo non ce l’avrebbe mai fatta. Anche perché in quel momento la sua testa era nel caos più totale, riusciva solo a sentire le dita di Shuu che gli accarezzavano la cicatrice e non c’era niente di morboso o di sessuale in questo, era una carezza che era qualcosa di incondizionatamente delicato. Ma, d’altra parte, avrebbe tanto voluto che lo baciasse in quel momento… 
Iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore, gesto che calamitò tutta l’attenzione degli occhi di Shuu, che si spostarono fulminei, assottigliandosi, come faceva sempre quell’attimo prima di scoccare la freccia, nel momento di massima concentrazione. E Minato, a quegli occhi assottigliati, si sentì pervadere da ulteriori brividi lungo tutto il corpo che gli resero le gambe sempre più molli. Tutto in Shuu lo stava avvolgendo. E sconvolgendo. Si inarcò leggermente sulla schiena ed emise un piccolo gemito, del quale si vergognò tantissimo subitaneamente, arrossendo ancora di più.
- Vuoi che che mi fermi? - gli sussurrò Shuu, ad un soffio dalle sue labbra, poggiando la fronte sulla sua, in un gesto che era comunque di una intimità pazzesca.
Se Minato glielo avesse chiesto, si sarebbe fermato, anche se questo gli sarebbe costato uno sforzo titanico, sopratutto vedendolo in quel modo: con le guance arrossate, gli occhi smeraldini liquidi. Ma voleva che fosse tutto più che perfetto, che Minato non provasse nessun tipo di disagio.
Attese quindi. E la risposta di Minato non si fece attendere.
- No… - gli mormorò quest’ultimo, accendendo ora anche a sua volta una luce diversa nei proprio occhi, di determinazione.
- Non ti fermare, Shuu. - bisbigliò, dando sfogo al suo desiderio di intrufolare le dita tra quelle ciocche morbidissime mentre l’altra mano gli si posava sul fianco. E quale ulteriore brivido di eccitazione gli diede vedere come Shuu avesse sgranato gli occhi sorpreso a quel gesto e avesse emesso un lieve sospiro che lo mandò ulteriormente in tilt. Era a dir poco sensazionale assistere a quella lenta trasformazione di Shuu.

Il quale Shuu fece scivolare la mano che fino ad un istante prima si trovava sul fianco lungo la schiena di Minato e quando arrivò alla base allargò il palmo per spingerlo ancora un po' di più verso di sé  e, sempre con delicatezza, gli fece allargar le gambe intrufolandogli un ginocchio in mezzo. Frizione che fece sussultare, e mugolare, nuovamente Minato che si spinse ancora di più verso Shuu facendo avvicinare ulteriormente le sue labbra a quelle dell’altro, lanciandogli un’ultima occhiata significativa prima di socchiudere gli occhi in un muto e chiaro segnale che Shuu non poté equivocare ed azzerò la distanza tra di loro appoggiando le proprie labbra sulle sue, leggere, quasi un soffio, con i respiri che si mescolavano.
Quelle labbra, l’uno dell’altro, che bramavano entrambi, si posarono lievi. Morbide.
E Minato capì che, nonostante fosse un pensiero che lo aveva in parte terrorizzato, non aveva desiderato altro per tutta la sera.

E fu allora che accadde...



Continua…


 

Io mi sto sentendo male per Seiya ma ok, dettagli. Ma non temete: io sono la Regina del Fluff.

E niente, Kacchan, Nanao e Ryohei sono tre ciccioli preziosi che devono essere protetti (io vorrei farmi proteggere da Shuu *ç*), soprattutto Kacchan che ha poche idee di se stesso e anche molto confuse ^////^ amo tantissimo. No, ceh: venero Shuu (segue esempio esplicativo della mia espressione intelligentissima di quando appare in scena) ma alla fine è Kaito quello che mi ha conquistato il cuore come personaggio in questo secondo rewatch.

Comunque da questo capitolo ho deciso di inaugurare TADANNNN la rubrica Avventure di una piccola arciera”(?):
ieri pomeriggio mentre mi stavo esercitando con l’arco, la mano sinistra proprio non ne voleva sapere di non tenere l’arco tipo boa constrictor e, di conseguenza, scalciavo l’arco in avanti al rilascio della freccia e il mio istruttore continuava a dirmi di ammorbidire la presa sul riser (l’impugnatura per capirci) perché altrimenti non avrei permesso all’arco un movimento in avanti naturale ed armonioso. E niente, mi è troppo venuto in mente Kacchan quando vuole imparare a fare lo yugaeri e Masa-san gli dice di non stringere troppo forte l’arco. Sì, lo so che l’arco occidentale è completamente diverso da quello del kyudo ma, alla fine, il concetto è lo stesso.

Grazie a chiunque sia arrivato fino a qui.

 
   
 
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