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Autore: mortifero    07/09/2022    1 recensioni
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«Morty vorrebbe capire suo nonno, abbastanza da non farsi mille domande ogni volta. O capirlo del tutto, così almeno non avrà mai più brutte sorprese, non si farà più del male, perché avrà già prevenuto la pugnalata alle spalle.»
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Morty Smith, Rick Sanchez
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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ATTENZIONE – Nel capitolo e nel successivo saranno presenti spoiler riferiti alla premiere della sesta stagione. Non ho resistito.



 Parte II


«Che cazzo?», sbotta Rick, vedendo anche la propria sparaporte spegnersi. Senza elettricità, non vive neanche lei. Morty ha consumato tutta l'energia perché gli piace svegliarsi presto ma prendersela comoda prima di presentarsi a lezione. Non brilla più nemmeno la luce verde lime.

Rick grugnisce di rabbia non appena vede i dati delle coordinate sparire davanti ai suoi occhi. Impreca ad alta voce e per poco non scaraventa in aria l’invenzione che ha regalato al nipote.

Morty si affaccia alla finestra, e in ogni palazzina la luce è stata risucchiata; c'è un silenzio mortifero intorno a loro, solo la natura sprigiona la sua potenza nella sua vitalità. Le stelle luminose in cielo, la luna regina. La natura sopravvivrà a tutto, anche all'uomo, che disgraziato ha già rinnegato la sua stessa Madre.

«Non hai qualche lanterna nel tuo camice? Tu hai tutto!», Morty esclama, con bambinesca vivacità, le mani ancora ben salde al davanzale della finestra.

Come se pensassero all'unisono, anche Rick ha frugato nel suo camice per trovare qualche invenzione utile. «No, merdina, chi cazzo se lo aspettava un blackout…».

Un breve risolino canzonatorio compare sulle labbra di Morty. «Beh, benvenuto in California, Rick», risponde piccato il moro, che si alza in piedi, attaccandosi al muro come una lucertola e tastandolo, avanzando a passi da pinguino, finché con le mani non trova l'interruttore della luce, che inizia a premere, in speranza di qualche segno di vita.

«Bravo, Morty, prova a spegnere e riaccendere. Grande idea durante un blackout. Chissà dov'è finito il tuo invito al MENSA».

Morty non ha bisogno di vedere Rick per capire che lo sta guardando male. Sputa veleno e sentenze come una vipera che fa da giudice, e disgraziatamente per il moro non ha torto. Il ragazzo però non è pronto alla resa. Pronuncia: «Almeno ho provato a fare qualcosa».

«Cagare sul letto non è meglio di non cagare affatto».

Non è la prima volta che Rick glielo dice. Non è la prima volta che Rick lo fa infuriare.

«Il solito stronzo».

«Il solito rincoglionito».

«Pazzo ubriacone».

«Ho smesso».

«Non guarirai mai», Morty sibila, e la sua voce non è mai stata così cattiva. Si rende conto che forse sarebbe un pessimo assistente sociale, ma scaccia via il pensiero. «Non riesci nemmeno a mantenere le promesse più banali». Rick e Morty, cento anni per sempre insieme, dove erano finiti?

È l'ultima goccia.

«Me ne vado!».

Morty si ritrova con una sensazione di sfuggevolezza nell'aria, sta perdendo una parte di sé, ma quale? Non riesce a trattenerne la materia, a capire qual è la sua perdita.

È davanti ai suoi occhi, però: Rick se ne sta andando, e quando il moro se ne accorge è troppo tardi. Uno spago sembra stritolargli gli organi interni del suo addome, la morsa del suo senso di colpa lo fa vittima e prigioniero. Ha aperto bocca, permettendo a parole sfortunate di uscire. Ha permesso che il suo rancore parlasse e lo trasformasse in un demone rabbioso tra fiamme e insulti, che se n'è andato appena è giunto il momento di affrontare le conseguenze delle proprie azioni.

