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Autore: lolloshima    07/09/2022    2 recensioni
Non solo si trovava in camera del suo eroe, ma era addirittura nel suo letto e indossava i suoi vestiti!
Una disavventura... andata decisamente a finire bene!
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Questa storia partecipa alla challenge Writptember 2022 indetta dal gruppo facebook Hurt / Comfort Italia.
Giorno 5
PROMPT: Ti credevo più furbo – I vestiti di X – A fin di bene – Immagine (lentiggini)
* *
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akiteru Tsukishima, Kei Tsukishima, Tadashi Yamaguchi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando aprì gli occhi, si accorse subito di non essere nella sua stanza. E di non essere in nessuna delle stanze che lui conosceva.

Alzò appena la testa, quel poco che gli consentiva di non sentire un dolore acuto trapanargli le tempie, e girò gli occhi intorno, alla ricerca di indizi.

Prima di tutto, la stanza era ordinatissima, e già questo faceva una grande differenza rispetto alla confusione che regnava in casa sua.

Su un lato, una grande libreria bianca prendeva tutta la parete, ed era strapiena di libri, rigorosamente ordinati per colore. Dal letto, non riusciva a distinguere i titoli, ma sembravano davvero interessanti, e per persone molto intelligenti. Niente a che vedere con i manga e le riviste che abbondavano nella sua stanza.

Sparsi su tutta la libreria, come fermalibri o soprammobili, una serie di pupazzetti, di varie fogge e misure, a forma di animali che Yamaguchi non faticò a riconoscere come dinosauri.

Sulla parete opposta, erano appesi alcuni poster: il sistema solare, la locandina pubblicitaria del film Jurassic Park, alcune immagini di band musicali occidentali.

Sopra all’ampia scrivania, un mappamondo, e di nuovo un dinosauro, più grande degli altri, rosa.

Yamaguchi continuò a ispezionare la stanza, finchè incrociò due occhi del colore dell’ambra, che lo fissavano da dietro un paio di occhiali.

Un bambino con la testa biondissima era seduto su una seggiolina posta accanto al letto e lo fissava con il volto imbronciato, proteso verso la sua faccia.

“Oh, finalmente ti sei svegliato.”

“Ma… dove sono?”

“In camera mia. Nel mio letto.”

Yamaguchi si alzò di scatto a sedere, ignorando la fitta alla testa.

La coperta con cui era avvolto, e sulla quale spiccavano le enormi fauci spalancate di un Tirannosaurus Rex, gli cadde dal petto e si rese conto che aveva addosso una tuta verde che gli stava enorme, e che infatti non era sua.

Si trovava nella stanza di Tsukishima Kei! Di più. Era nel letto di Tsukishima Kei! E indossava… i suoi vestiti!

“Questi non sono i miei vestiti…”

“E lo credo! Erano completamente zuppi. La mamma ha detto che eri fradicio fino alla canottiera. E lo erano anche le tue mu…” Tsukishima si bloccò senza andare oltre. Preferiva non nominare nemmeno un indumento tanto intimo come lo slip.

Yamaguchi gliene fu grato. Entrambi i bambini avevano distolto lo sguardo ed erano arrossiti fino alle orecchie, di fronte ad un argomento tanto delicato.

“La mamma dice anche che hai la febbre.”

“Perchè…?” sussurrò timidamente Yamaguchi.

“Vuoi sapere perché sei qui?” continuò spavaldo l’altro. “Non te lo ricordi?”

“N.. veramente no…”

“Ti credevo più furbo, sai? Non dovevi continuare a passare per la scorciatoia che costeggia il laghetto. Ormai dovresti saperlo che dopo la grotta si fermano sempre quei ragazzi di quinta che ti hanno preso di mira. Era logico che, prima o poi, ti avrebbero spinto dentro.” Tsukishima parlava con un tono sicuro e saccente, come se stesse spiegando un concetto difficilissimo, ma per lui banale, ad uno studente che non lo aveva capito.

Yamaguchi lo guardava incantato, ascoltando ogni parola con l’attenzione che si riserva ad un oracolo che sta rivelando un segreto fondamentale per la sopravvivenza dell’intera umanità.

Improvvisamente ricordò.

Effettivamente, per andare a casa aveva preso la scorciatoia e, subito dopo la grotta, si era imbattuto nei tre bulli che dall’inizio della scuola avevano continuato a dargli fastidio.

“Ehi, lentiggini!” gli gridavano sempre a scuola. “Ma quanto sei gracilino! Se porti i nostri zaini farai i muscoli!”. “Ehi, lentiggini! Dacci i soldi per la merenda, se non vuoi prenderle!”

Avevano smesso solo dopo che Tsukishima li aveva affrontati al parco giochi, salvandolo da una brutta fine. Per sconfiggerli, a Kei era bastato guardarli dall’alto della sua spropositata statura e ridere di loro. Nessuno scontro, nessuna offesa, nessuna minaccia.

Tsukishinma Kei era un vero figo, e questo bastava a vincere su qualsiasi bullo.

Quel giorno, se l’erano presa con lui perché lo avevano trovato da solo.

“Ehi lentiggini! Non c’è il tuo amichetto, oggi? Vediamo se corre in tuo soccorso sentendoti piangere! Dai, piangi, cacasotto! Facci sentire come sei bravo a frignare. Dai, chiama il tuo amico gigante…”

Yamaguchi non aveva frignato per niente, non aveva pianto, e non aveva chiamato nessuno.

Ed era finito dritto nel del laghetto.

