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Autore: ValeDowney    22/08/2022    2 recensioni
Stephanie Strange , brillante laureanda in Medicina alla New York University, comincia a sentire strette le maglie del camice bianco da neurochirurgo che il padre vorrebbe farle indossare. E se il padre è il famoso Doctor Stephen Strange, allora la faccenda si complica
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor Stephen Strange, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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UNA VITA IN GABBIA
 
 

Capitolo XV: La promessa di Babbo Natale

 


La recita di Natale si stava avvicinando ed i bambini erano molto eccitati. Stephanie era stata scelta per la parte principale. Avrebbero dovuto interpretare “Miracolo nella 34esima strada” e, per l’occasione, Stephanie avrebbe anche avuto una parte solista cantata. Voleva fare bella figura davanti ai genitori, soprattutto davanti al padre e, per l’occasione, stava studiando la parte nei migliori dei modi.
Continuava a ripeterla sia a casa della mamma che a casa sua, finché un giorno Christine non le disse, mentre le stava pettinando i capelli: “Tesoro, non c’è motivo di ripetere tutta la tua parte: sono sicura che sarai bravissima”.
“Voglio essere la più brava di tutte, soprattutto per papà: voglio renderlo felice” disse Stephanie.
“Ma lui lo è già. È felice perché ha te” disse sorridendo Christine, per poi baciarla su una guancia. Sentirono suonare al campanello.
“E’ papà!” disse entusiasta dalla sedia e correndo verso la porta. Christine guardò l’orologio sulla parete: segnava le otto in punto. Stephen era sempre puntuale quando doveva venire a riprendere la figlia dopo il week end.
Dopo che Stephanie aveva quasi rischiato di morire cadendo nel laghetto ghiacciato, Stephen era diventato ancora più protettivo nei suoi confronti. Non voleva che l’amata figlia fosse più fuori dalla sua vista e, per questo, aveva stimato rigidi orari che anche Christine avrebbe dovuto rispettare. La donna, ovviamente, non era d’accordo: per lei Stephanie avrebbe dovuto vivere un’infanzia come tutti gli altri bambini e non dettata da regole ferree ed orari da rispettare. Era una bambina di quattro anni e come tale doveva comportarsi.
Christine l’accompagnò fuori dall’appartamento e, appena Stephanie vide il padre accanto alla macchina, gli corse incontro. Stephen si abbassò e, sorridendole, la prese in braccio, baciandola più volte sulle guance e stringendola forte a sé. 
“Se ti stai chiedendo se ha fatto la brava, non hai bisogno di una risposta” disse Christine.
“Infatti non te lo chiedo, perché so già che la mia bambina è sempre bravissima. Non è vero, cucciola mia?” disse Stephen, guardando amorevolmente Stephanie, che disse: “Sì, papino e vuoi sapere una cosa? Ho studiato tutta la mia parte a memoria”.
“Stasera sarai la più brava di tutte ed io sarò lì in prima fila a guardarti” disse Stephen.
“Allora riesci a venire!” disse entusiasta Stephanie.
“Non mi perderei per nulla al mondo la mia bambina che fa la parte della protagonista. E, poi, non vedo l’ora di sentirti cantare” disse Stephen, sorridendole. Poi guardò Christine ed aggiunse: “Visto che siamo sotto Natale, ho voluto farti un regalo: ho spostato il tuo orario, così stasera puoi venire anche tu alla recita”.
“Grazie, sei stato molto gentile ma non avresti dovuto. Avrei comunque trovato un modo per venire” disse Christine.
“E farti perdere la nostra bambina che recita davanti a tutti e canta con la sua bellissima voce? Che padre mai sarei stato?” disse Stephen. Christine lo guardò, non aprendo bocca.
“Papino, sai che ho un regalo per te? Me lo aveva dato Babbo Natale quando l’ho incontrato al centro commerciale” disse Stephanie.
“Ma non dovevi, cucciola mia” disse Stephen, guardandola.
“Tu mi fai sempre un sacco di regali” disse Stephanie.
