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Autore: speechlessback    29/08/2022    2 recensioni
3K / BokuAtsu / (Past BokuAka) /
“Atsumu sorride sincero, fa per avvicinarsi. Ma Bokuto lo precede, lo abbraccia come se fosse il suo salvavita. “Grazie, ‘Tsum-’Tsum.” È quasi un sussurro nell’incavo del suo collo, ma raggiunge ogni giuntura, persino la più remota. “Sei proprio straordinario.” Quell’ultima frase brucerà dietro le iridi di Atsumu per una settimana intera. Alla periferia dei suoi pensieri, al centro di ogni quesito. Sei proprio straordinario.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsumu Miya, Koutaro Bokuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia ha per me un significato indescrivibile, e la dedico completamente ai miei Kita ed Osamu. È il seguito ideale di https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=4031408&i=1 "Inevitabile caduta libera". È stato un onore poterla scrivere. È un onore conoscervi. Spero che l'interpretazione di questa coppia così singolare possa convincere anche i lettori meno avezzi ai rare-pairings. Buona lettura!




Alla ricerca di tonfi straordinari.

 

Se c’è una cosa di cui Atsumu Miya si fa fregio e la cui certezza ha accompagnato ogni giocata - palleggio, servizio, punto salvato per una diavoleria dell’ultimo secondo - è che lui, i suoi schiacciatori, li conosce veramente bene. 

Ciò che ad occhio inesperto può sembrare uno svantaggio, è per lui la bussola sulla quale calibrare ogni interazione e traiettoria; che sia per una semplice amichevole, una sequenza infinita al matchpoint delle olimpiadi, il punto decisivo della prima vittoria dei Black Jackals ai Nazionali.

Un lunedì mattina qualunque, con le membra ancora assopite (nonostante la corsetta), le memorie del weekend passato che un po’ aleggiano sulle sue spalle (un messaggio a cui dovrebbe rispondere, in realtà già cestinato), la prospettiva di un’altra settimana pronti a prendere in giro Sakusa Kiyoomi e l’imminente viaggio in Brasile (poco prevedibile, in realtà tantissimo); un lunedì mattina qualunque in cui Atsumu Miya varca la soglia dello spogliatoio, e riesce quasi a toccare con mano il silenzio che lo accoglie. Le chiacchiere dei suoi compagni di squadra si rincorrono, creano un vociare indistinto; ma fanno solo da contorno.

Sembrerebbe un lunedì mattina qualunque; l’assenza di Meian si fa sentire (passerà in giornata con prole al fianco a fargli osservazioni sull’allenamento), Yoffe torreggia su ogni e qualsiasi superficie piana facendoli sentire tutti indescrivibilmente piccoli, Shion e Tomas chiacchierano come se non fosse evidente, nel giro di un miglio e a chiunque posi lo sguardo su di loro, che stanno insieme da anni.

Sembrerebbe un lunedì mattina qualunque; ma Atsumu si volta e vede Bokuto, silenzioso, improvvisamente serio, che nel giro di mezzo secondo ha lo sguardo più incisivo che gli abbia mai visto in vita sua (e si conoscono da molti, molti, anni).

Ed è solo un millisecondo, in cui Atsumu riesce a far conta dei residui di polvere che si sono ammassati sugli armadietti, un millisecondo in cui assiste alla rivoluzione copernicana che si sta svolgendo nella testa del suo schiacciatore, con i fasci orizzontali di luce che gli si dipingono sul viso - il chiarore del mattino, il grigiore dell’alba superata, il sudore del riscaldamento -; solo un millisecondo.

Bokuto cambia espressione, e la solita buffoneria si fa spazio sul viso largo, gli tira gli angoli della bocca. Lo sforzo titanico di quello scambio brucerà dietro le iridi di Atsumu per una settimana intera. Quel millisecondo - un tentennamento che gli ha percorso la spina dorsale - occuperà ogni spazio solitamente dedicato a tutti i suoi schiacciatori.

