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Autore: susiguci    16/09/2022    3 recensioni
ll MERTHUR ll CIRCUS ll INIZIO SEC. XX ll CRACK PAIRING ll
Dal primo capitolo:
["Piacere, io sono Arthur!" si sporse allungando la mano verso il ragazzo.
"Merlin!" disse il più giovane, allungandosi a sua volta e stringendogli la mano con poca forza.
"Dai, non fare quella faccia. Non è poi così terribile qui! Almeno avrai qualcosa da mettere nello stomaco tutti i giorni!"]
Dal terzo capitolo:
[Il pubblico applaudiva e mentre il biondo aiutava Merlin a scendere, il ragazzo si fece prendere in braccio e gli schioccò un bacio sulla bocca. Il pubblico rideva e urlava. Arthur era rimasto a occhi e bocca spalancati...]
Dal quarto capitolo:
[Arthur si inginocchiò e si apprestò a slacciare la cintura dell'altro...
...Arthur chiuse gli occhi. Non sopportava di vedere quel che stava per fare...]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Gwen, I Cavalieri della Tavola Rotonda, Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Cheating














 

Tre settimane dopo.




 

Merlin ci aveva ripensato. Si era convinto a rimanere al circo, almeno per un determinato periodo di tempo. Aveva messo a parte di questa decisione tutti gli altri artisti, la sera precedente, mentre cenavano insieme in una delle locande sul mare. 

Tutti si erano congratulati con lui, a parte Arthur, che era rimasto al fianco di Gwen. 

 

Quel giorno per lui, era passato velocemente, con tutti gli impegni dell'ultimo minuto e gli esercizi che aveva da ripassare.

Il luogo dove si trovavano era una località molto bella, Portishead beach, posta a metà tra le cittadine di Portishead e Bristol. Peccato che fosse ormai la fine dell'estate e che la temperatura degli ultimi giorni avesse reso il clima un po' più freddo, in modo da non permettere ai ragazzi di fare il bagno. 



 

Stava guardando il mare mosso e il cielo nuvoloso. Grigio chiaro contro grigio ancor più chiaro.
Al largo l'acqua sembrava quasi uno specchio magico che riproduceva un'immagine a tratti più lucente, più sfumata, più poetica di quella reale.

 

Non pioveva ma tirava un vento molto forte: a Merlin non dispiaceva. Aveva visto poche volte il mare in vita sua. E gli regalava sempre delle emozioni intense: la forza, l'immensitá, la profondità e il senso di infinito, che riuscivano a ridimensionare la sua posizione nel mondo, e quindi a diminuire l'angoscia di uomo perso dentro i suoi problemi. 

L'odore del mare era unico, come anche la sensazione della sabbia fresca sotto i piedi scalzi. 

L'acqua era gelata, ma Merlin camminò ugualmente sulla battigia dopo aver rimboccato l'orlo dei calzoni fino ai  polpacci.

 

Non si accorse che Arthur lo osservava da lontano, sospirando, a causa dell'immagine dolce  e  malinconica al contempo, che gli suscitava la vista di quel ragazzo con i piedi nell'acqua e il mare d'argento a fargli da sfondo. Un'immagine in bianco e nero, come fosse una fotografia.

 

Avrebbe voluto corrergli dietro, prenderlo in giro, farlo ridere, spintonarlo durante una finta lotta con lui in mezzo alla sabbia. Una fantasia semplice che all'inizio della loro conoscenza avrebbe potuto realizzarsi facilmente. E ora era invece quanto mai lontana.

Si sarebbe accontentato anche solo di camminargli a fianco, in silenzio. Invece nemmeno quello era più consentito.

 

Arthur fu preso dallo sconforto e rientrò nella locanda.








 

Pensava. 

Quello era il luogo ideale per pensare.

Pensava al nuovo spettacolo che avrebbe avuto luogo l'indomani sera.

Pensava al suo debutto come mago. Aveva scelto i numeri più semplici del repertorio di Trickler, quelli nei quali non avrebbe dovuto aiutarsi con la magia, ma in compenso aveva dovuto esercitarsi molto perché il pubblico non avrebbe dovuto accorgersi dei trucchi.

 

Quel giorno, quello del dolore più forte, quando il capriccioso ragazzino si era rivelato per quello che era, Merlin aveva fatto un'altra promessa a se stesso, oltre a quella di rinunciare agli uomini per sempre. 

