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Autore: NightWatcher96    27/08/2022    4 recensioni
E' il compleanno di Katsuki ma manca il suo ragazzo a dargli l'augurio che tanto desidera per accettare un nuovo anno di vita. Basta una torta a volte per risolvere le cose, anche quando queste sono più oscure e nascoste dietro ad una maschera...
BakuDeku
Warning: Eating Disorder
Genere: Hurt/Comfort, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolo della Quirkless

Oggi è il mio 26esimo compleanno. Che dire, sto diventando vecchia, eh? Ma no, non potevo non scrivere qualcosa con tema dark, proprio come lo sono io. Ormai penso sia il mio Marchio di Fabbrica. Enjoy.



 

«Ah, Bakugo! Ho appena sfornato la torta che mi avevi chiesto!».

Katsuki fece un piccolo cenno con la testa al grosso Rikido Sato. Il profumo di cioccolato, panna e fragole riempiva la cucina del dormitorio ed invitava a gustarne almeno una fetta.

Rikido portò il dolce non molto grande sul tavolo. Sorrideva leggermente ma nei suoi occhi regnava sovrana la tristezza.

«E' un peccato che Midoriya non sia voluto scendere per festeggiare il tuo compleanno tutti insieme» aggiunse flebile.

«Lo costringerò!».

Per una volta il ragazzo più muscoloso ed alto non replicò. Sperava con tutto il cuore che Katsuki ci sarebbe riuscito...

 

 

I ragazzi della 1-A avevano realizzato una piccola festa per Katsuki ed era andato tutto bene fino a quando il giovane, con riluttanza, aveva spento le candeline e lì si era accorto della mancanza di una testolina riccia e verde.

«Dov'è Deku?» aveva chiesto.

Non poteva festeggiare senza di lui. Non poteva pensare di mangiare nulla senza quel fastidioso mezzo Hero che gli aveva incatenato il cuore dalle medie. Allora era davvero troppo stronzo per accorgersene o ammetterlo.

Eijiro che gli era vicino tentò di dire qualcosa mentre faceva rimbalzare con evidente nervosismo gli occhi scarlatti sulle cibarie che riempivano il tavolo dove capeggiava la bella torta con panna e fragole.

«E' in camera sua. Ha detto che non aveva fame e che gli faceva male lo stomaco» era stata la risposta di Tenya.

Non gli importava di mandare tutto all'aria o rovinare la sprizzante aria di quella festa un po' improvvisata. La verità era che sperava che qualcuno avrebbe teso finalmente la mano ad Izuku.

Katsuki aveva socchiuso pericolosamente gli occhi, in perfetto silenzio. Guardò la torta poi vagò alla ricerca di Rikido Sato.

«Dammi una mano».

L'altro aveva sbattuto le palpebre con fare sorpreso ed aveva annuito. Midoriya era un suo amico dopotutto...

 

 

Katsuki era dinanzi alla porta della stanza di Izuku.

Teneva la torta in bilico sui polpastrelli della mano sinistra, l'altra ora riposava lungo il fianco ma si muoveva nervosamente.

Non udì alcuna risposta. Quando poggiò l'orecchio sul legno verniciato di bianco captò dei suoni quasi flebili. La sua mano afferrò la maniglia ed entrò.

Lo accolse il buio rischiarato appena dalla luna argentea piena che rendeva quella notte di aprile meno oscura. Filtrava dalla finestra di fronte a lui. Le tende trasparenti si muovevano.

Katsuki si rese conto che la temperatura in quella piccola stanza era davvero bassa.

I suoi occhi caddero sulla figura che faceva ossessivamente addominali sul duro pavimento ed era così concentrato da tenere gli occhi chiusi.

Il biondo accese la luce.

Lo scatto dell'interruttore e quel fascio improvviso di luce che si diffuse su tutte le ombre parvero colpire Izuku come una miriade di pugni in faccia.

«K-Kacchan!» esclamò, la voce affannata e sforacchiante.

L'altro non disse nulla. Il suo sguardo cupo vagava sulla stanza. Si avvicinò alla scrivania: c'era un quaderno aperto con la data di quel giorno di festa, con le calorie e un allenamento extra. Decisamente di troppo.

Lo prese per sfogliarlo con un semplice movimento del pollice. Ignorò Izuku che nel frattempo si era rialzato con il viso affannato e il sudore lungo il viso leggermente scavato.

Si torturò nervosamente le dita dalla punta sfregiata. Le sue unghie erano leggermente violacee, i vestiti gli calzavano decisamente troppo grandi. Nascondevano il suo piccolo corpo.

Katsuki appoggiò sulla scrivania l'appetitosa torta. Si avvicinò al ragazzo malaticcio senza dire una sola parola. Ora si studiavano: il rosso cercava di varcare quella barriera di lacrime ed oscurità che imprigionava il verde splendente.