 

“Bokkun.” Atsumu gli posa la mano sul braccio, un gesto quasi unicamente dettato dalla memoria muscolare. Non è ancora sicuro di cosa sia successo, ma quel singolo sguardo - smarrito e perduto, disperato e consapevole - gli fa torcere le viscere. “Tutto bene?”

 

Bokuto scosta lo sguardo, finge di interessarsi intensamente ai lacci giallo fluo delle scarpe di Sakusa - poggia una mano su quella di Atsumu. Si volta con una lentezza che non gli appartiene, e i campanelli d'allarme nella testa di Atsumu ora stridono tutti insieme, tutti insieme -  una cacofonia assurda.

 

È il Bokuto di sempre quello che si volta di rimando, posa lo sguardo su di lui ma in realtà sta guardando un punto oltre la sua testa, sta fissando tutto con attenzione tranne i suoi capelli biondi, i suoi occhi preoccupati.
È il Bokuto di sempre quello che gli stringe la mano, rassicurante come l’asso che ormai è diventato. 


“Fammi un sacco di alzate oggi, ‘Tsum-’Tsum.”

 

(Atsumu non può saperlo, non ancora. I pezzi si riveleranno piano, anche se gli indizi c’erano tutti, e tutti puntavano ad una sola direzione.)

 

Quando a fine giornata riceve un messaggio dal fratello, è ancora troppo presto. È troppo concentrato a capire se l’arco per Yoffe vada aggiustato, se si può provare un attacco dalla seconda linea anche con un gigante - magari con Sakusa come esca?

 

Una nuova notifica, e questa volta Asumu è sicuro che non risponderà più alla sua conquista del weekend. Osamu gli ha scritto due messaggi nel giro di dieci minuti. Tra i meme un po’ stupidi e i momenti di affetto tangibile, ripesca la cronologia di Sunarin. 

 

Un fiume in piena - attendeva un argine in cui riversarsi con la potenza di una sola realizzazione: Atsumu mette insieme i pezzi.

 

//

 

L’ultima partita, un’amichevole, contro gli EJP Rajin; lo sguardo di Suna che non era tagliente come al solito, ma più spento, meno incline a prendere in giro Atsumu e la sua proverbiale incapacità di star fermo, di farsi anche lui una relazione seria. Invece, uno sguardo turbolento. Alcune giocate fin troppo prevedibili, pur essendo un’amichevole. E poi, nel giro di un millisecondo, un’occhiata di striscio a Bokuto; la rassegnazione mescolata alla rabbia, malcelata, visibile nel suo cipiglio. Un’occhiata a Sakusa, fin troppo veloce, perché Suna cerca qualcun’altro; il seme di una consapevolezza.

Allora, Atsumu, era troppo preso dal conto degli ace, dal perché aveva sbagliato l’ultimo servizio nonostante la palla la sentisse sempre uguale.

 

Allora, le ultime settimane, le crisi di nervi di Osamu; si trovava nel bel mezzo dell’apertura del negozio a Tokyo e non voleva ammettere di aver bisogno di lui. Atsumu pensava che il fratello non avesse bisogno di lui, non davvero; all’attivo un business florido, una relazione duratura con l’amore della sua vita - il suo migliore amico, la cotta della sua infanzia.

Non voleva insistere. 


(Due messaggi nel giro di una decina di minuti.)


Avrebbe dovuto insistere.

 

E poi, l’ultimo messaggio, dopo una catena inutile di meme, video di tiktok; dobbiamo parlare. Che in linguaggio Osamu, nella loro vita, ha avuto un solo significato. È stato il messaggio codardo di chi non aveva il coraggio di voltarsi e guardarlo negli occhi: quando ha lasciato la pallavolo. 

E questa volta è un messaggio che già trasuda di senso di colpa; perché questa volta, e Atsumu ormai ne è certo, Osamu ha lasciato Suna.

 

//

 

Osamu è il gemello tutto d’un pezzo, quello che vincerà ogni scommessa - ha vinto già, ha Sunarin; con un business alle spalle cresciuto dal nulla, mattoncino dopo mattoncino. Ad ogni abbandono è seguito un inizio, una porta spalancata. È solo Atsumu a conoscere le zone d’ombra, a sapere che nei momenti di sottrazione si nasconde l’incertezza. Che parlare, per Osamu, vuol dire lasciar andare. Lasciarsi andare.

