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Autore: ROSA66    31/08/2022    1 recensioni
Questa storia senza pretese partecipa all’iniziativa “Il mio bonbon”, indetta sul gruppo Facebook “L’angolo di Madama Rosmerta e alla challenge "Perché SanRemus è SanRemus!”, proposta da Gaia Bessie e Ciuscream sul Forum “Ferisce la penna”.
Astoria convince Draco a trascorrere alcune ore nella Londra babbana senza usare la magia. Come reagirà il giovane Purosangue?
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy | Coppie: Draco/Astoria
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Passeggiando per Hyde Park
 
 
Tu mi dici no no no no no
….
E lasciati andare
Che il cuore ti cade giù
E l’amore riappare
"Virale" -M.Romano


 
Non sapeva neanche lui com’era potuto succedere. Più ci pensava, e meno se ne capacitava.
Quella ragazza, con l’aria dolce e innocente da donzella ottocentesca, doveva aver frequentato in realtà un qualche corso intensivo sulle Maledizioni Imperdonabili, specialmente Imperius, senza che lui ne fosse al corrente.
Dietro quel viso pulito e quegli occhi innocenti si celava di certo un non so che di spaventoso, capace di costringerlo ad agire contro la sua volontà.
Sì, era sicuramente così. Altrimenti non c’era motivo per cui avesse accettato di compiere un’azione così contraria alla sua reale natura.
Lui era un mago Purosangue, per Merlino. Un mago con i fiocchi e i controfiocchi.
Chiuse gli occhi al pensiero di quella che gli pareva una cosa talmente inverosimile da pensare di aver capito male.
Invece no. Aveva compreso proprio bene.
Pochi giorni prima Astoria, sfoggiando uno dei suoi migliori sorrisi, aveva iniziato col dirgli che non sarebbe stata una cattiva idea tentare di aprirsi al mondo Babbano, e che il modo migliore per farlo poteva essere quello di provare a non usare la magia, magari per un periodo limitato di tempo, che so, anche solo per una giornata. Sosteneva che i Babbani non dovevano essere discriminati ma compresi, e il modo migliore per farlo era cercare di comportarsi come loro.
Meglio ancora, tra di loro.
Senza contare che Draco, dopo i processi ai Mangiamorte tenuti dopo la caduta di Voldemort era sotto la stretta supervisione del Ministero che, di lì a un anno, si sarebbe espresso sul suo comportamento. Ogni sua azione, ogni parola, ogni omissione, sarebbero state oggetto di controllo. Un passo falso avrebbe significato trovare aperte le porte di Azkaban.
Così, la giovane Greengrass ci aveva pensato su, e con grande entusiasmo, gli aveva comunicato la sua idea.
Quale azione migliore per convincere il Wizengamot che la nuova generazione dei Malfoy non mostrava alcun segno di disprezzo verso i non Purosangue, ma solo azioni di apertura e tolleranza?
Draco, a quelle parole, aveva iniziato a fissarla come si contempla una strana creatura, pensando che le orecchie dovevano avergli fatto uno scherzo, e aveva cominciato a sentire una specie di peso allo stomaco come se non si sentisse molto bene.
Sprofondò nel divano del salotto in preda in preda alla frustrazione.
Un’intera giornata. Senza magia, per di più. Tanto valeva essere rinchiuso ad Azkaban in una soffocante cella di tre metri per due con la sola compagnia di ratti e scarafaggi.
 
“Dai, Draco, sarà divertente”.
“Ma… ma… io non credo di esserne capace. Io non so fare nulla senza magia. E poi, in mezzo ai Babbani... ”
“Solo per un giorno. Proviamo, ti prego”.
“E se dovessi prendere qualche strana malattia?”
“Non prenderai nulla”.
“E se qualcuno dovesse aggredirci? So che i Babbani possono essere creature malvagie. Ricordati cosa ci ha raccontato il Professor Binns sulla caccia alle streghe nel basso Medioevo e-“
“Draco”.
“Sì?”.
“Non ci succederà nulla, te lo prometto”.
 
