Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: Brume    24/08/2022    6 recensioni
Oscar è a letto, indisposta. Con lei c'è Andrè: passeranno insieme la vigilia e lui le consegnerà il regalo per il quale ha fatto molta strada lasciandola sola e facendola cadere in una sorta di disperazione. E' una occasione speciale, parleranno a lungo....gettando forse le basi per un qualcosa che potrebbe nascere, di li a poco, magari cambiando le sorti, il destino.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Grazie, Dorabella27, per il confronto e l' aiuto paziente! 
 
 
Nanny arriva, puntuale: a dirmelo è il rumore causato dalle ruote del carrellino porta vivande che avrei dovuto aggiustarle già qualche settimana fa, cosa che non ho fatto mai poiché ho avuto poco tempo e voglia. Quando sono certo che è ormai in dirittura d’ arrivo, rompo il silenzio e la pace che avvolge me ed Oscar e mi stacco da lei, a malincuore.

“Mi allontano un attimo, voglio solo vedere se nonna ha bisogno di me” dico sistemandomi la giacca e riallacciando il fiocco alla camicia, che avevo lasciato lasco per comodità. Annuisci ed i miei occhi si fermano per una frazione di secondi su di te e noto che, anche se sono passati appena venti minuti dal momento in cui hai riaperto gli occhi la tua espressione è già cambiata e la tua pelle ha ripreso un filo di colore: tu non sa quanto ne sia lieto, mia adorata!

Mi alzo e mi reco verso la porta, la apro e muovo giusto un passo verso il corridoio.
Nanny sta arrivando, non mi sbagliavo e con lei c’è la giovane Odilia: è quest’ ultima che spinge il carrello. Noto che   è abbigliata con la divisa festiva, quella delle grandi occasioni.

“Oscar come sta?” mi domanda subito la nonna, le mani sempre strette tra loro e appoggiate sul ventre, ancora prima di arrivare.
“Meglio, credo. Ha bevuto il tè, mangiato alcuni biscotti subito dopo che te ne sei andata. Credo anche che la febbre sia scesa, ma è ancora un po' scossa” rispondo. Nonna sorride, nonostante i lineamenti del suo viso siano tesi.

“…posso entrare?” mi domanda.

Ma che domande fai, nonna?

“Perché non dovresti?” rispondo.

Nonna afferra il manico del carrellino e chiede ad Odilia di aspettare fuori un momento, mentre noi entriamo. Oscar è molto selettiva e non permette a tutti di entrare nei suoi appartamenti.

“Oh, mia cara… mademoiselle, sono felice di trovarvi …migliorata” dice. Si avvicina con il suo fare perennemente drammatico e posa un bacio sui capelli di Oscar, seduta sul divanetto del salottino privato.
“Grazie, Nanny. Mi dispiace averti fatto preoccupare” le rispondi, cercando le sue mani; nonna ti guarda, sono sicuro vorrebbe dire altro, ma si trattiene. Io rimango in piedi poco distante da voi.
“I nostri ospiti sono già arrivati?”
“Si. Le vostre sorelle sono giunte insieme alle loro famiglie; attendiamo solo le zie di vostra madre ed alcuni amici di vostro padre, tra cui Girodelle padre. Il figlio, il conte Victor, ha fatto sapere di non sentirsi bene e quindi non ci sarà” risponde.

Sarò cattivo, geloso, ma tiro un sospiro di sollievo quando sento tali parole. Lo stesso mi sembra di leggere sul tuo viso.