“Allora vorrà dire che me lo darai dopo la recita” disse Stephen e Stephanie sorrise.
“Dovrei parlarti, se non ti dispiace” disse Christine.
“Cucciola, saluta la mamma e aspettami in macchina. Dietro c’è una sorpresa per te” disse Stephen e depositò Stephanie a terra. La bambina andò dalla mamma e, mentre l’abbracciava, disse: “Ciao mammina: ci vediamo stasera alla recita”.
“Ci sarò, stai tranquilla” disse Christine e, dopo averla baciata su una guancia, Stephen aprì la portiera: Stephanie salì sul retro, per poi dire: “Wow, mamma guarda cosa mi ha regalato papà” e, dopo essere spuntata dal finestrino, mostrò un pupazzo con un grosso fiocco legato al collo: “E’ Rudolph, la renna di Babbo Natale. Ha anche il naso che si illumina”. Guardò il padre dicendo: “Grazie papino” e si risedette.
Stephen le sorrise, ma quando guardò Christine il suo sguardo non era certo piacevole. La donna disse: “Era proprio di questo che volevo parlarti. Non puoi continuare a viziare nostra figlia”.
“Sono suo padre: la vizio quanto voglio!” replicò Stephen.
“Ma non in modo così spropositato! Vorrei che Stephanie crescesse come gli altri bambini e sicuramente ora, sotto Natale, le farai regali doppi” disse Christine.
 “Se ho voglia di fare dei regali a mia figlia, di certo non sarei né tu e nemmeno nessun altro a fermarmi. Stephanie merita solo il meglio in qualunque cosa” ribatté Stephen.
“Con te è una battaglia persa: non riuscirò mai a farti capire il mio concetto. Ma finché Stephanie è felice, lo sarò anche io. Cerchiamo di esserci entrambi stasera” disse Christine.
“Le ho promesso che ci sarò ed io mantengo sempre le mie promesse!” replicò Stephen.
“A quanto pare, i casi più brillanti vengono prima di nostra figlia” disse Christine.
“Se alludi al paziente che ho operato ieri alla colonna vertebrale, sappilo che è in perfette condizioni e non ha più bisogno di me. Ora possono riuscirci anche le infermiere, visto che si tratta solamente di procedure di routine. Il mio lavoro è finito con lui e sai benissimo che nessuna operazione, seppur essa sia importante, viene prima di mia figlia!” ribatté Stephen.
Calò il silenzio; poi Stephen aprì la portiera ma, prima di salire in macchina, guardò Christine e disse: “Non sarai tu a dirmi come crescere Stephanie. Lei diventerà la migliore neurochirurga che esista” e, dopo essere salito, richiuse la sportella per poi partire a tutta velocità.
Christine sospirò, sperando che, almeno per quella sera, Stephen avrebbe messo da parte il suo ego smisurato ma, con Stephanie nella parte della protagonista, ciò non sarebbe avvenuto.
Venne sera e Stephanie era eccitata e nervosa allo stesso tempo. Se ne girava avanti ed indietro per il loft, aspettando che il padre finisse di prepararsi. Finché, stanca di aspettare, si diresse nella camera paterna e fu lì che lo trovò, davanti allo specchio intendo a mettersi la cravatta.
Lo guardò standosene sulla soglia della porta, per poi ridere. Stephen la guardò dallo specchio e sorrise. Fece finta di nulla.
Vedendo che il padre non si mosse, Stephanie entrò, avvicinandosi lentamente a lui ma, appena gli fu dietro, Stephen si voltò, prendendola e facendola ridere, per poi coricarsi sul letto.
Continuavano a ridere; poi Stephen la baciò su una guancia, dicendole: “Lo sai, non potrei vivere senza di te. Sei ciò che ho di più bello al mondo e nessuno dovrà mai permettersi di separarci” e le spostò una ciocca di capelli dalla fronte.
“Papino quando posso darti il tuo regalo?” domandò Stephanie.
