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Autore: BlueMagic_96    17/09/2022    1 recensioni
[FutureFic] [TodoBaku]
Bakugou e Todoroki stanno insieme da anni, ormai: sono Pro-Heroes in carriera, hanno un bellissimo appartamento tutto loro e conducono una vita impegnata ma più che soddisfacente.
Molti dei loro compagni hanno messo su famiglia, nel frattempo, ma per loro proprio non se ne parla: se c’è una cosa su cui sono pienamente d’accordo è che sarebbero dei pessimi genitori.
La loro risolutezza viene messa a dura prova quando Izuku e Ochaco li pregano di occuparsi della loro prole per un paio di giorni. Non uno, non due, ma tre bambini.
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio, Shouto Todoroki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Niente ragazzi, sono di nuovo qua, pronta a sbandierare il mio stendardo TodoBaku con orgoglio hahaha
Vi dico già che non finirà qui, ho già altre cose pronte da sfornare, non riesco più a fermarmi!
Qualcuno mi aiuti, vi prego, RIVOGLIO LA MIA VITA! >.<

 
 P.S: Buona lettura!





“Assolutamente no!”

“Andiamo, è solo per un paio di giorni!”

Katsuki si voltò verso il compagno: “Shouto, digli qualcosa, ti prego” ordinò, irritato.

Il rosso alzò lo sguardo dal suo pranzo e lo spostò in direzione di Midoriya: “Mi dispiace Izuku ma stavolta devo dargli ragione, è una pessima idea” dovette concordare.

“Vi scongiuro, è stata una cosa improvvisa, non sappiamo come fare!”

Bakugou però non ne voleva sapere: “Non è un mio problema, dovevate pensarci due volte prima di figliare come due cazzo di conigli!” borbottò mentre raccoglieva gli ultimi chicchi di riso dal suo bento.

Todoroki gli lanciò uno sguardo di rimprovero: “Katsuki...”

“No, Katsuki un corno!” sbottò il biondo, sbattendo le bacchette sul tavolo in un moto di stizza, “Non me la prendo la responsabilità di badare a tre marmocchi, ne ho già abbastanza di te, se permetti!”

“Ehi, non sono io quello che a momenti faceva saltare in aria il salotto perché c’era un ragno vicino al divano” gli fece notare Shouto, aggrottando la fronte con aria infantile.

Katsuki alzò le sopracciglia e allargò le braccia, usando le parole di Shouto come prova del fatto che, ancora una volta, aveva ragione: “Visto?!” disse in tono vittorioso, lanciando un’occhiata piuttosto eloquente al suo amico d’infanzia, “Non siamo quello che cerchi, Deku, fidati... trovati una babysitter” concluse.

Izuku scosse la testa: “Io e Ochaco ne abbiamo discusso e preferiremmo lasciarli a qualcuno che conosciamo” disse; purtroppo la loro babysitter di fiducia era impegnata e loro avevano ricevuto una chiamata urgente per una trasferta di due giorni, non sapevano davvero come fare.

“E di tutte le persone che potevate contattare avete pensato di chiedere a noi?!” Katsuki era sempre più sconcertato, “Non pensavo odiaste così tanto i vostri figli” borbottò.

“So che credete di non essere tagliati per questo genere di cose ma i ragazzi vi adorano!”

Bakugou schioccò la lingua: “Solo perché non sono noioso come te” ribatté, guardando prima Izuku e poi il rosso al suo fianco, “... e perché Shouto non sa dire di no” concluse, e nessuno poteva dargli torto.

Erano passati diversi anni dal diploma e, inevitabilmente, alcuni dei loro compagni avevano messo su famiglia: capitava che durante i loro ritrovi alcuni si portassero dietro i marmocchi e, per qualche strano motivo, questi sembravano provare una particolare ammirazione e curiosità per Shouto e Bakugou.

