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Autore: Cathy Earnshaw    27/08/2022    1 recensioni
Sequel della Cascata del Potere, è la storia che credevo non avrei mai scritto. Dieci anni dopo la fine dell'ultima, disastrosa, guerra, la vita e il commercio nella Terra dei Tuoni sono faticosamente ripartiti. Ma all'improvviso un cataclisma si abbatte sulle città e gli elementi sembrano andare fuori controllo. I popoli sono di nuovo costretti ad allearsi per ripristinare ordine e armonia. Per ripristinare il Cosmos.
Genere: Avventura, Fantasy, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Di guerre e cascate - La Terra dei Tuoni'
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La magica bolla del qui ed ora
 
 

Liam si svegliò di soprassalto, la terra che tremava e un fastidioso rumore vibrante che gli faceva rimbombare le orecchie. Durò poco, giusto il tempo di domandarsi se la sua vecchia casa avrebbe retto o se gli sarebbe caduto tutto sulla testa. Pochi attimi, poi la calma piatta. Ma era solo la quiete prima della tempesta: nell’arco di qualche secondo, le strade si affollarono delle grida di terrore degli abitanti di Pothien. Ancora stordito, Liam si trasse in piedi, per poi ricadere subito dopo sul materasso. Qualcosa non andava, quell’improvviso senso di spossatezza non era giustificato. Si riscosse quando dei colpi furiosi risuonarono alla porta. Si trascinò giù per le scale e aprì, per trovarsi davanti gli occhi spaventati di suo fratello Irthen.
«Liam! Stai bene?» esclamò.
Annuì.
«Voi?» domandò di rimando.
«Un bello spavento. Non è zona di terremoti questa, sì?»
Guardandosi intorno, Liam prese un respiro profondo, nel vano tentativo di calmare l’inquietudine e la nausea.
«Ho una brutta sensazione» mormorò.
«Era un terremoto magico? Un mago di elemento Terra?»
Esitò.
«Non credo che un mago possa fare una cosa del genere.»
«Stregoni?» incalzò in un sussurro suo fratello.
«L’unica volta in cui mi sono trovato davanti ad un terremoto magico, era stato Caleb a causarlo.»
«Ma Caleb è morto!»
Gli occhi verdi di Irthen lampeggiavano, spalancati, nell’ombra. Liam lo sapeva, l’esperienza della guerra contro gli stregoni l’aveva segnato profondamente. Ora, dopo dieci anni, ancora quei fantasmi si riaffacciavano attraverso il suo sguardo.
«Sì, Caleb è morto. Ma ci sono almeno altri tre stregoni in circolazione…» esitò. «Devo contattare qualcuno, potrebbe avere a che fare con Debrina o Aqua.»
«Vado a prendere il corvo messaggero di Yu» concluse Irthen.
 
Nell’attesa snervante di una risposta, i presentimenti negativi di Liam si rafforzavano. Percepiva sempre più chiaramente che qualcosa non andava nel mondo intorno a lui: flussi magici impazziti disorientavano le sue capacità di ragionamento, e l’acqua gli disobbediva troppo spesso. Così, quando lo raggiunse la risposta alla lettera che aveva spedito a Ruben dell’Aria, ex Maestro della congregazione dei maghi di Natìm, rimase solo vagamente turbato nello scoprire che proveniva da tutt’altra persona.
La grafia sottile di Re Horlon, sovrano di tutti gli elfi della Terra dei Tuoni, era confortante e inquietante al tempo stesso, quasi quanto la convocazione a Natìm che trasmetteva. Da qualche parte, nella sua intimità più profonda, sapeva che quella storia non sarebbe finita mai. Quindi non fu facile presentarsi alla porta della vecchia casa di Hamil, ora appartenente a suo fratello e a Yu.
«Liam» lo accolse la moglie di Irthen. «Brutte notizie?» domandò facendolo entrare.
Liam si chinò per raccogliere il piccolo Stan che gattonava sul pavimento. Il primo figlio di Irthen era perfettamente identico a Yu.
«Devo andare» disse.
«A Natìm?»
Liam annuì. Gli anni di pace non avevano tolto nulla alle meravigliose capacità di intuizione di Yu.
«Partirò domani, alle prime luci. Horlon dice che entro la settimana dovremmo essere tutti là.» 
«Horlon?» Irthen comparve in mezzo alla porta. «Quell’Horlon?»
«Deve esserci sotto qualcosa di grosso se si scomoda il Re degli elfi in persona» commentò Yu.
