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Autore: Lamy_    10/09/2022    1 recensioni
Ariadne Evans è in gabbia, intrappolata in un matrimonio combinato e prigioniera di una madre dispotica. Il suo piano sin dall’inizio era quello di uccidere Mick King, aiutare i suoi fratelli e porre fine alla sua vita da criminale. Ma vuole anche vendicare la morte di Tommy, l’uomo verso cui ha un debito.
Tommy Shelby è un fantasma. La sua famiglia crede che sia morto e i Peaky Blinders sono allo sbando. La città è nelle mani dei nemici e Polly fa fatica a tenere duro. Tommy deve vendicarsi e per questo crea una falsa identità che lo porta a vivere a Londra nelle vesti di pescatore squattrinato.
Tutto cambia quando Ariadne e Tommy si rincontrano per caso. Nel momento in cui i loro sguardi si incrociano, entrambi capiscono che niente e nessuno potrà separarli.
Uniranno le loro forze e cercheranno in tutti i modi di liberarsi, arrivando addirittura a fare accordi con la banda più pericolose del Regno Unito pur di riuscirci.
“Tenendosi per mano, con passi erranti e lenti
attraverso l'Eden presero la loro via solitaria.”
(John Milton, Il Paradiso Perduto)
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thomas Shelby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3. FANTASMI E PROMESSE

“Nessuno ha mai scritto, dipinto, scolpito, modellato, costruito o inventato se non per uscire letteralmente dall'inferno."
(Antonin Artaud)
 
Tre giorni dopo
La professoressa Keaton, l’unica donna che insegnava all’Accademia di Arte, ripeteva sempre che il disegno è l’estensione dell’anima su carta. Ariadne non disegnava da mesi ormai, e dunque la sua anima era svanita? Più che altro immaginava che la sua anima fosse bloccata, rinchiusa in una gabbia proprio come lei.
Ecco perché adesso fissava il foglio bianco e stringeva mollemente la matita. Sbuffò e chiuse l’album, era scontato che non avrebbe disegnato.
“Preparati!”
Ariadne sussultò quando Mick entrò nella sua camera con espressione lugubre. Per sua fortuna dormivano in camere separate dopo che la prima notte di nozze era finita fra botte e insulti.
“Andiamo da qualche parte?”
Mick aprì l’armadio, afferrò una giacca e gliela lanciò. Ariadne si tolse l’indumento dalla faccia, i ricci più disordinati del solito.
“Ho un incontro importante fra venti minuti e non ti voglio fra i piedi. Vai a fare un giro con Rachel.”
“Un incontro con chi? Perché?”
Mick rise e le lanciò uno sguardo altezzoso.
“Non parlo a te dei miei affari. Sbrigati, Andrew vi aspetta giù.”
Andrew era l’autista di Mick, uno degli uomini più fidati degli Scuttlers. Era un omone alto quasi due metri, con un paio di baffi biondi e un naso aquilino. La sua espressione non cambiava mai, sembrava indossare la maschera dell’apatia.
“Per caso c’entra mia madre?” domandò Ariadne.
“La tua cara mammina è impegnata in altri affari.”
La risata di Mick non era per niente rassicurante perché, se Marianne aveva degli affari in ballo, doveva trattarsi di qualcosa di molto losco.  
“Ma…”
“Sbrigati. Altrimenti ti porto giù tirandoti per capelli.” Sibilò Mick.
Ariadne si zittì. Si infilò la giacca, recuperò la borsetta e uscì dalla stanza con Mick che la tirava per il braccio.
All’ingresso Rachel aspettava con la testa bassa per non incrociare lo sguardo infuriato del fratello. Evidentemente anche loro avevano avuto una discussione su quell’uscita improvvisa.
“Vado a prendere il cappello.” Disse Ariadne.
Odiava i cappelli, non andavano d’accordo con la sua chioma ribelle, ma la moda delle signore dabbene richiedeva quell’inutile accessorio. Davanti all’appendino trovò Lily, una delle domestiche, con il cappello fra le mani.
“Ecco a voi, signora.”
“Ti ringrazio.”
