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Autore: Jigokuko    04/09/2022    1 recensioni
{FE Three Houses - Post Crimson Flower}

"Se anche dovessi venire sconfitto, la stirpe dei Blaiddyd andrà avanti."

Le parole di Dimitri scambiate con Rhea celavano un segreto.
Prese Fhirdiad e la vita della Purissima, Edelgard ne viene a conoscenza; invece di distruggerlo, lo porta con sé e lo condivide con il popolo sotto mentite spoglie.
Ma commette un grave errore e le sue bugie vengono a galla.

Non si può impedire ad un fulmine di scatenare la propria luce.
Genere: Angst, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Byleth Eisner, Dimitri Alexander Blaiddyd, Nuovo personaggio
Note: Kidfic, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Fulmine Sanguinolento - Il Leone che si credette un'Aquila
 

8

Intra Venus


Benedikt aveva passato tutto il pomeriggio a cercare ed ormai il sole era quasi sparito all'orizzonte... stava per perdere le speranze di trovare chissà quale indizio, quando si trovò davanti qualcosa di diverso: coperto da uno spesso strato di felci, incavato ai piedi della montagna, c'era quello che sembrava un buco.
Si adoperò per sradicare le piante e ci guardò dentro, ma era talmente buio... vedeva solo nero davanti a sé. Non poteva però fermarsi lì – a cosa sarebbe servito quel lunghissimo viaggio?
Senza rimuginarci troppo sopra, entrò nella caverna con la lanterna accesa, la quale risultò inutile ed incapace di illuminargli la via. Ad un certo punto si voltò, ma anche dietro di sé non vedeva più nulla; l'unica opzione era proseguire e scoprire dove sarebbe arrivato.
Scese un vasto numero di scalini ripidi per minuti che parvero interminabili, finché non arrivò in fondo ed accadde qualcosa di sensazionale: quando il suo piede poggiò terra, a terra iniziarono a disegnarsi linee di una tenue luce azzurra che proseguirono per tutto il pavimento ed illuminarono l'ambiente circostante. Si trovava in un corridoio molto largo ma basso, con le pareti ed il soffitto attraversati da decine di tubi di ferro di diametro variabile. Non aveva mai visto niente del genere, non capiva da dove venisse la luce, non riusciva a percepire alcuna fonte magica, né vedeva del fuoco... semplicemente assurdo.
Il silenzio tombale rendeva tutto ciò ancor più inquietante.
Riprese a camminare seguendo l'unica via percorribile -a volte sulle pareti incontrava anche delle frecce luminose di colore giallo che fornivano indicazioni-, finché non si trovò di fronte ad un vicolo cieco: sul pavimento era disegnato un triangolo rosso, il quale ne conteneva un secondo assieme alla scritta "GO" e sotto dei caratteri che non riusciva a leggere. Le strisce luminose si arrampicarono sul muro e solo dopo il principe capì che quella era una porta. Ma come aprirla?
Provò a toccare con i piedi quell'insolito segnale senza successo, ed in quel momento comprese che avrebbe dovuto usare la pura e semplice forza bruta. Tastò con la mano il metallo alla ricerca di un punto debole, ma inaspettatamente quel gesto suscitò una reazione. Sulla porta le strisce di luce si mossero come serpenti fino a formare un particolare disegno: all'interno di un grosso rombo ne erano contenuti altri e da essi partivano quelle che sembravano le estremità di una luna crescente rivolta verso il basso, altri tre rombi di dimensioni diverse, uno sopra e due sotto, erano collegati al principale.
Non ebbe il tempo di studiarlo ulteriormente perché la porta si aprì.
Ciò che si trovò dinanzi fu quella che sembrava una piccola città completamente diroccata ma dall'architettura stranissima ed al suo centro un palazzo simile ad una piramide, anch'esso attraversato da linee e disegni luminosi.
Benedikt proseguì guardandosi attorno e rimanendo in allerta; seppur vuoto, quel luogo sembrava contenere tracce di vita – che senso avrebbero avuto, allora, tutte quelle luci funzionanti? La sua destinazione fu la piramide, della quale iniziò a salire la gradinata che portava all'entrata.
C'era un'altra porta, perciò si mise a tastarla come la precedente ed essa, ancora, rispose al comando e si aprì. Si domandò come mai riuscisse ad entrare tanto facilmente, un luogo del genere aveva davvero una così bassa sicurezza?
Dovette abbandonare il quesito per seguire la strada ed arrivare al cuore del palazzo. Al contrario di come sembrava, la costruzione si estendeva ancor più in profondità nel terreno e non verso l'alto; percorse corridoi e scalinate per svariati minuti finché, di nuovo, non trovò una porta, l'ennesima – in cuor suo sperò fosse l'ultima, già non ne poteva più, era esausto. Stesso procedimento, uguale successo.
Quella era una grande stanza quasi interamente spoglia, illuminata dalle solite luci come tutto il resto della città, ma non fece in tempo a studiarla.
In un angolo c'erano due figure, una era seduta ad un tavolino che non c'entrava nulla con tutto ciò a cui aveva assististo fin'ora, mentre l'altra... l'altra era un gigantesco mostro con una maschera di ferro il quale, non appena percepì la sua presenza, scattò su due zampe come una molla e gli corse incontro, pronto ad attaccarlo ed ucciderlo.