“…capisco. Se più tardi starò meglio, ti chiederò di accompagnare qui le mie sorelle ed i miei nipoti” dici; Nanny annuisce, poi si alza.
“Ora mangiate. Il Generale Conte vi fa sapere che più tardi passerà a sua volta” dice.
Oscar la fissa.
“Ha espresso riserve?”
Nanny sorride.
“…e perché mai dovrebbe farlo?” dice.
“…André… nelle mie stanze…” mormori. Volti il capo per non far notare il rossore sui tuoi zigomi.
Nonna si alza in piedi e ci guarda da capo a piedi: le riserve le ho io al proposito e non è un mistero! dice, anzi esclama. Ma alla fine della frase spunta un sorriso.
“Ora vado, ragazzi miei. La cena inizierà tra poco. Qui ci pensi tu ad apparecchiare?” mi chiede, guardandomi.
“Si, ci penso io, nonna” rispondo. Poi deposito sulla sua fronte un bacio; lei è tutta la mia famiglia e le sarò sempre grato per tutto ciò che ha fatto. Quando esce, sento che chiacchiera con Odilia, le dice che devono fare presto; io mi volto e ti guardo.

“Ora apparecchio la tavola poi ti aiuto, Oscar” dico…e mi metto subito al lavoro. Nonna ha pensato a tutto: sul ripiano inferiore del carrello trovo piatti piani, fondi, forchette da carne, da pesce e da dolce; poi, due bicchieri di cristallo e i tovaglioli, preziosi, candidi. Sul ripiano superiore c’è del cibo ed anche il vino; afferro tutto quanto con estrema cautela e appoggio sul tavolo, poi sistemo le portate, coperte ciascuna da una cloche.
“Ecco, siamo pronti” esclamo e poi mi accorgo che manca un’ultima cosa. Vado di là e torno subito dopo con un doppiere le cui candele sono già accese. Lo poso in mezzo al tavolo.

“Te la senti? Ti aiuto?” domando.

“Si, grazie” rispondi; mi porgi la mano, piano piano ti aiuto ed infine quando sei pronta, seduta e comoda al tavolo, prendo il tovagliolo. Dopo averti chiesto il permesso lo poso sulle tue gambe.
E’ tutto pronto, possiamo iniziare.

“André, grazie per tutte le tue premure” dici, sforzandoti un po' per restare composta, precisa, come si conviene alle persone del tuo rango. Io, in piedi per poterti versare la zuppa, sorrido.
“…faccio ciò che ho sempre fatto. Nulla di più” rispondo ma sono conscio, credimi, che tu non credi ad una sola delle parole che ho detto. Eppure, Oscar, non posso dirti diversamente. Non sono libero di farlo davvero, finché non mi darai il permesso.
Ti porgo il piatto colmo everso della zuppa anche per me; già che ci sono sistemo anche il vassoio con il resto delle portate. Ad un certo punto, mi ordini letteralmente di mettermi a sedere, così lo faccio: mi levo la giacca, slaccio il fiocco alla camicia e mi siedo.

“Vuoi del vino o preferisci farne a meno, per ora?” ti domando prima di versarne un po' per me.
“Giusto un poco” rispondi, e mi fai segno con le dita il livello di Bordeaux che vuoi.
Dopo un attimo, finalmente, iniziamo a mangiare. Per quasi venti minuti non si sente altro che il tintinnio delle posate e, dal salone, le voci e le risate degli ospiti.
“…si stanno divertendo, a quanto pare” buttò li, per iniziare una conversazione. Tu prendi la palla al balzo; bevi un sorso di vino, posi il bicchiere, mi guardi e fai un sorriso.

“…oh, sì; sono certa che le mie sorelle terranno banco con le loro faccende…mentre i miei cognati non faranno altro che parlare di affari e non solo con mio padre… lo sai anche tu, no, come andrà a finire, André, vero?”.
Ne esci con una risata, ti seguo.
“Già” dico “ è proprio così. C’è da dire comunque che almeno… tua madre ha un po' di sana e sincera compagnia: ultimamente l’ ho vista molto stanca…la vita a Versailles risente un po' delle tensioni di questo momento e di conseguenza…”

Mi fissi, i tuoi occhi si velano. So che sei preoccupata…per tutto, per tutti.