“Facciamo dopo la recita, ok? Ora dobbiamo finire di prepararci” rispose e, dopo averla baciata su una guancia, si alzò tenendola in braccio. Andò davanti allo specchio, depositandola a terra, riprendendo a mettersi la cravatta, mentre Stephanie l’osservava incantata. Per lei il suo papà sembrava un principe azzurro ed un eroe da seguire.
Poco dopo, arrivarono all’asilo e Stephen, tenendo Stephanie per mano, camminò fino alla prima fila. Stephen si abbassò, mentre Stephanie stava di fronte a lui; si guardò intorno, per poi chiedere: “Dov’è la mamma?”.
“Vedrai che ora arriverà, ma tu devi prepararti per la recita” le rispose.
“Io voglio aspettare la mamma!” replicò Stephanie.
“Stephanie, non è il momento di fare i capricci. Ti ho detto che la mamma arriverà” ribatté Stephen. I due furono raggiunti da una ragazza e, mentre Stephen si rialzò, questi disse, guardando sorridendo Stephanie: “Ciao, Stephanie”; poi, guardò Stephen, aggiungendo: “Buona sera, Doctor Strange. Finalmente la conosco di persona. Sua figlia non fa altro che parlare di lei. Io sono la sua maestra” e si strinsero la mano.
“Non posso dire lo stesso di lei” disse Stephen.
“Coraggio Stephanie, è ora di andare: la recita non può iniziare senza la protagonista” le disse la ragazza, mostrandole la mano. Ma la bambina si strinse al padre, dicendo: “Voglio aspettare la mia mamma”.
“Stephanie” l’ammonì il padre. Stephanie lo guardò e, dal suo sguardo, capì di non obiettare. Prese la mano della maestra e, insieme, andarono verso il palco. Stephen si sedette in prima fila e, poco dopo, qualcun altro, si sedette accanto a lui. Non voltando lo sguardo, Stephen disse: “Sei in ritardo”.
“Ho trovato traffico” disse questo qualcuno.
“Avresti dovuto partire prima” ribatté Stephen.
“Mi dispiace” disse semplicemente. Stephen volse lo sguardo, trovandosi accanto a sé Christine. Poi disse: “Nostra figlia ti stava cercando. Ha voluto aspettare finché non arrivassi, ma ha dovuto andarsi a preparare”.
“Ti ho detto che mi dispiace. Ho cercato di fare il più presto possibile per arrivare qui!” replicò Christine. I due si guardarono in silenzio; poi le luci si spensero. Riguardarono avanti e, mentre gli altri applaudirono, Christine sottovoce aggiunse: “E, per favore, cerchiamo almeno di non litigare davanti a nostra figlia mentre recita” e Stephen non disse nulla.
La recita iniziò – con l’introduzione da parte della maestra – e, dopo qualche breve scena, entrò Stephanie. Stephen e Christine applaudirono e sorridevano nel vedere la loro bambina su quel palco. Di tanto in tanto, Stephanie soffermava lo sguardo su di loro. Vedevano quanto era felice e quanto si era calata nella parte. Stephen era orgoglioso di lei, così come anche Christine.
A metà serata, però, il cellulare di Stephen squillò. Dapprima cercò di ignorarlo, ma la suoneria si faceva sempre più insistente. Chi era seduto vicino a lui – o nelle file adiacenti- gli puntava sguardi accusatori, incitandolo a spegnere l’apparecchio.
Infastidito, Stephen estrasse il cellulare dalla tasca, guardando chi lo stava chiamando: si trattava dell’ospedale. Anche Christine puntò l’occhio sullo schermo, per poi dire: “Dovresti rispondere”.
“Sapevano che non dovevano chiamarmi” replicò Stephen.
“Se ti hanno contatto vuol dire che le cose si sono complicate e solo tu puoi risolverle. Coraggio rispondi” disse Christine. Stephen la guardò; poi volse lo sguardo verso Stephanie che, in quel momento, non stava guardando verso la platea; infine, si alzò e, dopo aver accettato la chiamata ed essersi messo il cellulare all’orecchio, uscì di poco dalla porta, ribattendo: “Vi avevo detto che non volevo essere disturbato per nessun motivo!”.