- DEDUE, NO!

Una voce, più precisamente un urlo di donna.
Aprì lentamente gli occhi -li aveva chiusi?!- e si vide davanti la bestia, la sentì respirare attraverso quel pezzo di ferro, sembrava fissarlo nonostante non riuscisse a capire dove fossero gli occhi. L'abominio indietreggiò e, alle sue spalle, vide avvicinarsi qualcuno con fare a metà tra il preoccupato ed il timoroso.
Passato lo spavento iniziale, trasalì: pelle diafana, occhi di ghiaccio, vestita di nero come se fosse in lutto e trucco pesante... era lei, la salvatrice, la donna che tanto aveva desiderato rivedere per ringraziarla propriamente.

- Voi...—-
- Ti stavo aspettando, sapevo che ci saremmo incontrati di nuovo.-
- Lo sapevate? Come...-
- Le carte lo hanno riferito alla Luna Crescente. Vent'anni...-

La sua voce si spezzò e la costrinse a mordersi il labbro. Si avvicinò ulteriormente, gli prese una mano tra le sue -erano così calde...- e successivamente lo portò a sedersi a quel tavolino. Sopra c'erano due tazze nonostante fosse sola.
Gli versò del liquido che dall'odore riconobbe come camomilla poi, dopo qualche istante di silenzio, gli parlò nuovamente.

- Ho atteso per così tanto questo giorno... stento a crederci che tu sia qui, vivo.- Si commosse e, stropicciandosi un occhio, irrimediabilmente rovinò il trucco sul suo bel viso.
- Voi... perché state piangendo?-
- Sono solo felice. Dalla battaglia di Tailtean il mio mondo, la mia mente, tutto ciò che possedevo ed amavo mi fu strappato dalle mani. Ed invece tu ci sei ancora, la mia speranza, il frutto di un profondo amore, ciò per cui abbiamo dato la vita.
Figlio mio... averti qui, davanti a me, mi rende di nuovo degna di esistere.-