Ariadne a fatica incastrò i ricci sotto la falda stretta del cappello, un semplice modello blu con una piccola margherita al centro. Attraverso lo specchio notò che la domestica si torturava il grembiule.
“C’è qualcosa che non va?”
“Beh, signora…io…la verità è che non dovrei…”
Ariadne le mise le mani sulle spalle per rassicurarla, al che la domestica si lasciò scappare un sospiro.
“Andate a fare una passeggiata al mercato. Non chiedetemi nulla, fidatevi e basta.”
“Mi fido.”
 
Rose era così stanca che non sentiva più le gambe. Dalla stazione lei e Julian erano arrivati in campagna dapprima con un pulmino e poi a piedi. Russel li aveva lasciati a Londra e si era volatilizzato dopo aver dato loro l’indirizzo presso cui erano ospiti.
“Siamo arrivati. Vedo una casa laggiù.” Disse Julian.
“E se fosse una trappola? Ci hai pensato?”
Rose per tutto il viaggio aveva osservato Russell, che aveva guardato Julian di sottecchi tutto il tempo. Ah, Julian, l’Adone che tutti vorrebbero per fidanzato. Bellissimo, divertente e affascinante, non era un mistero che ogni persona ne fosse attratta.
“Ci ho pensato, sì, ma non è una trappola.”
“Lo dici perché tu e Russell avete un passato?”
Julian sorrise e le diede una leggera gomitata.
“Sei gelosa di Russell? Ti prego, non esserlo. Lui è stato un errore di gioventù.”
“Allora come fai ad essere certo che non ci stia fregando?”
“Perché l’IRA ha ucciso il fratello di Russell. Nessuno odia quell’organizzazione più di lui. Se ci ha messi in guardia dall’IRA, vuol dire che il pericolo è vero.”
Rose si sentì stupida per la sua gelosia. Certo, era ovvio che Russell fosse ancora innamorato di Julian, perciò sull’IRA non avrebbe mai mentito.
“Beh, speriamo almeno che questa signora sappia cucinare bene perché sto morendo di fame.”
Julian rise e le strinse la mano, era buon segno che l’umore fosse ancora alto. Eppure, mentre si avvicinavano alla casa, una strana sensazione si faceva largo nel suo petto. Si fidava di Russell, ma c’era qualcosa che non andava.
La casa dove erano stati invitati era piccola e modesta, una tipica abitazione di campagna con le tendine usurate e perlopiù costruita in legno. Le vere attrazioni in compenso erano la grossa quercia secolare e il pozzo funzionante a pochi metri dal portico.
“Julian, guarda!” disse Rose.
La porta si aprì e sulla soglia comparve una donna ben vestita, troppo elegante per essere una di campagna. Indossava un tubino color rame che si abbinava al rossetto rosso e ai gioielli dorati. La donna sorrise non appena la coppia si fece più vicina.
“Bentornati a casa.”
“E’ un piacere rivedervi.” Sorrise Julian.
Ada Thorne sembrava un miraggio in quella landa desolata.
 
Nadina si svegliò di soprassalto a causa di forti colpi alla porta. Qualcuno stava bussando al suo caravan da almeno dieci minuti.
“Ma che diavolo…”
Tentò di alzarsi ma un braccio sulla vita le impediva ogni movimento. La ragazza con cui aveva passato la notte le si era avvinghiata come una cozza allo scoglio. Con delicatezza si scrollò il braccio di dosso e raccattò i vestiti disseminati qua e là. Una volta rivestita, uscì dal caravan per scoprire che Tom era lì a fumare placidamente.
“Sul serio, Tom? Sono le cinque del mattino! Ti serve qualcosa?”
“Tua nonna vuole che andiamo insieme ai tuoi fratelli al mercato. Pare ci sia una questione da risolvere.”
Nadina maledisse mentalmente sua nonna. La questione da risolvere riguardava un povero venditore del mercato che aveva chiesto un prestito a loro ma che ancora non restituiva. Sua nonna Olga voleva che l’uomo fosse spaventato e si convincesse a ripagare il debito, e ciò significava che i suoi fratelli lo avrebbero pestato a sangue. Lei odiava quelle specie di missioni punitive; non erano nel suo stile.