 

Basta con la magia, con gli incantesimi e le pozioni. Basta con gli occhi d'oro, le frasi antiche, le mani aperte. 

Basta. 

Per poco non aveva ammazzato due persone, certamente meritevoli di morire, a suo avviso, ma si era spaventato. Non si riconosceva in quel giovane da cui la magia era fuoriuscita prima ancora della sua volontà.



Pensava a Gwaine. 

Il duo di giocolieri era diventato uno dei numeri più apprezzati in quelle poche settimane. La competizione amichevole che si instaurava tra di loro durante gli allenamenti, aveva giovato molto ad entrambi: Merlin aveva imparato a giocolare con quasi tutti gli oggetti. Gwaine era diventato più veloce, più preciso e più sicuro. Uno dei numeri più amati dal pubblico era quello che vedeva una sfida tra i due, che a turno aggiungevano un oggetto in più rispetto all'altro. Il più spettacolare era il loro numero finale in cui si passavano in velocità, un numero spropositato di clavette. Questo proficuo sodalizio professionale con Gwaine si rifletté anche nei rapporti personali. Gwaine diventò suo amico, anche se di certo, non l'amico del cuore che una volta era stato Will.



Pensava a Lancelot.

Aveva iniziato con un piccolo numero da fare assieme a Merlin e Alined vedendolo portato, aveva aumentato la quantità di esercizi per loro due.

Il numero più simpatico era quello dove, stando in piedi sulle cosce di Lancelot, semi-seduto nell'aria, Merlin compiva un certo numero di figure tenendosi alle mani dell'altro. Poi verso la fine del numero era Lancelot a salire sulle gambe di Merlin e a compiere un paio di figure. Avevano provato per gioco e Merlin riusciva a farcela, anche se per molto meno tempo rispetto a Lancelot.

Anche con Lancelot ci fu un avvicinamento a livello di amicizia. Un'amicizia poco impegnativa ma piacevole.

 

Pensava a Percival. 

L'intesa con il ragazzo non c'era, al trapezio. Non c'era, ma non era colpa di Percival. Era Merlino che non si sentiva all'altezza di quel ruolo. Aveva paura di cadere, anche se c'era la rete. Gli fu fatto notare che lui era l'uomo in cima alla colonna umana. Stava per dare forfait, quando intervenne Leon, in misura massiccia a insegnargli come fare le capriole, prima sul tappeto elastico e poi in aria.

Leon e Arthur erano un duo magnifico. Con il passare dei giorni, Merlin migliorò sensibilmente, ma l'abisso che lo divideva da Leon era ancora ampio. 

Percival era troppo buono per arrabbiarsi con Merlin, ma lui sentiva che il trapezista avrebbe preferito lavorare con Leon. E se ne dispiacque.

 

Pensava ad Arthur.

Dopo il bacio mancato di qualche tempo prima, i rapporti con Arthur non erano migliorati, né peggiorati. 

Si salutavano, a volte parlavano di lavoro, erano gentili l'uno con l'altro. Ma entrambi fecero in modo di non rimanere mai da soli. Qualche volta Arthur trovava una scusa o se ne andava assieme agli altri. Altre volte era Merlin che, se inquadrava l'altro da lontano, cambiava strada o tornava indietro. Nonostante a volte ridessero ancora, insieme agli altri e anche alle battute dell'uno o dell'altro, i livelli di intesa raggiunti quella sera sul carro con la rivelazione di Merlin, non si avvicinavano nemmeno lontanamente a quelli attuali. 

Purtroppo quel grado di intimità non era disgiunto dalla presenza di una certa tensione sessuale tra loro, tensione che poco o nulla aveva a che fare con l'amicizia.

Merlin ci stava male, se ci pensava davvero. Era stato lui a interrompere quel momento così intenso. Avrebbe voluto che fosse stato Arthur a fermarsi o a fermarlo; avrebbe preferito che il ragazzo biondo si fosse preso le sue responsabilità almeno verso la propria fidanzata; avrebbe desiderato dare a lui la colpa se ora gli mancava. 

Arthur se ne stava sempre accanto a Gwen ed era un po' più silenzioso dei primi tempi. E anche più triste. A volte stentava a riconoscerlo. 