“Non sono stati anni semplici, questi ultimi. André… potrai mai perdonarmi?” dici, invece:
sono spiazzato perché non pensavo che tu potessi dirmi una cosa del genere. Lascio le posate sul tavolo, tenendo gli occhi bassi fissi sul piatto ancora colmo di cibo. Che diavolo stai dicendo, Oscar? Perché mai dovrei perdonarti? Non sono stato forse io a strappare via la seta dal tuo petto, non sono forse stato io a porgerti un calice che avrebbe messo fino ai miei, ai tuoi giorni? penso, senza avere il coraggio di dare voce ai pensieri…

“Cosa c’è?” mi domandi. Lasci anche tu le posate sul tavolo; prendi un respiro, come se ti mancasse il fiato.
“Nulla, davvero. Come stai, piuttosto, Oscar? Sei diventata improvvisamente pallida…”
Non mi ripeti la domanda, ma so che la tieni in serbo, stretta a te.
“…Sono solo un po' stanca” rispondi; allora mi alzo, mi metto al tuo fianco.
“Forse ti stai strapazzando; ti aiuto, vieni a letto” dico e tu, tu non me lo fai ripetere due volte.
Ti alzi, piano, affidandoti alle mie braccia e subito sento il tuo corpo caldo, forse ti sta tornando la febbre; le tue membra sono quasi senza forze. Tutto sta cambiando, senza alcun preavviso.
Ho quasi timore.
In ogni caso…anche se tu non vuoi, decido di sollevarti e metterti a letto. Non appena appoggio il tuo corpo e la tua testa tocca il cuscino, sembri rilassarti.
“Meglio?” chiedo accennando un sorriso.
Un cenno del tuo capo mi conferma il tutto. Ti sistemo le coperte, dunque, poi torno di là e appoggio la cloche sui piatti, casomai tornasse la fame. In questo modo rimarranno tiepidi.

“André…” ti sento dire.

 Sono lì in un istante; mi sorridi e la tua mano chiede di sedermi accanto a te quindi, con delicatezza mi appoggio, girandomi in modo da guardarti negli occhi.

“…Non mi hai ancora riposto.”

Ci fissiamo.
Ancora.
Un brivido mi percorre la schiena. Oscar, ti stai inerpicando in un luogo irto ed aspro, se solo dirai ancora una parola non potremo più tornare indietro…te ne rendi conto? penso; poi allungo la mano e ti sposto una ciocca di capelli appiccicata sulla fronte.

“Cosa dovrei dirti?” sussurro piano…quasi un bisbiglio.

“Ti sei ammutolito, prima. So che hai pensato qualcosa che non ti senti di dire” rispondi.
Tossisci, ma è poca cosa, per fortuna. Non hai nemmeno bisogno di un bicchiere d’ acqua.
“Oscar, non so se è il caso di parlarne, non voglio rivangare vecchi errori…” dico. Tu abbassi lo sguardo, ancora, ma sei serena e so, ne sono certo, che mi aspetti al varco; mi alzo, faccio qualche passo e mi porto verso la finestra. Ti do le spalle.

“…Io credo, invece, che dovremo parlare. Se vogliamo andare avanti, dovremo farlo…”

Il mio sguardo continua ad indugiare sul giardino innevato, illuminato da fiaccole, dove i tuoi nipoti stanno giocando sotto l’occhio vigile delle governanti. Mi scappa un sorriso, ricordo noi bambini che facevamo la stessa cosa.

“Dovremo? “ti rispondo “ io…io non so, Oscar. Potremmo ritrovarci in discorsi che forse non siamo pronti ad affrontare, almeno, credo, da parte tua…” . Do vita ai miei pensieri.
“Da quanto hai imparato a leggermi dentro? Come fai a sapere cosa passa per la mia testa ora?” dici e, sinceramente, mi spiazzi tanto che mi volto, di scatto…e ti guardo.
“Sai che cosa sta accadendo, vero? La Francia è sull’ orlo di un baratro, molti nobili hanno iniziato ad emigrare altrove…. “mi dici, prendendo fiato un paio di volte.
“E cosa c’entra, questo, con noi?” rispondo. Nel frattempo, mi accorgo che il camino ha bisogno di altra legna quindi con passo deciso mi porto davanti alla piccola cassapanca, prendo della legna e la appoggio sulle braci; li rimango, piegato sulle ginocchia, in attesa di una risposta.