Benedikt udì la bestia accovacciarsi dietro la sua sedia, ma subito dopo la sua mente subì un blackout.
"Figlio mio"...? Aveva sentito bene? Quella donna l'aveva appena chiamato "figlio"? Figlio? Cioè... il prodotto del parto di una madre? Quella creatura nata dopo l'accoppiamento di due persone? La cosa che viene fuori dall'unione di sperma ed ovulo?
No, no, no, no, no? Perché?
Non poteva essere sua madre, quella era matta, tra l'altro sembrava sua coetanea. Dove si era andato a cacciare? Doveva restarsene ad Enbarr, mai partire né per il Garreg Mach, né per Itha, né per la fantomatica Shambhala, né—
Incrociò il suo sguardo, in quegli occhi gelidi e chiari. "I tuoi occhi sono bellissimi, Benedikt, di un azzurro così chiaro...", "Il principe ha occhi di ghiaccio, sono inquietanti", "Altezza, occhi freddi come i vostri sono una rarità. Splendidi".
...
Erano del suo stesso colore. Prima l'aveva visto solo su di sé.
Strinse i pugni. Continuava a fissarla. Anche lei lo guardava, conscia di dovergli dare tempo per elaborare.
Strinse più forte, le nocche si sbiancarono, sospirò rumorosamente, la guardò di nuovo -era troppo bella e giovane, troppo inquietante-.
Poi, finalmente, si decise a parlare.

- Cosa diamine stai dicendo?! Pazza!- No, non così! Perché così rude?!
- La verità, – E per quale motivo lei non se ne stava curando?! – io sono tua madre, Aleksei.-
Primo: il mio nome non è "Aleksei", ma Benedikt. Secondo: mia madre è l'Imperatrice Adrestiana, non una tizia a caso che beve camomilla sottoterra assieme ad un mostro!- "Ale—, no, Benedikt, non volevi ringraziarla? Perché ora la stai insultando?", quello fu il suo pensiero, ma per qualche motivo cervello e bocca non erano connessi.
- Dannata strega.- La sentì sibilare.

Si mise le mani nei capelli, confuso ed arrabbiato con sé stesso. Non voleva insultarla, davvero, non sapeva cosa gli fosse preso. Lei aveva salvato Sera, era una specie di santa, la sua magia così potente— ... e gli aveva detto di essere sua madre, la mamma, la genitrice, la donna che lo aveva partorito.
Era giovane, non aveva senso, ma il colore degli occhi... lo stesso azzurro... Edelgard non li aveva così, neanche Byleth, quei due non avevano i capelli biondi, ma nemmeno la donna davanti a lui. Quelli da dove venivano?
Gli faceva male la testa, così tanti pensieri gli frullavano nel cervello, così forti da spappolarlo, demolirlo, annientarlo.

- Scusa... scusa, scusa, scusa, scusami— mi dispiace, non volevo essere così... così... così stronzo, ecco. Giuro, di solito non mi comporto in questo modo, hai salvato Sera da morte certa, io la amo, capisci? Se non ci fossi stata tu, con quella magia, lei— lei—-
- Ho solamente fatto ciò che era giusto. Chiunque fosse stato, gli avrei salvato la vita, perché perdere una persona amata è la più grande delle tragedie.-
- Tu— anzi, voi... – Il principe alzò la testa, guardandola di nuovo negli occhi. – siete... siete davvero mia madre?-

In risposta, lei si alzò in piedi e gli diede le spalle. Da sotto il velo nero fuoriusciva una cascata di capelli color pesca, quasi rosa.
Si strinse nelle spalle, come se i ricordi fossero una ferita aperta e sanguinante. Solo dopo qualche secondo si calmò; alzò la testa verso l'alto, prese un profondo respiro e tornò a mostrarsi in viso.

- Era il venticinquesimo giorno della Luna Solitaria, anno millecentottantasei, ventunesimo arcano: Il Mondo.
A Fhirdiad non nevicava da tanto tempo e ciò era insolito, come se il cielo avesse paura della guerra – l'armata dell'imperatrice si avvicinava sempre più.
La mia gravidanza, così come il mio matrimonio con tuo padre, furono tenuti nascosti e quella notte nascesti in segreto, in pochi seppero della tua esistenza. Ma, di quei tempi, far sapere al popolo della nascita di un erede al trono avrebbe solamente comportato rischi per il bambino.
Il venticinquesimo giorno della Luna Solitaria venne alla luce il principe ereditario del Sacro Regno di Faerghus: Aleksei Irek Blaiddyd.