 

Uscì dall’acqua, rabbrividendo. 

Nonostante la sabbia fosse fresca, ai suoi piedi rossi e mezzi congelati, sembrò calda e piacevole.

 

"Merlin!"

"Ciao Arthur!" non gli pareva vero che fosse lì, senza Gwen.

"Perché non rientri? C'è un vento tremendo! E tra poco pioverà."

"Non pioverà! Mi piace qui! È così … selvaggio! Avevi bisogno, Arthur?"

"Volevo congratularmi con te per la decisione che hai preso di rimanere con noi … mi fa piacere"

gli disse il ragazzo facendogli un piccolo sorriso e gli offrì la mano per una stretta.

Merlin lo guardò per un attimo: Arthur aveva i capelli devastati dal vento ma era più bello che mai. Averlo così vicino dopo tutti quei giorni, gli fece capire che i suoi sentimenti non erano cambiati, anzi forse sì: erano ancora più forti dell'ultima volta. 

 

Stese la mano verso quella di Arthur e gliela strinse.

"Gentile da parte tua" sorrise Merlin.

Il calore di quella mano nella sua, gelida, gli strinse il cuore di nostalgia. L'attimo passò e Arthur tornò da dove era venuto.

 

"Ehi, Arthur…" gli urlò  dietro Merlin.

Il ragazzo biondo si fermò e si girò verso di lui: "Sì?"

 

Stava per farlo davvero? Era forse impazzito?

 

"Ti … ringrazio molto."

"Ah … di niente … figurati!"




 

Appena Arthur sparì dalla sua vista, Merlin corse veloce fino al suo carro che trovò vuoto.

Forse gli altri erano giá andati a tavola, per fortuna. Si spogliò e si infilò sotto le coperte del suo giaciglio. Poi si coprì la testa e pianse.



 

Era andato così vicino a usare la magia: lá, sulla spiaggia con Arthur, l'aveva sentita fremere e pulsare nelle sue vene, e nel sangue.

 

Voleva fermare il tempo. Fermarlo davvero, con la magia. Immobilizzare quel ragazzo come una statua, insieme al resto del mondo. Per guardarlo, a lungo e con calma. Solo guardarlo. 

 

Era stato sul punto di rompere una promessa solenne fatta a se stesso, per una sciocchezza simile?

 

Per questo era triste e piangeva.

 

E anche perché Arthur era freddo e distante. Ogni singola volta aveva sperato chel'altro gli dimostrasse di considerarlo ancora. 

Ma il suo cervello non rispondeva e lui non faceva che contraddirsi, in balia delle emozioni del momento: lo cercava o lo evitava, lo desiderava o lo aborriva, lo amava o lo odiava.

 

Non sarebbe andato a cena. Non aveva la minima voglia di mangiare.






 

Merlin si era calmato. Solo qualche isolato singhiozzo, gli ricordava il pianto di poco prima. Stava sdraiato con le braccia intrecciate sotto la testa.

L'importante era che non avesse fatto uso della magia. Il resto non importava più.



 

Ricordava ciò che si erano detti lui e Lancelot, giusto un paio di sere prima.

Durante le serate libere, Merlin usciva con gli altri ma Arthur e Gwen non si erano più uniti a loro.

 

Quella sera Merlin era rimasto alla taverna da solo con Lancelot, il quale era ormai decisamente ubriaco.

L'uomo si era lasciato andare a una confessione, di cui Merlin sapeva qualcosa a grandi linee ma non nei dettagli.

“Sei innamorato, Merlin?” gli aveva chiesto.

“N-no. Lo sono stato in passato però. Due volte.”

“E come sei riuscito a venirne fuori?”

“Un tradimento, la prima volta. La morte, la seconda.” disse Merlin amaramente.

“Che culo, Merlin! Dovresti andare da un esorcista, mi sa!"

Merlin ridacchiò. 

"Comunque non sei l'unico!” continuò Lancelot.

" Tu sei innamorato?” chiese Merlin curioso.

“... Sì!... E non so come farmela passare!”

“Di chi sei innamorato?”

“Sono ubriaco ma non cretino! Dovresti prima passare sul mio cadavere … che orrore …”

“Provo a indovinare. Dunque, dunque: Gwen!” sorrise Merlin.