“Io sono impegnata. C’è una ragazza nel mio letto e vorrei godermi almeno altre due ore con lei. Vai tu con i miei fratelli.”
Tom spense la sigaretta contro il fianco del caravan, incurante dell’alone nero che avrebbe lasciato.
“Hai paura, eh?”
“Io non ho paura di un cazzo. Sai cosa? Vado a mettermi le scarpe e arrivo. Non sia mai che non vengano eseguiti gli ordini della potente e suprema Olga!”
Nadina sbatté la porta così forte che la ragazza si svegliò in preda al panico.
“Nad, va tutto bene?”
“Non va mai bene un cazzo.”
 
 
Rachel ci sapeva davvero fare con la scelta della seta. Aveva trascinato Ariadne in una famosa e costosa boutique per comprare gli abiti in vista della festa di Lady Violet. Mentre Rachel colloquiava con la commessa, Ariadne fissava un punto indefinito della parete. La sua domestica le aveva consigliato di fare un giro al mercato perché qualcuno la stava cercando. Chi poteva essere? L’unico a poterla cercare era Jonah. Forse gli affari stavano andando male, forse a Camden Town c’era stata qualche problema, forse a Birmingham era successo qualcosa.
“Ariadne, stai bene?”
La rossa scosse la testa come a voler scacciare quei pensieri, eppure la preoccupazione le si era incrostata al cervello come ruggine.
“Sì. Stavo pensando che devo passare al mercato a fare compere per la governante.”
Rachel rimase sbalordita. Una signora non andava mai a fare la spesa per la servitù, soprattutto non quando c’era uno stuolo intero di domestiche preposte all’attività.
“Possiamo mandarci una delle ragazze. Non ti devi preoccup-…”
“No! Voglio andarci io! Tutta questa seta mi sta dando alla testa.” Rise Ariadne.
Rachel la prese a braccetto e insieme si allontanarono dalla commessa che intanto cercava altre stoffe.
“C’è qualcosa che non va? Puoi confidarti con me, non riferirò nulla a Mick.”
“C’è una persona che devo incontrare al mercato. Si tratta di affari. Affari della mia vita precedente.”
Rachel le diede una lieve pacca sulla spalla e sorrise, era molto dolce quando le sue guance si gonfiavano in quel modo.
“Andiamo allora! Avrò l’opportunità di intervistare le donne che lavorano al mercato, magari ne verrà fuori un bell’articolo.”
 
Tommy aveva sempre lavorato sodo. Quando aveva tredici anni, suo padre lo aveva mandato a spalare il letame dei cavalli di Charlie Strong, da allora non aveva mai smesso di faticare. Conosceva il lavoro duro e la paga misera, gli orari infiniti, il dolore alle ossa e ai muscoli. Nonostante ciò, la guerra era stata la sua vera fatica immensa. Una fatica da cui la sua mente non si era ancora ripresa e da cui certamente non si sarebbe mai ripresa, neanche in una prossima vita.
“Sei proprio uno stupido! C’era bisogno di rompergli le costole?” diceva Nadina.
Adesso si trovavano al mercato, in procinto di fare qualche affare con i nuovi venditori, ma mezz’ora prima si trovavano dietro un angolo isolato per farsi ripagare un debito. Un povero mercante era stato minacciato e picchiato dai fratelli di Nadina, alla fine gli avevano rotto le costole e lo avevano abbandonato lì sanguinante. Tommy si era tenuto in disparte perché, per quanto egoista potesse sembrare, quella non era la sua guerra. Il suo vero nemico era Mick King.
“Sei debole, Nadina. Nonna si vergognerebbe di te!”
“Intendi la stessa donna che affida a me i suoi conti perché voi siete troppo stupidi per occuparvene?”
Nadina era una forza della natura. Tommy in lei ci rivedeva molto sua sorella Ada, stesso caratterino e stessa opposizione alla famiglia.
“Sei una femmina, sei brava solo con le carte. Siamo noi maschi che facciamo il vero lavoro.”
