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Autore: AeneadumGenetrix    13/09/2022    3 recensioni
E quell’altro aveva i capelli verdi, e gli occhi profondi quanto il mare.
Quell’altro aveva i capelli verdi, e nel suo cuore c’era un posto per lei.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non era ispirata.
Non riusciva a disegnare.
Voleva lavorare, tracciare su carta ogni linea e ogni anfratto dell’ultima isola visitata, ma era come in blackout. Disegnare mappe non è un lavoro meccanico, e soprattutto non inizia sulla carta. Inizia dal primo sguardo a un’isola, inizia ad ogni passo che si lascia sulle sue spiagge e sui suoi prati.
 
Quel giorno Nami non era stata presente a sè stessa. Non era stata presente al mondo intorno a sè.
Aveva guardato, ma non aveva visto.
Aveva visto, ma non aveva guardato.
E ora un’intera isola non riusciva a prendere forma tra le sue dita.
Il terrore iniziò ad attanagliarle le viscere. Una mappa del mondo non si disegna da sola. Non si disegna lasciando isole indietro. Non si disegna...
 
Avrebbe voluto sentire un rumore, una voce, qualcosa che la distraesse per davvero.
Ma erano i suoi pensieri, e non i suoi sensi, a percepire distrazione. Era un logorante circolo vizioso.
 
Com’era iniziato?
Nel modo più stupido possibile. Aveva comprato un libro di cartografia, e subito dopo aveva iniziato a temere.
Temere che qualcun altro avesse il suo sogno.
Temere che qualcuno potesse farlo meglio di lei.
Temere che disegnare carte non fosse arte, come aveva sempre considerato, ma plagio.
Plagio della realtà, plagio di una realtà molto più complessa e profonda degli abissi del mare e della foce di un fiume.
 
Un male dentro di sè che forse ogni artista ha conosciuto.
Il confronto con gli altri, il confronto con sé stesso.
E se avesse smesso di disegnare?
 
Zoro voleva diventare il miglior spadaccino del mondo, e gli bastava continuare ad allenarsi.
Rufy voleva diventare il re dei pirati, e gli bastava andare avanti a navigare.
Ma lei, lei che voleva tracciare ogni segno di terra su carta, lei cos’avrebbe fatto se un mattino, svegliandosi, avesse perso la capacità di disegnare?
 
Un male insanabile, e non vedeva soluzione.
 
 
– Ti capita mai di non riuscire ad allenarti?
Aveva lasciato cadere la domanda così, quasi senza importanza, mentre sedevano vicini a prua, le gambe penzoloni fuori dalla balaustra.
I loro compagni erano sdraiati a casaccio sul ponte, ognuno a modo suo, ognuno stroncato dall’alcol. Come spesso accadeva, solo lei e Zoro erano rimasti in piedi.
Zoro non parlava mai molto, almeno con lei, ma in quei momenti condividevano una grande intimità.
Condividevano il silenzio della notte, e talvolta, quando erano di buon umore, un piacere sottile, divertito, nell’essere gli unici del gruppo a saper reggere l’alcol, a poter ammirare la notte dopo una festa.
 
In fondo Nami conosceva già la risposta. Tutti la conoscevano. La forza d’animo di Zoro nel perseguire il suo sogno non era seconda neanche a quella di Rufy.
Eppure...
 