Al giovane sembrò fermarsi il cuore.
Blaiddyd, Blaiddyd, Blaiddyd, Blaiddyd... ancora quel nome, quella parola. Artemiya, Rufus, Areadbhar, il Segno, il Re dei Leoni, adesso lei gli veniva a dire di essere sì un principe ereditario, ma di un luogo diametralmente opposto a quello che si aspettava!

- Solamente un mese dopo, però, lo Squadrone dell'Aquila Nera giunse alla pianura di Tailtean, pronto a marciare verso la capitale. Il re in persona decise di scendere in campo ed io, incapace di stare buona ad aspettarlo, lo seguii per combattere fianco a fianco.
Un violento temporale aveva reso tutto un mare di fango, ma le armate non si fermarono – i due sovrani duellarono all'ultimo sangue e, purtroppo, il re perse. Mentre cercai di aiutarlo fui presa e pugnalata decine di volte alla schiena, quei soldati mi costrinsero a vedere l'uomo che amavo venire decapitato davanti a me. La sua testa cadde in una pozzanghera ed io urlai con tutte le mie forze.
L'imperatrice mi notò, le parlai e lei in risposta mi diede quello che doveva essere un colpo di grazia, ma attuato in modo da avere una morte lenta e sofferta. Mi fece seppellire viva assieme al corpo di tuo padre, stringevo la sua testa mozzata in grembo e piangevo... piangevo come mai avevo fatto in vita mia. Avevo perso tutto in un istante, ero rimasta da sola, non riuscivo a soffocare a causa del mio stesso potere, i vermi divoravano le mie carni ed entravano sempre più in profondità. Rimasi là sotto per dieci giorni.-
- Sepolta per dieci giorni... come... come fate ad essere ancora viva? È fisicamente impossibile...-
- È per il Segno che porto, si chiama Luna Crescente. Il suo funzionamento principale è quello di amplificare la magia, ma è molto potente e mi permette di prevedere il futuro attraverso le carte, vedere gli spettri ed impedisce di invecchiare e morire per ferite gravi. Se non lo avessi avuto sarei morta, ma la sofferenza è stata inimmaginabile... fui ferita da una reliquia e i vermi continuavano a cibarsi della mia carne, più passava il tempo e più stavo male.-

Quelle parole, se vere, facevano acquisire più senso alla storia. Lei sembrava così giovane perché erano gli effetti del Segno e sempre per esso era sopravvissuta senz'aria tutto quel tempo... era tutto talmente surreale da fare il giro e diventare realistico.
Da come ne parlava, il modo in cui si esprimeva... o era un'attrice magistrale, o stava dicendo la pura verità. Gli aveva trasmesso la sua sofferenza, per un istante giurò di sentire degli insetti strisciargli sulla schiena.
La domanda però rimaneva una. A parte il colore degli occhi non si somigliavano così tanto, perché sosteneva così fermamente di essere sua madre...?