In un movimento rapido gli prese una mano. Le piccole spaccature sull'indice e il medio erano segni molto chiari che non potevano ingannare.

«Perché stai facendo questo?» disse finalmente.

Il tono pacato che tratteneva incredibilmente la rabbia crescente portò Izuku a ritirare immediatamente la mano e a fare due passi indietro. Era evidente il suo essere sfuggente.

Le cose peggiorarono quando il verdino iniziò a mordicchiarsi le dita sfregiate, tenendo l'altro braccio esile e morbosamente magro avvolto intorno allo sterno. Si era incupito.

«Posso capire se non ti senti bene ma mancare al mio compleanno...» Katsuki sbuffò leggermente. «... non è da te, Nerd».

Gli pocciò la mano sulla guancia ma ciò che ottenne fu un nuovo passo all'indietro, nel terrore. Izuku finì seduto sul letto e in quel movimento la sua t-shirt nera si alzò.

Katsuki gli fu addosso in un attimo: gli tenne bloccati i piedi con un suo ginocchio premuto su. Serrò la sua grande mano sugli esili polsi, con l'altra sollevò ancor di più il tessuto impregnato di sudore.

La rabbia finalmente esplose, mischiata a una crescente preoccupazione.

«Che cazzo è questo?!» tuonò.

«Che ti importa?» scattò freddo Izuku, apatico.

«Che mi importa?!» ripeté incredulo Katsuki. «Sei il mio ragazzo, certo che mi importa! Da quando tempo va avanti questa storia?».

Izuku provò a liberarsi i polsi con uno strattone eppure non ci riuscì. Non aveva la forza.

«Guardati! Pallido, con il viso scavato...» elencò l'altro. «Dove sono finiti i tuoi addominali? Anzi, dov'è finito il tuo corpo allenato? Aiutami a trovarlo, perché io ho davanti uno scheletro!».

«Non dire cazzate, Kacchan!» abbaiò il verdino.

Riprovò ancora con uno scossone delle spalle bloccate contro il muro ma tutto ciò che ottenne fu una fitta ai suoi poveri polsi. Gemette, facendosi piccolo.

Incassò la testa nelle spalle senza guardare Katsuki che, al contempo, era scioccato di vedere un'altra persona. Lo liberò ma solo per potergli poggiare una mano sulla guancia.

Izuku lo guardò un po' colpevolmente.

«Scusa, Kacchan...» disse in un sussurro.

L'altro lo tirò tra le sue braccia. La mano corse tra quei riccioli che aveva imparato ad amare. Tuttavia bastò un leggero tocco per sentire una sensazione quasi fastidiosa sui polpastrelli.

Molti capelli si erano spezzati.

«Izuku, perché ti stai affamando così?».

«Sono grasso, Kacchan... non riesco a tenere il passo con gli altri... sono lento...».

«Non so da dove sia nata quest'idea ma se sei lento è perché non mangi. Non hai l'energia giusta. Sono tre mesi che non ti vedo in mensa. Basta così, adesso ci sono io qui ad aiutarti».

Il biondo gli scoccò un bacio sulla fronte.

Si alzò per poter portare a letto la torta. Izuku deglutì a vuoto, lo fece immediatamente e una seconda volta a un conato di vomito bloccato in gola.

Premette una mano contro le labbra, distolse lo sguardo colpevole e spaventato.

«Non voglio mangiare» disse.

«E' il mio compleanno, Deku».

L'altro scosse il capo, le sue mani tremanti corsero sul piccolo corpo come in un tentativo di nascondersi. Ritirò le ginocchia al petto con una certa velocità.

«Kacchan... non chiedermi di mangi-».

«Solo una piccola fetta, Izuku. E' il mio compleanno» insistette Katsuki, calmo e docile.

Il verdino deglutì ancora. Una mano volò allo stomaco per artigliarsi la t-shirt. Ora tremava, spaccato in due. Da un lato non voleva dare un dispiacere al suo ragazzo, dall'altro cedere era l'ultima delle sue priorità.

Sentiva, in qualche parte remota della sua testa, una voce che gli urlava di non mangiare o sarebbe diventato una vacca grassa così pesante che probabilmente sarebbe stato etichettato come un Hero Obeso.

«Izuku, sono già arrabbiato che tu mi abbia tenuto fuori da questa cosa» riprese il biondo mentre tagliava due fette con un coltellino tascabile tirato fuori dalla sua tuta nera.

«Mi dispiace, Kacchan ma non sono-».

«Non sono affari miei, eh?» lo interruppe senza la benché minima emozione. «Certo. Perché dovrebbe importarmi se il mio ragazzo muore stupidamente di fame sotto ai miei occhi?».

«I-io...».