 

Ad ogni abbandono, ad Atsumu è cresciuta la consapevolezza; si è fatto forte a modo suo. Se abbandoni il campo prima ancora di iniziare, chi mai può biasimarti? 

 

//

 

“... è un mio compagno di squadra.”

Dirlo ad alta voce spezza la barriera della quiete che accompagna un normale lunedì pomeriggio da Onigiri Miya.

Atsumu ha realizzato quale compagno di squadra, ha messo insieme i pezzi, le sottrazioni ora ammontano ad un totale in cui ogni negazione di Osamu, ogni sguardo spento di Suna, ogni giocata spettacolare e senza energia di Bokuto, fanno tutti un totale che lascia una scia di macerie quasi senza fine.

La violenza delle loro parole fa eco alla tristezza che le pedine del gioco stanno provando. Perché non è solo un compagno di squadra, Atsumu pensa tra sè e sè (e Osamu lo sa). Bokuto Koutarou è la persona che è diventata il suo migliore amico negli anni della crescita, che l’ha visto e sopportato nelle sue fasi più disparate - quelle della stronzaggine, quelle della consapevolezza, quelle degli imbarazzi, delle cotte malcelate, delle conquiste senza nome.

E non è solo un compagno di squadra, non solo. 

Non solo. È molto di più. 

Atsumu questo lo sa.

 

Sembra riduttivo tentare di analizzare matematicamente i se ed i ma, il modo in cui una cosa del genere semplicemente accade. Quando nel quadro perfetto di uscite a quattro e sentimenti ormai incasellati in uno spazio preciso, la brezza arriva e trascina con sé ogni certezza, cancella il sentimento, ne fa nascere uno nuovo.

Atsumu questo lo sa, e abbraccia suo fratello - proprio come ha sempre fatto.

Ad ogni sottrazione e scollamento, è venuta una ricongiunzione. Quando ha lasciato la pallavolo per inseguire un sogno più grande, diverso. Ora che ha messo fine ad una relazione stabile e duratura, che poteva portarlo al matrimonio; ora che alla certezza atavica e scolpita nella pietra ha sostituito il tonfo inevitabile della caduta. Perché si è innamorato di un paio di occhiali pieni di saggezza, di un editore costantemente nervoso, adorabile in tutte le sue nevrosi.
Osamu si è innamorato! Atsumu glielo legge negli occhi quando varca la soglia del locale, lo capisce dalle mani nervose che stringono lo straccio che stava usando per lucidare il bancone, negli occhi colmi di imbarazzo, di spavento, di paura - colmi di una luce nuova.

Osamu baratta la certezza per la novità più paurosa, e non ha paura di gettarsi nella voragine. Allora Atsumu lo abbraccia, probabilmente piange le lacrime che Osamu non riesce a piangere, lo capisce perché può capirlo più di ogni altro - d’altronde, non è lui ad avere il coraggio di progettare un viaggio per il Brasile.

Osamu salta nel vuoto, prende ogni obiettivo raggiunto e lo getta via, ne cerca uno nuovo. Atsumu salta nel vuoto, prende ogni palla e promette che nessuna cadrà a terra; ma fuori dal campo, la paura gli assale le viscere, e rimane fermo. Stabile, mentre il mondo intorno a lui semplicemente accade.




 

(Ci vuole coraggio ad amare di nuovo. Questo Atsumu lo sa, e in un singolo abbraccio vuole lasciare impronta della rabbia e della smania - dell’ammirazione. Vuole solo dirgli che andrà tutto bene. Che è orgoglioso del suo fratellino.

Vuole solo dirgli che ci vuole coraggio ad amare. Punto.)

 

//

 

Le nocche che colpiscono duramente la porta della stanza di Bokuto sono una conseguenza inevitabile. Lo sguardo spento, poi subito falsamente iperattivo, anche.