“Sh! Non urlare! Chi te l’ha detto?” fece Lancelot perplesso.

“Voci di corridoio, flebili, vaghe … sapevo che ti piaceva, ma non sapevo che le andassi ancora dietro.”

"Due anni! Da quando sono arrivato qui! Lei stava con Gwaine, all'epoca!"

"Che cosa?" Merlin era a dir poco sbalordito.

"Si frequentavano da poco. Si baciavano solamente, mi disse Gwen. Lei non era convinta … e infatti lo lasciò quasi subito."

Merlin annuì pensieroso. 

"Gwaine all'inizio mi odiava. Tanti mi odiavano: Alined, George … Lei no! Era sempre gentile. Sono rimasto unicamente per lei. In effetti ora potrei anche andarmene... Insomma le feci una corte serrata per un anno e ci mettemmo insieme!"

"Oh, Dio santo! ..." commentò Merlin sempre più sorpreso "Ehm, ... scusa!" 

"Insieme sì, ma non come lei e Arthur. Ci scambiavano baci e carezze, ma io ero felice lo stesso. Lei non era pronta, non per me. Poi arrivò Arthur e lei mi lasciò, anche se ha dovuto attendere un anno per poterlo conquistare. Il resto lo sai…"

"Devi averlo odiato molto!"

"Arthur? No. L' unica cosa che ho odiato è stata la mia sfortuna … in amore! Da sempre!"

"Strano però, sei tutt'altro che brutto e … "

"Grazie tante, Merlin! Tu sì che sai come sai tirare su il morale a un amico …" disse Lancelot un po' offeso.

"No... Non mi sono spiegato… Sei una persona coraggiosa e responsabile, hai un buon carattere e in più sei bellissimo … per cui non riesco a capacitarmi …" 

"Così va meglio, Merlin, ma forse ora è un troppo, non credi?"

"Uh, ma non ti va mai bene niente! Arrangiati, allora!"

Lancelot scoppiò a ridere e portò la mano su una spalla di Merlin, che non resistette a lungo e si unì alla risata dell'altro.

Tornato serio Lancelot disse mestamente:

“Lei é unica e Arthur non la merita…” 

"Non sei un po' troppo prevenuto nei riguardi di Arthur?"

"Se tu sapessi …" 

Lancelot portò schiena in avanti e braccia indietro per stirarsi, ma cadde malamente dalla sedia, facendo un gran baccano: gli altri avventori, si girarono a guardarlo, infastiditi.

E così Merlin l’aveva portato via sorreggendolo e l’aveva cacciato nel suo giaciglio. 

Lancelot non ne aveva più fatto cenno con lui. Forse nemmeno si ricordava di quel discorso.









 

La bottiglia di vetro si schiantò contro un tavolo, scagliando in giro migliaia di schegge.

 

“Ehi, ma sei matto? Dovrai ripagarmi tutto! O giuro che chiamo le guardie” gli urlò l'uomo al bancone.

Arthur tirò fuori un sacchetto di monete e lo mise sul banco. L'altro ne controllò il contenuto e disse:

“E ora sparisci. Qui non accettiamo ubriachi  violenti!”

 

Arthur se ne andò. Non gli importava di niente. Aveva bevuto un paio di drink ma non era ubriaco. 

Era furioso. Era disperato: Alined lo aveva mandato a chiamare per quella sera stessa.. 

'Dopo cena' gli aveva riferito George ‘come al solito’.

 

Per quello aveva avuto uno scatto da pazzi.

Non aveva dubbi stavolta. 

Alined si era ripreso dai postumi della sifilide, ormai da tempo. Gli aveva detto che non era geloso di Gwen. Erano passate cinque settimane e mezzo dall’ultima volta che era successo e si era illuso davvero che Alined avrebbe rinunciato, dopo l'ultima settimana in cui avrebbe potuto invitarlo ma non l'aveva fatto.

 

Non resisteva più. 

Si diresse deciso verso i carri. 

 

Da lontano vide il vecchio scendere dal suo carro.

Stava certamente andando alla locanda a cenare. Poi lo vide intrattenersi a parlare con Gwaine in modo affabile.

Si fermò a pochi metri da loro.

Gwaine lo notò poco dopo: "Ehi, Arthur vieni a mangiare con noi?" gli disse allegramente.