“Ci dispiace molto Doctor Strange, ma abbiamo ritenuto contattarla perché lei è l’unico che può aiutare il signor Johnson. La prego, venga” disse l’infermiera.
Stephen guardò al di là della porta semi aperta, per vedere la figlia esibirsi. Della rabbia si formò dentro di sé, per poi replicare: “Ci vediamo fra poco!” e spense la chiamata. Sentì applaudire; stava per rientrare, poi però rimase con una mano sulla porta. Si voltò, andandosene.
Christine volse lo sguardo all’indietro e, non vedendo ritornare Stephen, capì subito che aveva scelto di andare in ospedale. Riguardò avanti, per vedere Stephanie osservare, anche solo per poco, davanti a lei, notando subito l’assenza del padre. Il suo sguardo si rattristì e sperò almeno di rivederlo prima che iniziasse a cantare.
Stephen arrivò a tutta velocità in ospedale e, una volta giunto in terapia intensiva, un’infermiera lo affiancò, mostrandogli il tablet: “Non ho molto tempo, quindi facciamo in fretta” si limitò a dire Stephen, prendendo il tablet e dandogli un’occhiata veloce, scorrendo una dopo l’altra, le immagini delle varie radiografie fatte al paziente.
“Da quanto è così?” domandò.
“Si è aggravato circa un’ora fa. Pensavamo che si stabilizzasse, invece…” iniziò col rispondere l’infermiera.
“Perché non avete chiamato il dottor West?” chiese Stephen, raggiungendo il paziente, ma prima che l’infermiera potesse rispondere, aggiunse: “Lo so io il perché: perché è solamente un incompetente, come tutti gli altri. Per loro vanno bene i casi di pediatria” e, dopo aver preso una penna, aprì prima un occhio e poi l’altro. Per poi dire: “Dobbiamo portarlo subito in sala operatoria” e si incamminò, seguito dall’infermiera – alla quale se ne aggiunse un’altra – che spingeva la barella.
Mentre camminava, Stephen guardava l’orologio e sperava tanto di ritornare presto alla recita per rivedere la sua bambina.
Poco dopo, Stephen stava operando delicatamente il paziente, cercando di fermare l’emorragia che si era formata. Di sottofondo, un’infermiera cambiò musica, mettendone una natalizia. Stephen si fermò, per poi replicare: “Per favore spenga quella cosa: mi sta distraendo!” e, senza farselo ripetere due volte, l’infermiera spense la musica.
Di solito, mentre operava, Stephen ascoltava la musica, ma non in quel momento: sentendo musiche natalizie, gli veniva in mente che avrebbe dovuto essere alla recita di Stephanie e, ciò, gli faceva salire solo rabbia. Si stava perdendo uno dei momenti più belli di sua figlia.
“Parametri vitali?” chiese, non distogliendo lo sguardo da dove stava operando. L’infermiera volse lo sguardo verso il monitor, per poi riguardarlo: “Tutto stabile”.
“Aspirazione” disse semplicemente Stephen e l’altra infermiera accanto a lui aspirò il sangue in eccesso; poi Stephen mise su un piattino lo strumento con il quale aveva appena operato, aggiungendo: “Ago e filo” e l’infermiera gli allungò ciò da lui richiesto.
Stephen iniziò a chiudere il taglio fatto prima e, una volta terminato, disse: “Portatelo in terapia intensiva e monitoratelo” e, dopo essere uscito dalla sala operatoria, si tolse mascherina e guanti, gettandoli in un bidone.
Mentre si toglieva il camice, gettandolo anch’esso nel bidone, l’infermiera si avvicinò a lui. Stephen, roteando gli occhi, replicò: “E ora che altro c’è?”.
“Non vuole avvertire i parenti di quello che abbiamo fatto?” gli domandò.