Alla fine aveva ceduto, anche se riuscì a diminuire la durata da una giornata a poche ore. Glielo doveva. Astoria era stata l’unica persona tra tutti i suoi vecchi amici e compagni di Casa che l’avesse aiutato a superare il momento di grande difficoltà successivo alla fine della guerra. Non era stato facile per la sua famiglia, che si era trovata a dover sopravvivere alle molteplici accuse mosse dal nuovo ordine sulle loro passate connivenze. Tutti le loro conoscenze del passato, coloro che li avevano affiancati nella affiliazione al lato oscuro si erano per la maggior parte trasferiti all’estero, lasciandosi alle spalle rapporti e amicizie potenzialmente pericolose e rinnegando i trascorsi legami.
Così Draco si era trovato ancor più isolato di quanto non lo fosse stato nell’ultimo periodo scolastico, quando tutti i Serpeverde, in netta minoranza rispetto alle altre Case, venivano guardati con malcelato sospetto da tutti gli studenti.
Solo Astoria gli si era avvicinata, donandogli parole di fiducia e cercando di farlo uscire dall’isolamento forzato in cui era caduto. Inizialmente diffidente, Draco aveva a poco a poco  accolto quell’aiuto di cui realizzò avere un disperato bisogno.
Per tornare a studiare, a vivere e ad amare.
 
Draco fece per la terza volta la spola tra bagno e camera da letto in preda all’agitazione. Cosa poteva fare, adesso? Forse avrebbe potuto inventarsi di aver contratto qualche strana malattia che gli impediva di dar seguito a quell’idea malsana. Ma quando pensò allo sguardo limpido di Astoria, al suo entusiasmo per quella che considerava un’avventura che voleva condividere con lui, non se la sentì di mentire. E poi ormai aveva promesso, e non poteva più tirarsi indietro: non possedeva molto coraggio, ma voleva con tutto se stesso tener fede alla parola data.
Anche se avesse dovuto fare uno sforzo tremendo.
 
Era pronto. Astoria sarebbe arrivata da un momento all’altro.
Diede un’occhiata alla propria figura riflessa nel grande specchio dell’atrio. Per quell’insolita occasione aveva deciso di indossare un completo nero con una camicia del medesimo colore: nell’insieme si vedeva austero ed elegante, come si conveniva a un giovane della sua posizione sociale. Anche se in disgrazia, un Malfoy doveva sempre sapersi distinguere.
Il rumore improvviso di una fiammata, seguito da una risata femminile lo fece voltare verso l’ingresso: Astoria era appena uscita dalle fiamme verdi del camino e lo stava squadrando da cima a fondo.
“Buongiorno, Draco. Ma come ti sei vestito?” esclamò divertita.
Per un attimo lui si adombrò. Aveva ereditato la passione per il total black dal padre, ed era fermamente convinto che uno stile classico fosse l’ideale per un Purosangue, ma quando confrontò il proprio abbigliamento con quello della ragazza, capì che qualcosa non andava. Astoria era assolutamente adorabile con un paio di pantaloni blu aderenti, una semplice camicetta a mezze maniche e delle scarpe sportive dello stesso colore. Osservò i capelli castani, stretti in una coda alta da un foulard dalla fantasia marina che metteva in risalto i suoi occhi azzurri. Gli sembrò bellissima, e per un attimo gli mancò il fiato.
“Io non… ” iniziò a dire, non trovando le parole adatte.
“Non stai male”, lo interruppe. “Il nero ti dona, ma forse devi togliere la giacca”.
Qualche secondo dopo Draco seguì il suggerimento, restando in camicia. Si sentiva un po’ nudo, ma se la giovane gli aveva dato quel consiglio era solo per farlo sentire più a suo agio tra i Babbani.
Il sorriso che gli rivolse Astoria gli fece capire che era proprio così.
“Perfetto”, esclamò la giovane. “Adesso possiamo andare”.
Draco volse lo sguardo alla propria bacchetta, posata sul tavolino del salotto, con un misto tra desiderio e preoccupazione: aveva promesso di lasciarla a casa, ma averla con sé  l’avrebbe reso più sicuro.
“Stai tranquillo, non ti servirà” disse Astoria intercettando la direzione dei suoi occhi.
Allungò la mano, invitandolo a prenderla. Draco afferrò quelle dita sottili e delicate, stringendole tra le sue, e un dolce tepore si diffuse per tutto il braccio scaldandogli il cuore.
“Andiamo?”
“Sì”, rispose fissandola nelle iridi azzurre, “andiamo”.
Non gli rispose, ma il sorriso sulle sue labbra lo fece per lei.
 
