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Autore: Keeper of Memories    04/09/2022    1 recensioni
[Possibili spoiler]
Raccolta di Oneshot su vari personaggi di Genshin Impact, alcune richieste altre scritte in una manciata di ore, seguendo l'ispirazione.
The world is full of lost ballads just waiting to be rediscovered!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Genere: hurt/comfort, sentimentale
Tipo di coppia: shonen-ai
Personaggi: Diluc, Kaeya
Avvertimenti: Harry Potter AU
 
«Sai, c’è un detto babbano che dice “chi non muore si rivede”. Forse l’hai sentito, Diluc» esordì Kaeya, poggiandosi pigramente alla fredda pietra delle segrete di Villa Malfoy. Il piccolo lume ai suoi piedi tremolava, proiettando la sua ombra danzante sul fondo della cella che il Signore Oscuro gli aveva dato il compito di sorvegliare.
Diluc non rispose, rimase ostinatamente accovacciato a terra, la schiena contro il muro e le gambe piegate contro il petto. La folta chioma rossa ricadeva sul viso ostinatamente nascosto come una cascata di fuoco.
«Suvvia! Pensavo saresti stato felice di vedermi» continuò imperterrito Kaeya, dipingendo sul suo viso il suo solito sorriso malizioso «Poteva andarti peggio. Poteva essere Codaliscia come tuo carceriere, o peggio, quel cane pulcioso di Greyback! Invece hai me… e tutti gli arti ancora attaccati addosso. Non è fantastico, Diluc?»
Diluc sollevò il capo, permettendo a Kaeya di vedere il suo volto scavato. Lui non c’era quando l’avevano catturato e rinchiuso in quella minuscola cella, ma dall’aspetto emaciato e dai vestiti ridotti a brandelli intuì che il suo amato Diluc non aveva reso affatto facile la sua cattura ai suoi compagni mangiamorte.
Kaeya si avvicinò alle fitte sbarre della porta della cella. Diluc lo stava guardando, uno sguardo vacuo come se non lo vedesse affatto.
«Guardati. Il grande Diluc Ragnvindr, massimo dei voti in tutte le materie, stella della squadra di Quidditch di Grifondoro, novello auror. Non ti senti un po' patetico, fratello
«Non più di un traditore della propria famiglia, immagino.»
La voce di Diluc uscì flebile, stentata, lo sguardo ora più acceso e carico d’odio. Kaeya si stupì quasi di provare sollievo, preferiva mille volte la rabbia che nei tempi più recenti gli riversava addosso in quella maniera violenta piuttosto che il vuoto dell’indifferenza.
«Traditore… Ti ricordi quello che mi hai detto quella sera, Diluc?»
Kaeya si rese conto di aver alzato la voce. Non che gli importasse particolarmente, le segrete di casa Malfoy avevano abbastanza protezioni magiche da rendere inudibile perfino un uragano. Abbassò lo sguardo, sulle nocche biancastre delle sue mani che ora stringevano spasmodicamente le sbarre della prigione.
Ci fu un rumore di passi strascicati e una mano candida si posò sulla sua. Kaeya sollevò di nuovo lo sguardo; gli occhi di Diluc incontrarono i suoi, limpidi, sereni, privi di qualunque risentimento. Per un attimo, a Kaeya sembrò di essere tornato bambino.
Un tonfo lo riportò alla dura realtà. Diluc era crollato in ginocchio, ansimante, e solo allora il giovane mangiamorte notò le multiple ferite sanguinanti lungo tutto il busto. Riconobbe immediatamente il tocco sadico della Lestrange.
«Sei ferito.»
«Non è niente.»
Kaeya strinse le labbra, lasciando cadere la sua solita facciata di sfrontatezza. Doveva medicarlo, in qualche modo. Usare la magia era fuori discussione, in quelle celle era praticamente impossibile usarla e se anche ci fosse riuscito, al primo controllo della bacchetta sarebbe stato scoperto.
«Torno subito» annunciò, imboccando rapidamente le strette scale a chiocciola che lo avrebbero riportato alle lussuose sale di Villa Malfoy, fortunatamente vuota. Per ora, pensò. Doveva fare in fretta. Andò alle cucine e, con molta nonchalace, chiese a uno degli elfi domestici una pozione per il mal di pancia.
La vecchia elfa aprì un grosso baule e iniziò a ispezionare le centinaia di boccette in esso contenute. Alle sue spalle, Kaeya trovò esattamente quello che stava cercando: una pozione cicatrizzante, molto blanda, il genere d’intruglio che si dà ai bambini quando si sbucciano le ginocchia. Probabilmente non sarebbe stata sufficiente a chiudere le ferite, ma se non altro avrebbero smesso di sanguinare. Se le ferite fossero effettivamente guarite, qualcuno avrebbe potuto suggerire la sua malafede e non era proprio quello che voleva.
«Credo sia questa!» disse alla vecchia elfa, indicando una pozione randomica, mentre con l’altra mano rapidamente prendeva ciò che gli interessava.
«Mio signore, questa è una pozione per la tosse. Signore.»
«Capisco. Beh, credo di stare già molto meglio! Quella pozione non mi serve più.»
Kaeya uscì velocemente dalla cucina, senza lasciare il tempo alla vecchia elfa di rispondere.
 