“Taglierò corto: mi avete disturbato mentre stavo guardando la recita di mia figlia, quando vi avevo espressamente ordinato di non farlo! Quando ieri ho operato il signor Johnson, stava bene e, a quanto pare, anche durante tutta la giornata di oggi, ha trascorso il periodo post operatorio con positività. Allora mi chiedo: come mai si è aggrevato proprio mentre ero impegnato con qualcosa di più importante? Chi non ha seguito alla lettera ciò che avevo detto di fare?” replicò furioso Stephen.
L’infermiera abbassò lo sguardo non rispondendo. Stephen la guardò malamente e, mentre si allontanava, ribatté: “Avvertite voi i parenti e non chiamatemi più!”.
“Doctor Strange, la prego, vada piano in macchina: in televisione hanno detto che il manto stradale è molto scivoloso a causa del ghiaccio” lo avvertì l’infermiera ma, ormai, Stephen era uscito. L’infermiera sospirò.
Stephen entrò in macchina e, dopo averla avviata, partì a tutta velocità.
Nel frattempo, Christine guardò l’orologio, per poi guardare il palco, mentre la maestra disse: “E, ora, accogliamo con un grande applauso Stephanie Strange, che ci delizierà con una bellissima canzone di Natale”. Si fece da parte, per far posto a Stephanie. Il pubblico applaudì e, mentre le mettevano a posto il microfono, Christine disse: “Stephen ma dove sei finito?”.
Stephen continuava a guidare a tutta velocità, superando svariate macchine. Voleva arrivare in tempo per vedere la sua bambina. Ormai non mancava molto a destinazione, quando, la macchina sbandò a causa del ghiaccio. Stephen non riuscì più a manovrarla, andandosi a schiantare contro un muro. Stephen finì con la testa contro il volante. Era tutto ricoperto di sangue e vetri e, prima di perdere i sensi, vide i presenti avvicinarsi e sentì qualcuno dire di chiamare i soccorsi. Poi divenne tutto nero.
Stephanie era pronta a cantare. Aprì bocca, poi però guardo la folla davanti a sé e vide ancora il posto vuoto accanto a sua madre: suo padre non era riuscito a ritornare in tempo. Gli occhi le divennero lucidi e si portò una mano nella tasca del vestito, dove aveva tenuto segretamente per la tutta la serata, il regalo che avrebbe dato successivamente al padre. 
Lui le aveva promesso che ci sarebbe stato per sentirla cantare, invece aveva preferito – come altre volte – ritornare in ospedale per occuparsi di un caso complicato e da lui ritenuto importante. Ma la bambina sapeva benissimo, come le aveva detto, che lei era molto più importante di qualsiasi altra cosa. Ma allora perché non si trovava lì?.
In quel momento, a Christine squillò il cellulare. Lo prese e, tirò un sospiro di sollievo nel vedere il nome di Stephen sullo schermo. Accettò la chiamata e, dopo esserselo messo all’orecchio, disse: “Stephen era ora, ma dove sei finito? Nostra figlia sta per cantare e sta aspettando solo te e…” ma chi era dall’altra parte non era Stephen, ma un’infermiera dell’ospedale, che le spiegò: “Dottoressa Palmer, mi dispiace molto darle questa notizia, ma il Doctor Strange ha avuto un terribile incidente ed ora è ricoverato in terapia intensiva. Se vuole, può venire subito”.
Christine allontanò il cellulare dall’orecchio e, per un attimo, le si annebbiò la vista, portandosi poi una mano sulla bocca. Guardò la figlia, che la guardò a sua volta, mentre nel cellulare si poteva udire ancora la voce dell’infermiera che la chiamava: “Dottoressa Palmer. Dottoressa Palmer, c’è ancora?”.
Christine si rimise il cellulare all’orecchio, per poi dire: “Sì, sì, sono qua. Arrivo subito” e spense la chiamata. Poi si alzò e, avvicinandosi al palco, disse rivolta a Stephanie: “Tesoro, mi dispiace che non potrai cantare, ma dobbiamo andare da papà”.
 “Papà sta male?” chiese Stephanie, ormai in procinto di piangere.