Katsuki sospirò. «Ascolta, non posso aiutarti se non mi dici da dove è partita questa storia».

Izuku sentì il formicolio delle lacrime negli occhi. Il suo cuore batteva di nuovo in modo irregolare e il suo corpo tremava con ormai l'adrenalina che si dissipava per lasciar spazio al solito dolore.

Lo stomaco gli faceva male, era vuoto da troppo tempo.

«Ero inciampato su una rampa di scale per colpa del laccio di una mia scarpa. Era sciolto e non lo sapevo. A un certo punto finisco su un ragazzo poco più alto di me... mi disse che ero incredibilmente pesante per essere un soldo di cacio e che sicuramente in quel modo anziché mettere muscoli avrei solo finito col diventare grasso. Mi aveva sempre osservato in mensa, come ingoiavo avidamente il Katsudon in porzioni troppo grandi...» disse Izuku con voce spezzata e gli occhi persi nel vuoto. «All'inizio non avevo voluto dar peso alle parole di un ragazzo che probabilmente mi odiava ma poi, un giorno, mentre m'infilavo una maglietta avevo notato un'increspatura di grasso ai miei fianchi e-.»

«Non hai pensato che era semplicemente la tua pelle che si adattava perfettamente ai tuoi muscoli ad ogni movimento del tuo corpo? O che dopo un allenamento è normale vedere il proprio corpo gonfio a causa dell'adrenalina in circolo?!».

Izuku si irrigidì mentre guardava Katsuki con gli occhi spalancati.

Il biondo sollevò la sua t-shirt nera per indicarsi gli addominali e i fianchi. Izuku notò un'increspatura di grasso all'elastico della tuta.

«Questo non è grasso. So che lo stai pensando. Sono fibre muscolari che ora risentono degli allenamenti giornalieri. Avanti, tocca».

Izuku allungò tremante la mano. Si stupì di sentire, per quanto forti e cesellati quegli addominali, una lieve morbidezza che non era affatto sinonimo di grasso.

Ad un tratto il suo viso si contorse in un'espressione ferita. Finalmente piangeva per liberarsi di quel dolore, vuoto e terrore che custodiva nel suo petto.

Katsuki lo strinse di nuovo a sé dolcemente. Quando le sue mani corsero ancora sulla piccola schiena tastò delle protuberanze. Stranito, sollevò la maglietta e rimase quasi folgorato di paura.

Izuku aveva la spina dorsale estremamente visibile ma la cosa peggiore erano i lividi viola-gialli, segno di tutti gli estenuanti addominali sul freddo pavimento.

Lo strinse con più foga: temeva di perderlo.

«Izuku, oggi è il mio compleanno. Da te non ho ancora ricevuto alcun regalo».

«S-sì, Kacchan... scusa... domani te lo andrò a comprare e-».

L'altro lo zittò con un veloce bacio sulle labbra. Negò con la testa. Sulle sue labbra c'era un piccolo sorriso per nulla malizioso, solo sincero.

«Chiedimelo».

Izuku sospirò un pochino mentre elaborava la richiesta dell'altro. Katsuki gli fece un cenno deciso con il capo.

«Che cosa vuoi per il tuo compleanno, Kacchan?».

Katsuki sorrise brillantemente. Prese una fetta piccina della torta e l'avvicinò alle loro labbra. Un lampo di terrore accese per un momento gli smeraldi di Izuku, con uno spruzzo di lacrime di follia.

Dentro di lui c'era una battaglia. Una piccola parte voleva mangiare, anzi, assaporare un sapore completamente dimenticato, l'altra urlava ed offendeva che con così poco avrebbe perso tanti risultati.

Katsuki gli fece una carezza gentile con la punta dell'indice, dalla tempia alla mandibola. Tastò la protuberanza delle ossa ma non ci badò.

Senza interrompere quel gioco di sguardi morse la torta. Si avvicinò dolcemente al suo ragazzo con il pan di spagna al cioccolato tra i denti.

Izuku cercò di non muoversi ma il suo corpo tentò disperatamente di farlo allontanare da quella minaccia e con esso esternare perfino il collo il più possibile.

Katsuki espirò dal naso. Con una mano dietro alla nuca lo tenne fermo in modo da potersi finalmente avvicinare alle piccole labbra.

Izuku deglutì ancora, per l'ennesima volta. I suoi occhi si abbassarono come per arrendersi. Allora, dopo un primo tentennamento, dischiuse la bocca e accolse il cibo.

Katsuki lo baciò con foga, mentre due delle sue dita sfioravano ancora la torta e le accompagnava alla bocca di Izuku che bramava molto di più.

Gli fece assaggiare il cioccolato e un po' di panna.

Due lacrime colarono lungo le gote smorte del più piccolo ma Katsuki era felice.