Se c’era una cosa che Nadina odiava più tutto di tutto era la sicurezza con cui i suoi fratelli la screditavano per il solo fatto di essere una donna. Nonostante a guidare la loro famiglia fosse sempre stata una donna – nonne, madri, figlie – gli uomini continuavano a sottovalutarle.
“Quando un giorno sarò a capo della famiglia, voi due sarete cacciati.”
“Continua a sognare, sorellina.”
Tommy, seduto su una panchina nei pressi del porto, si mise una sigaretta in bocca e cercò nelle tasche come accenderla. Ogni suo tentativo fallì quando al mercato arrivò una macchina lussuosa guidata da un’autista con divisa e cappello.
Il mondo smise di girare quando Ariadne scese dall’auto.
 
Ariadne si guardava attorno ma non vedeva altro che bancarelle e venditori. La folla si accalcava al centro del mercato per accaparrarsi l’offerta migliore.
“E’ qui la persona che devi incontrare?” indagò Rachel.
“No…o forse sì. Lo capirò quando…”
E fu allora che lo vide. Avrebbe riconosciuto quegli occhi fra mille. Sebbene avesse i capelli più lunghi e la barba, il suo sguardo era quello di sempre. Era Tommy. Ed era vivo.
“Ariadne, stai piangendo?”
Ariadne non si era accorta che un paio di lacrime le avevano bagnato le guance. Per mesi aveva creduto che Tommy fosse morto, lo aveva esplodere insieme alla barca. Invece sembrava che per una volta la vita avesse deciso di farle un regalo.
“Ascoltami, Rachel, devi distrarre Andrew mentre io…concludo l’affare.”
L’autista, infatti, le stava fissando dal cofano della macchina. I suoi occhi aquilini non le mollava un secondo. Mick gli aveva di certo ordinato di non perderle mai di vista.
“Non ti lascerà sola, lo sai. Andrew è fedele solo a mio fratello.”
Ariadne, che aveva letto tutte le avventure di Sherlock Holmes e conosceva un paio di utili trucchetti, fece l’occhiolino alla cognata.
“Andrew, accompagna la signorina Mick a fare la spesa. Io non mi sento tanto bene, resterò in auto.”
Andrew assottigliò gli occhi per studiare Ariadne come fosse una cavia da laboratorio. Notando l’espressione contrita e il pallore del viso, decretò che la signora stava davvero male.
“Restate in macchina e non scendete per nessun motivo. Io e la signorina faremo il più in fretta possibile.”
Ariadne in cuor suo rise perché Andrew era tanto muscoloso quanto stupido. Il pollo perfetto da spennare, come avrebbe detto Eric.
“Ti ringrazio.”
 
Tommy per qualche secondo temette che fosse un sogno. Ariadne era comparsa nella soffusa luce del sole come una visione. Bella come una dea, e altrettanto irraggiungibile.
Osservò la scena e vide che era in compagnia di una ragazza e dell’autista, probabilmente entrambi legati a Mick. Poi Ariadne si staccò dal gruppo e andò a sistemarsi in auto, massaggiandosi le tempie come se avesse mal di testa.
“Tom, andiamo?” lo richiamò Nadina.
Tommy distolse lo sguardo da Ariadne solo per voltarsi in direzione di Nadina, che canticchiava masticando uno stuzzicadenti.
“Io torno a piedi. Ho voglia di camminare.”
“Ci metterai due ore per arrivare al campo!” obiettò la ragazza.
“Torno a piedi.” Ribadì lui.
Nadina scosse la testa, non capiva perché quel tizio fosse tanto scontroso.
“Fa come vuoi.”
Nadina e i due fratelli salirono a bordo di un camioncino sgangherato con la marmitta che strisciava sull’asfalto mentre sfrecciava verso la periferia.
Finalmente solo, Tommy si fiondò dall’altra parte del mercato.
 
Si incontrarono a metà strada. Tommy afferrò la mano di Ariadne e la trascinò in un vicolo stretto e lontano dal mercato, lontano da occhi e orecchie indiscreti.