"Tra poco. Prima ho bisogno di parlare con voi, Alined!"

"Allora ci vediamo lì più tardi!" disse Gwaine allontanandosi, avendo notato lo sguardo gelido di Arthur.

"Dove vuoi andare?" chiese Alined tranquillamente.

"Sul vostro carro."



 

"Bene, ragazzo, che problema c'è?" 

Lo odiava quando lo chiamava ‘ragazzo’. Ma in quel momento l’avrebbe odiato qualunque cosa avesse detto.

 

"Credo che lo sappiate!"

"Mi aspettavo un discorso del genere, prima o poi."

Arthur tacque.

"Dimmi allora. Sei ammalato?"

"No!" Arthur continuava a guardarlo imbronciato.

"È perché sei fidanzato?"

"Sì, anche per quello, ma non solamente."

"Ti ho già detto che non sono geloso di lei."

"Sono io che non voglio farla stare male. Non voglio tradirla!"

"Andiamo, Arthur, sappiamo che l'hai già tradita nel tuo cuore e anche con un bacio." 

"Ma adesso sono cambiato. Adesso ci tengo, a lei."

"La ami?"

"Io … credo di sì!" mormorò a mezza voce.

"Non mentire. Sappiamo bene tutti e due che non è così. Sappiamo che è un'altra la persona che vorresti avere."

 

Arthur non negò. "Ho già parlato con lui e abbiamo deciso che sia meglio di no. Lui non vuole stare con me perché sono un uomo..."

"Come?"

"E a me, in fondo, va bene così, perché non sono sicuro nemmeno io."

 

"Eri venuto solo per dirmi questo?"

"Sì, volevo dirvi che stasera non verrò. Non verrò più."

"Sei sicuro? A me mancheresti molto, se ti interessa saperlo." disse Alined.

"Sì, sono sicuro!"

"Ho capito!"

Alined gli diede le spalle.

"Ho capito, ma non lo accetto. Per cui ti dico solo questo: ricorda che io ti aspetto! Ora vattene. Ho fame." sbottò il direttore con rabbia.

 

"Alined?"

"Va'!"

 

Arthur aveva fallito. Era riuscito per la prima volta a dirgli di no e nonostante quello, Alined lo aspettava ancora.

Maledizione! La conversazione non era andata come Arthur sperava.

Cenò in fretta, svogliatamente. Non appena Gwen ebbe finito, il ragazzo la trascinò sul carro per fare l'amore con lei. 

Sapeva perfettamente che stava barando al solitario.

Nella sua mente  si diceva: ‘Se sto con lei, non posso stare con l’altro. Non potrà ricattarmi con la semplice scusa che mi sta aspettando. Stavolta aspetterai invano, Alined: Non uso più il mio corpo per fare beneficienza ai vecchi!’

 

Scuse, nient'altro che scuse. Ma chi voleva prendere in giro?

 

La verità era che aveva paura. Quante volte aveva giurato sulla testa di qualcuno che non sarebbe andato da lui? Ogni volta. E quante volte non c’era andato? Nessuna.  

 

Prese Gwen e la fece sua in modo distratto e sbrigativo. Quasi con rabbia. La ragazza non capiva. Arthur era sempre così dolce in genere.

Una volta terminato, Arthur rimase a guardare il soffitto del carro e Gwen si addormentò.

 

Si sentiva ancora più a pezzi. Prese l'ultimo sigaro e uscì. Arrivò fino al mare, tornando poi indietro. Era più calmo adesso. Aveva la testa più sgombra. Riusciva a ragionare meglio. Si fermò senza volere, proprio davanti al carro di Alined e un groppo gli salì alla gola quando se ne avvide.

Dio, era come tutte le altre volte! Non era servito a niente il suo patetico tentativo.




 

"Sono felice di vederti Arthur!"

Il ragazzo taceva, pieno di rabbia e di vergogna, non tanto nei confronti di Alined, quanto nei suoi.

 

"So che può sembrarti strano ma è una cosa che mi sono sempre chiesto."

Alined si avvicinò ad Arthur.

"Tu vorresti qualcosa di più da me?"

 

Arthur lo guardò per un breve istante, poi tornò a guardare per terra.

"Non vorresti … che so …  che ti accarezzassi, che ti … toccassi?"