Sento un sospiro, un colpo di tosse.
Mi alzo e torno da te, ti verso un bicchiere d’ acqua. Mi accomodo vicino a te nella stessa, identica posizione di prima.

“…non voglio finire la mia vita così, senza averti detto alcune cose…” rispondi.

Il sangue si gela nelle mie vene, improvvisamente sento la gola, la bocca farsi secche, arse.
“Co…cosa intendi dire?” pronuncio, con la voce roca. Le mie mani ed il mio viso sono freddi, gelati.

Prendi un sorso d’ acqua e poi posi tutto sul comodino.
“Stai male?” chiedo, insultandomi per non essermi accorto di nulla. Il mio cuore accelera improvvisamente i suoi battiti.
Per fortuna, mi rassicuri.
“No, non sto male. Mi sento solo un po' stanca. Ma non è…non è questo che…che intendo dire. Io credo, André, che presto saremo chiamati a prendere decisioni importanti; il ruolo che ricopro mi imporrà alcune scelte, presuppongo, che in tutta onestà non vorrei mai fare. Io…io penso che potrebbe succedere qualcosa di …di brutto. Fra un mese, un giorno, una settimana o forse un anno, chissà. Ma… nel momento in cui questo accadrà, vorrei che tra noi tutto fosse chiaro…”

Il tuo è un discorso ampio, che comprendo fino ad un certo punto; ma sono felice, Oscar, di questa presa di coscienza, di posizione.
Ti prendo la mano, la sfioro appena.
La porto verso il mio viso.

“Perdonami, Oscar. Perdona questo tuo servo, così impudente, così sfacciato. Non avrei mai dovuto comportarmi così come ho fatto…! Oscar… non sei tu a dovermi chiedere perdono ma io, io devo farlo…ed espiare le mie colpe!” 
La tua mano calda si libera per un attimo dalla presa delle mie. Si libera e accarezza la mia pelle. Sei morbida. Calda.
“…ecco, André… volevo proprio parlare di questo. In una notte così importante… e perché ne sento il bisogno. Mi sei sempre stato amico, fratello, compagno. Ognuno di noi ha fatto i conti con i propri sentimenti, giusti o sbagliati; io, tu… i nostri cuori hanno affrontato intemperie forti che hanno rischiato di spezzarci. Ascolta: io ti chiedo, André…qualunque cosa significhi…ricominciamo. Non capisco, non so cosa alberghi dentro me, tuttavia credo che il tempo presto me lo dirà. Sei disposto a…ad aspettare…insieme? Sei disposto ad attendere che il tempo ci dia una mano a capire” dici.

Ti fisso, incredulo.

E’ ciò che penso? Ti stai confidando, ti stai esponendo? È davvero questo, Oscar? Perché se è così, sono davvero l’ uomo più felice della terra…!!!O, cuore mio, rallenta il tuo battito, ora, per un attimo! Fammi prendere respiro, per poter rispondere alla mia amata…

“Ho forse detto qualcosa che non va? Sono stata imprudente?” domandi. Le tue gote diventano rosse.
“No, Oscar, affatto. Stavo solo ascoltando il mio cuore, per un attimo…” rispondo.

Cerchi di alzarti, di avvicinarti a me.
Ti anticipo e mi porto più vicino, giacché tu possa appoggiarti a in modo che possa cullarti tra le mie braccia, cosa che fai, senza ulteriori remore. Le mie braccia ti stringono; con una mano ti accarezzo e sfioro i capelli.

“Oh…André…ho avuto tanta paura di perderti… “dici e la tua voce…trema.
“Tu non mi perderai mai” rispondo.
Le mie labbra si posano sui ricci biondi e restiamo così, stretti, per un tempo che non riesco e non voglio quantificare ma che tuttavia, senza ritegno, si fa sentire.
Le campane suonano la mezzanotte.
La casa, improvvisamente, si zittisce.
Ci guardiamo. Ancora ed ancora.

