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Autore: lulette    14/09/2022    2 recensioni
Dal capitolo 4
[Dei, l'aveva colpito. Così forte! Con tutta la forza che aveva. Aveva colpito quel viso così delicato, così fragile, come fragile era tutto di Merlino. Il suo corpo esile. Il suo cuore sensibile. Come aveva potuto colpirlo così?
Lui era da sempre il suo servo più fidato, il suo suddito più entusiasta ed era suo amico.]
["Che volete Artù?"
"Volevo chiederti perdono!"
"Vi perdono, ma sapete meglio di me che lo schiaffo di oggi non era per la risata" disse serio.
"Cosa vorresti dire?"
"Spiegatemelo voi, sire. Siete voi che siete cambiato nei miei confronti"
Di nuovo Artù si soffermò a guardarlo. Nudo sembrava ancora più fragile, ancora più indifeso ed ora che lo aveva vicino pensò che fosse un uomo incredibilmente attraente, sia per la sua nuova bellezza appena scoperta ma soprattutto per ciò che il ragazzo significava per lui.]
Raccolta di one shot dove oltre all'amore, l'elemento in comune è la presenza quasi magica dell'acqua.
Genere: Angst, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Gaius, I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: Lemon, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Bondage, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più stagioni, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Rating: Arancione

Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo

Tipo di coppia: Slash 

Note: Hurt/comfort, Missing moments, What if?

Avvertimenti: Lime, Contenuti forti, Violenza

Contesto: Prima stagione, episodio 6

 

In questa storia Artù e Merlino si conoscono da più di tre anni, anche se é ambientata nella prima stagione. Si frequentano cioè da quando Merlino aveva circa 19 anni, anziché 22. Buona lettura!

   

13.438 parole

 

 


Il desiderio più grande







 


Quel giorno l'avevano fatto. Lui e Merlino. Tante volte. 

Lui con un uomo! Lui con il suo servo! Non  avrebbe potuto crederci nessuno, lui in primis.

Era stata la cosa più assurda e più folle che ad Artù fosse mai successa. Era stata anche la migliore! Quando mai aveva amato qualcuno così intensamente?

Quando mai si era sentito amato in maniera così intensa da qualcuno?

Si sentiva stordito. E a tratti affranto. Chissà perché!

Aveva la leggera sensazione che qualcosa non fosse andata per il verso giusto. Ma poi ripensando al pomeriggio sorrise e gli sembrò nuovamente di toccare il cielo con un dito.

Guardò il suo nuovo amante: Merlino era nudo, spalmato sull'erba. Dormiva. Sembrava più svenuto in realtà. Era meraviglioso e Artù faticava a distogliere lo sguardo da lui. Gli sembrava ancora impossibile scoprire che l'amore che provava per Merlino fosse così potente, così carnale e che il servo lo ricambiasse con così grande ardore. 

Fino ad allora tra loro era stato tutto solo molto spirituale: una mente, un' anima che amava un altro spirito puro e affine. Ed era stato soprattutto onore e devozione, fratellanza e lealtà.


Erano nascosti da folti cespugli in riva a un piccolo specchio d'acqua, in mezzo al bosco, lontani dai principali sentieri di passaggio e ormai stava calando la sera. Erano stati lì tutto il giorno, a consumarsi labbra, mani e corpi. Per fortuna era un giorno di festa e riposo, per cui quasi sicuramente nessuno aveva cercato il principe a palazzo.

Artù ricoprì il suo servo con i suoi vestiti per ripararlo dall'umidità che stava sopraggiungendo e si rivestì, sedendosi poi su un masso con le mani in mano. Non aveva idea di quello che avrebbe dovuto fare adesso. Forse non doveva fare proprio niente. Forse lo attendeva la felicità!

 

Dopo qualche tempo Merlino si mosse e si stiracchiò voluttuosamente per poi sobbalzare prima alla vista delle sue nudità per metà esposte, e poi alla presenza del principe poco dietro di lui.

"Artù? Vi dispiace lasciarmi da solo per un attimo? Vorrei vestirmi" disse il ragazzo premendo le sue vesti contro il corpo.

"Cosa vuoi che importi ormai? Dopo quello che... "

"Dèi, Artù, certo che importa!" lo interruppe il servo. "Sapete che mi sento a disagio per certe cose. Io non sono come voi!"

"Scusa, Merlino, ma non ti sembra fuori luogo tutta questa pudicizia? Prima non mi sembravi certo così timido!"

"Prima, quando? Cosa state dicendo, Artù... Ma... dove siamo?"

"Siamo allo stagno vicino a Ederwick! Ma cos'hai?"

Merlino spalancò gli occhi, guardandosi intorno. Sentiva il panico crescere dentro di sé.

"Artù, deve essere successo qualcosa!"

"Qualcosa? Molto di più, Merlino!" sorrise il principe con malizia.

"Ho paura, maestà. Non capisco cosa stia succedendo. L'ultima cosa che ricordo é di aver partecipato al banchetto reale... l'arrosto e poi più niente!"

"Quello é stato ieri sera, circa un giorno fa!" Artù era confuso. Mise un ginocchio a terra per arrivare con il volto all'altezza del viso dell'altro e lo guardò attentamente. Merlino si premette le vesti addosso con maggior cura e non riuscì a sostenere lo sguardo di Artù che per pochi istanti.

"Non ti va di darmi un bacio?" chiese Artù per saggiare l'integrità mentale del suo servo. Merlino spalancò occhi e bocca e rotolò su se stesso, balzando in piedi neanche l'avesse morso uno scorpione.

"Che vi piglia? Certi scherzi non sono da voi!"

"Tu non ricordi niente di quello che é successo oggi? Poco fa?"

Com'era possibile che si fosse scordato? Merlino aveva ancora le labbra gonfie dei suoi baci e il collo e il petto pieni di lividi viola con cui lui lo aveva marchiato.

"Adesso mi state davvero spaventando Artù. Se é uno scherzo, vi prego, ditemelo subito!"

Il principe sospirò: "Io non sto scherzando Merlino, ma forse sei tu che stai fingendo. Per non doverti assumere la tua parte di responsabilità, per ciò che é accaduto. Comodo però! Io, dal canto mio, la mia fetta di responsabilità me la prendo. Eravamo in due. La colpa o il merito, non lo so ancora, é di entrambi."

"Cos'è accaduto?" chiese Merlino afflitto.

"Diciamo che... se tu vuoi dimenticare, e la cosa s'intende, non mi sta bene, farò anch'io in modo di dimenticarla! Così saremo pari! E vestiti in fretta!"

Artù sparì nel fitto del bosco e Merlino si rivestì più in fretta che poté, osservandosi intorno guardingo perché nessuno lo vedesse. Artù invece lo spiava attraverso un cespuglio e quel comportamento del servo sembrava smentire il fatto che Merlino facesse finta di aver dimenticato tutto. Forse Artù aveva ancora qualche dubbio.

Sarebbe stato comodo, in fondo, anche per lui, non dover rendere conto di niente al ragazzo, se Merlino fosse stata solo una piacevole parentesi, un incantevole diversivo. Ma Artù aveva messo tutto di sé quel pomeriggio passato a far l'amore col servo: testa, corpo e anima.

Nonostante fosse il primo uomo con il quale fosse giaciuto, era stato tutto così naturale e meraviglioso. Lo aveva desiderato, si era sentito del tutto conquistato da Merlino e l'aveva amato sul serio. Avrebbe potuto ricominciare anche in quel preciso momento.

E se per Merlino, lui avesse rappresentato solo un piacevole diversivo ma fosse pentito e non sapesse come altro fare per cavarselo di torno una volta per tutte? Questo pensiero per un attimo lo colpì come una frustata.

No, non avrebbe mai creduto che Merlino gli potesse fare una cosa del genere. Ormai gli credeva, ma il problema adesso era che questo Merlino non era pronto a sentire la verità.

Era quasi impossibile da comprendere. Anche Merlino l'aveva amato con totale dedizione ed entusiastica passione. Era dunque tutto finito da parte del ragazzo? O meglio... c'era mai stato qualcosa di reale da parte sua? Che fosse così traumatizzato da ciò che avevano fatto che la sua mente si rifiutava di accettarlo?

Ad Artù sembrava che il cervello stesse per esploderglu. Si sentiva persino male fisicamente.

E infine, cosa doveva fare ora? Corteggiarlo? Lasciar perdere per il momento e sperare che ricordasse? Far finta che non fosse mai successo?


Quando ritornarono a Camelot, Artù ordinò al servo in modo perentorio: "Stasera hai la serata libera. Se sei stanco la metà di quanto lo sono io, avrai bisogno di riposare. Anche per quanto riguarda la cena ritieniti libero. Hai capito?"

"Sì, sire ma..."

"Niente ma... buonanotte!"

 

Artù non aveva mentito: era spossato. Nel corpo perché mai si era concesso così tanta attività di quel tipo, nella mente perché accettare quella benedizione che lo aveva portato a cambiare i suoi sentimenti per Merlino, era stato comunque faticoso per il suo sistema nervoso. Tutte quelle emozioni così profonde venute alla luce quel giorno, lo avevano travolto e stravolto. Infine l'amara scoperta di Merlino immemore di tutto ciò che era successo tra loro gli aveva dato il colpo di grazia.

Ordinò alle guardie di non essere disturbato per nessun motivo. Si spogliò e si mise sotto le coperte, avvolgendosi stretto come per essere consolato da un abbraccio.


Nel frattempo Merlino nella sua stanza si faceva senza sosta sempre la stessa domanda. Perché non ricordava niente? Non gli era mai successo ed era una sensazione davvero inquietante.

Merlino era confuso, era arrabbiato anche, perché Artù era strano, incomprensibile e non voleva dirgli niente, mentre lui aveva necessità estrema di capire, di sapere. Lui avrebbe potuto illuminarlo e magari avrebbe ricordato e comunque avrebbe potuto capire ciò che gli era successo.

Per quanto ne sapeva avrebbe potuto aver detto o fatto qualsiasi cosa: per lui quel giorno non era esistito. Era nauseato. L'unico che poteva aiutarlo gli aveva voltato le spalle. Il suo amico. La missione della sua vita. Cominciò a pensare che la sua estrema fiducia in Artù fosse mal riposta. La verità nuda e cruda era che si sentiva tradito dalla persona che aveva sempre messo al primo posto negli ultimi tre anni della sua vita.

Doveva ammettere di sentirsi stanchissimo: fisicamente, il suo corpo non chiedeva altro che di riposare e dormire.

Si spogliò, si guardò nello specchio e rabbrividì. Da quale animale era stato attaccato? Si avvicinò per osservare meglio i particolari. Le labbra erano gonfie, screpolate e contornate da un alone rosso.

Le spalle, il petto e persino l'addome erano cosparsi di ematomi viola e blu e da strani cerchi che sembravano morsi: qualcuno doveva aver anche sanguinato.

E il collo? Che ne era del suo collo? Aveva cambiato colore. Era pieno di strisce rosse e di puntini viola e rossi, puntini che aveva ritrovato a chiazze un po' dappertutto, sul viso e sul corpo, persino in mezzo alle cosce.

Non aveva mai visto dei segni così e non riusciva a capire come se li fosse fatti. Inoltre alcune parti del corpo come le braccia e le gambe e, cielo, persino la lingua e i glutei risultavano parecchio indolenziti.