Atsumu sente di dovergli delle scuse anche solo per essersi presentato lì, così (con una box di cibo da asporto che non sia di onigiri) - con la sua faccia. Che probabilmente è la faccia che Bokuto vorrebbe assolutamente prendere a pugni in quel preciso istante.

 

“Bokkun. Giuro, non lo sapevo. Me l’ha detto poco fa.”

 

Atsumu gli porge il cibo, fa per andarsene. Bokuto gesticola di farsi avanti, di restare. La compagnia, in quel momento, non può che fargli bene. Lo ripete ad alta voce, perché Bokuto comunica con gesti e parole.

 

“Resta pure. Mi fa piacere la compagnia, ‘Tsum-’Tsum. E grazie per il cibo.”

 

Si siedono, facendo un po’ d’ordine nel casino di detriti che è diventata la stanza di Bokuto, dopo che la tempesta si è abbattuta. Fogli di carta e fazzoletti, un telefono che continua a lampeggiare di notifiche - di tutti i suoi amici, Hinata che vorrà consolarlo, Sakusa che avrà sicuramente sospettato qualcosa nelle scorse settimane -, e poi i cimeli di una relazione lunga un’esistenza e che ora deve per forza lasciare il passo a tutto il nuovo che viene dopo.

 

Bokuto fa spazio alla cieca, un po’ sorride anche con gli occhi. Ha una felpa griglia sbrindellata, i capelli tristemente abbattuti, ma sorride. Atsumu si aspettava molto di peggio.

 

“So che ti aspettavi di peggio.” Atsumu continua a sottovalutarlo. È un errore che si ripromette di non commettere, ma puntualmente Bokuto lo anticipa - lo batte sul tempo.

 

“Bokkun.” Atsumu si sente sospirare, quasi che i ruoli si stiano invertendo. “Puoi sfogarti se vuoi. Lo so che è mio fratello, ma puoi sfogarti.” Spera che legga la sincerità nelle sue parole, che non sembri mera cortesia.

 

“Non devo sfogarmi per tuo fratello. Anche se, ovviamente, vorrei spaccargli la faccia.” Si fa pensieroso. “Però è una bella faccia, sarebbe uno spreco.” 

 

“Questo vuol dire ammettere che io ho una bella faccia, Bokkun. Nonché, fisico d’atleta e capelli perfetti.” La risata che gli sfugge è valsa tutto il coraggio necessario per pronunciare queste ultime parole.

 

Bokuto sta lì, soppesa le parole, annuisce tra sè e sè. “Lo so. Le tue conquiste settimanali ce lo ricordano perfettamente.” Di nuovo, una mano sulla sua spalla. Di nuovo, quegli occhi indagatori puntati fermamente su di lui. Ad Atsumu sembra di aver perso il filo del racconto. E che i ruoli si sono decisamente invertiti.

 

Bokuto sembra tirare un lungo respiro, poi si ferma. Rovista con le bacchette nella sua cena, soppesa il pezzo di tofu come se si trattasse di un difficilissimo quesito di matematica. Ad uno sguardo poco attento, sembrerebbe intento a mangiare. Ad Atsumu, che a quello sguardo è diventato fin troppo assuefatto, sembra uno dei discorsi più difficili che Bokuto abbia mai iniziato. Una pietra dura da mandar giù - il sopraggiungere dell’inevitabile. Poi Bokuto ispira di nuovo, posa le bacchette, tiene lo sguardo fisso su Atsumu - il sorriso un po’ sbilenco, gli occhi velati. “Tra me e Akaashi non funziona da un po’...” Si tortura i bordi della felpa, le mani gli tremano leggermente. “Ammetterlo non rende niente di questo più facile.” Lo sguardo però continua ad essere deciso. “Ma non è colpa di nessuno. In un modo o nell’altro, li ammiro per il coraggio che hanno avuto. A chiudere col passato, a fare un passo nel vuoto.” Non si preoccupa di nascondere le lacrime silenziose, le asciuga col bordo della felpa consunta. La voce si rompe in alcuni punti, ma è ferma e determinata. Atsumu si chiede quanto coraggio ci sia voluto, per dire una cosa del genere. Dopo tutti quegli anni, non un’ombra di rancore.