«Ogni di cosa si tratti, io ho intenzione di esserci, quindi…» il mago spostò lo sguardo su Irthen. «Mi raccomando, mentre sono via.»
Irthen esitò.
«E se volessi venire anch’io?»
Liam scosse il capo.
«Non farlo. Se dovesse succedere qualcosa, dovrai badare a loro» disse stringendo Stan.
Irthen abbassò il capo e annuì, mentre Yu manteneva il suo sguardo imperscrutabile. Come ai vecchi tempi.
 
Erano quasi vent’anni che Liam dell’Acqua batteva la Via Carovaniera. L’aveva vista sfiorire lentamente nel periodo subito antecedente la guerra, vessata da fuorilegge e orchetti, per poi riacquistare faticosamente il suo ruolo di arteria commerciale del nord-est. Ma all’improvviso si sentiva catapultato indietro ai tempi in cui inseguiva Irthen in largo e in lungo per riportarlo a casa. 
Le uniche persone che aveva incontrato andavano in direzione opposta alla sua, tentando di fuggire dai disastrosi effetti di quel terremoto e dall’epicentro, che a quanto si diceva lungo la via si trovava più a ovest. Il mago sapeva bene cosa c’era ad ovest, e sapeva anche che i suoi poteri funzionavano ad intermittenza: solo il pensiero di assemblare le due cose gli faceva venire i brividi.
Aveva deciso di scendere lungo il fiume Brumo e di attraversare il Lago di Nebbia per approdare direttamente a Natìm. Gli era sembrata l’idea migliore, anche se iniziava a dubitare di poter contare sulla magia come aiuto per attraversare il lago. Dai tempi lontani della caccia ad Irthen, la sua condizione economica era migliorata abbastanza da permettergli di acquistare una barca decente. La teneva ormeggiata in un piccolo porto sul Brumo e da lì scendeva fino alla foce. Era abituato ai viaggi scomodi e alle partenze improvvise: faceva il mercante da tanti anni, lavorava minerali e con i suoi poteri creava gemme magiche, apprezzate in tutto il nord-est. Non si era mai fatto troppe remore su quel lavoro quando suo fratello era ancora piccolo nonostante non ci fosse nessun altro a badare a lui, perché rendeva bene e in qualche modo bisognava far tornare i conti. Non era colpa di nessuno se tutti i loro parenti erano morti lasciandoli da soli come due randagi. Si faceva ancora meno remore ora che Irthen era grande, aveva buona compagnia e un buon lavoro da fabbro per mantenere Yu e il piccoletto. Ogni tanto Liam lo invidiava un po’: lo vedeva tornare a casa la sera, stanco dopo una giornata di lavoro, e abbracciare la sua famiglia, con la cena già pronta in tavola. Lui era solo con sé stesso e la cosa iniziava a pesargli, ormai. Aveva sprecato troppe buone occasioni prima della guerra, aveva lasciato ogni volontà di provarci sul campo di battaglia di Cyanor, insieme al ricordo di Jonna del Fuoco. Da allora aveva mantenuto i rapporti con il modo magico, anche sollecitato da suo fratello e da Yu, che era stata a lungo il braccio destro di Ruben dell’Aria.
Dopo l’ultima disastrosa guerra si era tenuto un nuovo Consiglio ad Effort e le confederazioni avevano deciso di convergere in un’unica Gilda, ma non senza conflitti. D’altronde era difficile immaginare che gente che si era scannata su un campo di battaglia potesse improvvisamente abbracciare gli ideali di coesistenza pacifica che i più ottimisti si proponevano. Ma ormai erano passati dieci anni dalla guerra e le resistenze si erano appianate. Con il tempo, la Gilda aveva finito per organizzarsi come una piccola società nella società: aveva canali di comunicazione ufficiali, diplomatici che curavano le relazioni con i governi, aveva armaioli, storiografi, guaritori e molto altro. E poi c’era l’Aureo Consiglio. Ogni volta che sentiva pronunciare quel nome, Liam faceva una pernacchia. Troppo scenografico per identificare un gruppo di idioti che non era riuscito ad esimersi dal dichiararsi guerra. Si riunivano qua e là, quando necessario, come in quel momento. Era da anni che non succedeva qualcosa di tanto inquietante e Liam non vedeva l’ora di essere a Natìm per sapere che cosa stesse succedendo.