Ricordava il freddo a contatto con l’acqua, e poi più niente, se non di essersi risvegliato nel letto del suo eroe.

“Quindi sei stato tu…”

“Seee...” rispose con noncuranza Kei, guardandosi le mani e facendo oscillare un tallone mentre la punta del piede stava attaccata al pavimento, come per schiacciare a terra qualcosa. “Ti ho tirato fuori dal laghetto e ti ho portato fino a qui.” La sua bocca era leggermente arricciata di lato, in un moto di falsa modestia.

“Ma è stata la mamma a spogliarti, eh!” aggiunse poi velocemente. Non voleva che sul punto ci fossero equivoci.

“Wow… Grazie…”. Yamaguchi lo guardava sempre più ammirato.

Aveva rischiato grosso, ma ne era valsa la pena, se era servito ad essere salvato da Tsukishima Kei in persona!

Non solo si trovava in camera del suo eroe, ma era addirittura nel suo letto e indossava i suoi vestiti! Il tutto, dopo che lui non aveva esitato a tuffarsi nelle acque insidiose di un lago per impedirgli di affogare, e lo aveva portato di peso fino a casa sua. Praticamente, gli aveva salvato la vita!

Una disavventura... andata decisamente a finire bene!

Beh, in realtà le cose non erano andate proprio come le stava immaginando lui.

Quei bulletti lo avevano davvero preso in giro, ma era stato Yamaguchi a scivolare su una roccia bagnata e a cadere, da solo, nel laghetto. L’acqua gli arrivava al massimo alla caviglia, ma lui, forse a causa dello spavento o forse per la febbre, era svenuto. Per fortuna, in quel momento Kei stava passando per lo stesso sentiero insieme al suo fratellone, che era andato a prenderlo a scuola.

Akiteru aveva sollevato Yamaguchi dall’acqua, se lo era caricato sulla schiena e lo aveva portato a casa loro, visto che né lui, né Kei conoscevano di preciso l’indirizzo del poveretto, e questo non era in condizioni di parlare.

La mamma di Kei lo aveva spogliato dei vestiti bagnati e rivestito con la tuta del figlio, e lo aveva messo a letto, prima di avvisare la sua famiglia.

A Kei non piaceva mentire, di norma non lo faceva, non ne aveva bisogno.

Ma non era necessario che Yamaguchi conoscesse tutti i dettagli della storia, rischiando di rendere il suo intervento meno eroico. E comunque, tecnicamente, non aveva mentito. C’era anche lui nel team di soccorso.

In fondo, gli piaceva il modo in cui Tadashi lo guardava, gli piaceva sentire addosso la sua ammirazione, essere per lui una persona interessante.

Adesso capiva come si sentiva Akiteru. Negli occhi spalancati di Tadashi riconosceva la stima e la profonda ammirazione che lui stesso dedicava al suo fratello maggiore.

Ed era bello, per una volta, esserne il destinatario.

Non era il caso di sminuire questa soddisfazione con dettagli del tutto inutili.

Poco dopo qualcuno suonò il campanello.

Era la mamma di Tadashi che, dopo aver ripetutamente e profusamente ringraziato Akiteru, Kei, e la signora Tsukishima, portò a casa il figlio, promettendo di restituire la tuta lavata e stirata il giorno dopo.

* *

Quella sera Tsukishima proprio non riusciva ad addormentarsi.

Continuava a ripensare al suo compagno di scuola, fino a qualche ora prima disteso su quello stesso letto.

Sentiva un aroma gradevole e fino a quel momento sconosciuto, e pensò che lo avesse lasciato lui.

Aspirò a fondo il cuscino e ritrovò quella sensazione piacevole e avvolgente.

Lo aveva guardato bene, mentre dormiva.

Aveva fissato quei mille puntini rossastri sulla pelle del suo viso, cercando di scorgervi delle costellazioni. Aveva analizzato lo strano colore dei suoi capelli, provando ad associarlo a quello della pelle di qualche animale preistorico. Aveva ascoltato il ritmo lento del suo respiro, sforzandosi di imitarlo solo per provare la stessa pace che sembrava pervadere quel corpo addormentato.

E lo aveva toccato. Aveva sfiorato la sua fronte, per verificare se avesse ancora la febbre.

Naturalmente, non era in grado di capire quale fosse la sua temperatura, ma quel gesto lo faceva sentire grande, e competente. E poi, non gli era dispiaciuto il contatto con la pelle delicata e liscia del compagno.

Aveva ripetuto quel gesto varie volte, ben attento che il ragazzo non si svegliasse e che nessuno potesse vederlo.

Tadashi Yamaguchi non era solo il bambino timido e spaventato che lui aveva aiutato alcune volte.

Era diventata una presenza importante, qualcuno che lui silenziosamente cercava ogni mattina a scuola, di cui sentiva la mancanza, per il quale provava qualcosa, anche se non sapeva ancora bene come catalogare quel sentimento.

Kei non legava con gli altri bambini, non aveva amici. Akiteru lo rimproverava per questo, gli diceva che non era una cosa buona non riuscire ad avere un rapporto di amicizia con i compagni di classe.

Forse quello che gli stava accadendo non era altro che il sorgere di un nuovo legame. E probabilmente era a questo che Akiteru si riferiva.

Non lo avrebbe mai confessato a Tadashi, né a nessun altro, ovvio. Ma forse, quello che provava in questo momento, quel calore che sentiva invadergli il cuore, altro non era che amicizia.

Finalmente si addormentò sereno, cullato dalla piacevolissima sensazione di avere qualcuno al mondo da poter chiamare “Amico”.

 

 

   
 
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