Forse al banchetto la sera prima aveva mangiato qualcosa che gli aveva dato fastidio. Un po' come quando faceva scorpacciate di frutti di bosco, procurandosi una brutta dissenteria.

Oppure, e di questo si convinse, nell'acqua dove aveva fatto il bagno quel giorno (ecco perché era nudo quando si era risvegliato al laghetto) dovevano esserci un'infinità di pulci d'acqua molto aggressive e sicuramente anche molte sanguisughe giganti.



 

Artù nonostante la stanchezza, non riusciva a prender sonno e ripercorse con la mente gli avvenimenti di quell'ultimo periodo che gli aveva cambiato la vita.




 

Una settimana prima 


Erano successi alcuni fatti che avevano sconvolto la vita di corte a Camelot, ma soprattutto quella di Merlino.

Morgana aveva contratto una rara malattia della quale Gaius, pur provandole tutte, non era riuscito a venire a capo. 

Un certo Edwin, un uomo con il volto gravemente sfigurato si era proposto ai reali come colui che era in grado di curare qualsiasi male e Uther e Artù, disperati, l'avevano invitato mettendosi nelle sue mani. 

Il fatto fu che poco dopo essere rimasto solo con Morgana, questa si era ripresa miracolosamente.

Edwin diventò all'istante l'uomo del momento, anche se Merlino aveva forti dubbi sul suo operato. Sia lui che Gaius credevano infatti che Edwin possedesse l'uso della magia. 

Il pomeriggio seguente Merlino si trovava nella camera assegnata dal re a Edwin, ufficiosamente per fare le pulizie, in realtà per cercare di scoprire qualcosa di più sul mago, quando fu scoperto proprio da Edwin stesso con le mani in pasta.

L'uomo fu molto gentile con lui e ad un certo punto gli mostrò una piccola magia, senza alcun timore osservando poi la reazione del servo. Merlino rispose a sua volta con un' altra magia. Edwin sorrise: aveva percepito che il ragazzo fosse uno stregone anche lui.

Gli fece una proposta che sorprese Merlino e che forse per un attimo lo tentò: unirsi a lui per diventare insieme i più potenti stregoni mai esistiti e ottenere tutto ciò che desideravano nella vita. 

Il giovane non si espose apertamente, ma fece capire di non voler accettare. Edwin chiese a Merlino di pensarci e lo lasciò andare mettendo in chiaro che il loro segreto avrebbe dovuto rimanere tale. Ciascuno dei due sapeva di non poter tradire l'altro, altrimenti sarebbe stato smascherato a sua volta.


Il giorno successivo Gaius fu messo nelle condizioni di dover lasciare il suo incarico a corte. Gli fu fatto capire che dopo l'errore fatto con Morgana, era tempo di fermarsi e di lasciare spazio all'altro medico più giovane e aggiornato. Raccolse i suoi averi, ma quando fece per salutare Merlino, si avvide che questi era triste, arrabbiato, preoccupato e provò a fermarlo, ma Gaius non volle intender ragioni e se ne andò.





 

La sera prima

 

Gaius era via già da qualche giorno e Uther aveva indetto un grandioso banchetto, durante il quale Edwin sarebbe stato nominato ufficialmente nuovo medico di corte.

Durante la sua presentazione Edwin parlò di Merlino in termini entusiastici: disse che era davvero un valido aiutante e che sperava gli stesse accanto come aveva fatto in passato con il suo predecessore. Uther era a capotavola e si dimostrò così felice che invitò Merlino, che in quel momento stava servendo il vino, a sedersi a tavola con loro e a prendere parte al banchetto.

Artù che sedeva al centro del lato lungo della tavolata lo chiamò e lo volle di fianco a sé, alla propria sinistra e di fronte a Edwin.

Merlino si sentiva allo stesso tempo molto imbarazzato e lusingato. Edwin parlò ancora: "Qualcuno vuol dire qualcosa al nostro Merlino?"

"Io!" disse Uther un po' a sorpresa.

"Sono felice che tu sieda con noi a questa tavola, Merlino. Un servo assieme ai suoi padroni é una novità. Non ho mai desinato con un cittadino inferiore ma nel tuo caso, onore al merito! Sei sempre stato più di un servitore per Artù, un amico leale e ti sei contraddistinto per coraggio e dedizione, per cui vorrei fare un brindisi a Merlino" disse sollevando il calice in aria.

"A Merlino" risposero i convitati in coro.

Edwin gli faceva dei grandi sorrisi. Quel mago di cui nessuno sapeva niente aveva sicuramente degli scopi, dei motivi per quel comportamento e per quel modo di fare così strano che aveva con lui. Certo la sua cicatrice deturpante al volto inizialmente allontanava le persone. Guardandolo meglio, però, pensava Merlino, si capiva che era molto più giovane di quel che sembrava e senza la cicatrice sarebbe stato sicuramente un gran bell'uomo. Aveva i capelli folti e biondi, il naso diritto, le labbra carnose e i grandi occhi astuti e fieri su un corpo solido e snello anche se coperto da lugubri e un po' ridicole palandrane.

Usava parole gentili e sorrideva ma i suoi discorsi risultavano essere sempre un po' misteriosi, sottili e lasciavano spesso sottintendere qualcos'altro o almeno a lui facevano quell'effetto.

 

Artù si alzò in piedi. "Ora tocca a me! Merlino sono passati almeno tre anni da quando ti conosco e posso dire con franchezza che da quando sei il mio servo, non credo di essermi mai annoiato, neppure un giorno. Sei la quintessenza dell' imbranataggine e dell'ingenuità ma sai sorprendermi perché a volte sei saggio, sei coraggioso, sei divertente. La mia vita é migliorata da quando mi sei accanto; questo non cambia il fatto che sei il peggior servo che io abbia mai avuto."

L'intera tavolata scoppiò a ridere e Merlino non sapeva più che faccia fare. Artù era stato un po' cafone ma gli aveva anche detto delle cose profonde, toccanti persino.

 

"E cos'altro potete aggiungere su Merlino, Artù?" disse Edwin con un sorriso aperto.

Merlino fulminò il mago con lo sguardo. 'Che uomo infido e falso. Che cosa vuole realmente con questa farsa dell'uomo cortese? Possibile che fosse solo lui a considerarlo in quel modo?'

Merlino si chiese se stesse esagerando. Lui sapeva di avercela con Edwin perché era riuscito a umiliare e poi ad allontanare Gaius, il quale, dopo pochi giorni, gli mancava già tantissimo. Non era più la stessa vita alla quale era abituato. La mattina quando si svegliava e doveva passare per il laboratorio di Gaius, c'era Edwin, che aveva fatto togliere quasi tutte le medicine e i libri di Gaius, per far posto alle sue cose: sestanti, alambicchi, strani strumenti e un quantitativo impressionante di polveri di tutti i tipi. Non sostava mai con Edwin, non mangiava mai con lui. Non l'avrebbe sopportato. O stava rinchiuso nella sua stanzetta o stava fuori dal laboratorio.

Insomma, Merlino lo odiava. Era forse perché Edwin nascondeva a tutti la sua magia, tranne a Merlino? No, su questo non poteva avere da ridire, visto che lui lo faceva da molto più tempo. E non poteva dimenticare che aveva salvato la vita a Morgana.

Artù era ancora in piedi: "Che dire del mio servo? Beh, molti di voi non lo sanno, ma il giorno che arrivò, stavo giustamente punendo un servitore impudente, ma vi assicuro in modo scherzoso e non crudele e lui mi affrontò chiamandomi -asino-!"

Tutti scoppiarono a ridere, Uther più degli altri.

"Lo feci prima sbattere in prigione e poi lo mandai alla gogna. Non sapeva chi ero. E una volta saputo, immaginerete che abbia avuto un atteggiamento più sottomesso o almeno più modesto. No! Mi sfidò apertamente chiamandomi -babbeo reale-!" Edwin scoppiò in una risata sfacciata, alla quale si unirono tutti gli altri.

"Devo dire che questa sua irriverenza mi colpì: nessuno aveva mai osato tanto e inoltre capii che doveva esserci qualcosa in lui che mi sfuggiva..."

"E che cos'era?" chiese Gwaine interessato.

"Oh, Gwaine, non ne ho la più pallida idea. Lui é rimasto per me, ancora quell'enigma che é sempre stato" rispose Artù, aprendo le braccia.

"In questo devo darvi ragione, maestà. Anch'io ho avuto da subito questa sensazione. E non mi sbaglio mai!" aggiunse Edwin.

Merlino non poté fare a meno di guardarlo male, ma tornò a fare quello che stava facendo da quando era iniziata quella situazione così imbarazzante e cioè bere vino. "Capisco ciò che volete dire, Edwin" disse Merlino in modo affabile "perché la stessa cosa, potrei pensare io di voi. Potremmo fare un patto: che ne dite se ognuno di noi badasse ai propri fagioli?"

"Per me va benissimo, Merlino, ma non credo stiamo parlando della stessa cosa. Personalmente mi riferisco ad altro."

Il servo lo guardò socchiudendo gli occhi. 'Ad altro cosa? A cosa diamine si riferisce?'

Fu servito l'arrosto. Non aveva mai avuto una portata così abbondante di carne, in vita sua. Quando lo assaggiò, rimase incantato dalla bontà di quel piatto. Edwin si rivolse ad Artrù: "Maestà, l'arrosto é fantastico ma trovo manchi un po' di sale. Volete?" disse offrendogli la saliera. Artù assaggiò un pezzo di carne e disse: "Giusto un po'! Grazie Edwin." 

Merlino chiese a Edwin un po' di sale anche per sé, ma il mago fece una cosa strana. Si allungò sul tavolo per prendere un'altra saliera e gliela passò.

"Andava bene anche quella usata da Artù" disse Merlino confuso. "Questa, dici?" e Edwin gliela pose davanti al piatto. Merlino la prese e si accorse che era vuota.

 

Forse davvero stava calcando la mano con i sospetti che aveva su di lui. In fondo Edwin stava vivendo un momento magnifico della sua vita. Da uomo indigente e malvisto era diventato il medico di corte. Servito e riverito come un nobile, veniva invitato a ogni banchetto o celebrazione importante. Questo perché godeva del rispetto e della fiducia del re. Sarebbe stato un pazzo a buttare via un'occasione simile di benessere e agiatezza. 

Un pazzo! 

Merlino non era poi così sicuro che non lo fosse, ma decise di non pensarci, non in quel momento e si volse verso destra per guardare Artù che masticava con gusto il suo arrosto e che in quel momento, a sorpresa, si voltò verso di lui  accorgendosi di essere guardato dal servo. Il principe gli sorrise e gli fece pure l'occhiolino.

Merlino gli fece un piccolo sorriso e distolse lo sguardo, arrossendo come un ragazzino colto in fallo.

In quel momento Edwin si rivolse ad Artù: "Vostra maestà, in virtù delle vostre doti di sublime intrattenitore, per nostra suprema celia, vorrei farvi qualche domanda, forse un po' irriverente. Siete un uomo di così fine umorismo che sono sicuro avrete incuriosito, non solo me, ma la totalità degli astanti presenti a questa tavola." Artù annuì divertito all'ospite.

"Anzi. Se siete d'accordo vorrei pregare anche gli altri di porre a voi le loro domande" Artù sbuffò sorridendo: "Purché abbia la facoltà di non rispondere..." disse alzando l'indice e muovendolo contro Gwaine, il quale scoppiò a ridere. Sembrava che tutti fossero già un po' alticci.