Ed è in quel preciso istante, che Atsumu pensa solo a quanto sia cambiato Bokuto Koutaro. A come siano cambiati tutti loro. Ed è in quel momento, quando Atsumu si trova faccia a faccia con Bokuto, che si chiede quanto ancora gli ci voglia per cambiare (anche lui). Per cancellare la vanità della conquista settimanale, per fare un salto nel vuoto. 

 

(A saltare senza paracadute, sai che tonfo straordinario?)

 

“Bokkun.” Atsumu sente gli angoli della bocca andare su, sempre più su - i suoi muscoli non gli obbediscono, sente gli occhi inumidirsi di lacrime - non riesce a farne a meno. “Hai ragione. Ma puoi comunque odiare mio fratello con ogni fibra del tuo essere.” 

Atsumu sorride sincero, fa per avvicinarsi. Ma Bokuto lo precede, lo abbraccia come se fosse il suo salvavita. “Grazie, ‘Tsum-’Tsum.” È quasi un sussurro nell’incavo del suo collo, ma raggiunge ogni giuntura, persino la più remota. “Sei proprio straordinario.” Quell’ultima frase brucerà dietro le iridi di Atsumu per una settimana intera. Alla periferia dei suoi pensieri, al centro di ogni quesito. Sei proprio straordinario.

 

(Rimangono così, abbracciati stretti.) 

 

//

 

Fuori dalla finestra, imperversa la tempesta. 

È quella della camera degli EJP Rajin, dove Suna sta versando le sue prime lacrime - rabbiose, incerte, poi scosse da un singhiozzo che porta con sé la frustrazione di un addio definitivo; e Komori è silente spettatore, prepara i cocktail per la nottata che verrà, sa che ne avranno bisogno.

È quella di Akaashi, che sta mettendo in un cassetto le foto con Bokuto, archiviando i piani dei prossimi viaggi. Lo fa con la solita precisione che lo contraddistingue; all’esterno, un volto imperturbabile, gli occhi blu pervasi da determinazione. All’interno, una tempesta che brucia e consuma, le onde che si rimescolano, lo sciabordio che ha raggiunto la superficie e ha scatenato un uragano. Sistema le foto e per ogni sorriso che vede sui loro volti, è un pugno allo stomaco, un dolore necessario, l’unico modo per andare avanti. Poi chiude il cassetto, inforca gli occhiali e si dirige, come ormai d’abitudine, da Onigiri Miya; c’è un pasto che lo attende, un sorriso che lo comprende, una nuova tempesta da attraversare. Akaashi dimentica l’ombrello, se ne accorge solo alla porta del locale. Non sa che non importerà nulla, potrà farsi prestare qualcosa da Osamu. Non sa che non importerà nulla, perché passerà la notte lì - ad aspettare che la tempesta passi.

Da Onigiri Miya, Osamu pulisce il bancone, sorride quando posa lo sguardo sul solito avventore delle otto spaccate, un editore talentuoso di sua conoscenza. E sorride di un sorriso spontaneo, che per un nanosecondo mette in discussione e archivia ogni dubbio, ogni mancanza, ogni colpa.

 

Nell’aria vorticano i segni di emozioni nuove, sfilacciamenti di antichi sapori - il gusto di un nuovo onigiri special per celebrare l’arrivo della primavera. 

 

Negli appartamenti dei Black Jackals, Bokuto abbraccia stretto Atsumu e lo ringrazia per il tempo che gli sta dedicando. Nell’aria, vibrano ancora i dolori del presente, di porte antiche che si chiudono con battenti di ferro.

 

Non possono saperlo, non ancora; è il momento in cui un fiore fa capolino dal terreno, pronto a sbocciare.
Muoiono i vecchi, il vento spazza via le radici e i rami secchi. Nasce qualcosa di nuovo.