– Aspettavo che me lo chiedessi.
Nami invece tutto si aspettava, meno che questo. Non voleva mostrarsi sorpresa, ma gli concesse uno sguardo incerto, dubbioso, un corrucciarsi d’occhi che gli chiedeva di spiegarsi.
Mai si erano espressi al riguardo, ma la verità è che tra loro si capivano. Non sapevano guardare l’uno nel cuore dell’altro, almeno Nami non sapeva guardare nel cuore di Zoro, ma avevano un leggero linguaggio condiviso, un codice di silenzi e sguardi ed espressioni, e si ascoltavano.
Nami lo ascoltava. Zoro, nei suoi silenzi e nella sua testardaggine, era un punto di riferimento per lei.
– Ti ho vista oggi. Non riuscivi a disegnare, vero?
Non poteva averla vista, al suo scranno solitario nella sua cabina. Cosa stava facendo?
Non disse nulla, ma lo guardò. E lui stava guardando lei.
Gli occhi del verde si fissarono nei suoi, per un breve ma intenso momento. Cosa stava facendo?
– Sto bleffando, non ti ho vista.
Sorrideva. Era ovvio. Era... Cosa stava facendo?
– A volte infatti mi è successo.
La navigatrice aveva perso il filo. – Cosa?
Lui sorrise, e in quel sorriso c’era ogni stella del cielo.
– Non sei molto attenta!
No, non era attenta, era attanagliata dal proprio male. E lui riusciva a scherzare... Si sentì ancora più sola, ancora più desolata.
Lui le mostrò le mani con un sorriso amaro. – Mi è successo, non spesso ma mi è successo di non riuscire.
Il mare si rifletteva nel cielo, e le stelle guizzavano tra di loro.
 
– E cosa fai, cos’hai fatto quando ti è successo?
Silenzio. Forse stava ancora bleffando, e ora inventava una scusa.
Ma no. Zoro...
– Ho rinfoderato la spada. Ho cercato di pensare a qualcos’altro per cui valesse la pena stare al mondo.
Era una frase lunga, più lunga del solito per Zoro. Le stava aprendo il suo cuore?
La bocca secca, Nami scoprì che voleva sapere ogni cosa che lo animasse dentro, voleva sapere cosa c’era in lui oltre al suo sogno.
Non avrebbe saputo dire cosa c’era dentro il suo stesso cuore. Voleva scoprirlo da lui.
Voleva che lui le mostrasse la via dentro sé stessa, lui che si portava dentro tutto ma sembrava non avere mai niente.
E lui, lo Zoro che molti credevano incapace di riflettere, Zoro in una sola frase le aveva svelato l’origine del suo male. La vera, semplice origine. La paura di rimanere vuoti.
La bocca secca, Nami si girò a sinistra, Zoro a destra. Si videro.
– L’hai trovato?
Pesci nel cielo, stelle sulle onde guizzanti del nero del Grande Blu.
Socchiuse gli occhi e le sorrise.
– Sì.
 
 
 
Il giorno dopo, senza volerlo, ricordava nei dettagli anche quell’isola, quel macigno insignificante che le aveva occluso il cuore. Con la maestria che non poteva perdere, ora lo sapeva, con la maestria che era il suo dono tracciò ogni linea di quello scoglio che le aveva ferito il cuore, e ora sapeva cosa l’aveva davvero fermata.
Era la paura di raggiungere l’obiettivo, di raggiungerlo e di rimanerne svuotata.
Ma ora lo sapeva, mai ne sarebbe rimasta vuota, perché nella vita c’era altro.

E quell’altro aveva i capelli verdi, e gli occhi profondi quanto il mare.
Quell’altro aveva i capelli verdi, e nel suo cuore c’era un posto per lei.
 
 
 
 
 
 
 
Nota dell’autrice:
Sono all’episodio 100, metà della Saga di Alabasta. Non so niente.
Sento che nessun personaggio abbandonerà mai il suo sogno, e forse non avrà mai dubbi al riguardo, e suppongo anche che la questione "sogno" sia importante nell’opera.
Quindi: graditissimi i commenti, ma se ritenete che la storia sia da segnare OOC ditemelo e lo farò, ma vi imploro di non farmi spoiler (lettori che spoilerano agli autori, dove stiamo andando a finire).
 
Comunque è sera tardi, l’ho scritta di getto ed è la prima shot su OP che pubblico (nonché la prima ff dopo tanti anni), anche se non è la prima che provo a scrivere.
Quindi forse il testo è un po’ autoreferenziale, ma spero di non aver comunque snaturato Nami, le ho attribuito emozioni che non ho visto nell’opera originale ma che secondo me possono toccare ogni artista, ognuno che abbia un’abilità e un sogno ad essa relativa.
 
Dopo questa nota che già da sé è una drabble vi saluto e vi invito a farmi sapere la vostra, soprattutto se avete da criticare (tanto se mi criticate troppo al massimo la tolgo, non fatevi scrupoli)
 
AJ
  
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