Ora Morty è solo Morty, non è più mostro, non è più invincibile, e con gli occhi acquosi osserva suo nonno andarsene. Si chiede se Rick si sia mai sentito così in colpa, con dei ripensamenti. Se abbia guardato il viso giovane e fanciullino del moro, pronto a scoppiare a piangere, e sia arrivato a pensare Ho parlato troppo, sono stato uno stronzo. Mi dispiace.

Qualcos'altro in lui prende il controllo. Non è rancore, ma un istinto più primitivo, un sentimento che si è sedimentato talmente al disotto della sua pelle da assumerne l'aspetto.

Rick non può andarsene. Quando varcherà definitivamente la porta di casa, cosa succederà? Rick lo chiamerà mai? Gli invierà qualche messaggio? Ritorneranno le loro avventure?

L’ovvia risposta lo spezza in due.

Morty non riesce a credere, accettare, come una persona talmente significativa nella sua vita, talmente essenziale, possa diventare solo una scheggia tra le dita, un'ombra sfuggente, la mosca che allontani e non ci pensi più. Cosa succederà, tra loro? Rick diventerà quel parente che vedrà solo per qualche sprazzo di tempo durante le feste in famiglia? "Ciao, buon Natale, ci vediamo l'anno prossimo"? Non può, non può, non può!

Forse c'è stato un periodo in cui non ha più voluto saperne di Rick, forse anche adesso una parte di lui è stufa di tutto quanto, ma lui è suo nonno, checché ne dicano la biologia e l'esistenza di dimensioni alternative, e il moro vuole stare soltanto con lui.

«No!» replica Morty, non senza affanni, gettandosi all'inseguimento di Rick. Riconosce suo nonno attraverso il ticchettare delle suole delle sue scarpe, il rumore di passi che per anni lo hanno accompagnato nella sua vita: inseguimenti da criminali, brusche svegliate al cuore della notte, rilassate ma gioiose camminate dentro il grande Blips and Chitz.

Vede poco e nulla, allarga le braccia per capire con le mani se sta andando addosso un muro oppure no.

Conosce casa propria meglio di chiunque altro, pensa il moro, non sarà difficile riuscire a tenergli il passo. Sbaglia di grosso, perché è come se suo nonno avesse sviluppato anche l'abilità di riuscire a guardare nel buio. È sempre uno scontro impari. Morty assottiglia le labbra: non è giusto, ma il concetto di correttezza ha incominciato a sgretolarsi man mano che ha perseguito la sua relazione con Rick, e questa sera non fa eccezioni.

«Smettila di seguirmi, stai andando a sbattere contro tutti i muri».

«Non è ver- Ahia!». Morty prende con la fronte lo spigolo del muro.

«Stai diventando ridicolo». Rick sta trovando tutto ciò estenuante e imbarazzante, ma non sembra fermare il moro dalle sue convinzioni.

«Aspettami!», Morty grida, cercando di afferrarlo, ma trova l'aria. Riesce lo stesso ad avvertire che è vicino, e un'idea attiva gli ingranaggi nella sua mente.

Ancora qualche passo, e attirerà l'attenzione di suo nonno. Deve chiedergli scusa, ripagarlo, fare quello che dovrebbe già aver fatto cinque mesi prima.

«Bast-». Rick si sente afferrato per il colletto del camice e del maglione. Ha fatto in modo che il tessuto sia in grado di ustionare i nemici al primo contatto, ma Morty non è un nemico, nemmeno quando gli urla addosso così tanti insulti. Il giovane adulto riesce a strattonarlo per un po', finché Rick non si libera dalla stretta, riuscendoci con scioltezza. «Che cazzo pensi di fare?».

Blackout.

