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Autore: Jigokuko    16/09/2022    1 recensioni
{FE Three Houses - Post Crimson Flower}

"Se anche dovessi venire sconfitto, la stirpe dei Blaiddyd andrà avanti."

Le parole di Dimitri scambiate con Rhea celavano un segreto.
Prese Fhirdiad e la vita della Purissima, Edelgard ne viene a conoscenza; invece di distruggerlo, lo porta con sé e lo condivide con il popolo sotto mentite spoglie.
Ma commette un grave errore e le sue bugie vengono a galla.

Non si può impedire ad un fulmine di scatenare la propria luce.
Genere: Angst, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Byleth Eisner, Dimitri Alexander Blaiddyd, Nuovo personaggio
Note: Kidfic, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Fulmine Sanguinolento - Il Leone che si credette un'Aquila
 

9

The Forsaking


Artemiya era seduta davanti alla specchiera e si stava truccando gli occhi. Non riusciva però a concentrarsi come avrebbe voluto, perché qualcosa la distraeva: Sera era seduta sul suo letto, con la schiena ricurva e le mani giunte, come al solito era abbattuta a causa dell'assenza di Benedikt e, soprattutto, perché non erano nemmeno sicure fosse vivo. Nonostante Mitja l'avrebbe rimproverata, in cuor suo sperava anche lei che non gli fosse successo nulla di grave; era l'unica speranza per il Faerghus, doveva essere sopravvissuto a quello stupido viaggio.
La ragazza si alzò dalla sedia, raggiunse l'amica sul materasso e l'abbracciò, poggiandole la testa sulla spalla. Lei fece un profondo sospiro.

- Non puoi continuare a comportarti come un cane bastonato, sono passate settimane...-
- Mi manca, Artemiya... io non ce la faccio più... voglio, devo rivederlo.-
- Ascolta. Lo abbiamo cercato in lungo e in largo fino ai territori dei Galatea, se è riuscito a passarli sano e salvo allora è facile che sia sopravvissuto, da lì in poi il clima è sempre più sopportabile e meno imprevedibile, dovresti saperlo, visto che abitavi ad Enbarr...-
- Non è solo il clima a preoccuparmi. Se qualcuno gli avesse fatto del male? È partito disarmato, come al solito! Pensa sempre di fare affidamento sulle sue abilità di mago, ma come può essere al massimo delle forze se per arrivare fin là deve camminare tutto il giorno...?-
- Sai perché il Faerghus era chiamato "Sacro Regno"? – La ragazza le puntò i suoi occhi verdi addosso, confusa. – La pianura di Tailtean è il luogo dove Santa Seiros uccise Nemesis, e settecento anni dopo Loog sconfisse l'imperatore Adrestiano per ottenere l'indipendenza.
La Chiesa di Seiros fece da mediatrice tra Impero e Regno, dando vita al Sacro Regno di Faerghus. Ovviamente anche queste informazioni sono state cancellate, ma quello rimane un luogo benedetto dalla Dea.
Nel nostro paese siamo sempre stati devoti alla Chiesa, le preghiere ci portarono all'indipendenza... vuoi pregare insieme a me, chiedendo che il principe torni sano e salvo?-
- Pregare...? È giusto pregare pur non essendo devoti o credenti? Mi sembra irrispettoso...-
Artemiya le prese le mani e, stringendole tra le sue, sorrise.
- La Dea Sothis ama tutti incondizionatamente, Sera...-
- Allora... allora forse farò un tentativo...-