 

//

 

Ad Atsumu qualcosa non torna, come un pezzo mancante. Quando si volta, ed entrambi si allontanano con poco imbarazzo, e molta tenerezza - mettono una vecchia partita, aprono qualche birra, scherzano sul buon gusto di Akaashi -, gli sembra di vedere un Bokuto ancora diverso, ancora un passo avanti. Dovrebbe smettere di sottovalutarlo.

La tempesta imperversa fuori dalla finestra. L’aria vibra di un’elettricità diversa. Senza volerlo, ha mantenuto la mano di Bokuto nella sua. Senza volerlo, avvicina il volto a quello del compagno di squadra. La mano ancora stretta nella sua. Le loro teste cozzano leggermente e ne esce un sorrisetto poco imbarazzato, carico di una tensione nuova. Atsumu si sente sul bordo del precipizio. Basta un solo passo. Ma è senza paracadute, ha paura del vuoto, del vento, ha paura di quello che potrebbe nascondersi dietro gli occhi sempre vigili di Bokuto Koutaro.

Poi Bokuto gli prende la mano nella sua, e stringe. Fissa gli occhi nei suoi, sorride di un sorriso nuovo che sembra avere il potere di cancellare ogni certezza e crearne di nuove. “‘Tsum-’Tsum?” È un sussurro, flebile. Atsumu Miya non avrebbe mai immaginato di associare la parola flebile a quel compagno di squadra, al più rumoroso, dalla risata più contagiosa.

Ad Atsumu sembra impossibile conciliare quel sussurro al Bokuto che conosce. Dovrà cambiare, aggiornare, ridisegnare. Il precipizio è ancora lì, il vento aumenta, lui non ha paracadute.

Tu sei straordinario, Bokkun.” 

“Lo so, lo so. Finalmente l’hai notato anche tu.”

Ancora quelle teste che cozzano, l’imbarazzo che colora le guance di Atsumu - come se non fosse lo stesso ad avere un partner diverso a seconda del weekend.

Sente il vento che serpeggia all’esterno, ulula, lo terrorizza. Ma è lui a dover fare il primo passo.

Quando poggia le labbra su quelle di Bokuto, la paura aumenta; quando sente quelle di Bokuto muoversi, aggiustare l’angolo, le sente aprirsi, la morsa che gli sta devastando lo stomaco si fa più lieve. Il vento si placa, il cuore gli batte all’impazzata, quasi voglia esplodere nella gabbia toracica.

 

A saltare senza paracadute, con un certo grado di inevitabilità gravitazionale, è destino che seguano dei tonfi davvero straordinari. Eppure, quando Atsumu poggia la testa su quel maglione grigio sbrindellato, la testa nell’incavo del suo collo, la testa vicino al cuore di Bokuto che batte all’impazzata; è in quel preciso istante, che gli sembra di essere atterrato sul morbido. E che i ruoli, infondo, si sono decisamente ribaltati.

 

//

 

“Ma come fai?” 

Un sussurro, tra un singhiozzo e l’altro - Osamu se li è concessi solo con lui.

“A far che?”

“‘Samu.”

Lo sguardo di Atsumu è penetrante, serio. Osamu continua a sottovalutarlo. Sotto la superficie, nel mezzo della vanità e della conquista, ribolle qualcosa di diverso. Sono gemelli, d’altronde.

“A saltare?”

“A saltare. Io proprio non ci riesco.”

“Fai il primo passo.”

“EH?! E questo sarebbe il tuo prezioso consiglio? Ma sei serio?!” 

Uno scappellotto, un sorriso nascosto, le magliette di entrambi un po’ umide e sbrindellate.

Rimangono in silenzio. C’è la cucina da sistemare, e Osamu ha mandato via lo staff. Sapeva che Atsumu sarebbe rimasto lì ad aiutarlo a riordinare.
 

(Fare il primo passo. Forse non sarebbe poi così male.)

 

“Sai che tonfo straordinario.” Se lo lascia sfuggire, si morde il labbro perché Osamu, in qualsiasi momento, ha la capacità di cogliere le sfumature più debitamente nascoste.

 

“Allora, chi è il fortunato?”

 

// 

   
 
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