Il vicolo buio in cui si erano Smaterializzati era lercio e maleodorante, ma dava su una via piuttosto trafficata di Londra. Draco strinse gli occhi, guardandosi intorno disgustato per il puzzo di urina e spazzatura, ma cercò di non darlo troppo a vedere. Trovò che fosse davvero insopportabile tanto da fargli venire la nausea. Se solo avesse potuto usare la magia, avrebbe ripulito quel posto osceno che gli stava insozzando la suola delle scarpe. Purtroppo, però, aveva promesso. Erano d’accordo che avrebbero usato la magia solo per andare e tornare, visto che sarebbe risultato molto difficoltoso spostarsi dal Malfoy Manor usando solo mezzi babbani.
Per un attimo il ragazzo restò immobile, fissando sconcertato il punto in cui il vicolo incrociava la strada vera e propria. Un mondo a cui non apparteneva, e che aveva sempre disprezzato era lì, a due passi e per una frazione di secondo pensò che sarebbe stato meglio lasciar perdere e tornare indietro.
Una mano si posò leggera sulla sua spalla, strappandolo a quei pensieri inquieti.
 “Vieni, Draco, la nostra avventura ci aspetta”. Astoria lo prese sottobraccio, accompagnandolo verso la luce.
 
Si incamminarono piano tra la gente. Draco osservava con sospetto tutte le persone che gli passavano accanto, vestite nei modi più disparati. Abituato all’abbigliamento tipico di maghi e streghe, con le lunghe tuniche e i mantelli, i cappelli dai colori vivaci e  gli eleganti bastoni da passeggio, gli sembrava di essere stato catapultato sulla luna: ragazzi con pantaloni blu attillati come quelli di Astoria, adolescenti in calzoncini corti e scarpe sportive. Guardò le sue, fatte di pelle di drago, perfettamente in linea con il suo stile classico. Chissà se anche loro notavano un qualcosa di diverso, in lui.
Osservò le donne, giovani e non, con vestiti leggeri e le chiome al vento. Tutti parevano molto indaffarati, con sacche a tracolla o borse di diverse forme e dimensioni.
Non aveva mai visto tanti Babbani tutti insieme.
All’improvviso sentì un senso di oppressione al petto, come se gli mancasse l’aria nei polmoni. Il viso divenne paonazzo, mentre piccole stille di sudore iniziarono a imperlare la sua fronte.  Con una mano tremante slacciò i primi due bottoni della camicia nel tentativo di trovare un minimo di sollievo.  In un primo momento gli parve di sentirsi meglio ma subito dopo avvertì un  leggero giramento di testa al punto da perdere appena l’equilibrio, urtando una robusta signora di mezza età con degli spessi occhiali da vista e dei vistosi riccioli rossi che stava parlando a un piccolo affarino di plastica tenuto nel palmo della mano.
“Ehi, biondino, sta un po’ attento!” gli urlò contro guardandolo in malo modo attraverso le lenti.
Draco restò a fissarla immobile per diversi secondi, incapace di proferire parola.
“Ci scusi, signora”, esclamò Astoria tirandolo per l’avambraccio e trascinandolo via.
Il ragazzo non sapeva cosa dire: gli sembrava che tutto stesse per esplodergli contro, e senza la magia si sentiva come un naufrago in balia delle onde. Guardò Astoria con occhi spaesati, rivelando tutta la sua incapacità di affrontare quella prova. La ragazza si accorse del suo disagio, e quasi si pentì di averlo spinto.
“Draco, ti senti bene?” gli chiese accarezzandogli una guancia. “Se vuoi possiamo tornare-“.
“No”, la interruppe. “È solo che… tutta questa gente… ”. Abbassò lo sguardo, non volendo leggere la delusione nei suoi occhi.
“Vieni, andiamo di qua. Ti porto in un posto più tranquillo”. Gli fece un luminoso sorriso, lasciando che la sua mano calda scivolasse nella sua. E Draco si sentì pervadere da una sensazione di benessere, come se tutti i pensieri e le ansie di poco prima fossero scomparse.
 