Afferrò con i denti la fragola e di nuovo la fece fermare, in attesa, dinanzi alla bocca di Izuku. Il suo stomaco vuoto ebbe uno spasmo che fu seguito da un doloroso crampo.

«Io... non ce la faccio più, Kacchan... mi controlla...» gemette.

«Sono qui. Insieme ce la faremo» rispose l'altro. «Mangia».

Obbedì Izuku, stanco di numeri, bilancia, allenamenti e lacrime.

Assaggiò la dolce fragola mentre nella sua bocca esplodevano tanti sapori davvero dimenticati.

Masticò attento: per la prima volta non sentiva il retrogusto acido dei vomiti che si auto-induceva.

Deglutì lentamente combattendo la voglia di voler sputare.

Katsuki sorrideva ma non era soddisfatto: gli mise dinanzi la torta ma non per divorarla completamente, solo un pochino. La forchettina del coltellino a serramanico scattò con un nitido tintinnio.

Izuku seguì con apatia quel pezzo più grande che marciava verso la sua bocca. L'aprì obbediente e mangiò. Ancora e ancora, fino a schiacciare quel vuoto terribile e bruciante dentro di lui.

Pianse in silenzio per quel sapore così buono ormai riscoperto.

Katsuki lo abbracciò ancora. Con dolcezza gli leccò un po' di cioccolato dall'angolo della bocca.

«Izuku, quello che voglio per il mio compleanno...» disse mentre l'altro lo guardava. «... è vederti star meglio».

Caddero sul letto, avvolti premuti insieme mentre la torta sembrava guardarli in silenzio accanto alle loro teste. Izuku inspirò a fondo l'odore tanto mancato del suo ragazzo.

Le sue dita strinsero sulla t-shirt e finalmente, di nuovo, pianse.

«Voglio vomitare... voglio vomitare tutto ciò che ho mangiato...» gridò in quei forti e caldi pettorali.

«Lo so. Ma non te lo permetterò. Ti terrò a me avvinghiato fino a quando non ti passerà la voglia di vomitare» rispose, calmo, Katsuki.

«Ma così diventerò-».

«... tornerai a un peso accettabile e sarai di nuovo perfettamente sano! Izuku, questo è il regalo che mi aspetto di ricevere da te!» interruppe, forte, Katsuki.

Il verdino trattenne il respiro. Poteva davvero stare meglio?

La voce dentro di lui urlò il contrario e di nuovo la sua speranza si affievolì.

«Voglio... vomitare...» insistette.

«No. Trentaquattro chili ti pare un peso accettabile? Vuoi morire per una stronzata? Vuoi morire e darla vinta a uno stronzo con la bocca larga come il culo di una puttana?!».

Izuku, però, non stava scherzando. La sensazione di malessere crebbe così forte dentro di lui che in un gesto disperato si sporse oltre il letto e vomitò tossendo.

Katsuki non batté ciglio. Sapeva cosa fare. Sapeva di aver mosso il primo passo.

«Voglio... che smetta...».

Quando aveva adocchiato la fila di numeri scendere, scritti con la matita sul quaderno, Katsuki non era riuscito a capire bene. Poi, il corpo di Izuku gli aveva fatto aprire gli occhi.

«Mi darai il mio regalo?» disse morbido.

Gli piantò un bacio sulla tempia. Izuku tremava con le mani avvolte intorno al suo stomaco ancora dolorante. Sentiva le fitte rimbalzare come una sfera incandescente. Inoltre la tachicardia, le macchie nere dinanzi agli occhi e quel freddo improvviso lo stavano spaventando.

«Sì, Kacchan... starò meglio» ammise tra le lacrime.

«Ma non lo farai da solo, vero?».

Izuku scosse il capo. Katsuki lo prese in braccio: era così leggero ma ben presto lo avrebbe rimesso in forma.

Lo tenne dolcemente a sé, ignorando ancora un po' la pozza di vomito sul pavimento. Izuku era così fragile tra le sue muscolose braccia...

«Kacchan... buon compleanno...» sussurrò Izuku.

«Aspettavo solo il tuo augurio».

«Per il tuo compleanno che cosa vorresti?».

Katsuki sbuffò una risatina prima di baciargli una guancia ricoperta di freddo sudore.

«Per il mio compleanno vorrei che il mio ragazzo guarisse dall'anoressia. Si avvererà?».

Izuku annuì.

«Ci vorrà tempo, però... lei ancora mi controlla».

«Ehi, ho compiuto diciotto anni da qualche ora. Posso aspettare» ridacchiò il biondo, anche l'altro lo imitò. «... del resto, ho tutta la vita davanti».

Izuku sorrise. Voleva davvero dare quel regalo al suo splendido ragazzo.

Il suo cammino era appena cominciato.

 


The End

  
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