La ragazza scese dal letto, si inginocchiò davanti ad esso a mani giunte ed invitò l'amica a fare lo stesso, la quale la imitò con titubanza. Mentre lei pregava, Sera si domandava cosa stesse facendo, se tutto ciò avesse davvero un senso... questa fantomatica "Dea" le avrebbe davvero ascoltate? Avrebbe davvero riportato l'uomo che amava da lei, vivo e vegeto?
Voleva tornare a casa, ma non ad Enbarr, né al suo villaggio d'origine, casa per lei aveva un nome ed un cognome: Benedikt von Hresvelg.
"Oh, Dea Sothis, te lo chiedo per favore: fa sì che Benedikt non incontri ostacoli sul suo cammino e che torni da Shambhala sano e salvo..." poteva bastare? Doveva metterci più passione? Struggersi? Mostrare più riverenza? Non ne aveva idea... in realtà nemmeno sapeva esistesse una religione fino a pochi minuti prima, ed ora stava chiedendo aiuto alla sua divinità. Si sentiva ridicola, ma la disperazione portava anche a quello.
Guardò Artemiya: aveva gli occhi chiusi ed un sorriso sul volto, sembrava aver raggiunto la pace dei sensi... forse avrebbe dovuto impegnarsi di più, oppure era lei stupida ad affidarsi a qualcosa di astratto per salvare una persona...? Può darsi, ma loro non avevano affatto i superpoteri – solo Mitja a quanto aveva capito portava un Segno, raffigurato sul suo mantello, ma non sapeva localizzare le persone... e poi era stato chiaro: non le avrebbe più aiutate a cercarlo.
Con quello stupido principe non ci voleva più avere a che fare, parole sue. Rimaneva ad Itha solo per Artemiya, ma entrambi avevano detto che presto sarebbero tornati a studiare al Garreg Mach, nessuno dei due voleva sprecare l'anno e non avevano tutti i torti.
Ma lei dove sarebbe andata dopo? Rufus le faceva davvero paura, non voleva affatto rimanere in quel castello con lui, chissà cosa le avrebbe fatto... forse era solo pregiudizio, rimaneva però il fatto che lo trovasse terrificante.

- Come ti senti ora, Sera?-
- Non lo so, è stato strano. Ad essere sincera, penso che difficilmente questa Dea mi ascolterà... non sappiamo nemmeno se esiste.-
- Che esista o no, io ho sempre trovato conforto nel rivolgerle qualche preghiera, sperare di essere ascoltata. Voglio aggrapparmi a qualunque cosa per dare al popolo la giustizia che merita.-
- Saresti una brava regina, sai?-
- Purtroppo non è ciò che mi spettava. Non porto un Segno, mio nonno era il fratello maggiore del re, ma fu mandato qui perché nemmeno lui lo possiede... se tutto fosse rimasto come prima sarei diventata granduchessa. Questo titolo mi sarebbe bastato, a me basta combattere per difendere gli innocenti.-
- È ammirevole.-
- Ma cosa dici? Mi farai arrossire!-

Artemiya rise e poi scese dal letto. Aveva rinunciato a truccarsi, perciò entrambe le ragazze uscirono dalla stanza e si incontrarono all'esterno con Mitja, il quale sembrava spazientito.

- Certo che ce ne hai messo di tempo, non ti sei nemmeno truccata...- Lui, invece, aveva gli occhi impeccabilmente sfumati di azzurro e le labbra rosee come al solito.
- Ho deciso di lasciar perdere.- Sospirò in modo teatrale.
- Vieni, lo faccio io.- Fece per prenderla e riportarla in camera, ma lei lo fermò.
- No, non importa, dai! Usciamo piuttosto, ho bisogno di una boccata d'aria.-

I tre uscirono dall'ingresso principale del castello e si diressero in città. Quella mattina c'era il mercato, eppure ciò che vendevano i mercanti era poco o niente – ormai nemmeno quelli lontani dal Faerghus venivano più e di conseguenza ottenere merce importata era quasi impossibile, oppure a prezzi esorbitanti che, ovviamente, nessuno poteva permettersi.
Ad Artemiya però piaceva sempre recarvisi perché quello era effettivamente l'unico momento in cui Itha acquisiva un po' di vita. Come nipote di Rufus lì la conoscevano tutti e le volevano bene per la sua gentilezza ed il desiderio di prestare aiuto in un modo o nell'altro, che fosse economicamente o anche solo di sistemare la merce al proprio posto.
Gli abitanti la credevano un vero e proprio angelo.
Sera invece invidiava quella sua grande spensieratezza tanto da sentirsi ampiamente fuori posto – non era mai stata tanto triste in vita sua, aveva paura di avvelenarle l'entusiasmo. Mentre lei e Mitja si erano fermati per aiutare una venditrice a sistemare la frutta, la ragazzina proseguì da sola con la volontà di schiarirsi un po' le idee.
Si strinse nel pesante cappotto ed osservò la gente muoversi in direzione opposta alla sua. I bambini giocavano per strada con palle di stracci, alcune donne stendevano i panni e dalle finestre di una taverna poteva sentire schiamazzi e risate... quelle persone, seppur povere, sembravano davvero felici; nonostante Enbarr fosse più ricca, raramente aveva visto scene simili passeggiando per la città.
Una palla rotolò e si fermò proprio contro la sua caviglia. Si guardò intorno e vide un trio di ragazzini che la stavano guardando con un certo timore -ipotizzò fosse per il suo incarnato ambrato, lì erano tutti pallidi e bianchi come il latte-, ma non ci diede affatto peso. Accennò un sorriso e la prese, iniziando ad avvicinarsi per restituirla.
A quel punto uno di loro iniziò ad urlare e scapparono via tutti. Capì che esso non era rivolto a lei, perché quando si voltò una nebbia viola e nerastra era appena apparsa sul ciottolato. Rimase immobile con il fiato sospeso finché essa non si diradò, rivelando tre figure.
La prima era un'enorme creatura con una maschera di ferro, la seconda una donna vestita come se dovesse partecipare ad un funerale e la terza... la terza aveva dei lunghissimi capelli biondi che mai nessun altro poteva avere.