- Siete sicura che io sia vostro figlio, questo "Aleksei"? Prima di quell'evento non ci eravamo mai incontrati, come fate a saperlo?-
Una madre sa.
... O almeno, questo direbbe chiunque. Io invece l'ho capito in un altro modo: sei la copia identica di tuo padre. La forma del viso è la stessa, avete lo stesso naso, le stesse labbra, gli stessi capelli, quasi la stessa altezza e corporatura.
Ma... c'è un dettaglio in più... che al momento della tua nascita non era presente.-
- Di cosa state parlando?-
- Anche tu hai ereditato la Luna Crescente, Aleksei. Io ne sono l'unica portatrice mai esistita, solamente mio figlio avrebbe potuto possederla.
Sento il suo potere, la sua maledizione scorrere in te, nel tuo sangue. Ma è estremamente acerbo, ha iniziato a manifestarsi da poco, vero? Ti è capitato di ferirti gravemente e vedere la carne ricucirsi? – Il giovane non riuscì a far altro che annuire, incredulo. – ... come temevo, allora è davvero un parassita che si è affiancato al Segno di Blaiddyd.-
- Blaiddyd... questo nome è sempre stato una ricorrenza negli ultimi tempi. Prima non ne avevo mai sentito parlare, ed ora chiunque io incontri lo nomina, mi dice che io ne porto il Segno. Perché... perché nessuno me ne aveva mai parlato?-
- Io non ne ho idea... sono rimasta segregata qui sotto per tutto questo tempo. Tutto ciò di cui sono a conoscenza è che il Faerghus sta morendo. La mia casa... il luogo che avrei dovuto governare al fianco di Dimitri...- La donna fu di nuovo sull'orlo del pianto, ma si trattenne.
- Fino a pochi mesi fa ero ignaro, con zero problemi per la testa, spensierato, mentre ora vengo a scoprire che la mia vera madre vive in una città interrata, sono il principe di un regno perduto e porto non uno, ma due Segni. È... è troppo volere una vita tranquilla?-
- Questo dovresti chiederlo alla tua finta madre, è stata lei stessa a muovere guerra ed uccidere l'ultimo membro della famiglia rimastole. – Il principe la osservò, ancor più confuso. – Quando era una bambina, sua madre sposò il padre di Dimitri, i due erano fratellastri.-

Aleksei faticava a tenere su la testa, era come se quel mare di informazioni gliel'avesse resa talmente pesante da impedirle di stare dritta. Dall'additarla come pazza squinternata era passato a crederle, perché a pensarci aveva molto più senso tutto ciò che lei gli aveva raccontato della sua intera esistenza di inganni.
Lui era il principe delle bugie, né più né meno. Sembrava che il mondo intero si divertisse a prenderlo in giro e raccontargli baggianate per farlo andare fuori di testa.

- Voi mi avete detto il mio vero nome, ma io non so il vostro. Come vi chiamate...?-
- Mi chiamo Ksenia, Ksenia Arnim. Qui non lo usano mai, ma per favore, rivolgiti a me in tale modo, questo è il mio nome, il nome che Mitya scelse e che mi porterò nella tomba.-
- Ksenia, anzi, madre, venite con me ad Itha, vi prego. C'è qualcuno con cui vorrei parlaste.- Si alzò, la raggiunse e le prese le mani.
- Io non posso. Mio padre, l'uomo che mi ha portata via a forza prima che potessi parlare, mi impedisce di uscire da Shambhala in autonomia.-
- Perché?!-
- Perché il mio sangue è estremamente prezioso, ne ha bisogno. Mi tiene in scacco, se scappassi distruggerebbe qualcosa a cui tengo al pari di te.-

Senza dire altro, sempre tenendolo per mano, lo accompagnò in un'altra stanza -spiegò che quei ghirigori comparsi sulle porte erano la rappresentazione del Segno della Luna Crescente e fungevano da chiave-; in essa faceva più freddo e l'aria era meno umida. Il mostro gigante li stava seguendo.
Le tenui luci sul pavimento si accesero ed in fondo illuminarono una figura umana, immobile in piedi, proseguendo riuscì a distinguere un'armatura familiare, bianca con il mantello blu e la pelliccia sulle spalle.
Solo a pochi metri di distanza si rese conto che quella era in realtà una mummia; la pelle del viso era rinsecchita, gli occhi erano socchiusi, la bocca semiaperta ed i capelli biondi le incorniciavano il volto.
Quell'uomo... quell'armatura caratteristica, il Segno di Blaiddyd inciso sul petto... era lui, lo spettro che lo seguiva ed infestava i suoi sogni. Ma ora aveva la testa cucita grossolanamente sul collo ed era un cadavere vero e proprio. Sussultò, indietreggiando di un passo, lei però gli strinse la mano.