"Comincerò io" esordì Edwin. "Chi é la persona alla quale avete salvato la vita più volte?"

Artù strinse gli occhi pensando. "Non saprei. Forse Ginevra."

"No, Artù, pensateci meglio!" intervenne Leon.

"Mio padre?" 

"No!" sorrise Gwaine.

"Allora chi?" chiese Artù interdetto.

I cavalieri risposero in coro: "Merlino!"

"Merlino? Conta anche lui?"

Il diretto interessato aprì la bocca offeso: "Come?  

- Conta anche lui?-"

Artù scoppiò a ridere, posandogli una mano sulla spalla e pizzicandogli la guancia con l'altra mano "Certo, scusa, non volevo intendere questo" e gli sorrise con dolcezza. Poi, rivolto a Edwin: "Il popolo ha deciso. Ho dovuto salvare Merlino un'infinità di volte, più da se stesso che dagli altri pericoli." E mentre l'ilarità si diffondeva al tavolo, Edwin sorrise soddisfatto guardando intensamente Merlino.

Uther prese la parola: "E invece chi ritieni sia la persona che ti ha salvato la vita più volte? Io propenderei per Leon."

Artù sorrise imbarazzato. Stavolta non aveva dubbi, ma chissà perché non gli andava di condividerlo con gli altri. Ma poi pensò che Merlino lo meritasse e stava per rispondere quando Leon si rivolse al re.

"Maestà, vi ringrazio, ma non sono io la persona che ha salvato più volte vostro figlio, anche se avrei tanto voluto esserlo..."

"Tranquillo sei sempre il cavaliere che ogni re vorrebbe accanto al proprio figlio!" rispose Uther al che Leon sorrise chinando il capo.

"Ma si può sapere chi é allora?" se ne uscì fuori Edwin.

"Merlino!" rispose Artù piuttosto emozionato. "Non so davvero quante volte e in quanti modi mi abbia salvato. E ritengo che lo abbia fatto più volte di quelle che io sappia."

Gli occhi di tutti erano addosso a Merlino. Nessuno rideva. Molti avevano sorrisi commossi sul volto. E il viso del servo apparì a tutti come paonazzo.

Uther parlò nuovamente: "Stavolta non posso esimermi dal dirti il mio grazie più sincero e profondo, Merlino. Voi sapete che Artù é tutto per me. Mio figlio e il futuro di Camelot. E se tu lo hai protetto e salvato così tante volte, io non lo dimenticherò. E quando sarà il momento sarò in grado di dimostrarti la mia riconoscenza."

Edwin in quel momento sembrava gongolasse.

"Avrei una domanda per voi, Artù!" saltò su Gwaine "Quante donne avete avuto nella vostra vita?" Uther si mise a ridere e aggiunse: "Sono proprio curioso di saperlo. Artù é sempre stato molto restio a parlarne." Merlino era ora a disagio e avrebbe proprio voluto andarsene, ma si sarebbe inimicato l'intera corte se avesse osato farlo. Per cui si concentrò sull'arrosto e sul calice pieno di vino di fronte a lui. 

Artù si chinò verso il valletto e gli sussurrò all'orecchio: "So che certi discorsi ti infastidiscono ma non devi preoccuparti!"

Merlino lo guardò con occhi interrogativi. Da quando Artù gli leggeva nel pensiero? Pensò anche che fosse adorabile.

"Mi dispiace deludervi padre, ma questa é una di quelle domande a cui non risponderò!" dichiarò Artù.

"Ditemi allora chi é il vostro migliore amico?" chiese Gwaine malizioso.

"Voi tutti lo siete: siete come fratelli per me. Tuttavia posso tranquillamente affermare che é Merlino, così nessuno dei cavalieri potrà considerarsi offeso!"

"Ma non é giusto!" brontolò un Elyan un po' offeso ma sorridente "Ogni vostra risposta é -Merlino-!"

"Hai ragione!" ridacchiò Artù "Ma ormai lui é la mia ombra e anche un po' la mia coscienza."

"Fino a questo punto, Artù?" ribatté Gwaine "Allora é inutile che vi chieda quale persona volete sposare!"

Tutta la tavola esplose in una risata sgangherata. Merlino guardò Artù e gli mormorò con un'espressione fintamente scocciata: "Per fortuna che non dovevo preoccuparmi!"

Il principe gli mise una mano sulla testa, facendola dondolare in qua e in là, gesto che non migliorò di certo la loro situazione a quella tavola.

Gwaine, che era ormai partito per la tangente vuoi per il vino vuoi per la situazione, decise di improvvisare uno dei suoi ormai famosi canti.

"Oh, poveri noi" disse Leon, schiaffandosi una mano in faccia.

 

"La regina non avremo, 

re Merlino noi vorremo,

regni accanto al suo Artù,

lo rallegri sempre più.

Voi eredi non avrete,

ma felici, sì, sarete.

Noi saremo i bei figlioli

concepiti da due pioli"

 

"Dio, Merlino! non mi sono mai vergognato tanto!"

 "Io invece, non credo di essermi mai divertito tanto. Se volete possiamo dargli qualcos'altro di cui sparlare!" sussurrò Merlino dolcemente malizioso. Artù sgranò gli occhi, credendo di aver capito male. Il servitore si girò verso Artù e appoggiò languidamente i polsi sulle spalle di Artù: avrebbe lasciato l'iniziativa al suo padrone.

Ad Artù girò un po' la testa, osservando il viso dell'altro, così vicino, sorridente e... disponibile. 

Fossero stati da soli forse l'avrebbe baciato...

'Ma no!' Artù scosse la testa. 'É colpa del vino e di quest'atmosfera licenziosa.' Prese la testa di Merlino tra i palmi e lo baciò dolcemente sulla fronte. E rabbrividì di tenerezza e di qualcos'altro meno opportuno. 

In certi momenti gli sembrava di essere ancora se stesso, ma in altri non si riconosceva più. Però era Merlino il vero enigma, ancora di più: non gli dava certo fastidio, ma non si comportava come al solito. Il servo gli sorrise, per l'ennesima volta quella sera e tolse le mani le mani da lui. Ma Artù non voleva staccarsi e gli si avvicinò con la sedia, portando un braccio sopra le sue spalle, come qualche volta era già successo in passato.

Edwin si alzò e si chinò verso Merlino: "Un grosso successo! I miei complimenti!"

:

 

Più tardi in camera del principe, mentre Merlino lo spogliava e lo rivestiva per la notte, Artù chiese: "Ti sei davvero divertito stasera o prima dicevi così per dire?"

"É stata forse la sera più divertente della mia vita. La compagnia era eccellente e vi ringrazio di avermi invitato accanto a voi. Mi sentivo stranamente a mio agio, ma solo per merito vostro! E non ho mai mangiato così tanto e così bene. Tre dolci, Artù! Il vino, il pane..."

"Dimentico sempre che sei un gran mangione: a vederti non si direbbe!"

"Oh, no! Non anche voi!"

"Voglio solo dire che sei magro! Non credo ci sia alcuna offesa in questo!"

"Non saprei..."

"E comunque mai offensivo come quando tu mi dai del -grasso-!"

"Se io potessi mangiare quello che mangiate voi, tutti i giorni, altro che grasso, non passerei dalla porta! Io scherzavo! Non siete affatto grasso, lo vedete. Siete perfetto così!" Artù provò un piacevole scombussolamento a queste parole e rispose:

"Cielo, Merlino! Non mi hai mai detto una cosa simile. Sono quanto meno sorpreso!"

"É il vino, maestà! Cercate di perdonarmi. Sapevo che mi sarebbe uscito qualcosa di imbarazzante!"

"Ma anche di... carino!"

"Vi auguro la migliore notte di sonno che possiate avere, sire!"

"Ti ringrazio Merlino, lo stesso vale per te!"

Merlino era praticamente scappato.

Una volta solo, Artù si ritrovò a pensare a quelle ultime parole così dolci e piene d'affetto e si addormentò felice. Non lo aveva detto al servo, ma anche per lui era stata una delle serate più belle della sua vita. E sapeva che il motivo principale era stata la vicinanza di Merlino.



 

Quella stessa mattina

 

Merlino era giunto senza far rumore. Aveva aperto solo leggermente il lembo di una delle tende e si era accucciato accanto al letto , all'altezza del viso di Artù, guardandolo prima di chiamarlo sussurrando: "Artù! Che ne dite di aprire i vostri occhi per me? Mi dispiace svegliarvi. Quando dormite sembrate un angelo. Ma noi sappiamo che non é così" e ridacchiò tra sé. 

Il principe aprì gli occhi e si trovò davanti il sorriso di Merlino. 

"Che fai? É successo qualcosa di grave?"

"No, cercavo solo un modo diverso per svegliarvi. Avete sentito ciò che vi ho detto?"

"Sì, ho sentito tutto. Anche che sembro un angelo quando dormo, ma che in realtà non lo sono."

"Cercavo solo di stuzzicarvi per farvi aprire gli occhi e ha funzionato! Oggi sarà uno dei giorni più caldi che abbiamo mai visto. Vi prego, però, fate in modo che non rimaniamo seppelliti in casa tutto il giorno."

"Ma é pericoloso andare in giro se fa così caldo!"

"Non se partissimo subito. Mi sono permesso di preparare due sacche con cibo e acqua in abbondanza."

"E dove vorresti andare?" chiese Artù divertito dall'intraprendenza del servo.

"In un posto all'ombra, vicino all'acqua. Un posto dove, almeno per oggi, non ci fosse nessun altro. Non conoscete un posto un po' isolato?"

"Sì, ma perché oggi che giorno é?"

"É il mio compleanno."

"Davvero? E quanti anni fai?"

"Ventidue."

"Auguri e comunque la tua idea mi ispira per cui, sella i cavalli Merlino. Farò colazione quando saremo arrivati là!"

Avevano cavalcato a lungo, si erano anche persi per un attimo, ma poi giunsero al laghetto che Artù aveva in mente. Erano lontani da Camelot.

 

Merlino si era spogliato con la massima naturalezza, cosa che non era assolutamente da Merlino, rifletté Artù. Si era poi tuffato, nuotando per un bel po' infine era tornato vicino a lui che nel frattempo era entrato in acqua.

"Quest'acqua é fantastica, non trovate? Mi avete fatto il miglior regalo di compleanno che abbia mai ricevuto portandomi qui!" e gli sorrise in modo così solare che Artù si sentì a sua volta felice.

Avevano nuotato e parlato e Artù aveva avviato una lotta epica di spruzzi alla quale Merlino alla fine dovette cedere per non rischiare di affogare: "Basta, Artù! Avete vinto, mi arrendo!"

Dopo aver ripreso fiato Merlino fece un'assurda proposta di gioco. "Vorrei capire una cosa: se dovessi portarvi in salvo, sarei in grado di trasportarvi fino a riva?"

Artù scoppiò in una grossa risata.

"Ridete pure! So anch'io che sulla terraferma non riuscirei nemmeno a sollevarvi, ma in acqua é tutta un'altra cosa."

"Dai, allora, prova? Voglio proprio vedere come farai!" e si sdraiò sull'acqua come fosse privo di sensi. Merlino non sapeva bene da che parte farsi poi per iniziare lo prese sotto le ascelle, trascinandolo per un bel pezzo e fin qui tutto bene.