- Be... Benedikt...

Tutte le altre parole le morirono in gola, si sentì improvvisamente andare in fiamme ed il cuore accelerare senza sosta. Era lui, era vivo, era tornato...!
Le preghiere avevano funzionato...? La Dea esisteva davvero?
Dopo un attimo che parve infinito, le sue ginocchia finalmente si sbloccarono e partì di corsa verso di lui, che quando la vide allargò subito le braccia e l'accolse. Gli saltò addosso com'era solita fare, ma notò qualcosa di strano: all'impatto aveva indietreggiato di un passo, non era mai successo prima.

- Non ci credo... sei vivo, sei vivo, sei vivo...

Ad ogni parola la sua voce diventava sempre più flebile ed acuta, mentre lo stringeva forte ed annusava il suo profumo come prova di non essere protagonista di un sogno o un'allucinazione.
Anche lui l'abbracciò e nel mentre anche Artemiya e Mitja li avevano raggiunti – la prima era entusiasta, l'altro era stato l'unico a dar peso alla presenza del mostro e la donna.

- Ancora tu, con quel mostro? Cosa vuoi da noi?-
- Loro sono dalla nostra parte.- Il principe mise giù Sera, facendo qualche passo in avanti.
- Sei stato a Shambhala, vero? Li hai trovati lì? – Annuì. – Allora come un'agarthea può essere nostra alleata? Ti ho già spiegato il loro ruolo nella storia del Fódlan, te lo sei già dimenticato?-
- No, ma ti assicuro che né lei né lui sono ciò che credi. Artemiya, mi scuso per il mio comportamento infantile. Ci accetteresti ancora nel tuo castello?-
- Mh... – Lei guardò Mitja: assolutamente contrario. Poi Sera: favorevole al cento per cento. Infine guardò gli occhi glaciali di quella donna che fino a quel momento era stata rinchiusa in sé stessa. In lei c'era qualcosa di strano... avrebbe voluto parlarle faccia a faccia. – va bene.-
- Mimi, sei pazza?!-
- Scusa, Mitja, ma sento che se non assecondo questa richiesta potrei pentirmene. Potete venire al castello, ma la bestia deve stare fuori, rimarrà nel giardino sul retro.-
- Grazie mille, sei un angelo...- Il biondo le sorrise.

Il gruppo si incamminò verso la reggia, ma quando il principe salì il primo scalino ebbe un mancamento e cadde in avanti. Subito Ksenia lo afferrò, ma non avendo la forza necessaria rischiò di fare la sua stessa fine, perciò Sera si aggiunse ed insieme riuscirono a sorreggerlo. Era talmente esausto e provato da aver avuto un colpo di sonno: stava dormendo.
Con l'aiuto di Artemiya e della sua forza, lo portarono nella sua stanza e lo misero sul letto; in tutto il tragitto non aveva mosso un muscolo, né si era reso conto di essere trascinato in giro come un sacco di patate, sembrava morto.
La donna sconosciuta si era seduta sul bordo del materasso e gli aveva tastato la pelle del collo e della fronte alla ricerca di sintomi di febbre o raffreddore, ma il giovane respirava normalmente e la sua temperatura non presentava anomalie.