Camminarono in silenzio per diversi minuti. Non c’era imbarazzo tra di loro, ma la consapevolezza reciproca che stavano bene insieme, anche tra gente che non era la loro e che non conosceva nulla del mondo al quale appartenevano.
Hyde Park apparve in tutto il suo splendore; il verde si perdeva a vista d’occhio, spezzato da aiuole fiorite e fontane, e nonostante ci fossero diversi babbani, pareva un'oasi di pace.
“Hai fame?” gli chiese, indicando con la testa un piccolo banco con cibo da asporto.
Draco ci pensò un attimo, poi le sorrise e annuì.
“Mi sembra un’ottima idea”.
Comprarono due porzioni di “jacket potatoes” condite con burro. Erano bollenti, così le tennero tra le mani per un po’ prima di mangiarle.
“Mmm, sono buonissime”, esclamò Astoria chiudendo gli occhi mentre assaporava le patate bollite. Pareva una bambina a cui avessero preparato una squisita delizia.
“Dai, prova, Draco. Ti assicuro che con il burro sono fantastiche”, lo incoraggiò.
Il ragazzo fissava il cartoccio che aveva in mano, indeciso sul da farsi. Non era abituato a mangiare così, per strada, senza piatti, posate e tovaglioli. Di solito i pranzi al Manor erano molto formali. In quel modo si sarebbe sporcato le mani e la bocca, sicuramente. E non poteva neanche usare la magia per ripulirsi.
Come se gli avesse letto nel pensiero, Astoria gli disse sorridendo:
“Non ti preoccupare. Ci sono parecchie fontane qui ad Hyde Park. Puoi avere tutta l’acqua che vuoi senza evocare un Aguamenti”.
 Lui inarcò un sopracciglio, sorpreso per il fatto che avesse saputo leggergli la mente così bene, e iniziò ad addentare le patate. Il sapore gustoso dei tuberi gli inondò la bocca, stupendolo. Non ricordava di aver mai assaggiato un cibo così ghiotto, neppure quando era piccolo e sua madre faceva preparare dagli Elfi domestici ogni genere di prelibatezza per viziarlo.
“Hai ragione. Sono veramente ottime”, esclamò girandosi verso Astoria. Erano seduti su una panchina, accarezzati da una leggera brezza. Il viso della ragazza era rivolto al sole che tramontava, infiammando le cime degli alberi.
Restarono in silenzio, senza parlare per diversi minuti. Poi Draco ruppe quell’attimo di quiete, perché sentiva che doveva dirglielo.
“Astoria, grazie”.
Si voltò meravigliata. Sentire Draco Malfoy che ringraziava apertamente qualcuno aveva dell’incredibile.
“Perché mi ringrazi? Non ce n’è bisogno”.
“Invece sì. Voglio ringraziarti per avermi accompagnato in questa breve avventura, per essermi sempre vicino. Sei una persona speciale, Tori”.
Astoria arrossì a quelle parole, a cui non sapeva cosa rispondere. Ma all’improvviso esclamò:
“Però, è meglio se torniamo subito a casa. Questo condimento non mi si leva più dalle mani. Non vedo l’ora di riprendere in mano la mia amata bacchetta”.
Scoppiarono a ridere insieme.
La vita, anche in mezzo ai Babbani, non aveva mai avuto un sapore più gradevole.  
 
 
Note dell’autrice:
Questa storia senza pretese partecipa all’iniziativa “Il mio bonbon”, indetta sul gruppo Facebook “L’angolo di Madama Rosmerta”.
Ho accettato la sfida di Kami Rossi: i personaggi erano il n.1 e il n. 6, Draco e Astoria e la situazione era: Astoria convince Draco a trascorrere del tempo senza magia e lui, pur con riluttanza, accetta.
Inoltre, partecipa all’iniziativa “Perché SanRemus è SanRemus”, proposta da Gaia Bessie e Ciuscream sul Forum “Ferisce la penna”. La canzone è “Virale” di M. Romano.
Spero vi sia piaciuta.
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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