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Autore: Challenger    11/09/2022    1 recensioni
Il vero amore è uno, e uno soltanto
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rimasi solo, i miei compagni erano usciti tutti in cortile. Continuavo a pensare a tutti i momenti che avevo trascorso con Andrea e a quelli che non avremmo più potuto passare insieme, come la serata a teatro. Durante la nostra gita a Napoli, Andrea aveva promesso di portarmi a teatro una volta tornati a Roma, purtroppo non abbiamo mai avuto l’occasione di andarci. Ripensai a tutte le volte che aveva suonato per me. Mi sembrava quasi di averlo di fronte: eccolo là, il mio dolcino. Si stava accomodando sulla panca di legno scricchiolante, con l’imbottitura di spugna che usciva da un piccolo buco apertosi chissà come e chissà quanti anni prima. Faceva scorrere le dita sui tasti senza nemmeno toccarli, per sentire la loro energia, diceva. Apriva lo spartito di Bach, di Mozart, a volte quello di Beethoven, ma di rado. Diceva che Beethoven gli ricordava troppo il se stesso cupo. Eccolo allora che sceglieva Liszt, più allegro, diceva. Prima di cominciare leggeva la musica con i suoi buchi neri, la studiava. Per non avere sorprese, ed essere pronto ad ogni evenienza, diceva. Era a quel punto che iniziava a premere tasti e pedali contemporaneamente, ma non prima di chiudere gli occhi. Riesco a vederla meglio così, diceva. Gli serviva per concentrarsi.Ancora un attimo di silenzio. Ecco le prime note... delicate e morbide, poi il suono cresceva impercettibilmente, ora gridavano la bravura del loro esecutore. Le sue mani forti si muovevano rapide e leggere, sfiorando appena i tasti, danzavano dal bianco al nero, dalle note acute a quelle gravi, facevano una piccola pausa e riprendevano il loro ballo sensuale, inchinandosi e alzandosi in piedi come durante un’ovazione. Si spostavano da una parte all’altra della tastiera, incrociandosi e salutandosi cortesemente come tra gentiluomini di un’altra epoca. I piedi si davano il cambio ad ogni movimento delle mani, gli andavano dietro come in una coreografia eseguita perfettamente all’unisono. La sua espressione granitica lasciava il posto ad una più rilassata ma sempre attenta alla minima variazione di suono. E proprio nel momento in cui mi trovavo in quel mondo fantastico, nel quale il meraviglioso artista mi aveva teletrasportato, e mentre assorto mi perdevo in quella foresta di suoni afrodisiaci, ecco che apriva di nuovo gli occhi, come se avesse raggiunto il suo massimo, per iniziare a comporre la sua personalissima musica. Una musica trascinante, forte, allegra e potente. Una musica che rispecchiava la sua anima ribelle. Si divertiva, giocava con le note, le sottometteva alla sua maestria. Non erano più solo le sue dita a ballare, ora era tutto il suo corpo a farlo. Mi prendeva in giro anche mentre suonava e cantava... mi faceva la linguaccia, le boccacce, sorrideva divertito dalla mia risata.I suoi zigomi pronunciati si arrossavano per lo sforzo di raggiungere le note più alte; le sue sopracciglia perdevano la posizione dritta per arrotondarsi, perché imitavano il movimento delle mie che erano sbalordite; la sua fronte si rilassava, ogni piega del broncio si era dissipata dal suo bellissimo viso. L’oscurità non teneva più in ostaggio la sua vitalità, che libera da ogni costrizione poteva dare sfogo a tutta la sua creatività. Rideva mentre improvvisava, mi sorrideva mentre componeva, mi guardava mentre cantava per me. Cantava le mie canzoni preferite, cantava i testi che scriveva per me, cantava semplicemente per me. Ed ora non l’avrei più sentito. Non avrebbe più suonato quel vecchio pianoforte. Non avrebbe più cantato per me. Non mi avrebbe più guardato mentre componeva per me. Non avrei più rivisto quello splendido sorriso felice. Non avrei più visto la sua luce brillante, non avrei più visto la sua anima.
   
 
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