- Non è in pericolo, ha solo bisogno di dormire... forse non lo fa da due giorni.-
- Grazie al cielo... – La donna si alzò e Sera prese il suo posto, iniziando ad accarezzargli la guancia. – ma voi chi siete?-
- Un'alleata.-
- Tutto qui? Non ci rivelerete nemmeno il vostro nome?-
- Oh— scusami... il mio nome è Ksenia, per ora dirò solo questo. Il resto lo racconterò quando anche il principe potrà ascoltare.-

Detto ciò, la donna se ne andò lasciando le due ragazze con il figlio inerme.

Mitja era furioso.
Furioso con quel maledetto principe, ma soprattutto con Artemiya. Da quando era diventata così? Perché non lo ascoltava più? Perché non capiva quanto quell'adrestiano fosse pericoloso?
Era figlio dell'imperatrice, la stessa donna che aveva permesso al suo regno di morire sotto le sue stesse nevi. Rischiava ogni giorno di essere giustiziata per aver infranto la damnatio memoriae, eppure continuava a fidarsi di lui come si fa con un parente stretto.
Mentre l'avevano portato a riposare, lui aveva gironzolato nel castello e borbottato per almeno venti minuti, finché non aveva deciso di uscire a prendersi una boccata d'aria o picchiare qualche tronco d'albero per ammazzare lo stress.
Quando aveva varcato l'uscio sul retro, però, era rimasto immobile, qualcuno lo aveva preceduto.
Si trattava del mostro e di quella donna vestita di nero. Le sue scarpe erano rimaste sulla scalinata mentre lei, a piedi nudi, danzava sulla poca neve rimasta; era leggiadra come una farfalla, i tessuti sottili che la coprivano svolazzavano ed accompagnavano ogni suo movimento assieme a delle scie di luce magica.
Sembrava quasi una fata o una ninfa, una divinità dei boschi che performava un rito per dare vita alla natura circostante.
Ne rimase completamente folgorato.
Quando lei lo notò, però, tutta l'atmosfera si dissolse ed i suoi occhi di ghiaccio lo guardavano curiosi.

- Tu sei il ragazzo che brandiva un'arma agarthea, vero?-
- La conoscevi veramente, allora...-
- ... Purtroppo. – Lei sospirò, abbassando lo sguardo. – Strumenti di morte, non dovrebbero esistere invenzioni così violente.-
- Chiamale come vuoi, ma non esiterò ad usare quel fucile contro chiunque minacci la sicurezza di Artemiya.-
- Come ti chiami?-
- ... Mitja.-
- È un diminutivo? – Lui scosse il capo. – Che bel nome... ha un suono molto simile al soprannome con cui chiamavo mio marito: "Mitya".-
- Chiamavi?-
- È morto tanti anni fa... il suo nome era Dimitri.-
- Dimitri, come il re. – La vide sorridere. – Il re... tu hai sposato il re di Faerghus? Sei la regina?!-
- Non credo di potermi definire ancora tale. Sono stata costretta ad abbandonare il mio regno, dovrei solamente essere giustiziata.-

Mitja non seppe cosa rispondere a quella frase. Doveva crederle? Quella donna non aveva il minimo senso, come poteva essere stata la moglie del re se non era mai trapelata notizia di un matrimonio? E, soprattutto, perché non dimostrava più di vent'anni?
Se Benedikt l'aveva incontrata a Shambhala quasi sicuramente era agarthea, un altro motivo per stare all'erta: quelle serpi erano solite infilarsi ovunque e manovrare le loro marionette nell'ombra, non si sarebbe stupito se la caduta del Faerghus fosse stata a causa sua – sempre se non era una pazza e quell'uomo lo aveva sposato per davvero.

- Sinceramente non posso affatto dire di crederci. Ci sono tante cose che non tornano, parole così forti vanno dimostrate.

Lei si fece strada tra la neve, per niente infastidita dal gelo sotto i suoi piedi nudi, finché non lo raggiunse. Alzò la mano sinistra e gliela portò fino al viso, mostrandogli l'anello d'argento puro che indossava all'anulare. Era una fede nuziale con il Segno di Blaiddyd inciso sopra; doveva averlo creato un gioielliere esperto, era semplicemente magistrale ma dall'aspetto semplice che caratterizzava l'estetica del Faerghus.