Morty stringe il suo viso tra le sue mani, e alla cieca le sue labbra si fiondano su di lui; si ritrova così a baciare il mento di Rick, ma la sua bocca fa dei piccoli passettini fino a chiudere quella dell'altro, alla ricerca di calore, divorandone la pelle e il buon senso. Il loro cervello è in blackout out. Lo scienziato non fa altro che non sia restituire il bacio. È più esperto fra i due, si sente, e Morty si chiede quanti, quante, siano stati prima di lui. Chi è stato o stata solo uno svago, per poca sobrietà, per non pensare, per dimenticare. Chi forse ha avuto un ruolo più spesso, dove non è contata solo l'attrazione fisica. Morty non può fare a meno di domandarsi a quale dei due gruppi fa parte, ma si risponde che non è importante, perché finché ha Rick, riesce finalmente a sentirsi a casa, e tutto va bene. Indugia nel contatto, accarezza il suo viso, si lascia andare alla speranza che tutto si concluderà così facilmente; ha risposto dopo cinque mesi, ma l'ha fatto, e ora che i loro intenti sono chiari, possono entrambi macchiarsi dello stesso crimine. Amore (codipendeza, ossessione) è come si chiama la peggiore malattia infettiva che entrambi conoscono.

Morty all'improvviso viene spinto a terra, atterrando sul coccige e con una gamba dietro. Posizione più scomoda non esiste: il dolore infiamma il muscolo e sembra propagarsi in tutto il suo arto posteriore sinistro. È inevitabile quando la forza impressa è maggiore rispetto alla resistenza. Rick conosce abbastanza nozioni di fisica per capire cosa avesse appena fatto al corpo del più giovane. Ma ne sa pochissimo di intelligenza emotiva, che gli rende difficoltoso anticipare la reazione del nipote. Furia, immagina, ed è meglio così. Morty non può amarlo, non dopo ogni cosa.

«Rick!».

«Che cazzo pensi di fare?!», Rick urla, rafforza il suo gesto, e ogni cosa è oscurata dall'alone del rifiuto negli occhi di Morty. Il giovane si sente piccolo, anche perché non riesce ad alzarsi da terra, e davanti a lui si proietta un gigantesco mostro dagli angoli appuntiti. La sua voce tenebrosa rimbomba nelle orecchie del più giovane, lo perseguita nei meandri di un antro buio, una battaglia persa in partenza. E ora Morty è prigioniero tra le sue grinfie.

Vergogna e imbarazzo simulano rabbia ruggente nei polmoni di Morty, riscaldano l'aria con cui escono le parole: «Mi hai baciato anche tu, cinque mesi fa, prima di dirmi addio!».

Prova ad appoggiare la testa da qualche parte parte, ma sbatte il capo su un mobile, e qualcosa cade per terra.

Morty riconosce il rumore. Un cubo di Rubik.

La sua mente naviga nel passato, il giorno prima di partire per il college.

«Sapevo di trovarti qua», la voce di Rick è come un'onda nei suoi pensieri, e Morty si sente teletrasportare in quella fatidica sera. Sul tetto, mentre guarda il cielo nero illuminato di stelle. Il cubo di Rubik tra le mani ma con cui non sta giocando davvero.«D-davvero b-banale, Morty, lasciatelo dire».

È concentrato sulle stelle che ha già visto da vicino, enormi, e ora sono piccolissime. Tutto può essere così gigantesco o insignificante a seconda della prospettiva. Morty ogni tanto si chiede con che lenti lo guardano gli altri. Appare come una minuscola formica? Una possente torre? Forse entrambi, o forse non lo guardano proprio. Talmente privo di significato da essere invisibile. Trattiene un sospiro, aria esce dalle sue narici. Ha bisogno di cambiare vita. Di allontanarsi dalla sua famiglia. Anche da Rick. Vuole capire com'è vivere in un posto diverso da dove le persone lo sminuiscono, che sia intenzionale o meno.

Vuole capire com'è essere, non solo esistere.

Magari l'aria universitaria risponderà a qualche sua domanda. Magari estirperà certi desideri che lo fanno sentire un parassita, essere infido e viscido intorno alla sua famiglia.