Dopo un lungo momento Arthur scosse il capo.

Il direttore avvicinò il viso a quello del giovane. Aveva sempre desiderato baciare la sua bocca, fin dalla prima volta che questi gli si era concesso, ma non aveva mai osato. Arthur già allora era strano e in quei frangenti lui non riusciva a capirlo.

 

All'ultimo momento Arthur si scansò.

"Nemmeno un bacio, quindi?" mormorò deluso il vecchio.

"No" rispose l’altro con voce fioca.

"Vedi perché non te l'ho mai chiesto prima? Temevo che non saresti più tornato, nel caso. Ma non preoccuparti. Faremo come vuoi tu!”

 

‘Come voglio io, giusto!’ pensò Arthur con amara ironia.

 

“Arthur, non ho idea del perché, ma ti trovo ancora più irresistibile del solito.

 

Si sentiva uno straccio. ‘Mi sento davvero irresistibile in questo momento!’ pensò e cominciò a ridere. Una piccola, stonata, risata macabra. 


Artù si preparò. 

Gli stessi movimenti, nel medesimo posto, con la stessa persona. L’incubo da sveglio, peggio di qualsiasi incubo avuto nel sonno.

 

Si tirò giù i calzoni, si girò e appoggiò le mani sul tavolo.

Strinse gli occhi, aspettando di sentire quel dolore conosciuto che gli schiantava il cuore ogni volta. Alined non lo preparava mai. 

Fu più orribile del solito: il dolore era stato più forte. E l'uomo dentro di lui, si fermava ogni tanto, usciva da lui e ricominciava. Mentre lui voleva solo che finisse.

 

La nausea era diventata talmente insopportabile che pensò di vomitare lì, sulle vecchie assi di quel carro. Quando il vecchio raggiunse l'apice del piacere, fece una cosa diversa dal solito. Lo tenne fermo ancora contro di sé, con una mano, mentre con l'altra gli alzò la maglia per accarezzargli la schiena nuda e si piegò su di lui per baciargliela.

 

"No!" gridò Arthur, divincolandosi e riuscendo con facilità a liberarsi dalla presa di Alined.

"Questo no!" disse il ragazzo, rivestendosi alla meno peggio e uscendo in un lampo dal carro. 

 

Concedere il corpo era un conto, concedere gesti d’affetto o d’amore era un altro: sarebbe stato come dire ad Alined che andava bene quello che gli faceva. Poteva sembrare una sciocchezza, ma era l’unica cosa che gli aveva permesso di mantenere ancora un po’ di dignità per sé. 

 

Stavolta non riuscì ad arrivare a un cespuglio per liberarsi lo stomaco. Si piegò in ginocchio a vomitare per terra, proprio lì, davanti al carro del suo capo. 

I conati continuarono anche dopo aver svuotato lo stomaco.

Ed erano i peggiori. La testa gli scoppiava e aveva la gola in fiamme. Avrebbe voluto spostarsi di lì, ma la nausea non gli dava tregua. Stavolta stava molto peggio delle altre volte perché gli girava la testa e aveva paura di svenire.

 

"Arthur!" Un urlo agghiacciante e rauco squarciò il silenzio della notte.

 

Gwen si avvicinò un po' al ragazzo, ma non troppo. Cadde sulle ginocchia, con le mani a terra.

"No! Perché?" continuava ad urlare.

"Come hai potuto farmi questo?"

 

Quasi tutti si affacciarono dal proprio carro. 

Tranne Alined.

Anche Merlin si era affacciato per un momento poi si era rivestito in fretta e furia ed era uscito fuori, a guardare quella scena.

Era stravolto, non capiva.

 

"Perdonami!" urlò Arthur tra un conato e l'altro.

Gwen iniziò a fare dei brevi urli isterici.

Con le unghie grattava la terra che aveva sotto le mani e la buttava verso Artù, con gesti di spregio ma quasi senza forza.

"Basta, Gwen! Vieni con me!" Intervenne Merlin. E le mise le mani sulle braccia, aiutandola ad alzarsi. Gwen crollò addosso a Merlin, in un pianto dirotto.

 

Quando Arthur si accorse di Merlin iniziò a urlare a sua volta: "Va via, vattene, Merlin!"