Poi quando l'acqua si abbassò, si accucciò nell'acqua prendendo in braccio Artù, ma ancora riusciva ad avanzare. Artù si rilassò: che bella sensazione essere portato in braccio in quel modo dal suo servitore! Merlino provò a mettersi in piedi quando l'acqua era ormai troppo bassa e con una fatica immane dando diversi strattoni al principe riuscì a mettersi in piedi con Artù tra le braccia. Il principe aprì gli occhi incredulo e vedendo Merlino con la faccia più rossa e sofferente che avesse mai visto, gli si aggrappò alle spalle per aiutarlo. Il servo respirava in modo molto affannato e dalla sua gola fuoriuscivano dei gemiti strozzati da sforzo: Artú si sentí accaldato e a disagio per ciò che quei versi gli facevano venire in mente e per il turbamento che gli provocavano.

"Ce l'hai fatta, cavoli! Non l'avrei mai detto! Ora, mettimi giù, siamo arrivati!"

"...No... !" disse Merlino che intanto aveva perso la presa su una gamba di Artù e per evitare gli cascasse del tutto, lo alzò fino al petto, mettendo a dura prova la sua schiena, che infatti non resse e il ragazzo cadde, schiacciato da Artù.

"Oh Dio, stai bene?" mormorò il principe rialzandosi in fretta.

"Mh... sì, insomma..."

"Sei proprio un caprone, sai? Non potevi mettermi giù?"

"Non vi avevo ancora tratto in salvo. Credevo di riuscirci. Accidenti! Riproviamo!"

"No!" disse Artù con sguardo atterrito "Poi ho fame! E ora tocca a te!" Ancora prima che Merlino potesse dire o fare qualcosa, Artù lo prese in braccio con estrema facilità. 

"Ma... che fate?" boccheggiò Merlino.

"Ma tu non stai mai zitto?" chiese l'altro con fare sicuro.

Merlino si mise a ridacchiare, mentre Artù era un po' emozionato nel portare il servo, nudo, tra le sue braccia e sentì il cuore aumentare i battiti, ben consapevole che non era lo sforzo di portare il ragazzo a provocarlo.

Non si rivestirono neppure e mangiarono, rilassati e senza parlare, sdraiati su una grande coperta poi si addormentarono.

Quando Artù aprì gli occhi, vide Merlino molto vicino a sé: il servo si era spostato a causa del sole che aveva raggiunto la sua parte di coperta, per cui si era dovuto spostare. Ad Artù sembrava di vivere in un magnifico sogno: non aveva bisogno di altro per sentirsi felice. Merlino era bellissimo e provò un forte desiderio di toccarlo. Lo stava ancora contemplando quando Merlino aprì gli occhi e gli sorrise dicendo: "Allora non é stato solo un sogno!"

"Mi hai letto nel pensiero!" sorrise a sua volta Artù.

"Non credo. Deve essere il nostro legame che spesso ci fa pensare le medesime cose!"

Artù sbuffò ridendo: "Allora dimmi a cosa sto pensando adesso!"

"Vediamo... state pensando che se al posto mio ci fosse una bella dama, questo sarebbe per voi il paradiso..."

"Mmh... corretto per quanto riguarda il paradiso, ma non ho pensato a nessuna 'Eva'!"

"Non ho mai sentito parlare di un paradiso con due 'Adamo', Artù!"

"Nemmeno io ma non vuol dire che sia così sbagliato."

Merlino rispose con una punta amara nel tono di voce: "Anche secondo me non lo é, ma lo é... per tutti gli altri!"

"Per fortuna qui ci siamo solo noi!"

"Vero, ma... prima o dopo dovremo tornare!"

Artù prese un respiro profondo e sentì la sua voce tremare. Se ci fosse stato un momento perfetto per provare ad avere ciò che voleva così tanto, sarebbe stato quello.

"Non ti ho fatto alcun regalo... vorrei rimediare... anche se non ti ho comprato nulla!"

"Mi avete già regalato questo, qui, ora" sussurrò il servo emozionato.

Artù sentì il cuore martellargli nel petto: "Chiudi gli occhi un attimo, Merlino!" E il ragazzo obbedì.

Il principe si avvicinò al servo, gli prese le guance tra le mani e lo baciò: un lungo, tenero, casto bacio.

Merlino sbarrò gli occhi sorpreso e sicuramente  imbarazzato.

"Beh, almeno non mi hai schiaffeggiato!" mormorò Artù con mezzo sorriso e un po' di ansia.

A Merlino sfuggì uno sbuffo divertito: "Schiaffeggiato per un bacio? No, anzi é stato un pensiero... molto dolce e vi ringrazio! Se poi é venuto da voi, dall'amico più caro che ho, per farmi gli auguri più graditi, io non posso che sentirmi onorato."

 

In quel momento Artù pensò che Merlino non solo fosse l'idiota che aveva sempre pensato, ma che avesse qualcosa tipo una pera al posto del cervello. Certo non era una cosa molto romantica da dire, ma possibile che Merlino non avesse capito? L'aveva baciato sulla bocca! Dopo quel discorso dei due "Adamo" in paradiso! Una cosa del genere non l'avrebbe travisata nemmeno Leon!

"No... non devo essere stato chiaro... Non é questo il mio regalo!" disse in un soffio con voce profonda e un po' roca. "Il mio regalo... sono io... per te... se mi vuoi!"

Merlino deglutì e si mise a sedere. La sua espressione non era delle migliori, notò Artù. Era serio, stupito e molto preoccupato. E in quell'attimo Artù avrebbe voluto sprofondare, pensando di aver fatto l'errore più stupido che potesse fare. Non voleva rovinare la loro amicizia.

Poi grosse lacrime uscirono dagli occhi di Merlino e Artù in panico, cominciò a balbettare: "Non... non fare... così. Io... dai, é lo stesso... Non fa niente!"

"No, Artù, non avete capito! Io vi voglio! Vi voglio per me! Da così tanto tempo ormai" e si sdraiò a pancia in su, senza staccare gli occhi da quelli dell'altro, mostrando tutta la sua arrendevolezza.

Artù nel vederlo così, perse lucidità, comprendendo solamente che il cuore rischiava di schizzargli fuori dal petto.

Il resto del pomeriggio lo passarono ad amarsi, ora in maniera estremamente delicata, ora in modo più caldo e passionale, ora decisamente in modo rude e possessivo. Ogni volta che finivano di farlo, passavano pochi minuti e bastava uno sguardo, una parola o un gesto per riaccendere il loro fuoco. 

Artù era un amante instancabile, era noto, ma anche Merlino, pur meno esperto, viveva quell'evento con un calore e un vigore da lasciare l'altro impressionato. 

Merlino era stato disarmante nella sua cedevolezza ma stupefacente nella sua caparbietà, nelle sue pretese, così assurde secondo Artù ma del tutto sensate agli occhi del servo. In un secondo momento aveva richiesto al suo padrone la stessa arrendevolezza e Artù si era stupito nell'avergliela concessa così facilmente. E dire che aveva pensato fosse impossibile accontentare quel servo arrogante e insistente pur incantevole che oggi si trovava di fronte. 

Il problema non era tanto nel metterlo in atto dal punto di vista fisico, quanto da ciò che significava da un punto di vista interno, personale.

Da quando era nato, Artù aveva sempre comandato ed era abituato a mantenere il controllo di ogni situazione, anche tra le lenzuola.

Merlino ora gli chiedeva con perseveranza di dare a lui il controllo della situazione, di cedere per una volta le redini del comando, di affidarsi totalmente a lui e di lasciarsi completamente andare. Non pensava che ci sarebbe riuscito, ma se c'era qualcuno in grado di farglielo fare questi era Merlino.

All'inizio era stato doloroso e imbarazzante, poi incredibilmente era stato anche molto piacevole. 

Ma la cosa che lo aveva cambiato radicalmente era quella sensazione del lasciar fare e perdere il controllo: era stata una sensazione paurosa ma anche illuminante. Si era sentito fragile come non era mai stato, ma allo stesso tempo più forte, perché Artù non pensava di poter essere così coraggioso da perdere per un momento se stesso, affidandosi a un'altra persona: ci voleva più coraggio nel far questo che ad assumersi la responsabilità di tutto un regno, di una guerra, di un popolo.

Si era sentito fuori da se stesso, quasi unito a qualcosa di molto più grande. E si era sentito ebbro di felicità, totalmente innamorato della vita e dell'uomo che gli faceva provare quelle emozioni immense, inimmaginabili e che riteneva impossibili.


Questo pensava Artù, quella sera, senza riuscire a trovare sollievo nel sonno, ma poi ripensò al fatto di aver perduto tutto quanto, prima ancora di potersene rendere conto.

Si portò una mano al viso e pianse amaramente.





 

PARTE SECONDA





 

Il mattino seguente Merlino si svegliò molto presto ed ebbe modo di riflettere a lungo su ciò che poteva essere successo il giorno prima a lui e ad Artù. Non poteva fare a meno di pensare che la sua amnesia fosse opera di magia. Ed Edwin era il nome che non smetteva mai di rimbombargli in testa.

 

Quando andò a svegliare Artù e a portargli la colazione si accorse che il principe era di cattivo umore: sembrava triste ed era un po' spigoloso e freddo, persino con lui. Anzi soprattutto con lui, perché con George che aveva bussato per ricordargli un appuntamento, era stato piuttosto cortese.

 

Non era riuscito a chiedergli niente, anche se lentamente sentiva montare una certa rabbia, dentro di sé, a causa del comportamento di Artù nei suoi riguardi, rabbia che era sempre più difficile da contenere.

 

Tornando verso il laboratorio, Merlino venne folgorato da un'illuminazione che lo fece bloccare in mezzo al corridoio: il sale! C'era qualcosa nel sale con il quale Artù aveva condito il suo arrosto, su consiglio di Edwin. Lo stesso sale che pochi istanti dopo era finito, o meglio svanito.

 

Entrò nel laboratorio puntando diritto verso Edwin e lo investì come un uragano:

"Cosa mi hai fatto? So tutto. Hai usato il sale!" urlò Merlino "e perché non ricordo niente di ieri?"

 

Edwin gli mostrò un bel sorriso, per nulla turbato, almeno apparentemente, dalle domande e dal tono di voce del ragazzo.

"Io?... Io non ti ho fatto proprio niente, caro Merlino... ah, ho capito, ma io non centro. So che farai fatica a credermi, ma non é colpa mia se qualcun altro ti ha coinvolto nel suo 'destino', chiamiamolo così. So che non é nemmeno colpa tua, probabilmente, ed é per questo che la magia ti ha fatto dimenticare tutto quanto, per proteggerti, per tenerti all'oscuro di fatti da considerare estranei alla tua personalità, anche se per te capisco che debba essere molto difficile."

 

"Stai dicendo che non hai fatto nessun incantesimo? Perché a questo non credo!"

 

Edwin spostò i capelli che gli erano caduti sulla fronte e Merlino lo guardò in faccia. Lo odiava così tanto che la sua cicatrice non gli era mai sembrata così orrenda e disgustosa come in quel momento.