“Te lo spiego dopo. Ora andiamo” rispose Christine, allungandole una mano. Stephanie gliela prese e, dopo essersi abbassata, scese dal palco. Le due camminarono tra i presenti, mentre questi le guardavano in silenzio.
Poco dopo, madre e figlia arrivarono in ospedale. In macchina, Stephanie aveva posto ogni genere di domanda, ma Christine aveva cercato di essere il più vago possibile.
In terapia intensiva furono raggiunte da un’infermiera. La stessa che aveva avvertito Christine: “Dov’è Stephen?” domandò. L’infermiera si incamminò, seguita dalle due, per poi fermarsi davanti ad una stanza. Si voltò, dicendo: “Le do un consiglio, Dottoressa Palmer: non credo che per la piccola possa essere una bella idea entrare” ed entrambe guardarono Stephanie.
Christine si abbassò, dicendo: “Piccola, ora io entro da papà”.
“Voglio venire anche io” disse Stephanie.
“Forse, per ora, sarebbe meglio di no. Credo che papà stia dormendo e tu non vuoi disturbarlo, vero?” disse Christine.
“Ma quando vado a svegliarlo, lui è contento. Papà ha la bua, vero?” disse Stephanie, abbassando lo sguardo. Christine le mise una mano sotto il mento, per poi dirle: “Non ti preoccupare, tesoro: sai che papà è molto forte. Vedrai che guarirà. Ora promettimi che farai la brava con questa signorina”.
“Va bene, poi però voglio vedere papà” disse Stephanie, rialzando lo sguardo. Christine le sorrise e, dopo averla baciata sulla testa, si voltò, entrando dentro la stanza. Stephen era attaccato ad una flebo ed alla macchina che gli monitorava il cuore. Sulla bocca aveva una mascherina per l’ossigeno.
Christine si avvicinò e poté vedere che in viso era pieno di graffi e medicazioni. Quando gli fu accanto, prese la mano sinistra, dicendogli: “Oh, Stephen, ma cosa hai combinato? Nostra figlia ti aspettava e invece sei qua, in questo stato. Fra qualche ora sarà Natale e tu non puoi mollare proprio ora. Stephanie ha bisogno di te. Io…ho bisogno di te”. Avvicinò il viso a quello di lui, baciandolo.
Poi lo allontanò, ma mentre lo guardava, spostandogli una ciocca di capelli dalla fronte, l’infermiera entrò di poco dalla porta, dicendole: “Dottoressa Palmer, sua figlia…”. Christine abbassò lo sguardo su Stephanie, che si trovava accanto all’infermiera; poi disse: “La faccia pure entrare”.
Stephanie entrò e, mentre si avvicinava alla madre, non distoglieva mai lo sguardo dal padre. Una volta accanto a Christine, questi, stando dietro di lei, le mise le mani sulle spalle. La bambina guardò il padre, per poi domandare: “Ma papà sta dormendo?”.
“Sì, tesoro” le rispose semplicemente.
“Perché ha tutte quelle cose attaccate?” chiese, riferendosi alla flebo ed alla macchina per il monitoraggio del cuore; poi aggiunse, mentre alcune lacrime iniziarono a bagnarle il viso: “Non doveva andare così. Babbo Natale è cattivo”.
“No, non dire questo” disse Christine. Stephanie si voltò verso di lei, replicando: “Invece sì! Mi aveva promesso che avremo passato il Natale tutti e tre insieme, invece papà è qua in ospedale e sta male” e pianse contro la madre. Christine la strinse forte a sé, cercando di consolarla: “Vedrai che tutto si sistemerà. Come ti ho detto prima, papà è molto forte e, se gli stiamo accanto, guarirà più velocemente. Lui sente che ci siamo”.
Stephanie la guardò, continuando a piangere; poi guardò il padre e, prima che la madre la potesse fermare, salì sul letto; passò sotto il suo braccio e si distese accanto a lui, appoggiando la testa contro il petto.