«Morty?», Rick lo richiama. Questa è la prima volta che Morty lo sente davvero. Sussulta, tutto intorno a lui trema, scuotono le stelle, ma forse è solo lui a essersi agitato per nulla. Per poco non gli cade per terra il cubo di Rubik, ma Rick riesce a prenderlo al volo, e glielo porge. Morty se lo riprende con un sorriso timido, mentre pensa a cosa dire, iniziando finalmente a osservare con attenzione le facce del suo cubo. Nessuna giusta, nemmeno due colori vicini. Potrebbe iniziare a barare come fanno tutti: staccare gli adesivi e rimetterli vicini a quelli dello stesso colore. Non è il tipo. Non ama mentire, soprattutto ingannare gli dà i conati di vomito. "Ma non è quello che hai fatto per tutto il tempo?", fa una vocina nella sua stessa, affilata nella sua mente, un ago contro un palloncino, ma Morty si risponde solo che non è colpa sua.

«S-scusa», balbetta, come ha sempre fatto a quattordici anni, ma con Rick si sente sempre farsi piccolino. «P-pensavo…». Non sa cosa dire, se non una debole confessione. «Non riesco a dormire».

Anche Rick sembra attirato dal cielo, come se non avesse mai visto una notte stellata. Non guarda suo nipote negli occhi, ma gli risponde: "Posso capire".

Morty gli sorride sornione, ma scuote dolcemente il capo. Rick, nonostante la sua ritrovata empatia, non può avere idea di cosa passi per la mente del più giovane. E va bene. Meno suo nonno ne sa, meglio è.

Rick pensa che sia agitato per il college, non è del tutto in errore. Si allontanerà dalla famiglia, dallo Stato del Michigan. Cambierà scuola, luoghi, persone. Vivrà un'altra normalità, un'altra vita. Più normale, più noiosa, ma seria. Avrà il suo futuro tra le mani, e non potrà permettersi di farselo sfuggire.

Rick nel frattempo fruga nel suo camice del laboratorio, e quello che sorprende Morty non è il fatto che ne tiri fuori la sua fiaschetta, ma che gliela offri. «Vuoi?».

È puntata proprio sotto il suo naso. Sembra quasi una minaccia. Le parole "Ma Rick, è illegale! Non ho ventun'anni!" muoiono sulle sue labbra. Sai cosa gliene importa, a suo nonno, se fa qualcosa di illegale? Niente.

Morty però non è mai stato un grande fan del bere alcolici. Principalmente per sua madre e Rick, perché ha visto gli effetti su di loro. Nonostante ne veda l'attrattiva, crogiolarsi nell'oblio di qualche minuto od ora, capisce che non è così che vuole affrontare i suoi problemi. Punto numero due: vuole evitare di rivelare quel piccolo segreto che vive imprigionato solo nel suo cuore e nei suoi pensieri più sporchi, guai se troverà una via di fuga tra le sue labbra. Nessuno deve saperlo. Nessuno. Soprattutto Rick.

Punto numero tre, se vale: suo nonno ha sempre cercato di farlo stare lontano dall'alcol. Al contrario di ogni bravo adolescente, che lo avvertirebbe come un limitare la propria libertà, il moro ha sempre apprezzato che qualcuno si preoccupasse della sua salute. Questo succedeva anche perché Morty era più piccolo, probabilmente, e ora è diventato un giovane adulto pronto ad affrontare la vita. O almeno a provarci.

Morty annusa il contenuto della fiaschetta, la prende in mano, il cubo di Rubik nell'altra. Si ritrova ad arricciare il naso appena viene colpito dalla sbanfa dell' odore acre e pungente di alcol. «Ha la stessa puzza del solvente per unghie di Summer».

Rick gli sorride. «E lo è».

Le palpebre di Morty si spalancano, sorprese e incredule. «Cosa?!», squittisce, quasi pronto a gridare allo scandalo.

Suo nonno scoppia a ridere, rumoroso, incontrollabile. Si porta una mano alla pancia, sentendosi il fiato mancare, tanto si sta sbellicando dalle risate. Morty teme che continuando così sveglieranno il resto della famiglia, forse anche i vicini, addirittura tutto il quartiere.

È stato preso in giro, e c'è cascato con tutte le scarpe, come una pera cotta.

«Sei sempre il solito», Morty sbuffa, incrocia le braccia, la breve rabbia lo possiede, ma sa già scemerà subito. È un po' permaloso. Se ne accorge solo ripercorrendo i suoi ricordi.