 
«Ti prego, bevila.»
«No. Dopotutto, perché un traditore dovrebbe volermi aiutare?»
Diluc era di nuovo seduto contro la parete della cella, la testa posata sulle sbarre della prigione.
«Perché mi sono preso la briga di procurarti questa pozione. Via, sei il fratello maggiore, no? Non fare i capricci.»
Kaeya si accovacciò a terra, alla sua altezza, lo sguardo preoccupato fisso sulle chiazze rosse che lentamente si espandevano sulla camicia candida.
«Non avrei mai potuto fare quello che mi hai chiesto» disse Diluc, con il suo solito tono lapidario.
Una dolorosa fitta attraversò il petto di Kaeya, paralizzandolo, mentre un groviglio di emozioni gli bloccò la gola per un lungo doloroso istante.
«Avevo già tutto pronto. Saremmo rimasti sempre insieme, lontano da questa maledetta guerra» riuscì a mormorare infine. Respirare era diventato difficile.
«Mi hai chiesto di abbandonare la nostra famiglia e nostri amici per nascondermi, Kaeya. Hai detto di amarmi, perché allora mi hai chiesto qualcosa di così contrario a tutto ciò in cui credo?»
«Perché sapevo che saremmo arrivati a questo.»
Diluc rise debolmente. «È per questo che hai lasciato che nostro padre morisse? L’uomo che ti ha accolto in casa quando non avevi nessuno, che ti ha cresciuto come uno di famiglia nonostante tutti gli sconsigliassero di tenere con sé il figlio di un mangiamorte? È per questo che l’hai fatto, Kaeya Alberich?»
Kaeya non disse nulla, ogni parvenza di sicurezza sparita dal suo volto. Non riusciva a guardare Diluc negli occhi, ormai offuscati dalle lacrime, ma sentiva il suo dolore in ogni parola.
Non poteva dire nulla a Diluc. Era diventato un mangiamorte per richiesta dello stesso Silente e pochi altri sapevano della sua missione, era la spia perfetta proprio per le sue origini. Meno persone sapevano, meglio era, soprattutto se questo qualcuno era Diluc.
Non aveva potuto fare nulla per salvare Crepus, semplicemente perché la sua copertura sarebbe saltata e la guerra che Diluc ci teneva così tanto a combattere sarebbe stata irrimediabilmente persa. Aveva pianto la morte del suo padre adottivo in silenzio e senza dare nell’occhio, lontano dal conforto delle persone care. Lontano da Diluc.
Diluc non disse più nulla, ma Kaeya non riusciva a trovare la forza per guardarlo in volto. Tenendo lo sguardo basso, allungò il braccio oltre le sbarre, verso la sua mano mollemente adagiata sul pavimento di pietra.
Diluc non si ritrasse quando le dita di Kaeya sfiorarono lievemente il dorso della sua mano, né quando si strinsero delicatamente attorno alle sue dita.
«Ti prego» disse Kaeya, la voce ridotta a un impastato sussurro mentre gli lasciava la pozione cicatrizzante in mano. Per un istante, sembrava essere tornato il piccolo Kaeya, il bambino disperato abbandonato nei giardini della magione Ragnvindr.
Con uno schiocco la boccetta si aprì.
 
Quasi un’ora passò. Diluc si era addormentato da un po’, l’unico motivo che aveva dato a Kaeya il coraggio di alzare lo sguardo. Le ferite erano ancora aperte, ma almeno non sanguinavano più. Allungò una mano oltre le sbarre per scostare una ciocca ribelle che fastidiosamente ricadeva sul volto sereno dell’uomo che amava.
Diluc aprì gli occhi di scatto, lo sguardo che però rivolse a Kaeya non era rancoroso, ma dolce, velato appena da un’ombra di tristezza. Per un attimo, tornarono ad essere solo Diluc e Kaeya, non il grifondoro e il serpeverde, non l’auror e il mangiamorte; solo Diluc e Kaeya, due persone che si amano.
Il cigolio di una porta che si apre riportò entrambi alla realtà.
«Andrà tutto bene, starai meglio molto presto. Fidati di me. Ci vediamo quando tutto questo sarà finito» mormorò Kaeya a un sempre più confuso Diluc, prima di alzarsi di scatto.
«L’Oscuro Signore vuole vederci tutti, Alberich» esordì Greyback, non appena lo vide «Sistemo i nuovi arrivati e arrivo anch’io.»
Kaeya annuì appena prima d’imboccare la stretta scala a chiocciola.
 
   
 
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