Poi continuò più piano: "Ti prego … vai via… perfavore …"

"Perché? Ti vergogni forse?” continuò Gwen urlando all’indirizzo di Arthur. “Guarda che lo sanno tutti a parte lui!"

 

In quel momento arrivò Lancelot di corsa, afferrò la vita della ragazza dalle mani di Merlino e la prese in braccio.

"Ti odio Arthur!" gridava Gwen cercando di scendere dalle braccia di Lancelot che si allontanava di lì a passo spedito.

 

"Voglio dirglielo io, a Merlin! Lasciami! Voglio dirglielo!" e batteva forte i pugni chiusi sul petto di Lancelot, che non si scompose e la portò dentro il carro di lei, dal quale giungevano fin lì, le urla ovattate di Gwen.

 

Merlin si rivolse agli altri sui carri. Erano tutti un po' spaventati, tranne George il quale si vedeva benissimo che faceva fatica a non ridere.

 

"Ci penso io, ad Arthur. State tranquilli!"

Montò sul suo carro velocemente e prese alcune cose che potevano essergli utili. Leon faceva finta di dormire e George rideva da non poterne più.

"Stanotte dobbiamo stringerci. Arthur dormirà con noi" disse Merlin, che sapeva dove colpire perché Gorge smettesse di ghignare. Infatti tornò subito serio. Già si stava stretti in tre.

"Oh, no! Mi hai rovinato tutto il divertimento, Merlin."

Uscì dal carro soddisfatto e si avvicinò ad Arthur. “Appoggiati a me. Non voglio che tu cada.” 

Merlin teneva nella mano destra una lanterna accesa. Arthur si appoggiò con una mano alla sua spalla sinistra e Merlin lo accompagnò fino al mare. Non c'era più vento.

Gli tolse la camicia sporca e lo pulì con una pezza imbevuta di acqua di mare.

Dopo averlo pulito gli fece indossare una delle sue camicie che ovviamente Arthur non riuscì ad allacciare. Tutti i suoi vestiti di erano ancora sul carro di Gwen.

 “Mi dispiace ma non avevo altro.”

"Ti ringrazio, ma sento che mi tira sulle braccia. Rischio di strapparla, se mi muovo" disse Arthur con voce roca.

"Non muoverti allora!"

Arthur ridacchiò ma se ne pentì subito.

"Come stai ora?"

"A parte la testa, la gola e la pancia, sto bene!" 

"Sei un fiore!" sorrise Merlin e lo guardò con un'espressione buffa.

"Non…farmi ridere, Merlin …mi fa un male boia!"

"Ok. Vuoi un po' d'acqua? Ma poca però."

"Come poca? Ho una sete!"

"Devi bere poco e spesso, se no rischi di vomitare ancora!"

"Va bene, dottore!"

 

"Sei malato, Arthur?"

"No." Avrebbe voluto aggiungere: 'Sono malato dentro.'

"Vuoi … sapere altro?" domandò Arthur mentre lo guardava con occhi grandi e impauriti.

 

“Scusa, ma non ci tengo particolarmente. Gwen ha avuto una crisi isterica con i fiocchi. Presumo che per avere avuto una reazione simile, tu l'abbia tradita o almeno lei pensa questo. Quindi a meno che tu non arda dal desiderio di dirmelo, preferirei rimanere nell’ignoranza.”

 

“Meglio così. Grazie.” annuì Arthur.

“Di niente. In fondo non sono fatti miei …”

Arthur si sentì ferito nell’orgoglio.

"Infatti …" 

“Andiamo a dormire che domani ci sarà lo spettacolo.”

“Chiederò ospitalità alla locanda…”

“Non scherzare. Dormirai con noi. Gli altri lo sanno …”

"Hai pensato a tutto, grazie. Almeno domattina potrò dormire finché vo… andiamo!"
















Ciao ragazz* Questo capitolo fa parte di quelli più angst! Tutti lo sapevano, tranne Merlin e Leon. Merlin non vuole sapere. Non vuole rinunciare all'amicizia di Arthur. In amore, ogni scusa è buona😆No dai! Il tradimento, in qualsiasi forma è uno degli argomenti che mi tormenta maggiormente, forse è per questo che ho voluto scriverne anche qui. Ringrazio coloro che sono passati per questo capitolo. Vi abbraccio
 
   
 
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