«Avresti dovuto vedere la tua faccia». Rick con una mano si asciuga gli occhi umidi, con l’altra continua tenergli la fiaschetta. «Bevi?».

Guarda di nuovo la fiaschetta. Poi Rick. Ritorna alla fiaschetta. Ancora Rick. Deve prendere una decisione, ma non sa che fare. «Sbrigati prima che cambi idea», comanda suo nonno, e Morty inizia a pensare che uno strappo alla regola non fa mai male. Solo una volta. Forse l'ultima.

Ma ha delle riserve.

«Che succede se bevo troppo e cado dal tetto?». Tipico scenario per chi soffre d’ansia incontrollata.

«N-nonno è qui, Morty». Rick risponde sicuro, genuino. Morty sorride, sente scorrere dentro di sé un certo calore, e non è l'alcol, perché non ha ancora intenzione di bere. Forse. «Anche se non nego che sarebbe uno spasso vederlo».

«Rick!».

«Cosa? Ho solo detto la verità!».

Morty si fa coraggio e decide di prendere un sorso. Uno piccolo, ma non troppo. Rick sorride felice come un bambino che ti regala una delle sue macchinine, vedendoti pronto a giocare con lui.

Mille tratti del suo viso si piegano in una smorfia e anche con gli occhi chiusi Morty sa che il sorriso di Rick sta diventando sempre più grande, tanto da scoprire i denti. Almeno qualcuno si sta divertendo.

Non ha ancora ingoiato il distillato, ma appena lo fa, il suo viso si lascia andare a uno spasmo schifato, e a stento riesce a trattenere un lamento stridulo. Tira fuori la lingua, sentendola secca. Rick scoppia a ridere ancora.

«Cos'era?», domanda Morty, ancora disgustato. Dà indietro la fiaschetta, il più velocemente possibile, come se potesse più facilmente passar via l'amaro che gli ha anestetizzato la bocca.

«Scotch Whisky».

«Ci vai leggero», il moro commenta sarcastico, bramando più di ogni altra cosa un sorso d'acqua.

«N-non si giudica un uomo per il contenuto della sua fiaschetta, Morty», dice Rick, e ne prende un sorso. Lo fa come se fosse il gesto più semplice dell'universo, e il moro rimane quasi incantato dalla sua scioltezza.

«Ho il palato tutto amaro», fa Morty, impastando la saliva, senza curarsi se la frase abbia un senso compiuto o meno.

«Beh, goditi questo momento, perché domani non verrò a salutarti». Rick non sta più guardando in faccia Morty, ma il moro si ritrova attratto dalla sua figura come un'ape al miele. Non riesce a staccargli gli occhi di dosso mentre una fitta al petto lo colpisce. Quasi quasi chiederebbe ancora da Rick un sorso di whisky.

«Hai salutato Summer», dice Morty, e ha tutta l'aria di un'accusa, perché infondo lo è. Il moro sa che sua sorella è speciale, sa che a Rick lei ricorda Diane. Ogni tanto ha dei dubbi, su chi sia il preferito del nonno. Non è mai stato competitivo, ma l'idea che Rick preferisca, ami, qualcun altro gli accende qualcosa di infiammante nelle viscere. Brucia e ribolle nelle vene come catrame. E inizia a sentire sempre più vicina la fiamma della competizione. Lo soffocheranno questi sentimenti, si dice, ma non è mai riuscito a fermarli.

«Con lei è diverso».

Morty non regge lo sguardo, gioca con il cubo di Rubik che non è mai riuscito a finire. «Lo so». Annuisce debolmente. Vorrebbe essere tanto compressivo quanto dà a vedere, ma la gelosia ostruisce ogni altro pensiero, e si morde il labbro inferiore, teso.

«Con te...», inizia Rick, ma le parole si inceppano in bocca. Tossisce, schiarendosi la gola, e fa: «Ci sentiremo, quando andrai via?».