Il sollievo di Ariadne fu immenso. Per un attimo credette di sognare: stentava a credere che Tommy fosse lì, vivo e vegeto, a pochi passi da lei. Per settimane aveva pensato e ripensato a lui, alla barca che prendeva fuoco, alla fine della loro libertà. E invece eccoli, l’uno di fronte all’altra, un po’ ammaccati ma vivi, e soprattutto insieme.
“Sei vivo! Tu…tu sei vivo!”
Ariadne si lanciò addosso a Tommy e lo strinse così forte che quasi gli bloccò il respiro. Per un momento fu come tornare a respirare, l’aria che tornava a turbinare nei polmoni, il torace che si espandeva ad ogni respiro.
Tommy ricambiò l’abbraccio affondando il naso in quei ricci rossi che gli erano mancati. Chiuse gli occhi e si abbandonò a lei. Sentì che esisteva solo lei, così vera e solida fra le sue braccia. Non importava il passato, Birmingham, Mick, la sua presunta morte. Contava solo lei.
“Ariadne, così mi strozzi.”
Ariadne si tirò indietro con uno scatto e fece scivolare le mani sulle spalle di Tommy con un movimento fluido.
“Oh, scusa. Scusami…io…è solo che…non credevo che ti avrei più rivisto.”
“Lo so. Ma sono qui adesso.” La rassicurò Tommy.
Ariadne all’improvviso aggrottò le sopracciglia. Presa dalla foga di riaverlo fra le braccia, si era scordata le domande fondamentali.
“Com’è possibile? E la tua famiglia? Perché sei a Londra? che ci fai al mercato?”
Tommy rise e ringraziò che Ariadne non avesse perso la sua sete di curiosità. Anche lei era cambiata, la pelle era più pallida e le guance più scavate, sembrava che non dormisse da secoli.
“Sono caduto in acqua e ho perso i sensi. Una barca mi ha trovato nel canale fuori Birmingham e mi ha salvato. Sono saltato giù dalla barca di Charlie Strong prima che esplodesse. In guerra ero un esperto di bombe, diciamo che me la so cavare.”
“Non hai avvertito la tua famiglia? Saranno in pena per la tua scomparsa.”
“No. preferisco che mi credano morto. Essere una fantasma ha i suoi vantaggi.”
Ariadne gli afferrò il viso con entrambe le mani e lo fissò negli occhi, in quegli occhi azzurri in qui aveva imparato ad annegare senza paura.
“Tu non sai quanto sono felice. Sono stata così male perché ti credevo morto. Non ho mangiato e non ho dormito per giorni.”
“Si vede, non hai una bella cera.” Disse Tommy.
“Non sono cose che si dicono ad una signora!” scherzò Ariadne.
“Signora King…suona proprio male.”
Ariadne smise di ridere. Quel titolo, quel cognome, era un macigno che si portava dietro tutti i giorni e che non la faceva respirare.
“A ciascuno la propria condanna.”
Tommy si appoggiò con la schiena alla parete del vicolo ed emise un sospiro, era stanco e felice al tempo stesso. Con Ariadne di mezzo aveva capito che le emozioni erano in continuo subbuglio e lui non poteva arrestarli in nessun modo.
“Hai ragione.”
Ariadne gli toccò di nuovo la guancia per accertarsi che fosse reale, che non fosse un fantasma. Notò che la barba di Tommy alternava fili neri e fili grigi, era lunga e disordinata. Era bellissimo, proprio come se lo ricordava.
“Perché sei rimasto a Londra? potevi nasconderti altrove.”
“Sono rimasto per te. Dovevo trovarti perché tu sei l’unica che può aiutarci a uscire da questa situazione del cazzo. Tu sei quella più vicina a Mick, ai suoi affari e ai suoi segreti.”
“A proposito di segreti, ho scoperto che Mick un tempo è stato sposato.”
Tommy assorbì quelle informazioni e si sfregò le mani come se avesse davanti agli occhi un succulento piatto di arrosto con patate.
“Ottimo. Possiamo cominciare da qui. Dobbiamo usare qualsiasi mezzo contro Mick.”