All’ improvviso mi viene in mente che ancora devi aprire il tuo regalo quindi per un attimo ti lascio, lo recupero e te lo porgo.

“…Ho cavalcato sino a Calais per recuperarlo. Ecco perché…perché non sono tornato con te, anche se te lo avevo promesso…”

Le tue mani afferrano la stoffa ed i nastri che lo chiudono e, pian piano, sciolgono ogni nodo finché non si trovano davanti ad una scatola di velluto color tabacco. I tuoi occhi a questo punto cercano una risposta che non voglio darti perché dovrai essere tu a scoprire tutto.
“…Non è nulla che possa procurarti imbarazzo” mi affretto a dire. Ma tu hai già aperto la scatola ed osservi ammirata il contenuto, con la bocca leggermente spalancata.
“…come hai fatto a ricordarti, André? Ne abbiamo parlato vent’ anni fa!” sono le tue parole stupite espresse con un filo di voce.
Prendo il contenuto della scatola e lo appoggio sul palmo.
“Ti piace?” domando. Fai cenno di si con la testa, continuando a sorridere.
“Guarda” dico mostrandoti il tutto “ci ho fatto mettere questo, così lo potrai appendere ad una collana o un nastro senza mostrarlo a nessuno…”

Afferri il tuo regalo. Lo apri, osservi minuziosamente ogni anello, lo richiudi.
“Non serve, André” rispondi “lo porterò, non devo rendere conto a nessuno…”.
Lo infili al dito.
“Sono felice che ti piaccia. Naturalmente…viste le mie magre finanze, ho dovuto optare per un modello attuale, di questo secolo…” dico. Mi sento un poco affranto.
Senza che me ne accorga, le tue mani si avvicinano e appoggiano al mio viso.
“E’ bellissimo, André. Ho sempre desiderato averne uno! Ma come hai fatto a ricordarti? …. una sfera astronomica…!!!! Magnifica!!! …e non importa, davvero, il materiale. Lo avrei accettato fosse anche fatto di stracci, di spago! Grazie, André…grazie di cuore!” rispondi.
Sei emozionata, lo vedo. Cerco i tuoi occhi, sono una calamita per te; impudentemente, mettendo a repentaglio questa pace ritrovata, mi avvicino e ti bacio  le labbra e tu non scappi, non urli, anzi. I
l mio tocco è casto, infantile. Non voglio e non posso fare altrimenti.
Trattieni il mio viso accanto al tuo.
È stato solo un attimo, una frazione di secondo. Qualcosa che, magari, non tornerà più…. Non fa nulla.
 Sono felice.
I tuoi occhi dentro i miei, a fondersi, come liquidi preziosi.

Nemmeno due minuti dopo bussano alla porta: sono le tue sorelle, si affacciano, vogliono salutarti; mi affretto e torno al mio posto, come si conviene: accanto al camino.
Quando entrano, parli con loro, le saluti con affetto; ma sono i miei occhi che tu cerchi, spesso, così come è il tuo sorriso che io voglio vedere e tenere stretto al cuore, ora.
Passano dieci minuti, poi venti…ma non se ne vanno; allora sono io a prendere l’iniziativa. È ora che vada. Il sogno, per stanotte, è giunto al termine.

“Con il tuo permesso, Oscar, mi ritiro” dico; all’ inizio sei sorpresa, poi capisci. Per ora va bene così.
“Vai pure, André: ti aspetto domani, mi accompagneresti alla funzione, se starò meglio?” rispondi.
“Certo, Oscar” rispondo.
Faccio un inchino, saluto le tue sorelle.
L’ ultimo sguardo è dedicato a te, naturalmente; poi, apro la porta ed esco, richiudendola alle mie spalle.

Inizio a camminare. ….Con te, Oscar, andrei in capo al mondo mi ripeto, risposta silenziosa, per
l’ ennesima volta; infine , felice come non lo sono mai stato, torno nella mia stanza con l’ anima ed il cuore leggeri, che volano.
Il domani, onestamente, avrà un sapore migliore. Lo so. Lo sento. 
   
 
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