Morty sbatte le palpebre colpito dalla domanda, sorpreso. Per lui la risposta è così ovvia. «Sei mio nonno», asserisce, parchè è basilare.

In qualche modo la risposta non soddisfa Rick. Sembra addirittura offenderlo. «Sì, certo, quindi sarai costretto a vedermi a Natale, Ringraziamento, il possibile funerale di tuo padre, ma… ». L'uomo diventa sempre più riluttante a qualsiasi contatto visivo. «Mi chiedo se… mi chiamerai mai?» Non vuole ci sia un silenzio imbarazzato, quindi continua. «Immagino sarai circondato da mille altri te, anche con la sindrome da crocerossina, per non farsi mancare nulla».

«Hey!».

«E…». Nonostante cerchi ancora di essere più aperto, raramente l'opzione più difficile sarà quella di immagazzinare tutte le sue emozioni in un pacco e tirargli un calcio. È sempre più arduo invece spacchettare la sua psiche, analizzarla da vicino, capendone i perché, indagando sulle incognite. Rick sa di essere una persona pigra e volubile. La sua domanda non detta è “ci sarà spazio per me ancora nella tua vita?”.

Morty ha imparato ormai a leggere nella mente di suo nonno, qualche volta. Riesce a tirargli fuori le parole dalla bocca, o meglio: fa sembrare detti i non detti. Capisce la tristezza di Rick, perché è quella che prova lui, lo stesso dubbio. «Ah, immaginati una stanza piena di Morty», fa, e si sforza di ridere.

Rick viene brevemente contagiato, increspando le labbra sottili. «Insopportabile».

«Vero, no?», Morty gli dà corda. «E quando sarà così…», si avvicina piano piano a Rick, arrivando a toccarlo con la spalla. Si sorridono. Le tensioni e le paure di entrambi diluiscono. «Chi meglio di un Rick per gestire un Morty?» Con la mano, arriva a sfiorare quella dell’altro, in un gesto così intimo che anni prima sarebbe andato in panico alla sola idea, ma adesso non sembra esserci cosa più naturale. Forse Rick lo scaccerà, lo liquiderà accusandolo di essere un molliccio sentimentale, ma non accade nulla di tutto ciò. I suoi occhi azzurri si concentrano su quelli marroni, e Morty sente tutta l'aria del mondo mancargli quando percepisce il calore nella mano di Rick. Mani che lo hanno ferito, minaccia che si è tramutata in salvezza, cura, raro affetto.

Rick, il suo angelo della vita e della morte. O forse demone, sì, un demone dissoluto che gli vuole bene. Non che le definizioni siano più importanti di loro due, insieme, con ancora le dita delle mani intrecciate.

Perché c'è dell'elettricità che non può negare. Un effetto collaterale di ogni tocco, pelle contro pelle, pelle contro tessuto. Ad ogni abbraccio, ad ogni manica tirata, ad spalla sfiorata, tutte insieme causano un fremito, un'energia che si insinua al di sotto della pelle. Ed entrambi sanno che succede anche all'altro, perché ogni volta si guardano come a dirsi "L'hai sentita anche tu?".

Si vogliono bene, nonostante le maniere brusche e le frequenti litigate. È l'unica cosa a cui vuole pensare, e scaccia via tutto il resto.

«Non vorrei mai dirti addio», sussurra piano Rick, talmente leggero che Morty deve avvicinarsi con il viso al suo. La sua voce è vellutata, come mai.

Morty schiude le labbra, sinceramente colto da sorpresa, e sente gli occhi inumidirsi. È scosso dentro, ma è una sensazione piacevole, muove dalle sua fibre qualcosa che da troppo tempo aveva bisogno d'aria. Non vorrebbe scoppiare a piangere in quel momento, per una semplice frase, ma commuoversi facilmente è una caratteristica che lo ha sempre distinto dal resto della famiglia. Dentro di sé sente rimbombare tutte le emozioni nascoste in quelle cinque parole.

La sensazione di star facendo qualcosa di proibito galleggia nell'aria, insieme agli imminenti sensi di colpa. Ma stasera Morty decide di essere un po' più come Rick, non importano le conseguenze, e poi quando gli capiterà più?

