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Autore: FanGirlWithK    09/09/2022    0 recensioni
«Ci vediamo tra sessanta giorni.» si promettono.
E ci credono davvero, che la distanza non cambierà nulla, che la relazione si vive in due e che le persone attorno a loro non possono modificare il corso degli eventi. Ci credono tutti.
Ma potranno dire ancora di amarsi quando spunteranno il sessantesimo giorno nel calendario?
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Ogni riferimento a cose o persone reali è puramente casuale.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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05:56 p.m., New York City, United States of America.

Twelfth day.

 

Four years ago...

«Si, tutto bene, volevo dirti una cosa...»

Dopo pochi interminabili secondi di silenzio, Jinyoung si girò verso la riva: la madre li stava chiamando, «Me lo dici dopo? Lo sai che se non ci vado ora mi tira per i capelli.»

Jackson annuì, sorridendo leggermente, e seguì l'altro fuori dall'acqua.

-

Jackson stava entrando nel piccolo pub a Chelsea. Era ancora presto, guardandosi attorno trovò solo tre tavolinetti occupati da gente di mezza età e da un gruppetto di giovani seduto al bancone.

Quasi stonavano le due ragazze, sedute lontano da tutti gli altri, sedute in modo composto.

Quella delle due che sembrava più alta aveva i capelli neri come la pece e mossi, raccolti in una mezza coda, l'altra invece si faceva notare per il look particolare: aveva una maglietta casual color arancio fluorescente e un jeans cargo con dei disegni dello stesso colore.

Jackson e Mark andarono al bancone e, dopo aver ordinato qualcosa da bere, si avvicinarono a loro, presentandosi.

«Piacere, io sono Cassandra, lei è Chloé» fu la ragazza dai capelli neri a presentare entrambe, alzandosi e porgendo la mano ai due ragazzi, che si sedettero subito dopo averla stretta.

Chloé, minuta e dai capelli rossi, sventolò leggermente la mano e fece un piccolo sorriso di cortesia.

«Siamo due studentesse del secondo anno della facoltà di lettere moderne, hanno assegnato al nostro corso un progetto per cui, sostanzialmente, ci servono persone di altre facoltà. Se vi interessa un minimo ve ne possiamo parlare meglio, vi daranno anche crediti.»

Jackson guardò la rossa per tutto il tempo, che aveva parlato senza prendere fiato un secondo.

«Grazie per averci notato ma-» Mark, che stava provando a rifiutare la proposta, fu interrotto subito con un pizzicotto alla gamba.

«Diteci di più, i crediti sono sempre crediti.»

Dopo quasi tre ore passate a parlare del progetto e a conoscersi, i quattro si salutarono.

«La rossa all'inizio mi sembrava timida, ma da quando ha rotto il ghiaccio non si è fermata un secondo.» Mentre salivano le scale, dato che l'ascensore era guasto, Mark parlava delle ragazze che avevano conosciuto.

«Invece Cassandra è strana, sembra una di quelle ragazze dark, sempre serie e composte, e ha buon gusto in fatto di moda.»

Jackson aprì la porta di casa, andò subito nella propria stanza e si buttò nel proprio letto.

«Hey Jackson.» Il coinquilino dai capelli bianchi bussò un colpo al bordo della porta e il biondo alzò la testa, per poi fare un cenno con la mano a mo' di saluto «Ti sei rifatto il colore?»

Effettivamente aveva i capelli lucenti e leggermente più corti del solito «Sì, ti piacciono? Comunque io e Kris abbiamo fatto i noodles, hai il piatto nel microonde.»

Jackson annuì e, appena il minore uscì, spinse leggermente la porta e la socchiuse, addormentandosi poco dopo.

Four years ago...

Stavano guardando le stelle, erano seduti su un muretto di fronte all'hotel dove alloggiavano.

I piedi di Jinyoung penzolavano nel vuoto, aveva un sorriso sul volto e guardava l'altro ragazzo, che teneva le gambe incrociate e la testa sulla sua spalla.

«Qui le stelle sono bellissime.» Jinyoung sussurrò la frase prima di portarsi le mani alla bocca.

«Quando la finirai di mangiarti le unghie?» Jackson alzò la testa e diede un colpo alla mano dell'amico, che batté le nocche contro la punta del naso e imprecò.

«Comunque, le stelle sono bellissime da ovunque tu le veda, cambia solo la prospettiva.»