 

"Sto dicendo che non ho fatto nessun incantesimo a te! Io ho colpito Artù! La magia ha fatto quello che doveva, ma... l'ha fatto da sola. E pensa che nemmeno Artù é colpevole, in fondo: cosa può farci se ciò che é successo é ciò che ha sempre desiderato? Penso che nemmeno lui ne fosse ancora del tutto consapevole."

 

"Ma perché l'avete colpito allora?" Merlino era così confuso e afflitto. E come se non bastasse ci stava capendo poco o niente.

 

"Ho colpito Artù solo per colpire il re!"

 

"Questo posso anche immaginarlo, ma tu sai o no che cosa ho fatto ieri?"

 

"Vedo che il principe non ti ha detto niente. Che animo nobile! Un vero gentiluomo! Ma si potrebbe considerare la cosa anche al contrario e dire che si é comportato da codardo. Tu che ne pensi?"

 

Merlino era diventato rosso dalla collera che provava verso il bieco stregone e rispose istintivamente: "Codardo? Artù? Come si vede che non sapete niente di lui. Lui é l'uomo più valoroso, coraggioso e puro che esista sulla faccia della Terra!"

 

"Già... puro, soprattutto!" mormorò Edwin con voce dolce e occhi languidi "e ricorda che non ho niente contro il principe. Anzi sono riuscito a regalargli per un giorno la felicità più grande. Meglio un giorno che niente, non credi? Molti non la conosceranno mai, purtroppo, la vera felicità, ma lui non é tra questi, grazie a me!"

 

"Allora come mai Artù é triste, come non l'ho mai visto prima?"

 

"La felicità eterna non esiste, nemmeno con l'aiuto della magia più potente. Lo scotto da pagare per la felicità é il dolore di averla perduta."

 

"Perché non vuole dirmi nulla?"

 

"Credo sia perché tenga a te. O forse si vergogna! O teme che tu non approveresti, anche se da come lo difendi non é detto che tu avresti trovato la cosa necessariamente sgradevole. Magari ti ho fatto un favore senza saperlo!" e scoppiò a ridere di gusto.

 

"Cosa avrebbe dovuto dirmi?"

 

Edwin cambiò completamente espressione e si immobilizzò guardandolo come si guarda un pazzo. "Dovrei dirti il suo segreto? Ma per chi mi hai preso? Se vuoi saperlo, dovrai chiederlo a lui. Sei grande ormai e devi arrangiarti. Non sei forse un potente stregone? Non sarò io a dirti come fare."

 

Merlino era furente ma al medesimo tempo si sentiva avvilito e incapace. Non aveva idea di come avrebbe potuto fare a trovare il bandolo della matassa più intricata che gli fosse mai capitata.

 

"Tuttavia" aggiunse Edwin "voglio essere magnanimo e ti darò un aiuto importante. Ti dirò l'incantesimo che ho usato su Artù:

 

- Il tuo più grande desiderio diverrà realtà

raggiungerai la massima felicità

che ti sarà tolta dopo un giorno

e mai più farà ritorno -

 

Niente di così complicato, come vedi. E ora sparisci!"

 

Merlino se ne andò via velocemente, per non rischiare di esplodere. Doveva parlare con Artù e subito! Di Edwin si sarebbe occupato più tardi.

'Dovrà dirmelo o quanto è vero Gwaine, glielo farò sputare!'



 

Artù non si trovava. Merlino l'aveva cercato ovunque, ma nessuno l'aveva visto da ore. Era preoccupato: se ciò che gli aveva detto Edwin era la verità, Artù avrebbe avuto solo un giorno di estrema felicità seguito da giorni di profonda depressione. 

 

'E mai più farà ritorno!' Queste erano le parole che più l'avevano sconvolto. Una magia perenne. Nemmeno lui era capace di tanto e non sapeva nemmeno che fosse possibile.

 

Quindi adesso Artù si trovava in un momento di grande sconforto. Ed era solo. Merlino si rendeva conto solo ora della difficile situazione del suo principe. E voleva trovarlo! 'Maledizione!' Quasi gli veniva da piangere.

 

Decise di prendere il cavallo e dopo aver girato nei luoghi dove più spesso si recava con Artù, provò anche al cimitero dei re di Camelot, dove c'era la sepoltura di Ygraine, madre di Artù. Il principe, infatti era là, piegato sulla tomba della madre, con un ginocchio per terra, mentre con le mani accarezzava l'erba che ricopriva la sepoltura.

 

"Artù!" lo chiamò Merlino. Il principe si girò verso di lui e quando lo vide fu illuminato da uno splendido sorriso, che però sfiorì quasi subito dalle sue labbra.

 

Attese lontano che Artù finisse la sua visita e che uscisse dal cimitero. Quando lo raggiunse il nobile lo investì: "Non avresti dovuto venire fin qui."

 

"Mi dispiace Artù, ma ero preoccupato per voi. Siete giù di morale, lo vedo e siete così... diverso, almeno con me!"

 

"A te non capita mai? Non hai mai voglia di restare da solo?"

 

"Certo, ma anche quando volete star solo, in genere riuscite a tollerare la mia presenza!"

 

Artù aggrottò le sopracciglia: "Non questa volta!"

 

"Vedete, io ho proprio bisogno di parlare con voi!" disse Merlino con un tono di voce quasi supplicante.

 

"Cosa vuoi, Merlino? Comincio a poterne più!"

 

"É stato Edwin! Lo so che forse non mi crederete, ma lui possiede la magia!"

 

Artù lo guardò serio senza ribattere, e il ragazzo continuò: "Vi ha fatto un incantesimo!"

 

"Se anche fosse vero, non credo che l'incantesimo l'abbia fatto a me, quanto piuttosto a te! Sei tu che sei ... diverso, o forse lo eri ieri. E poi hai ragione! Non ti credo!"

 

Il servo non si scompose e si avvicinò ad Artù, quasi sussurrando: "Vi siete sempre fidato di me! Stamattina ho parlato con lui e lo ha ammesso. Mi ha detto che lui sa esattamente cosa ci é successo ieri, ma non me lo dirà. Solo voi potete dirmelo. Vi prego, Artù. Ne ho bisogno!"

 

Artù arretrò di un passo: stare così vicino a Merlino che lo implorava era intossicante, per lui. Sentiva di nuovo quel forte desiderio del giorno prima, ma adesso era solo lui a provarlo. Poi si concentrò a fatica sul discorso del servo.

 

'Edwin lo sa? Allora é davvero uno stregone! Avrà anche visto ciò che abbiamo fatto? Oddio!' pensò senza poter fare a meno di arrossire furiosamente. 'E potrebbe usarlo per ricattarci o smascherarci con tutti!' Artù chiuse gli occhi come se fosse in una sorta di trance, poi si riscosse, turbato:

"Tu non hai bisogno di sapere proprio un bel niente! Tu... rimarresti sconvolto e basta! Se tu non sai niente per me é meglio, é quasi come se davvero non fosse accaduto" ma Artù sapeva che non era vero. Era insopportabile da accettare. Solo lui sapeva cosa aveva provato il giorno prima. L'esperienza più incredibile della sua vita: amare in un modo che non credeva potesse essere possibile; amare davvero per la prima volta credendo di essere ricambiato. 

 

E invece non era così.

 

Era stato come essere preda di un'allucinazione molto realistica. Che enorme beffa! Ovvio che ci fosse sotto la magia. Quale altra spiegazione sarebbe stata possibile?

 

"Mi hai detto che Edwin ha usato la magia su di me, ma per quale motivo?"

 

"Mi ha riferito che voleva colpire voi per colpire il re vostro padre!"

 

Artù sbarrò gli occhi. Ci mancava solo che Uther lo venisse a sapere. In qualità di re avrebbe cercato una scusa come ad esempio la magia, per non dover diseredare Artù, ma Merlino sarebbe finito sul patibolo, dopo essere stato frustato a sangue. Non importava che il servo fosse innocente. Che razza di giustizia infame! Pensò che poteva scappare assieme a Merlino, ma Uther li avrebbe fatti ritrovare dopo un giorno. Poteva allontanare Merlino da lui, in modo definitivo però. Questa decisione gli provocò un fitta bruciante allo stomaco.

 

"Cos'altro sai?"

 

"Ha usato il sale! E conosco le parole esatte dell'incantesimo" e gliele ripetè. Artù spalancò gli occhi per lo stupore. Era esattamente quello che gli era capitato.

 

"E di te cosa ha detto?"

 

"Che ero stato coinvolto nell'incantesimo solo perché si potesse compiere. Per questo io non ricordo nulla!"

 

Artù si sedette per terra, incapace di reggersi sulle proprie gambe. Lui lo aveva amato con tutta la dedizione di cui era capace; quello che aveva fatto Merlino era solo in funzione della magia: il servo non gli avrebbe mai parlato o sorriso in quel modo. Non gli avrebbe mai concesso quelle libertà sul suo corpo, né avrebbe osato prendersi le medesime libertà sul corpo di Artù. Per Merlino nulla era stato reale. Oh, quel maledetto incantesimo diceva il vero sulla felicità persa per sempre: non si era mai sentito più disperato in vita sua. Si coprì gli occhi con una mano, lasciandosi andare a un pianto silenzioso e amaro.

 

Merlino il cui intento primario era quello di subissare Artù di domande, soffriva a vederlo così vulnerabile e avrebbe tanto voluto aiutarlo, ma non sapeva come e tanto meno perché.

 

Quando Artù si riprese, Merlino vide una nuova determinazione nello sguardo del principe, unita a una grande tristezza.

 

"Scusami, Merlino. Quello che sto per dirti non é colpa tua."

 

"Ieri sono andato in giro per Camelot, nudo, terrorizzando donne e bambini?"

 

Artù rise per un attimo: "No. So cosa stai facendo Merlino, ma non cambiare discorso! É un favore personale quello che ti chiedo e non ti piacerà per niente, lo so."

 

Merlino sentì le gambe tremargli, per cui si sedette per terra accanto ad Artù. Non disse nulla perché capì la gravità del momento. Ed ebbe paura, una paura enorme. Non avrebbe mai voluto sentire quelle parole, che già immaginava avrebbero distrutto il suo piccolo mondo, che per lui era tutto.

 

"Vi prego, Artù. Non dite niente... non adesso... per favore!" supplicò Merlino, con un nodo alla gola.

 

"Mi dispiace tanto. Io... devo dirtelo e devo dirtelo ora. Non dimenticare che tu sei l'uomo più coraggioso che abbia mai incontrato. Sono sicuro che riuscirai a fare ciò che ti chiedo anche se non potrai comprenderlo e non sarai d'accordo" disse Artù guardandolo negli occhi e stringendo i denti perché tutto avrebbe voluto fare con Merlino, tranne chiedergli ciò che doveva.

 

"In questo momento mi sento tutto tranne che coraggioso!" Merlino iniziò a piangere grosse lacrime.

 

"Ho bisogno che tu ti allontani da me, per un po': dovrai licenziarti da valletto. Diremo a tutti che non avevi tempo per te e che cercavi un lavoro che ti permettesse contemporaneamente di seguire i tuoi interessi. Ti farò avere un elenco di persone che hanno bisogno di un servo. Ti darò buone referenze: sono comunque il principe. Magari fra qualche tempo ti farò richiamare. Nel frattempo potrai continuare a stare con Gaius, ma preferirei non vederti più a palazzo"

 

"Non mentitemi Artù! Non mi farete richiamare mai più. Se almeno sapessi cosa ho fatto, forse sarebbe più facile da accettare..."