 
I passi leggeri dei due elfi rimbombavano nel reparto riservato ai Reali della grande biblioteca di Lumia, la capitale. Schivavano i libri caduti dagli scaffali durante la scossa, antichi testi profanati dalla violenza degli eventi. Cercavano qualcosa che avrebbero desiderato non dover cercare mai. Due paia di occhi azzurri si fermarono sul più remoto degli archivi e si incrociarono. Percorsi da un tremito incontrollabile, il Re e sua figlia annuirono all’unisono.
 
«Liam, da questa parte!»
Il mago ci mise un attimo di troppo a riconoscere James, il Governatore di Natìm. Non lo vedeva da pochi mesi, eppure al colpo d’occhio gli sembrò invecchiato di un paio d’anni.
«Jim» salutò con un cenno del capo, smontando da cavallo.
James era un politico atipico, lo dimostrava il fatto che fosse per le strade a distribuire beni di prima necessità ai cittadini in difficoltà.
«Gli altri sono già arrivati?» domandò il mago.
«Non tutti. Se vuoi raggiungere l’Aureo Consiglio sono a palazzo».
Dopo la pernacchia mentale, Liam ringraziò e si volse. Poi esitò.
«Lei sta bene, vero?»
James gli dedicò un sorriso stanco.
«E chi la abbatte, quella? Troverai anche lei, là. Figurati se se ne stava a casa ad aspettare l’evolvere degli eventi!»
Liam sorrise, leggermente più leggero e si diresse verso il vecchio quartier generale della Confederazione di Natìm. Senza suo fratello accanto era più difficile non indulgere nei ricordi dolorosi legati a quella città, che spaziavano tra la guerra, Jonna e Abigail. Aveva bisogno di un’ancora nel presente per avventurarsi nel passato con la sicurezza di riuscire a riemergerne sano di mente. Forse si stava solo istintivamente preparando al peggio, ma c’era qualcosa che davvero lo rendeva inquieto in tutta quella situazione. Troppe cose non tornavano.
Natìm era piena zeppa di maghi, perché la città era così prostrata? Dov’erano Aqua e Debrina? Probabilmente c’erano anche posti conciati peggio di così se i due stregoni non erano lì ad aiutare il povero James. E poi perché aveva ricevuto una risposta alla sua lettera dal Re degli elfi in persona? Nonostante Ruben si fosse ritirato dalle scene politiche poco dopo la guerra, era comunque rimasto un punto di riferimento importante per la Gilda che nasceva. Non poteva aver demandato il compito di rispondergli senza una valida ragione. 
Varcando il portone d’ingresso del Palazzo, Liam strinse gli occhi nel tentativo di mettere a fuoco qualcosa, ma il passaggio dalla luce alla penombra era stato troppo repentino.
«Liam?» una voce familiare emerse da un angolo e nella frazione di un secondo il mago si trovò stretto in un abbraccio isterico.
«Così mi spezzi una costola» brontolò, ricambiando però l’abbraccio di Chloé, insostituibile amica d’infanzia, compagna di James e testa più dura di tutta la Terra dei Tuoni.
«Che bello vederti vivo, non puoi capire che ansia! Stai bene?»
«Sì, circa. I miei poteri sono strani… perché, avrei anche potuto non essere vivo?!» esclamò.
Chloé lo lasciò andare e si sfregò il viso. Aveva occhiaie profonde.
«È più complicato di quanto sembri. Vieni, stiamo aspettando gli elfi.»
Liam si lasciò guidare attraverso l’edificio da una Chloé stranamente silenziosa. Il mago la conosceva abbastanza bene da sapere che era meglio non interferire con la sua inquietudine. Ed entrando nella sala del consiglio si rese conto che non era l’unica ad aver perso la voglia di parlare. 
Al suo ingresso tutti gli occhi si volsero su di lui, qualcuno lo salutò con un cenno del capo, altri mugugnarono qualche parola. C’era parecchia gente che non conosceva e meno facce note di quanto avesse preventivato. L’Aureo Consiglio – pernacchia – per esempio non era al completo.