Il moro volse lo sguardo verso l'altro, guardando il suo profilo e i suoi capelli rosa. Certe volte gli sembrava quasi di essere nel vuoto, quando lo guardava e lo vedeva perso nei propri pensieri. Voleva starci lui, dentro la sua testa, senza esserne ai margini.

«Jinyoung-ah.» I due si guardarono negli occhi, Jackson aveva il volto stranamente inespressivo.

«Non sempre si vedono le stelle, ma questo non significa che non ci siano, io le vedevo raramente quando stavo in Cina.»

Jinyoung lo conosceva bene: Jackson parlava di concetti di questo tipo principalmente quando doveva dire qualcosa di importante. Quindi iniziò a sentire un fastidio leggero alla bocca dello stomaco: ansia.

«Che significa?» chiese, facendo in modo che Jackson sospirasse, divertito. «Trova le tue stelle.»

Il moro allora si avvicinò leggermente all'altro e gli lasciò un bacio sulla fronte «Tu sei la prima.».

Entrambi risero, poi si sentì solo il suono dei loro respiri e delle onde del mare, qualche metro più avanti.

«Mi piaci, un casino.»

A Jinyoung drizzarono le orecchie, spalancò gli occhi e dei brividi gli passarono per la schiena, quasi pungevano.

«Lo so.» Rispose, cercando di sembrare tranquillo, mostrando un sorriso da ebete.

«Cosa significa Jinyoung-ah?» chiese lui, ridendo ironicamente e guardando l'altro, leggermente scosso da quelle due parole.

«Che lo so che ti piaccio, e anche tu in fondo lo sai che mi piaci, non sai quanto. Insomma, c'erano tutti i segnali da entrambi i lati, ma dobbiamo rendere le cose complicate perché siamo adolescenti, siamo migliori amici e-»

Jinyoung venne interrotto dalle labbra carnose di Jackson, che aveva preso il suo viso a coppa tra le mani e lo aveva avvicinato a sé.

«Tutto bene?» Jackson, passato qualche secondo, si allontanò di poco.

Jinyoung, che si accorse solo in quel momento di aver tenuto gli occhi serrati per tutti il tempo, batté le palpebre ed annuì energicamente. «Solo questo?»

«Che intendi?» Jackson inarcò le sopracciglia.

«Beh... dai!» il moro fece dei gesti incomprensibili con le mani, frustrato, e l'altro rispose negando con la testa e ridacchiando «Jinyoung-ah, se non parli non ti posso capire.»

«Sei così stupido a volte Jackson-ah...» Jinyoung mise le braccia attorno al collo dell'altro e lo tirò a sé, baciandolo.

«Hai capito adesso?» gli sussurrò, distante pochi millimetri da lui, e Jackson gli tirò un labbro in risposta, anche per fargli capire che doveva smettere di parlare.

Quando riuscirono a trasformare quel bacio pieno di interruzioni bambinesche in qualcosa di più credibile, Jackson tirò il compagno per la vita, avvicinandolo e facendolo sorridere più di quanto già non stesse facendo.

«Capelli di merda...» Jinyoung si allontanò di poco solo per sistemare i capelli al compagno e poter vedere i suoi occhi.

«Che succede?» chiese Jackson, vedendo che l'altro si era incantato.

«Non avevo mai notato quanto fossero belli i tuoi occhi visti da così vicino.» Sembrava che Jinyoung stesse scattando una foto, da come lo guardava.

Jackson sorrise e gli accarezzò la cute «Solo da vicino?» ridacchiarono entrambi, ma dopo qualche secondo a ridacchiare era solo Jinyoung, Jackson aveva invece una mano appoggiata sul collo, tentava di colmare il dolore dello schiaffo arrivatogli.

Quando ricominciarono a baciarsi, Jackson di quel dolore non ne sentiva più una briciola, sostituito dall'adrenalina.

Jackson, malinconico, sognava ricordi.

Intanto, in cucina, c'era giusto un po' di confusione.

«Mark! Smettila!» White pregava il maggiore di smettere di fargli il solletico.

«Ragazzi, silenzio!» Kris uscì dal bagno e urlò quando sentì una suoneria.

White ne approfittò per scappare dalle grinfie di Mark e andò a prendere il cellulare che stava suonando. «E' quello di Jackson, c'è scritto Orsacchiotto Ribelle, se non mi sbaglio è il fidanzato.»

Mark gli prese il telefono dalle mani e andò nella stanza accanto, mentre i due più piccoli alzavano le spalle, dubbiosi. 

 

   
 
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