- Lui è Dimitri Alexandre Blaiddyd... tuo padre.-
- Questo è davvero il suo corpo...?-
- Certamente.-
- Perché si trova qui?-
- Perché non volevo, non voglio lasciarlo andare.-

Ksenia si avvicinò a ciò che restava di Dimitri ed appoggiò il corpo contro il metallo dell'armatura, la testa sul petto come se volesse sentirne i battiti del cuore. Chiuse gli occhi e poi gli prese la mano.
Aleksei la osservava sconcertato. Normalmente, se avesse visto qualcuno comportarsi così, si sarebbe fatto delle grasse risate, ma non ce la faceva... guardare quella che da poco aveva scoperto essere sua madre abbracciare la mummia del suo defunto marito gli metteva addosso un'angoscia incredibile. Aveva passato vent'anni in questo modo...?
Non poteva nemmeno immaginare tutto il dolore provato da lei.

- Quando gli agarthei mi disseppellirono, stringevo ancora la sua testa contro il mio ventre e mi rifiutavo di lasciarla. Ero entrata in uno stato di trance, non rispondevo a nessuno ed impiegavo quella poca magia che riuscivo a produrre in quello stato per impedire che si decomponesse... ogni tentativo di togliermela dalle mani metteva in atto un meccanismo di difesa che irrigidiva i miei muscoli tanto da diventare inamovibili.
...
Ad essere sincera, non so quanto sia durato quel periodo, non ne ho memoria, ciò che so mi è stato raccontato. Sono riuscita a tornare a vivere grazie alle parole di mio padre, il quale passava ogni singolo momento libero a parlarmi, a cercare di svegliarmi da quella specie di coma.
Il mio primo ricordo dopo lo scontro a Tailtean è stato il momento in cui gli ho finalmente consegnato la testa. Lo feci perché mi aveva promesso che l'avrebbe restituita al suo legittimo proprietario... e così mi convinse. Questo è il risultato.
Aleksei... io non posso abbandonarlo qui, non è importante solo per me, ma anche per Dedue.-
- Dedue...?-

Il principe si voltò, la bestia era dietro di lui. La prima volta che la vide ne fu inorridito e spaventato, ma più la guardava... più quella cosa gli faceva pena. Perché aveva una maschera così pesante sul muso...?
Notò anche che appeso al suo collo c'era un ciondolo d'oro.
Era lui Dedue? Aveva un nome?
Durante la sua permanenza all'Accademia Ufficiali aveva imparato che le bestie demoniache erano fuori di testa, assetate di sangue ed accecate per via del potere derivato dalle pietre segno, non erano di certo domabili... o degne di nome. Non esitavano ad uccidere, l'istinto di sopravvivenza le spingevano ad attaccare a testa bassa, eppure quella davanti a lui era tranquilla e docile.

- Dedue era l'attendente del re, l'uomo più buono che abbia mai conosciuto, il "gigante gentile". Quando erano giovani Dimitri gli salvò la vita e da quel momento giurò di non abbandonarlo mai ed essergli sempre leale.
A Tailtean, quando la battaglia si fece aspra, usò una pietra segno per trasformarsi in una bestia... sai ormai com'è andata a finire. Lui fu ferito gravemente, ma riuscì a sopravvivere e mi seguì qui, da quel momento è sempre rimasto al mio fianco. Credo di aver conservato un briciolo di sanità mentale solo grazie a lui.

Aleksei aveva ora il quadro più o meno completo, quasi tutto aveva finalmente un senso.
Il Segno, anzi, i Segni che portava, il motivo per cui Rufus lo aveva chiamato "Dimitri" al loro primo incontro, la somiglianza inesistente con la sua "famiglia"...
C'erano sicuramente altre cose che Ksenia non gli aveva raccontato, ma non voleva pressarla ulteriormente, sembrava profondamente provata dall'aver dovuto tirare fuori ricordi tanto dolorosi; la storia di lei che non voleva mollare la testa lo aveva destabilizzato e probabilmente il volto rinsecchito di suo padre lo avrebbe perseguitato tutte le notti – già lo faceva, ma vederlo decapitato gli faceva meno senso, la mummia sembrava dovesse svegliarsi e rincorrerlo da un momento all'altro.