- Non sono qui per raccontare favole, né costringervi a credere ad ogni singola parola che fuoriesce dalla mia bocca. Ho deciso di tornare in superficie perché ho una faccenda importante da sbrigare, ti chiedo solo di non considerarmi come tua nemica.-
- Per il momento non mi fido, con il tempo... forse... potrei chiudere un occhio.-
- Ti ringrazio, Mitja.
... il mio nome è Ksenia, comunque.-

Quella donna era strana. Il suo sguardo freddissimo, accentuato da quell'intenso smokey eye nero, era quasi inquietante, ma dall'interezza del suo viso traspariva soltanto quella che sembrava sofferenza, sicuramente aveva dovuto attraversare molti ostacoli nella sua vita.
Prima che potesse replicare, udì dei passi alle sue spalle e si voltò, vedendo Artemiya.

- Finalmente vi ho trovata, Ksenia. Volevo presentarmi a dovere, siete andata via prima che potessi farlo...-
- Mi dispiace, sono stata scortese...!-
- Il mio nome è Artemiya Rosenrot Blaiddyd, mentre l'altra ragazza si chiama Sera Mayer. Desideravo ringraziarvi per averle salvato la vita.-
Blaiddyd...? – La donna strabuzzò gli occhi, guardandola dalla testa ai piedi. – Sei figlia di Ekaterina?-
- Ekaterina è il nome di mia madre, sì. La conoscete...?-
- Eravamo amiche. Dove si trova ora?-
- Io... io non lo so... non l'ho mai incontrata...-

Ksenia conosceva molto bene Ekaterina Zelenia Blaiddyd. Quando, a seguito della Tragedia del Duscur, Rufus acquisì il titolo di reggente, lui e la figlia avevano soggiornato nel castello di Fhirdiad fino all'incoronazione del nuovo re. Aveva quattro anni in più di Dimitri e, nonostante suo padre fosse una pessima persona, lei era come un angelo. Il suo aspetto lo suggeriva anche con quei lunghi boccoli biondissimi e gli occhi azzurri tipici della famiglia reale.
Era sempre stata dalla parte dei duscuriani ed un gran supporto emotivo per il povero cugino che aveva perso entrambi i genitori in quel tragico giorno; per lei, invece, era come una sorella maggiore e non le aveva mai fatto pesare i loro sette anni di differenza. Le aveva insegnato a truccarsi, ad acconciarsi i capelli e a danzare, inoltre aveva sempre spronato la sua relazione con Dimitri... forse era solo grazie a lei se si erano sposati, era anche una dei pochi a conoscenza del fatto e l'unica presente in vece di testimone.
Più guardava Artemiya, più in lei rivedeva quei tratti dolci, il viso delicato e lo sguardo furbo, ma al contempo non capiva da chi venissero quei capelli castani ed il nero pece dei suoi occhi... non conosceva nessun nobile che corrispondesse alla descrizione. Chi era suo padre?

- Mi addolora dover apprendere una simile notizia, desideravo poterla rivedere...-
- Se davvero la conoscevate, potreste parlarmi di lei? Mio nonno è sempre stato zitto, non vuole dirmi nulla sul suo conto, ho scoperto che si chiamava Ekaterina solo di recente. Per favore.-
- Ekaterina Zelenia, aveva un secondo nome come tutti i nobili del Faerghus.-
- Ekaterina... Zelenia...-
- Te ne parlerò, Artemiya, lo prometto. Prima però ho una faccenda urgente da sbrigare.-

Mentre si allontanava dai due ragazzi e rientrava nel castello, la rabbia di Ksenia ribolliva nel suo corpo gracile come una pentola a pressione sul punto di esplodere.
Maledetto, maledetto Rufus, cos'hai fatto a tua figlia?!
Lo odiava a morte per così tante cose, eventi che aveva causato, gesti riprovevoli, ed ora veniva a sapere che Ekaterina era "scomparsa", o qualunque diavoleria avesse raccontato alla nipote. Erano passati vent'anni, ma ormai era il momento di affrontarlo faccia a faccia ancora una volta, mettere dei paletti. Usare finalmente il suo titolo di regina e spodestarlo dal suo finto ed inutile trono. Rufus Thierry Blaiddyd, non varrai mai niente, né come uomo, né come capo, né come padre. Soprattutto come padre.
Come avrebbe reagito alla vista della donna che aveva creduto morta? Sperava di vederlo farsela nei pantaloni o urlare allo spettro, piangere, disperarsi, o tutte e quattro le cose. Tutto ciò che sapeva era che avrebbe giocato con lui, si sarebbe divertita.
Per te, Dimitri.

 

   
 
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