“Io avrei un paio di idee.” Disse Ariadne.
“Spiegami queste idee.”
La ragazza si infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e iniziò a camminare avanti e indietro, seguendo il flusso dei suoi pensieri.
“Dobbiamo dividerci i compiti: io cerco informazioni sulla moglie e tu sul figlio. Sono una donna e non posso entrare nell’ufficio militare senza una buona scusa. E poi sono sciura che se andassi a fare domande su Leonard, qualcuno avvertirebbe Mick.”
“Anche se vai al convento potrebbero avvisare Mick.” Obiettò Tommy.
“Non se ci vado sotto mentite spoglie. Il vecchio Sherlock Holmes ci insegna l’arte della finzione!”
Tommy ricordava bene tutte le volte che lui e Ariadne avevano messo in piedi un bel siparietto per dare retta a Sherlock Holmes. Rise al ricordo di quando avevano finto di avere dieci figli pur di entrare nel locale di Byron Davis.
“Va bene, faremo come dici tu.”
Ariadne aprì la bocca per lo stupore. Si portò addirittura le mani sul cuore come se fosse stata appena trafitta da una freccia in pieno petto.
“Non ti opponi? Di solito dici che le mie idee sono stupide.”
“Ho capito che oppormi a te e alle tue idee non serve, tanto alla fine fai sempre di testa tua.”
Tommy ammirava l’indipendenza di Ariadne, anche se a volte le causava guai. Non era una che si piangeva addosso e si sedeva buona buona in un angolo. Anzi, lei era una che lottava con le unghie e con i denti fino alla fine.
“Mi piace questa nuova versione di te pacata e propensa all’ascolto.” Lo derise Ariadne.
Tommy avrebbe voluto dirle che si comportava così solo con lei, che ascoltava solo le sue idee poiché quelle degli altri gli interessavano meno di zero. Ma non lo disse perché a parlare di sentimenti non era bravo. Poi un dettaglio attirò la sua attenzione: sulla guancia di Ariadne campeggiava un alone giallastro che era la palese traccia di un livido.
“Come vanno le cose a casa?”
Ariadne si coprì quel segno con la mano e abbassò lo sguardo per la vergogna. Lei che era sempre forte e vivace si era lasciata picchiare come un sacco di farina. Conosceva quel meccanismo secondo cui le vittime di violenza domestica incolpano se stesse, lo aveva vissuto in passato con sua madre e adesso lo sperimentava sulla propria pelle. Sapeva che non era colpa sua, eppure la sua mente le sussurrava sempre ‘’se solo fossi più forte’’.
“Botte e insulti non mi spaventano. Me la so cavare.”
Tommy le sollevò il mento e alla luce del sole si accorse di altri lividi in via di guarigione. Il dolore era sottopelle ma era visibile. E lui lo odiava.
“Quel bastardo la pagherà cara, te lo giuro.” Disse Tommy.
Poi la tirò in un altro abbraccio, le dita che si incastravano fra i ricci, il naso che le sfiorava la guancia. Ariadne si abbandonò per un istante a quel calore, poi si ritrasse e annuì come a darsi coraggio. Non credeva alle promesse, credeva soltanto nelle sue capacità di sopravvivenza.
“Prima troviamo un modo per colpirlo perché grazie agli Scuttlers e a mia madre è molto forte. Inoltre, ha anche iniziato a stringere alleanze con i politici. Pesto tutta Londra cadrà nelle sue mani.”
Tommy un tempo aveva tentato di conquistare la capitale e sapeva che per farlo bisogna scendere a patti con la feccia dell’umanità. Se davvero Mick si era avvicinato alla politica, era pieno di inimmaginabili risorse.
La Torre rintoccò le undici del mattino. Di sicuro Nadina si aspettava che Tommy tornasse a momenti, quindi doveva sbrigarsi per non destare sospetti.
“Io adesso devo andare. Poi ti racconterò della gente presso cui alloggio. Quando ci rivedremo?”
“Incontriamoci fra due giorni al British Museum a mezzogiorno in punto. Ricordi il giardino dove ci siamo visti dopo la mostra?”