Chloé gli fece cenno di sedersi e uscì. Il mago eseguì l’ordine e si guardò nuovamente intorno. Erano presenti una ventina di persone, tra le quali sei sicuramente maghi, lui incluso. C’era Rayhana dell’Acqua, che si fissava le mani giunte con occhi vacui; Timothy dell’Aria, pallido come sempre; Ophelia della Terra, i capelli neri raccolti in una crocchia disordinata e l’aria stanca; Alec del Fuoco, il peggior stronzone sulla faccia della Terra; Elizabeth dell’Aria, una recente acquisizione del Consiglio. Mancava molta gente, Eetan, Hailie, Amina… e mancavano anche i due stregoni. In compenso c’erano molte altre persone che non ricordava di conoscere ma che intuiva provenissero da tutto il territorio della Terra dei Tuoni per via dei loro lineamenti, così eterogenei che parlavano da sé. Ophelia gli indirizzò un sorriso incoraggiante quando incrociò il suo sguardo e Liam ricambiò. Nei dieci anni trascorsi dalla fine della guerra tra loro si era instaurato uno strano rapporto, le cui sfumature viravano tra l’amicizia e la fratellanza. Spesso Liam si trovava a pensare che se la sua sorellina Syra avesse potuto vivere e crescere sarebbe diventata proprio come lei. 
L’ingresso impetuoso di un gruppo di elfi interruppe i suoi pensieri. In testa c’era Rowena, i sottili capelli color miele trattenuti da un diadema dalla fattura delicata che Liam, in quanto gioielliere, riteneva di poter apprezzare appieno. Da quando Re Horlon l’aveva riconosciuta come figlia propria, le scelte stilistiche dell’elfa non avevano fatto che suscitare l’invidia di chiunque. Era bella, elegante, intelligente e raffinata… loro non sapevano quanto potesse essere anche acida e sarcastica, né che fosse un’ottima compagnia per le serate alcoliche. Un’altra interessante amicizia che il mago aveva coltivato dopo la guerra.
«Buongiorno a tutti, grazie di essere accorsi a Natìm con un così minimo preavviso» esordì sedendosi e sfogliando un plico di documenti che l’elfo alla sua destra le aveva fatto scivolare sotto il naso.
«In qualità di delegata di Sire Horlon e legittima erede al trono di Lumia, vi porto i saluti del nostro sovrano, che non ha potuto lasciare il Reame Eterno per l’insorgenza di problematiche legate al cataclisma verificatosi nei giorni scorsi» prese un respiro profondo. «Qui con noi oggi ci sono la rappresentanza della Gilda dei Maghi, i Governatori o i loro delegati di molte delle principali città della Terra dei Tuoni, alcuni Shamani delle tribù nomadi. I nani ci hanno informati che la situazione nelle loro città è troppo compromessa da permettere loro di rinunciare anche solo a due braccia sane. Le città nella pietra hanno risentito molto duramente della scossa sismica.»
Fece un'altra breve pausa, per riprendere fiato ma anche per riordinare le idee. Quindi riprese:
«Ci siamo permessi di condurre qualche indagine nei giorni intercorsi tra il cataclisma e questo nostro incontro, sfruttando anche le conoscenze dei pochi unicorni rimasti a Bosco Lossar, e le notizie non sono, purtroppo, buone.»
Liam prese un respiro profondo. L’angoscia negli occhi blu dell’elfa lo turbava profondamente, si sentiva come rannicchiato prima di compiere un grande balzo.
«Ti prego, Rowena, toglici da questo impasse e dicci di cosa si tratta» intervenne Chloé, più aspra di quanto la diplomazia consentisse. 
Liam non si era nemmeno accorto che fosse rientrata in sala.
«La Cascata del Potere non esiste più.»
Per un secondo, nel silenzio tombale, il mago fu certo di aver capito male. Non era possibile, dal punto di vista fisico e da punto di vista teorico.
«In che senso, scusa?» balbettò.
«In quel senso, Li’» rispose l’elfa, lasciando andare la formalità. «Nel senso che è stata distrutta, disintegrata, dissolta, prosciugata… posso andare avanti a cercare sinonimi, ma non mi pare il caso» chiuse con una punta di acidità.
«Ma come è possibile? L’ha creata un Dio» obiettò Ophelia.
«Vi assicuro che al posto della Cascata adesso c’è un bel cratere, l’ho visto coi i miei occhi. Ogni traccia di magia si è dissolta, e quando questo è accaduto avete avvertito la scossa sismica. L’epicentro è il canyon, ma persino il Reame dei Nani nell’estremo est ne è stato duramente colpito. Non so come spiegarlo, ma la distanza non ha attenuato la violenza del sisma, al contrario pare che il quantitativo di magia presente nei luoghi colpiti abbia inciso sul danno arrecato, e gli elementi stessi ora stanno infierendo sulla Terra dei Tuoni.»