Le labbra di Rick sono ruvide, come la sua pelle, e si avvicinano alla bocca del moro con lentezza, ma non prive di voglia. Morty accarezza con entrambe le mani le guance dell'uomo, il cubo di Rubik cade nel giardino, ma a nessuno importa. Il moro è troppo catturato dall'ennesima scossa di elettricità, dall'essenza di Rick, che ora è anche un po' dentro di lui. È un bacio casto, dolce e tenero. Ma ci vuole poco per trasformarlo in qualcosa di più appassionato e travolgente. Non vogliono staccarsi l'uno dall'altro, ma essere forma unica, due pezzi che si sono finalmente ritrovati.

Rick non se ne sarebbe mai andato, lo seguiva come un’ombra. Morty ha sperato di poter scampare alla sua presenza semplicemente spegnendo ogni luce nella sua vita, ma col sole sa chi è realmente, sa dove andrà sempre a finire, cos’è insolubile e imprescindibile tra i suoi legami.

La memoria ricrea Rick che gli sussurra qualcosa, languido, un segreto che solo loro due possono custodire.

«Ti amo, Morty».

Adesso sembra surreale alle sue stesse orecchie.

Morty che per la prima volta si ritrova a pasticciare con la propria voce a parlare di sentimenti. Non gli è mai stato difficoltoso dire "ti voglio bene" o "sei importante per me". Non sono parole regalate, perché lui le pesa, dando importanza a tutto - dal minimo granello di polvere che dà vita a una stella fino all'intera via lattea. Vorrebbe vomitare parole, emozioni: felicità, amore, paura, la vergogna perché ciò che prova non è giusto (l'ha fatto sentire un bugiardo per anni, un disgustoso essere che recita male la parte del figlio, del fratello, del nipote, rovinato dai sui stessi desideri), la rabbia, perché se è così, è solo colpa di Rick. Ma Rick non gli ha mai impedito del tutto di avere storie romantiche. Basta a scagionarlo? Di chi è veramente la colpa? L'incertezza predomina in lui, mentre le labbra finalmente sembrano capaci di schiudersi, e finalmente esce uno strozzato: «G-grazie».

Il più fatale degli errori. Rick lo guarda come se gli avesse appena tirato un ceffone in pieno viso. E forse è proprio quella la sensazione.

La mattina dopo Rick non si è presentato a dirgli addio, come da parola. Solo il cubo di Rubik per terra a ricordargli della sera prima.

Morty vorrebbe prendersi a schiaffi.

Capisce perché Rick l'abbia colpito, perché l'abbia ignorato per tutto quel tempo. Deve essersi sentito rifiutato quella sera, e adesso preso in giro. Ma Morty non gli farebbe mai una cosa del genere.

O sì?


NdA

Ciao a tutti! Come state?

Io sono super in hype per la sesta stagione (che mi sta facendo dimenticare che fra un po' inizio l'università, grazie al cielo). La sua premiere è stata la più bella di tutta la serie, AAA. E Rick Prime è così figo, non ce la faccio. Rick e Morty che decidono di “morire” abbracciati made my day and cleared my skin. Ogni momento in cui si sono sfiorati è stato poesia, POESIA. Che poi chi fosse il vero Rick di Morty lo sospettavo già, ma accidenti, è così soddisfacente vederlo confermato. Ora non riesco ad immaginarmi nuovi scenari, chissà se ritornerà evil morty, e nuove ship: Evil Morty x Prime Rick avrà il mio cuore, mi sa lol.

Parlando della ff, speravo di concluderla qui, ma stava diventando fin troppo lunga. E adesso ho un po’ il timore dell’aver sfiorato l’OOC, ma questa versione di S6 Rick più “aperta” con Morty mi ispira un sacco di fluff.

Btw, vi faccio notare che sul mio profilo ho aggiunto il link al mio twitter (basta cliccare sull’icona browser). Seguitemi pure! Il canale telegram l’ho perso, aiut.

Alla prossima!! <3

   
 
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