 

"Ti ho detto e ripetuto che tu non hai fatto nulla; e se anche fosse é perché hai agito in funzione dei miei desideri, per cui non conta. Se fossi stato in te non l'avresti fatto, ne sono certo."

 

"Ho ucciso qualcuno che odiate per farvi contento?"

 

"No, ma cosa dici?"

 

"Da come ne parlate, mi sembra di aver fatto le cose più terribili del mondo!"

 

"Non é così!"

 

"Se avessi fatto cose buone, voi non mi mandereste via" disse Merlino frustrato.

 

"Ascoltami. Tu mi sei molto caro, più di quello che pensi e lo sarai sempre."

 

"Sì, purché stia alla larga da voi!" proseguì il servo amaro.

 

"É anche per il tuo bene!"

 

"No, non é vero. Io volevo solo continuare a rimanere a quello che credevo essere il mio posto. Io volevo portare a termine la mia missione. Da quando vi conosco é la cosa più importante per me."

 

"Ma quale missione?"

 

"Quella di proteggervi e aiutarvi a compiere il vostro destino!"

 

"Non é compito tuo. Sei il mio servo!"

 

"Siete anche mio amico e la prima persona per cui darei la vita!"

 

Artù lo guardò, sentendo già la sua mancanza: "Non so cos'altro fare, Merlino!"

 In

"Non ce n'è bisogno, ho capito" aggiunse infine Merlino, asciugandosi gli occhi e tirando su con il naso. Velocemente recuperò il cavallo e se ne andò, mentre Artù non fece, né disse niente per fermarlo e nuove lacrime gli rigarono il viso.




 

Artù, il mattino dopo, aprì gli occhi e avrebbe voluto richiuderli subito, magari per sempre. 

 

La testa, lo stomaco, la gola...gli faceva male quasi tutto. Non c'era da stupirsi: aveva passato una notte d'inferno, alternando momenti di veglia allucinata a momenti di torpore funestati da orribili incubi.

 

Dopo qualche tempo, George entrò nelle sue stanze: aveva preso il posto di Merlino. Ciò che aveva detto il giorno prima al servo, si era avverato troppo in fretta e troppo chiaramente. Non era preparato e fu per lui un colpo al cuore. Aveva già una voglia irresistibile di vederlo e si pentì di avergli parlato così. Ma...forse era meglio.


Una volta vestito, Artù saltò la colazione e si diresse verso il laboratorio di Gaius. Non aveva idea di ciò che avrebbe detto al servo, ma sentiva che sarebbe impazzito se Merlino non avesse subito ripreso il suo posto di valletto.

 

Quando aprì la porta vide che il laboratorio era così diverso che lo riconobbe a fatica. Davanti a lui non c'era Gaius e si rese conto di quanto gli mancasse, solo in quel momento. Si sentì anche in colpa per non aver preso le sue difese e per non aver fatto in modo di farlo rimanere.

Non c'era nessuno e Artù si diresse nella stanzetta di Merlino: era vuota. Niente abiti, niente di niente! Era già partito. Uscì dalla stanza angosciato e si trovò davanti Edwin che gli rivolse un sorriso strano, quasi torvo.

 

"Buongiorno, maestà!"

 

"Edwin... hai visto Merlino?"

 

"Stamattina non l'ho ancora visto. Credevo dormisse, ma..."

 

"Merlino mi ha detto delle cose su di te, cose molto gravi. Avrei piacere che facessi le valigie e te ne andassi"

 

"É stato il re vostro padre a mettermi qui e solo lui ha il potere di togliermi dal mio ruolo"

 

"Potrei dirgli che sei uno stregone. Sai cosa pensa mio padre di loro."

 

"Lo so benissimo, ma Uther si fida di me, ma se anche dovesse credere a voi e mi mandasse a morte, qualcun altro morirebbe con me e per lo stesso identico motivo."

 

"Di chi parli?"

 

"Preferirei non darvi altri dolori. Mi sembrate già piuttosto abbattuto, mio signore"

 

"E come potrei lasciarti qui, sapendo che hai colpito me per far soffrire mio padre"

 

"Quel ragazzo! Ha proprio la lingua lunga. Meriterebbe di ricordare tutto quello che il vostro desiderio lo ha costretto a fare."

 

"Hai fatto un incantesimo per farci innamorare?"

 

"No, no, no! Un momento! Il mio incantesimo era tutt'altro. Voi eravate già innamorato di Merlino, da prima e non fate finta di non saperlo! Io ho solo fatto in modo di far avverare il vostro più grande desiderio. La vostra felicità l'ho percepita chiaramente, sia quando avete usato il vostro potere su Merlino, sia quando vi siete concesso docile a lui. Mi avete stupito, ne convengo e forse mi avete anche un po' deluso, Artù. Il grande principe ereditario di Camelot ridotto a schiavo sessuale dal suo servo. Dunque non é colpa mia se il vostro desiderio più grande era accoppiarvi col vostro servo!"

 

Artù estrasse la spada dal fodero, ringhiando.

 

Edwin arretrò di alcuni passi. "Sono stato un po' brusco. Scusate: avrei dovuto parlare d'amore, nel vostro caso. Ma magari, se foste fortunato, al ragazzo potrebbe non essere dispiaciuto ciò che gli avete fatto, quando lui era sotto l'effetto della magia. Viceversa, potreste ritrovarvelo a vomitare sui vostri stessi stivali. Un vero peccato!"

 

Artù sentì la rabbia aumentare ulteriormente: "Che cosa vuoi?" gli urlò irato.

 

"Ah, vorrei tante cose! La prima é che vostro padre morisse soffrendo!"

 

Artù si sentì in pericolo. Edwin era uno stregone e il fatto che si stesse aprendo con lui, in quel modo lo aveva messo in allerta. "Perché?"

 

"Voi forse non lo sapete ma io sono l'unico superstite di una famiglia di druidi, che vostro padre sterminò mandando tutti al rogo, vent'anni or sono."

 

"So di cosa parli. La famiglia di stregoni più crudeli che ci sia mai stata. Rapinarono e uccisero tanti cittadini di Camelot."

 

"Sarà così, ma era la mia famiglia. Io mi salvai solo perché mia madre mi nascose sotto il suo abito e mi disse di scappare quando il fumo fosse stato denso. Purtroppo ero piccolo e scappai troppo tardi, così il mio viso rimase ustionato e sono diventato un mostro."

 

"La tua ustione non fa di te un mostro. Il tuo comportamento e le tue intenzioni di morte, sì!"

 

"Su quel patibolo giurai di vendicarmi di Uther: la violenza porta solo alla violenza!"

 

"Sai che dovrò dire tutto a mio padre?"

 

"Gli direte anche della vostra relazione con un uomo?"

 

Artù rimase a bocca aperta per un attimo e Edwin ne approfittò per alzare una mano verso il re, che rotolò velocemente sotto un tavolo, evitando di essere colpito dal gesto magico. Edwin, però, con un nuovo gesto fece volare il tavolo per aria e riuscì a colpire Artù scaraventandolo in alto e facendolo sbattere malamente contro un muro. Molte delle polveri di Edwin caddero a terra, spargendosi ovunque. Artù rimase a terra, immobile e Edwin uscendo, bloccò la porta del laboratorio con la magia.


Il mago si diresse velocemente verso le stanze del re. Uther valeva poco come padre, rimuginò Edwin, oltre che come re. Non si era minimamente accorto dello stato depressivo in cui suo figlio versava.

 

Non gli importava o probabilmente non ci arrivava: aveva la stessa sensibilità di una statua di marmo. Quindi l'incantesimo su Artù era stato solo una stupida perdita di tempo. Uther non aveva nemmeno saputo che suo figlio amasse un uomo. Figuriamoci!

Non ci avrebbe creduto neppure se l'avesse beccato in flagrante con i suoi stessi occhi. Avrebbe come sempre dato la colpa alla magia, anche se stavolta in parte era vero, ma non nello stesso modo che avrebbe pensato Uther.

 

Entrò in silenzio nella stanza del re: Uther era immobile e aprì gli occhi. "Vedo che avete preso la mia medicina! Bravo! Solo che non é per il vostro mal di schiena. Devo essermi sbagliato. É un veleno che porta alla paralisi e... quando anche i polmoni saranno paralizzati... Ma per questo ci sono ancora molte ore. Volevo che sentiste arrivare la morte in modo così lento e doloroso che prima di morire, impazzirete."

 

Uther non sgranò gli occhi. Non poteva fare nemmeno quello. Lo guardava e basta ma dentro di sé era completamente terrorizzato.

 

"Sapete che quando scappai dal rogo dei miei genitori ero gravemente ustionato e fu Gaius a prendersi cura di me. É merito suo se adesso morirete. Credo che mi abbia anche riconosciuto. Sono riuscito a farlo scacciare da voi e Artù ha scacciato Merlino! Non sono stato bravissimo? Loro erano gli unici due che forse potevano mettermi in difficoltà.

Capisco che verso Gaius non mi sono comportato da persona riconoscente, ma la mia vendetta era più importante di tutto il resto. Inoltre ho guarito Morgana perché sono stato io a farla ammalare con la magia!"

 

Uther aveva gli occhi umidi.

 

"Piangete pure, finché riuscite a farlo. Io tornerò tra poco. Ora che anche vostro figlio é inoffensivo, potrò godermi in pace la vostra fine. Non avete idea del piacere intimo che sto provando, maestà!"


Edwin tornò in laboratorio, sbloccando la porta, per preparare le sue cose e ripartire appena avesse portato a compimento la sua vendetta. Non ci avrebbero messo molto a capire che era stato lui! E poi doveva sistemare le cose con il principe che era ancora senza conoscenza.

 

"Edwin!" 

 

Il mago sussultò: "Gaius! Maledizione! Che volete ancora?"

 

"Che cosa hai fatto ad Artù?"

 

"Niente, non preoccuparti. Dormirà ancora un po'! Vedi... ora é triste, ma ieri ho esaudito il suo più grande desiderio" disse il mago con un grande sorriso.

 

"Ne dubito!" rispose Gaius con astio.

 

"Oh, siete un malfidente, ma vedo che morite di curiosità. Il vostro beneamato Artù, ha scoperto le gioie della carne,... della carne maschile, intendo" e qui Edwin scoppiò in una grande risata.

 

Gaius alzò un sopracciglio, contrariato.

 

"Dio, Gaius, se sapeste... con chi?" singhiozzava il mago, faticando a parlare per il troppo ridere.

 

Gaius deglutì. Edwin si sbagliava. Forse lo sapeva, ma non aveva mai voluto soffermarcisi troppo. Conosceva Artù dalla nascita e da più di tre anni viveva con Merlino. La sua sensibilità era diametralmente opposta a quella di Uther.

 

Vedeva come il servo pendesse dalle labbra del principe e vedeva Artù illuminarsi ogni volta che era con Merlino. Come osava quell'essere, molto più orrendo dentro di quanto fosse fuori, intromettersi nella loro amicizia, sciupare il loro delicato rapporto, il cui disfacimento avrebbe portato i ragazzi all'infelicità e il regno alla rovina.

 

"É il vostro figlioccio, l'uomo con cui Artù si é tanto divertito!"

 

"Sono tutte fandonie!" e soprattutto non erano fatti suoi, pensò il medico.