A Pothien poco danno, ricordò Liam. L’unico mago là era lui.
«Si sa che cosa è successo alla Cascata?» domandò il Governatore di Lenada.
L’elfa annuì gravemente.
«È stata la veggente.»
«Lo stregone?» domandò Rayhana.  
«Crediamo che Selene abbia liberato tutta la sua energia sulla Cascata, togliendosi la vita» concluse abbassando gli occhi sulle proprie mani.
Liam si rese conto che non stava respirando da un po’ quando cominciò ad annaspare. Uno stregone poteva fare una cosa del genere? Perché?
«So che cosa state pensando, ma non ne abbiamo idea. Le vostre domande sono le stesse domande che assillano noi, e non abbiamo risposte. Nessuno di noi la conosceva abbastanza da poter decifrare il suo gesto. Però dobbiamo fronteggiare l’emergenza al meglio delle nostre possibilità.»
«Nana, dove sono gli stregoni?» domandò Liam con un filo di voce, colto da un presentimento orribile.
Rowena sospirò di nuovo.
«Nelle loro stanze, al sicuro, prive di conoscenza. Sono vive, ma non sappiamo dove si trovi la loro mente in questo momento.»
Mentre rifletteva su queste implicazioni, Liam comprese che il suo problema di gestione dei poteri era, tutto sommato, poca cosa.
«Come ritenete di procedere, Principessa?» domandò un nomade con la pelle scura come la notte, come quella di Abigail.
«Horlon, Frunn ed io abbiamo dato fondo alla biblioteca di Lumia, senza ottenere grandi risultati. Gli unici riferimenti alla Cascata del Potere sono criptici, ma abbiamo dedotto che non si trattasse solo di un posto carico di energia. Ci doveva essere qualcosa, lì, un nodo che alla distruzione della cascata si è sciolto. Dobbiamo scoprire di cosa si trattasse e se esista un modo per rimettere insieme i pezzi» esitò. «Mi dispiace, non sappiamo molto altro.»
«Che cosa dobbiamo fare?» domandò Elizabeth.
«Voi maghi, che siete qui e avete risposto alla convocazione, siete forse gli unici ad aver mantenuto un controllo decente sui vostri poteri. Gli elementi stanno ribollendo, e la vostra magia con essi. Quattro di voi, uno per ciascun elemento, dovranno intraprendere un viaggio alla ricerca di un’entità che forse saprà darci delle risposte.»
Tacque, in attesa che qualcuno commentasse, ma nessuno sembrava in grado di intervenire in modo sensato. Così riprese:
«In uno dei nostri testi più antichi si parla di sacerdote, o una vestale, che si troverebbe al centro del mondo, e che sarebbe a conoscenza di tutto ciò che è, che è stato e che sarà. Se riuscissimo a parlare con questa entità, potremmo farci indicare come riportare l’equilibrio tra gli elementi.»
Liam, che aveva ascoltato tutta la spiegazione con crescente incredulità, alzò la mano.
«Voi ci credete?» domandò.
Rowena e l’elfo accanto a lei – il citato Frunn - si scambiarono un’occhiata sconfortata.
«Non abbiamo altro. Ne abbiamo parlato con gli Unicorni, ma non hanno voluto condividere le loro conoscenze con noi, dicono di essere vincolati da un antico giuramento. Possiamo aspettare che il mare divori le nostre coste, che la vegetazione prenda dominio sulle nostre città, il vento spazzi via le coltivazioni e il fuoco renda l’aria irrespirabile. Oppure possiamo aggrapparci a questa fievole speranza e tentare.»
Liam ghignò.
«Bella risposta da diplomatico.»
«Sto studiando» rispose Rowena con un sorriso stanco. 
Liam annuì, lo sguardo perso sulla decisione che aveva appena preso. Guardò Rayhana e disse:
«Se me lo permetti, Ray, vorrei andare io.»
La maga sgranò gli occhi.
«Perché?» balbettò.
Il mago si strinse nelle spalle.
«Non riuscirei ad aspettare con le mani in mano e mi trovo a mio agio con l’idea del viaggio.»
Rayhana esitò un momento, poi annuì.
Liam sperò che il marito e i bambini della collega gliene fossero almeno un po’ riconoscenti. Sicuramente più di Irthen e Yu. Mentre rifletteva su cosa avrebbe potuto e dovuto scrivere a suo fratello, si unirono a lui Ophelia, Elizabeth e, suo malgrado, Alec. 