- Madre... Dedue... rimanere sottoterra con un cadavere non è la soluzione per superare il dolore della perdita. Dovete lasciare il passato dove si trova ed iniziare a costruire il futuro... è già tardi.
Venite entrambi con me ad Itha... per favore.-
- Anche se scappassi da Shambhala, mio padre riuscirebbe a rintracciarmi per via della vasta scia magica che lascio al mio passaggio... se dovesse tornare e fossi abbastanza vicina mi troverebbe subito. Saresti in pericolo, non voglio che accada.-
- Deve pur esistere un modo...-

Iniziò a pensare. Lei non poteva sicuramente reprimere tutto quel potere, lo percepiva forte e chiaro, sarebbe stato impossibile nasconderlo.
Correre il rischio era da stupidi ed incoscenti, lui poteva tornare in qualunque momento – anzi, anche in quell'istante erano in pericolo, doveva pensare più in fretta.
Itha era lontanissima, ci sarebbero voluti giorni o addirittura settimane per raggiungerla, non avevano tempo.
...!

- Quella volta, come siete spariti?-
- Al nostro primo incontro...? Con un'invenzione agarthea simile all'incantesimo del teletrasporto.-
- Lo sapevo! Possiamo usarla, vero?-
- Io... non so...-
- Ascoltatemi bene: o la va, o la spacca. Il tempo scorre: più ne passa, più si avvicina il momento in cui vostro padre sarà qui.
Se è davvero pericoloso come dite, tanto vale fallire ma averci almeno provato.-
- ... Va bene, verrò.-

La donna si prese qualche secondo per salutare, forse per sempre, Dimitri, poi li accompagnò in quello che sembrava il laboratorio di uno scienziato pazzo.
Era sporco, con vetri rotti dappertutto, inquietanti fiale colme di sangue, organi ed oggetti non identificati immersi nella formaldeide... quel posto era talmente surreale da mettergli i brividi.
Ksenia, da persona calma e tranquilla, mentre cercava chissà cosa iniziò ad agitarsi, l'ansia e la fretta avevano preso il sopravvento, le parole del figlio le avevano davvero messo paura e la possibilità che suo padre potesse scoprirla l'aveva destabilizzata.
Quando finalmente trovò quel cristallo, si rilassò di colpo.

- Vuoi andare ad Itha, Aleksei...?-
- Proprio così.-
- Cercherò di portarci tutti e tre, allora.-

Chiuse gli occhi ed iniziò a recitare una formula magica. Dapprima non successe nulla, ma qualche istante dopo un fumo nero e viola li avvolse.
In un battito di ciglia, Shambhala era vuota.


... FINALMENTE. Finalmente sappiamo il vero nome di Benedikt: Aleksei Irek Blaiddyd.
Aleksei significa "Difensore", mentre Irek "Libertà"; l'ho sempre trovato un accostamento stupendo.
Non potete capire il mio mal di testa ogni volta che dovevo scrivere il suo nome e cercare di non spoilerare quello vero. Credo di essere diventata pazza.
Comunque— siamo giunti ad una svolta, tante domande hanno ricevuto risposta, ma nel frattempo ne sono sorte altre. Qualche capitolo fa la madre di Aleksei veniva chiamata Anaxagoras, ma ora si è presentata al figlio come "Ksenia"... sicuramente è un personaggio particolare.
Io l'adoro, ho una specie di preferenza per lei perché è stata la mia prima OC di Three Houses e colei da cui è partito tutto, she's my queen e guai a chi me la tocca.
Per finire, scusatemi per l'immenso spiegone che è stato questo capitolo, ma era necessario e Ksenia si era tenuta dentro tutto per due decenni, doveva sfogarsi. Personalmente mi sono divertita molto a scriverlo, soprattutto il punto in cui lei lo chiamava "figlio" ed il suo cervello si è spappolato.
Spero sia piaciuto anche a voi e che in generale la storia sia di vostro gradimento.

 

   
 
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