 

"Ma come? Non avete visto i segni sul suo corpo? Ah, no, é vero. Voi non c'eravate già più"

 

"Basta così!" disse Gaius "É stata colpa della tua magia!"

 

Il vecchio allungò un braccio verso Edwin, articolando parole magiche verso di lui, ma non successe nulla. 

 

"Forse volevi dire questo!" e Edwin proferì lo stesso incantesimo di Gaius, ma corretto, e il vecchio mentore si ritrovò accerchiato dalle fiamme.

 

"Non volevo finissi al rogo, ma come mago non vali più niente!"

 

In quel momento qualcuno si precipitò nella stanza.

 

"Oh, no! Anche tu, adesso?" gemette Edwin.

 

Merlino era sulla porta del laboratorio, e quando vide Artù a terra e Gaius circondato da un cerchio di fuoco, provò a mandare un incantesimo sull'altro mago. Edwin fu più veloce e con la sua magia staccò un'ascia dalla parete, facendola roteare verso Merlino.

 

Fortunatamente il servo riuscì a stopparla con la luce dorata degli occhi, proprio a pochi centimetri dal suo viso e con nuove parole magiche rimandò l'ascia indietro che, roteando a grandissima velocità, si conficcò nel cranio di Edwin, aprendolo in due e causandone l'istantanea morte.

Merlino tremante ma in salvo distolse lo sguardo da quel macabro spettacolo.




 

Erano poi successe molte cose, quasi tutte in contemporanea. Merlino aveva spento il fuoco attorno a Gaius e aveva salvato Uther con la magia. In breve le cose erano tornate a posto. Quasi tutte.

 

Uther si era poi scusato con il cerusico e lo aveva reintegrato come medico di corte. Il re voleva fare una grande cerimonia in onore di Gaius per dargli finalmente l'ambito riconoscimento di cittadino libero di Camelot. Era un privilegio raro per un uomo che come lui non era nativo di Camelot, anche se viveva e lavorava lì da più di 20 anni.

 

Gaius aveva apportato delle migliorie al laboratorio, tenendo gli oggetti più interessanti di Edwin e mettendo ordine ai libri e ai preparati, che aveva ritrovato intatti nel magazzino nascosto della biblioteca reale. Merito di Geoffrey.


Merlino era molto felice per lui. "Allora domani é il gran giorno. Di nuovo medico di corte e cittadino libero in un solo colpo. Come si dice: non tutti i mali vengono per nuocere."

 

"Hai parlato con Artù?" chiese il medico.

 

"Certo che no. Mi ha detto di non farmi più vedere a palazzo!"

 

"Ma quello era prima. Certo non sa che sei stato tu a liberarci di Edwin e a salvare Uther, Artù e me! Non sono sicuro che Edwin avrebbe lasciato Artù in vita! Tutti credono che sia stato io a salvarli."

 

"Te l'ho chiesto io di farli, anche per me stesso. Come avrei potuto farlo senza rischiare di rivelare la mia magia?"

 

"Artù però sa che eri con me e che mi hai aiutato: gli ho fatto presente che se non fosse stato per te, non sarei riuscito a sopraffare Edwin."

 

"Edwin! Che stupido! Aveva raggiunto i massimi onori, poteva avere una buona vita!"

 

"Vedi, l'odio a quei livelli fa fare cose che ai più sembrano insensate e lo sono! Uther in passato ha fatto molti errori, ma per la famiglia di Edwin non mi sento in grado di giudicarlo. Erano veramente stregoni terribili e il loro comportamento ha danneggiato il resto dei maghi e ha contribuito a farli odiare ancora di più."

 

Merlino strinse le labbra ed esordì: "Sono già due giorni che sto qui con voi. Artù me l'aveva consentito, ma siccome so che sta meglio, per non rischiare di incontrarlo é bene che parta oggi stesso."

 

"Come? No, ti prego, Merlino. Non puoi mancare alla cerimonia in mio onore. Sei il figlio che non ho mai avuto, lo sai. Sei la persona più importante che abbia al mondo. Ho sperato che saresti rimasto con me a Camelot, ma almeno, domani, devi esserci!"

 

"Ma, Gaius, non capite? Come dovrei fare?"

 

Gaius ci pensò su: "É sufficiente che tu arrivi poco dopo l'inizio della cerimonia. Prevedo che la sala sarà piena. Artù rimarrà seduto sul trono tutto il tempo. E tu starai in fondo alla sala. Non ti vedrà!"

 

"Ho capito. Detta così sembra abbastanza semplice! Ma non rischio di trovarmelo qui, oggi?"

 

"No, Artù sa che sei tornato e ripartito. Oggi mi ha chiesto diverse volte dov'eri e gli ho risposto che sei andato a Ealdor e ha aggiunto che appena sarà in grado, andrà lì a riprenderti."

 

Il ragazzo aprì la bocca per lo stupore. "Prima mi caccia via poi mi rivuole indietro. Un po' capriccioso il principino. Vorrà dire che quando partirò domani, non mi recherò a Ealdor. E comunque gli sta bene!" disse Merlino con il viso tirato e una smorfia amara sulla bocca.

 

Gaius scosse la testa avvilito.

 

"Gaius! Edwin... vi ha detto nulla di me, prima di morire?"

 

Il vecchio si dovette sedere per le parole dirette del ragazzo. Temeva questo momento sin dalla morte di Edwin. Stette a lungo in silenzio, guardandolo ogni tanto. Merlino avvertì la speranza di poter finalmente sapere ciò che non gli dava pace e stette in silenzio con il respiro bloccato.

 

"Non mi ha spiegato esattamente la situazione... ma me l'ha fatta capire..."

 

"E dunque...?"

 

"Merlino, vedi, non dovrei essere io a parlarti di questo"

 

"Sì, ma non potete permettere che io rimanga così sulle spine!"

 

"Lo so, lo so. E se tu me lo chiederai, io te lo dirò... ma aspetta! Si tratta di una questione molto delicata e privata. Una questione che dovrebbe essere affrontata esclusivamente da te e da Artù, a quattr'occhi! Non é giusto che tu ne parli con me. Se tu conoscessi la verità, saresti d'accordo. Sai quanto ti voglio bene e ne voglio ad Artù. Non affrettare i tempi. Io capisco che Artù sia restio a parlarne. É normale che trovi difficile farlo. E credimi se ti dico che affrontare il discorso con me, non sarebbe piacevole per te e nemmeno per me oltre a non essere di alcuna utilità, perché non avrei consigli da darti!"

 

"Ho capito, Gaius. Vorrà dire che non lo saprò mai!" disse il giovane abbassando il capo.

 

"Ora che sai che Artù ti vorrebbe di nuovo vicino a sé, non potresti mettere da parte l'orgoglio e provare a riparlare con lui?"

 

"L' orgoglio centra poco, Gaius. Non credo che la mia presenza faccia bene ad Artù!"

 

"Le cose sono cambiate. Edwin é morto!"

 

"Speravo che una volta morto Edwin, avrei ricordato e che la sua magia sarebbe svanita con lui!"

 

"Ha usato una magia molto potente!"

 

"Sono preoccupato per l'incantesimo su Artù, riguardo alla parte in cui Edwin disse che non sarebbe stato mai più felice."

 

"Ci ho pensato, Merlino, ma credo non valga più, ora che lo stregone che l'ha pronunciata é morto. Artù é più sereno e più attivo di prima. Qualche volta sorride."

 

"Almeno questo. Mi fa piacere! Forse ci sarei dovuto arrivare anch'io. Edwin mi disse che nessuna magia può dare la perenne felicità, quindi, nemmeno la perenne infelicità!"

 

"Esatto. Tuttavia l'amnesia permane e non ho idea di come aiutarti."

 

Le labbra di Merlino si tirarono in un lieve sorriso storto. "Ormai non lo so più, Gaius! Forse, alla fine... é giusto che non ricordi... sembra tutto così complicato ed é meglio che non sappia come sono andati i fatti. Inoltre il mio alter ego, qualsiasi cosa abbia combinato, ha sconvolto Artù e anche voi. Se fossi stato in me, non sarebbe accaduto niente di strano: quello non ero io..."

 

Gaius rispose con voce piena di tenerezza e commozione: "Non sono sicuro di questo. Forse sarebbe successo ugualmente... ma magari non in modo così... repentino."

 

Gaius cominciava a non poterne più. Era triste, turbato ed era diventato rosso come non gli capitava più da cinquant'anni. Cercò di cambiare argomento:

 

"Allora, confermi che domani ci sarai?"

 

"Certo, non mi vedrete, ma ci sarò!" disse Merlin, sorridendo al vecchio amico.





 

Era stato difficile non guardare Artù per tutta la durata della cerimonia. A dirla tutta, qualche volta era capitato. Come al solito Artù era bellissimo. Forse era dimagrito un po'; gli sembrava di non vederlo da una vita e gli venne un magone in gola. Gli fece male sapere di essere lì e di non potergli stare vicino, non potergli parlare.

 

Il principe sembrava agitato e si guardava intorno in continuazione. Merlino pensò che Artù lo stesse cercando in mezzo alla folla.

 

Il re parlò di Gaius come di un amico ritrovato: il vecchio sembrava essere assai lusingato e non riusciva a nascondere la sua felicità. Anche Gaius parlò brevemente per ringraziare il re e la corte: dal tono di voce, Merlino capì che l'anziano amico era molto commosso. Nessuno meritava quella felicità più di lui, pensava orgoglioso Merlino.

 

Quando la cerimonia finì, la corte si spostò nei giardini reali dove era stato allestito un banchetto per brindare e mangiare. Gaius aspettò che tutti uscissero e corse letteralmente attraverso la sala ad abbracciare Merlino.

 

"Gaius, sono così felice! Ho provato un brivido quando Uther si é scusato pubblicamente con voi."

 

"Quasi non mi sembra vero. Vieni a brindare con me, ti prego. Staremo defilati."

 

"Defilati? Con l'ospite d'onore? Sapete anche voi che non è possibile."

 

"Uther non sa nulla di te. Artù non gli ha detto niente e stranamente neanche Edwin!"

 

"Devo salutarvi!"

 

"Dove sarai? Vorrei scriverti!"

 

"Forse a Ederwick ma vi manderò una lettera con l'indirizzo, appena troverò un posto dove stare"

 

"Sai già che mi mancherai, vero?"

 

"Lo so, mi dispiace, anche voi mi mancherete tanto"

 

Si abbracciarono un'ultima volta e prima di uscire Gaius si girò: "Aspetta un po' prima di uscire. Qui davanti é ancora pieno di gente."


Rimase solo nella sala del trono e si girò a guardare per l'ultima volta quel posto che era ormai diventato familiare per lui. Un brivido di nostalgia gli percorse la schiena.

 

"Merlino!" 

 

Il suo nome e l'eco della sala vuota gli risuonarono in testa. Quella voce l'avrebbe riconosciuta in mezzo a migliaia di altre. Merlino si irrigidì, senza voltarsi. Avrebbe voluto andarsene ma una parte di lui non ce la fece. Sentì il principe arrivare di corsa: ogni passo un colpo al cuore. Artù si fermò dietro di lui. Merlino deglutì a fondo, provò a fare un piccolo sorriso e si girò verso l'altro.

 

"Artù... so che avevate detto che non volevate vedermi più, a palazzo, ma Gaius..."