«Bene» concluse Rowena «se nessuno ha nulla da aggiungere io dire che è meglio prenderci un po’ di tempo per elaborare quello che ci siamo detti. Molti di noi hanno affrontato un lungo viaggio per essere qui. Se siete d’accordo aggiornerei la seduta a domani mattina.»
 
Mentre afferrava il secondo boccale di birra della serata augurandosi che fosse anche l’ultimo, Rowena si domandò per l’ennesima volta che cosa ci facesse in quella bettola insieme a quel lunatico di Liam. Di sicuro se qualcuno dei delegati l’avesse riconosciuta, la sua immagine non ne avrebbe tratto particolare giovamento, come Frunn non aveva mancato di farle notare.
Il mago aveva parlato del piccoletto di Irthen e del lavoro, lei l’aveva aggiornato sulle ultime novità – sisma a parte – del Reame Elfico, e sembravano entrambi intenzionati con uguale caparbia a comportarsi come se il mondo non fosse lì lì per finire. L’elfa lo sapeva che quello sarebbe stato l’ultimo momento di libertà per un bel po’. Per entrambi. Lo vide prendere un sorso generoso di birra e si concesse un momento per osservarlo. Non era cambiato granché da quando l’aveva conosciuto, nonostante i non semplici dieci anni passati. Portava ancora i capelli lunghi, aveva ancora la tendenza al sarcasmo e l’aria cupa. Aveva smesso di rimorchiare donne dovunque andasse, però. Si divertiva ancora ad affascinarle, ma non andava oltre. Non si era più abbandonato alle vecchie abitudini dopo la guerra, aveva ancora l’ombra di Jonna addosso.
«Hai finito di fissarmi? Non credo di avere una mappa del tesoro disegnata in faccia» sbottò il mago.
«Ti serve una donna, Li’» commentò Rowena serafica.
«Oh, no tesoro, quello che mi serve è un’altra birra.»
«Nah, non credo sia il caso con quello che ci aspetta nei prossimi giorni.»
Liam si incupì e Rowena si morse la lingua. Aveva infranto la magica bolla del qui ed ora e l’espressione del mago la fece pentire in una frazione di secondo di averlo fatto. Avrebbe davvero voluto avere la parola giusta per togliergli quella piega dal centro della fronte, ma purtroppo quel gene non l’aveva ereditato da Horlon. Ne aveva ancora parecchia di strada da fare. Anche se, a dirla tutta, di solito non si lasciava andare in quel modo, la compagnia di Liam le faceva male almeno quanto quella di suo fratello Oliandro.
«Lo dici anche a Dodo?» domandò il mago intercettando improvvisamente il filo dei suoi pensieri.
«Cosa?»
«Che deve cercarsi una donna.»
«In realtà l’unica volta che ho provato a suggerirlo mi ha quasi sbranata» disse allungandosi sul tavolo per posare il boccale.
Liam le afferrò delicatamente un polso, facendola sobbalzare.
«Che cosa c’è?!» domandò allarmata.
«Come sta Lukas?» domandò a bruciapelo.
Rowena si rilassò, sollevata che non ci fosse un pericolo imminente.
«È a Lumia con il Re. È rientrato subito e da lì non si è più mosso.»
«Ma… sta bene? I suoi poteri…?»
L’elfa vide per un momento il ragazzino che la osservava con quegli innaturali occhi argentati e la preoccupazione riemerse.
«Non se la passa molto bene. Sta facendo del suo meglio per non fare disastri, ma i suoi poteri fanno un po’ quello che vogliono. Purtroppo, e per fortuna, si rende conto di essere pericoloso e si è messo in isolamento. Horlon sta cercando di aiutarlo, gli sta insegnando tecniche di meditazione e cose così…» esitò. «Sai meglio di me che se dovesse davvero perdere il controllo, ci sarebbe ben poco da fare. Lukas è il mago più potente che io abbia mai incontrato, e sta maturando molto velocemente. Ma questa cosa è più grande di lui.»
«È più grande di tutti noi» commentò Liam lasciandole il polso.
Il mago scolò l’ultimo goccio del boccale e si alzò.
«Grazie Nana, bere con te è sempre di conforto.»
Le strizzò l’occhio e la salutò uscendo dal locale.
L’elfa lo vide lasciare sul bancone monete sufficienti da saldare la consumazione di entrambi e sorrise massaggiandosi il polso. Aveva le mani davvero calde.
   
 
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