“Certo.”
Ariadne sorrise, era stata la prima volta che si erano parlati davvero. Da allora non si erano più lasciati.
“Adesso scappo anche io prima che l’autista si accorga della mia assenza.”
Ariadne fece per voltarsi quando Tommy l’agguantò per il braccio e la tirò a sé. I suoi occhi vagarono sul viso della ragazza, lo sguardo d’ambra, le lentiggini, e infine sulle labbra.
“Mi baci o vuoi continuare a fissarmi?”
Tommy alzò gli occhi al cielo e stava per risponderle per le rime, ma lei era stanca di quella attesa ed entrò in azione. Circondò la nuca di Tommy con le mani e fece incontrare le loro labbra in un bacio lento e passionale, si avvertivano la mancanza e la rabbia, l’amore e la disperazione.
“Mi sei mancata.” Sussurrò Tommy.
“Lo so.”
Ariadne ridacchiò e gli fece la linguaccia, dopodiché si dileguò veloce come il vento.
 
Per fortuna Ariadne era tornata in auto pochi minuti prima di Andrew e Rachel. L’autista le aveva lanciato un’occhiata come se sapesse che lei fino ad allora era stata altrove, ma era la moglie del suo capo e non fece parola.
Venti minuti dopo Rachel e Ariadne varcarono la porta di casa a braccetto, la prima con un nuovo articolo in cantiere e la seconda con un nuovo obiettivo da portare a termine.
“Dove sono tutti?” esordì Rachel.
In effetti la cucina era vuota, così come i corridoi e il giardino. Sembrava che la servitù fosse svanita nel nulla. Dal salotto proveniva un vociare concitato e allegro.
“Signore, vi prego di seguirmi.”
Le due ragazze sussultarono quando il maggiordomo sbucò di colpo. Indossava il suo completo buono, quello per le cerimonie e gli eventi importanti. Ariadne ebbe un fremito lungo la schiena, un brutto presentimento si stava formando nella sua mente.
Il maggiordomo aprì le porte del salotto e con un mezzo inchino invitò le signore ad entrare.
“Oh, eccovi finalmente!” esclamò Mick contento.
Seduti a bere whiskey e a mangiare biscotti, c’erano Mick e un giovanotto baffuto. Il suo naso somigliava a quello delle maschere della peste con quel naso lungo e ricurvo; sembrava un corvo pronto a beccare il fegato di qualche cadavere.
“Chi è il nostro ospite?” chiese Ariadne.
Mick e il Corvo si alzarono, erano alti uguale ma il secondo era snello come un ramo di albero.
“Vi presento Caesar Osborne, membro dell'Unione Britannica dei Fascisti*. E’ una delle personalità politiche più in vista al momento.”
Un fascista. Ariadne tutto si era aspettata, che fosse un mafioso o un ladro o un semplice truffatore, e invece quello era un fascista. Sentì il sangue che le ribolliva nelle vene per il disgusto; a stento trattene un conato di vomito.
“E’ un piacere conoscervi. Sono onorato.” Disse Caesar.
Rachel si fece più vicina ad Ariadne, le loro mani di sfioravano adesso. Era un muto supporto, come a dire ‘siamo insieme e possiamo farcela’.
“Come mai siete venuto a trovarci?” indagò Ariadne.
Mick la fulminò con gli occhi, non era quello il modo di trattare un ospite, come se fosse immondizia da buttare via subito.
“Vostro marito mi ha invitato a conoscere voi e vostra cognata.”
Caesar fece scorrere il suo viscido sguardo su Rachel, la guardò su e giù come fosse un prelibato pezzo di prosciutto.
“Ah, sì? Vi interessa il suo viaggio in India?”
Il tono di Ariadne era ironico, era palese che quell’uomo fosse interessato a tutt’altro fuorché al soggiorno indiano.
“Il signor Osborne è qui per chiedere la mano di Rachel.” Spiegò Mick compiaciuto.
Gli occhi di Rachel subito si riempirono di lacrime, eppure non pianse. Negli aveva imparato a non cedere davanti al fratello meschino.