 

"Certo che Gaius ti voleva qui... hai fatto bene"

 

"Vi trovo meglio, maestá"

 

"Si, sto abbastanza bene, grazie. E tu come stai?"

 

"Bene, tutto sommato, direi bene!"

 

"Volevo dirti che mi è dispiaciuto farti andar via e sono pentito. A Camelot c'è bisogno di te!"

 

"Ormai non più. Edwin è morto!"

 

"Grazie a te e a Gaius. So che avete salvato me, il re e l'intera Camelot. Anche tu avresti meritato un premio!"

 

"É stato Gaius. Io non centro!"

 

"Non é quello che ha detto lui! Rimarrai? Per favore! Rivoglio indietro il mio servo irriverente e pasticcione! George fa quello può ma... non é te!"

 

Merlino si sentì quasi male a dover fingere che le parole di Artù, non lo avessero toccato. Il principe faceva fatica a parlare di sentimenti, ma percepiva la sua sincerità.

 

"Io... non credo di poter restare. Questa situazione... é insopportabile...per me!"

 

"Ho capito Merlino, ma... "

 

"Ditemelo!" mormorò pianissimo Merlino.

 

Artù si portò la mano prima sugli occhi, poi sulla bocca, sospirando più volte. Poi portò entrambe le mani a grattare la cute, infine lo guardò in modo triste. Afferrò le braccia di Merlino, lo avvicinò a sé e premette le labbra sulla sua bocca, dandogli un bacio breve ma intenso, che ad Artù ricordò il loro primo bacio allo stagno. Il principe sapeva di essere più bravo ad agire che a parlare e sperò che Merlino capisse.

 

"Ma... cosa fate?" disse Merlino facendo un balzo all' indietro.

 

Artù continuava a guardarlo negli occhi sempre più serio e triste. Abbassò lo sguardo poi lo riportò su di lui e aggiunse con un sorrisetto infelice: "Anche l'altra volta non mi hai schiaffeggiato!"

 

"Volete dire che l'altra volta ci siamo baciati?" 

 

"Stai scherzando, spero! Non sarei stato così male, solo per due bacetti!" rispose Artù esterrefatto.

 

"Oh!" ribattè Merlino quasi offeso. "Ma perché?"

 

"Perché... ero il tuo regalo di compleanno!"

 

Merlino sbiancò, spalancando occhi e bocca. Poi si portò una mano a soffocare un intenso gridò che gli uscì involontariamente dalle labbra.

"Ti sei ricordato di qualcosa?" domandò Artù speranzoso.

 

Merlino scosse la testa e chiuse gli occhi. Finalmente aveva capito! Il viso di Merlino cambio colore: un intenso cremisi dalle orecchie al collo e un caldo insopportabile addosso.

 

Gli vennero in mente le macchie, i lividi, l'indolenzimento dei muscoli e ... quel dolore che aveva voluto ignorare anche con se stesso. Gli vennero in mente le parole di Edwin, di Gaius, di Artù. 

 

"Oddio,... i morsi che ho addosso, sono vostri?"

 

"Ci siamo lasciati trasportare un po' troppo" e così dicendo Artù scostò la cotta di maglia che indossava, mostrandogli un enorme morso viola sotto il collo.

 

Merlino era attonito. Com'era potuto succedere?   

 

"É stata la magia?"

 

"Per te sì, ma per me... no!"

 

"E i puntini viola e rossi che ho ovunque e voi sembrate non avere?"

 

Artù ridacchiò: "É colpa tua: quella mattina ti sei dimenticato di farmi la barba."

 

"Oh, é vero!... Oh, mio Dio!"

 

"Presto andranno via, senza lasciare traccia, non preoccuparti..."

 

"Ma chi se ne frega! ... Scusate!... Cosa abbiamo fatto esattamente?" disse Merlino tremando, senza riuscire a guardare Artù negli occhi.

 

"Tutto quello che é umanamente possibile, credo. Tieni però presente che anche per me era la prima volta."

 

"Davvero?"

 

"Con un uomo, sì"

 

"Non é possibile che noi... noi..."

 

Artù sorrise appena. Comprendeva l'imbarazzo del servo: "Non riesci neanche a dirlo!"

 

"Voi sì?"

 

"Sì. Tu sei stato mio e io sono stato tuo!"

 

"Voi?... No, io non credo..."

 

"Puoi crederci. Sei stato davvero insistente, sei stato così... cùpido"

 

"Vi ho usato violenza?" chiese Merlino quasi in lacrime, con un filo di voce.

 

Artù si mise a ridere: "No, scusa ma come avresti potuto? Però l'hai voluto fortemente. Tutto qui!"

 

"No. Io non potrei mai..." qualche lacrima cadde dagli occhi di Merlino.

 

"Probabilmente non eri in te"

 

"Già. La magia! Quella magia deve aver fatto qualcosa anche a voi!"

 

"Non la magia. Tu l'hai fatto!"

 

"Che significa? Che quel giorno vi ho reso felice?"

 

"Io ho creduto di essere morto e di essere finito in paradiso."

 

"E io? Come vi sembravo?"

 

Il viso di Artù tornò ad avere un'espressione cupa e mesta. "Perdonami!" disse piano "Avevo capito che qualcosa non andava in te, ma sono stato egoista e ho preferito non tenerne conto."

 

"Ma com'ero? Vi sembravo felice?"

 

"Molto felice. Tu eri perfetto. Eri dolce, appassionato, sensuale e forte."

 

"Sono dunque io, il vostro più grande desiderio?"

 

"Io neanche lo sapevo con certezza, ma ora posso dire che sì, sei tu!"

 

Merlino era sempre più agitato e la sua voce si fece man mano sempre piú stridente.

 "Intendo desiderio in senso fisico! Per voi ero un semplice passatempo e nient'altro! Non vi ho sentito parlare di sentimenti. Perché non ho sentito parlare di sentimenti? Sarebbe più accettabile se ci fossero stati dei sentimenti..." Il ragazzo adesso piangeva forte ed era vicino a farsi venire un attacco isterico.

 

"Per favore, basta così!" Artù era preoccupato e si avvicinò all'altro.

 

"Voi mi avete usato, senza nemmeno amarmi!" urlò Merlino furioso e si scagliò contro di lui, colpendolo ripetutamente con dei pugni al petto. Quei pugni Artù li sentiva all'interno di sé e facevano molto più male che all'esterno. Merlino era sconvolto e aveva perso il controllo delle sue emozioni.

Il principe lo abbracciò e lo strinse a sé.

Merlino provò a ribellarsi ma poi si lasciò andare a un pianto ancor più disperato, quasi soffocante, che rattristò Artù. Ma quando, poco dopo, avvertì le braccia di Merlino aggrapparsi a lui e stringerlo forte, Artù si sentì sciogliere internamente di dolcezza e di pienezza.

 

Dopo alcuni minuti, Merlino si era calmato e i due si staccarono lentamente.

 

"Edwin aveva torto. Non stai vomitando sui miei stivali!" disse Artù con un sorriso.

 

"Come?"

 

Il principe scosse lievemente la testa.

 

"Ditemi cosa volete che io faccia, Artù. Devo restare o devo andare via?"

 

"Tu mi hai insegnato una grande lezione. Meglio dire, l'altro te stesso mi ha fatto capire che a volte é bene lasciare delle responsabilità ad altri di cui ti fidi e che bisogna avere il coraggio di far prendere agli altri le proprie decisioni. Quindi stavolta sceglierai tu, per tutti e due."

 

"Io vorrei restare ma non credo sia un bene per noi."

 

Artù avvertì una fitta lancinante all'addome, come se Merlino gli avesse appena sferrato un calcio. Aveva sperato che Merlino sarebbe rimasto, nonostante avesse lasciato a lui la facoltà di scelta. Si disse che era giusto così, che andava bene così, anche se era doloroso. "Per quel che vale, anch'io vorrei tu restassi!"

 

Merlino rimase silenzioso e confuso a lungo, poi non riuscì più a trattenersi: "Se restassi...avrei bisogno di tempo per capire"

 

"Tutto il tempo che ti serve, Merlino" disse Artù con un filo di speranza nel cuore.

 

"E vorrei anche... un'altra cosa!"

 

"Certo, se posso..."

 

"Vorrei che trovaste qualche ritaglio di tempo per noi due, da soli, per poter parlare e per comprendere se..."

 

"Se anche tu puoi amarmi come ti amo io?"

 

Merlino lacrimò ancora qualche goccia. Artù in quel momento lo vide come il bambino che era, un bambino che parlava con un tenero broncio sulle labbra: "Voi mi amate? E perché non l'avete detto? Questo cambia molte cose! Vedete... anch'io ho provato qualcosa... provo qualcosa per voi... da tanto tempo, ormai!"

 

Artù rimase a bocca spalancata: "Sul serio? Non me ne sono mai accorto!" 

 

"Mmh..." brontolò Merlino "Ora mentite! Tutte le volte che vi ho guardato e voi avete ricambiato e viceversa? Tutte le volte che ci siamo sostenuti e salvati a vicenda? Tutta la gioia e il dolore condivisi?

 

Merlino aveva smesso di piangere ed era tornato a lamentarsi e Artù si stupì di quanto ciò lo rendesse felice, quando generalmente lo considerava piuttosto fastidioso. "Sì. É vero! Era per quello? Che bello! Ne sono felice! Dunque... ricapitolando... vorresti avere degli appuntamenti con me!"

 

"Non ho parlato di appuntamenti!"

 

Ormai Artù sorrideva come non faceva più, da tempo. "E ovviamente vuoi anche essere corteggiato!"

 

"No, cioé... No!"

 

"Bugiardo. Però é vero che non ti ho corteggiato a dovere, mentre tu con me l'hai fatto!"

 

"Io vi ho corteggiato?" disse Merlino fintamente inorridito.

 

"Tu... è stato come se tu avessi sparato a un bersaglio immobile,

due parole, un sorriso ed ero già perso.

Non so ancora cosa tu mi abbia fatto:

un uomo adulto non dovrebbe cadere così facilmente" *


"Che parole intense!" sorrise Merlino.

 

"Ciò che provo é intenso, ma ti assicuro che l'altro te, lo era ancora di più!"

 

"L' altro me era uno spudorato! Non mi rispecchia per niente e credo vi abbia mentito!"

 

"Lo pensi davvero?" chiese Artù improvvisamente confuso.

 

"Oh, sì! Io compio gli anni tra due mesi!"

 

"Cosa?... Era tutta una bugia, allora?" Artú chiuse gli occhi, sospirando.

 

"Non lo so, ma posso dire che mi date l'impressione di esservi innamorato di lui, più che di me."

 

"No. Per me eri tu! Completamente. E poi io era già innamorato di te, molto tempo prima."

 

"Dovrete dimostrarmelo, dovrete convincermi!" 

 

Artù gli si avvicinò con fare malizioso: "Lo farò! E tu cosa farai, quando capirai che anche tu mi vuoi?"

 

Merlino cercò di trattenersi ma la risata gli uscì lo stesso. "Siete il solito gradasso! Siete ancora lo stupido asino di sempre! E non datemi per scontato, Artù! -Se- lo capirò... la prima cosa che vi farò, sarà la barba!"








 

* Traduzione riadattata di una frase tratta dalla canzone "Lay all your love on me" degli Abba.

 

Ciao ragazze. Ringrazio chi ha letto la storia. Un abbraccio grande a tutte!

   
 
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