Christine stava per dire qualcosa, poi però decise di lasciarli da soli. Quindi uscì, mentre Stephanie si strinse ancora di più al padre e le lacrime continuavano a bagnarle il viso.
Passò qualche ora e, fra poco, sarebbe scattata la mezzanotte. Christine decise di rientrare nella camera di Stephen. Vide ancora Stephanie distesa accanto al padre. Si avvicinò. La bambina la guardò, per poi scendere dal letto e, mentre la madre le si affiancava, estrasse qualcosa dalla tasca del vestitino: si trattava di una campanella con un fiocco rosso. Quindi spiegò: “Questo me lo aveva consegnato Babbo Natale quel giorno al centro commerciale: mi disse di donarlo alla persona alla quale volevo più bene”. Guardò il padre, continuando: “Per questo, volevo regalarlo a papà. Babbo Natale disse anche che questa campanella avrebbe portato gioia e serenità. Invece, secondo me, non è così” ed alcune lacrime ripresero a rigarle il viso.
“Perché non provi a darglielo lo stesso?” propose Christine. Stephanie mise allora la campanella dentro la mano sinistra del padre. Sperava tanto che la stringesse, invece non accadde nulla. La bambina abbassò tristemente lo sguardo, quando fuori sentirono rintoccare la mezzanotte: era Natale.
“Avrei tanto voluto che papà mi sentisse cantare” disse Stephanie, asciugandosi alcune lacrime.
“Allora fallo” disse Christine e, dopo che Stephanie alzò lo sguardo su di lei, continuò: “Fallo per lui! Canta! Sono sicura che sentirà la tua voce”.
Così Stephanie iniziò a cantare la bellissima canzone di Natale che avrebbe dovuto portare alla recita. Chi era fuori dalla stanza, sentì la sua voce e si avvicinò, stando nel corridoio. Christine aveva gli occhi lucidi: la sua bambina aveva una bella voce.
Più cantava e più sembrava che nell’aria si diffondesse un messaggio di pace ed armonia. Come se i dolori – o le perdite – per un attimo svanissero.
In quel momento, la mano sinistra di Stephen si mosse e racchiuse la campanella. Christine se ne accorse, per poi vedere Stephen aprire lentamente gli occhi. Stephanie smise di cantare, proprio quando il padre la guardò e, da sotto la mascherina, sorrise e con voce debole e rauca le disse: “Hai una bellissima voce, cucciola mia”.
Stephanie sorrise, mentre le lacrime continuavano a rigarle il viso ma, stavolta, non per tristezza, ma per gioia. Entusiasta lo abbracciò, dicendo: “Papino! Stai bene! Ho avuto tanta paura di perderti”.
“Non me ne andrò mai, cucciola: ti ho promesso che nessuno dovrà mai separarci. Io mantengo sempre le mie promesse” disse Stephen, stringendola a sé. Poi guardò la campanella, così come Stephanie che gli disse: “Buon Natale, papino”.
“Buon Natale, cucciola” le disse sorridendo Stephen; poi guardarono Christine che, anche lei con le lacrime agli occhi, disse: “Buon Natale, Stephen”.








Note dell'autrice: Eccomi qua con un nuovo capitolo. Ho voluto pubblicare ora, perchè poi mi devono portare via il computer e quindi poi non so quando avrei potuto pubblicare.
Vi è piaciuto questo capitolo? Avrei  dovuto avvertire all'inizio di preparare i fazzoletti
Ho già iniziato a scrivere il prossimo capitolo (ed anche questo sarà ambientato nel passato)
Spero che la storia vi stia piacendo e non smetterò mai di ringraziarvi per le bellissime recensioni che lasciate. GRAZIE. GRAZIE infinite
Grazie a tutti coloro che passano semplicemente di qua; che hanno messo mi piace alla storia e che l'hanno messa tra le preferite.
Grazie alla mia amica Lucia
Con ciò ci sentiamo al prossimo capitolo
Vi auguro un buon inizio settimana
Un grosso abbraccio
Valentina

 

 
  
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