“Ma io non lo conosco!”
“Mick, che stai combinando?” domandò Ariadne furiosa.
Caesar fece un passo in avanti con le mani sollevate in segno di resa. Ariadne afferrò il polso di Rachel e insieme indietreggiarono.
“Tu non toccherai Rachel con quelle sudice mani!”
“Adesso basta! Ariadne, smettila.” Tuonò Mick.
“Stai vendendo tua sorella al miglior offerente come fosse un quadro all’asta! Ti rendi conto? Perché diavolo lo stai facendo?”
“Non sono cazzi tuoi. Io sono l’uomo di casa e comando io!”
“Ma…”
Mick infilò una mano nei capelli di Ariadne e le tirò indietro la testa con una forza tale che le fece scricchiolare le ossa del collo.
“Rachel sposerà Caesar. E tu, cara mogliettina, vedi di fare la brava perché la prossima volta ti staccherò i ricci uno a uno.”
 
“Non sei furbo come credi.”
Tommy non sollevò lo sguardo perché sapeva che a parlare era stata Nadina. Si trovavano al campo, avevano finito di cenare e tutti si dedicavano alle ultime faccende prima di coricarsi. Tommy stava riparando un cesto di vimini che l’indomani sarebbe servito per la pesca.
“Di che stai parlando?”
Nadina si sedette a gambe incrociate davanti a lui e buttò giù un sorso di vino direttamente dalla bottiglia.
“Oggi ti ho visto al mercato con quella rossa. Era impossibile non notare quella donna con quei capelli.”
Tommy avrebbe voluto risponderle che sì, era difficile non notare Ariadne. Non solo per i suoi ricci di fuoco, ma soprattutto per la sua esplosiva personalità che sembrava invadere l’aria intorno a lei.
“Mmh.”
“Non fare ‘mmh’ a me, bello. Sputa il rospo! Chi è la donna?”
“Una persona dal mio passato.” mormorò Tommy.
“Sicuro? Dato il vostro bacio non credo che sia proprio passato…” rise Nadina.
“Fai la spiona adesso?”
“In realtà sì. Era strano che tu volessi farti la strada a piedi, così ho deciso di seguirti per capire cosa stessi facendo. Lo sai che non ci piacciono i bugiardi.”
Tommy mise da parte il cesto ormai riparato e si accese una sigaretta. Avrebbe voluto dissolversi come la cenere, sarebbe stato tutto più facile.
“Lei non è un problema. Anzi, è la persona di cui mi fido di più.”
“Quindi sei innamorato di lei. E non è una domanda, è una affermazione.”
“E’ complicato.” Rispose Tommy.
“Deve essere complicato altrimenti non è amore.” Disse Nadina.
“Tu che ne sai dell’amore? Hai venti anni e cambi ragazza ogni settimana.”
Nadina gli diede un pugno sul braccio, sebbene sapesse che era la verità. Non si era mai legata a nessuna ragazza per paura. Gli zingari sono nomadi, non mettono mai radici, e innamorarsi a di fuori del gruppo è impossibile.
“Ne so abbastanza da riconoscerlo quando lo vedo. Però lei non è tua moglie, vero?”
“Lei è…non lo so neanche io.”
Tommy sospirò e si passò la mano destra fra i capelli. Spesso aveva meditato sul rapporto con Ariadne. Non erano sposati, non erano fidanzati, ma non erano neanche amici. Amanti forse? Alleati? Qualunque parola sembrava inutile per definire il loro legame.
“Secondo me lo sai, però hai paura di ammetterlo perché a quel punto diventerebbe vero.”
“Che filosofa.” Commentò Tommy.
Nadina si alzò e bevve altro vino. Aveva le guance rosse e un sorriso birichino.
“Io sarò pure una filosofa, ma tu sei qualcun altro.”
“E chi sarei io?”
“Tommy Shelby.”
 
 
Salve a tutti! ^_^
Finalmente la coppia si è ritrovata, chissà cosa succederà adesso!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
 
*Era il vero nome del partito fascista inglese fondato da Mosley.
  
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