Il primo era diventato un punto di riferimento soprattutto per i più grandi, perché non solo era facile manipolarlo per ottenere regali e dolciumi – Mina lo chiamava letteralmente ‘la nonna del gruppo’ – ma rispondeva a qualsiasi domanda con la sua solita e spiazzante sincerità, noncurante del fatto che i suoi interlocutori fossero bambini: giusto per fare un esempio, durante una cene il figlio di Ojiro e Hagakure era andato a chiedergli come nascono i bambini e Momo era arrivata appena in tempo per evitare che Shouto gli spiegasse le dinamiche biologiche del processo di accoppiamento chiamato volgarmente ‘sesso’.

Bakugou, invece, aveva scoperto a proprie spese di essere una calamita umana per bambini: per quanto non li sopportasse e cercasse di tenere le distanze, si ritrovava sempre accerchiato da ragazzini iperattivi che non vedevano l’ora di scatenarsi con l’unico adulto che diceva parolacce e non li trattava con i guanti di velluto; bastava infastidirlo al punto giusto per fargli perdere la pazienza e trasformare le partite di acchiapparella in vere e proprie battaglie all’ultimo sangue.

“Non puoi chiedere a Kirishima?” stavolta fu Shouto a parlare, anche lui per niente convinto di quella strana e improvvisa proposta, “Pensavo che i vostri figli andassero a scuola insieme... sono sicuro che lui e Mina sarebbero più che felici di tenerli” cercò di argomentare, sperando che Izuku cambiasse idea.

“Akane ha la varicella” disse l’altro con tono sommesso. Ovviamente aveva già pensato a quell’eventualità – la figlia di Eijirou e Mina andava nella stessa classe di suo figlio Daiki e sarebbe stata una soluzione più comoda e pratica per tutti – ma viste le condizioni della piccola non era applicabile, purtroppo.

“Tua madre?” continuò il rosso, riponendo nella borsa da lavoro il bento che Katsuki gli aveva preparato quella mattina, come faceva sempre quando era di buon’umore. Beh, addio buon umore.

Izuku scosse la testa: “Da sola non ce la fa a tenere tre bambini.”

“I tuoi suoceri?” tentò in un ultimo disperato tentativo.

“Sono in vacanza fuori città.”

Qualcun altro che non siamo noi?!” intervenne Katsuki, la pazienza ormai agli sgoccioli.

Il ragazzo dai capelli verdi serrò le labbra: “Kaminari” disse semplicemente, con uno sguardo che non aveva bisogno di commenti. Se c’era una persona meno affidabile di loro, quello era Denki Kaminari.

Cadde il silenzio nella piccola sala da pranzo dell’Agenzia, silenzio che venne interrotto da una serie di mormorii che provenivano dal corridoio e dagli spogliatoi poco distanti: la pausa pranzo era quasi finita.

Shouto si voltò verso Katsuki e poi di nuovo verso Izuku: “Dacci un secondo” disse, prendendo da parte il biondo, che lo guardò dapprima con aria confusa e poi con furia.

“No, non ci pensare neanche” lo ammonì senza lasciarlo parlare. Era bastato uno sguardo per capire.

“Sono solo due giorni, cosa vuoi che succeda?” ragionò il rosso, nel tentativo di alleggerire la situazione.

Bakugou serrò la mascella e si massaggiò le tempie: “Hai presente nei film horror, quando il simpaticone del gruppo cerca di convincere gli altri a seguirlo dentro un manicomio abbandonato dicendo ‘andiamo, cosa volete che succeda?’” disse, guardandolo come se fosse stupido.

Shouto alzò gli occhi al cielo: “Non sono demoni, Kat... sono bambini” gli fece notare.

“Ricordami qual è la differenza, ti prego” lo provocò il biondo con aria di sfida.

Midoriya stava finendo il suo katsudon nel tavolo accanto, cercando disperatamente di rispettare i loro spazi sebbene riuscisse a sentire cosa si stavano dicendo: non ridere, Izuku, non ridere!

“Ok, va bene, hai ragione” dovette convenire Shouto, che in mezzo ai bambini si era sempre sentito terribilmente a disagio, “... però non lo so, forse Izuku ha ragione. Insomma, sono io il disastro ma tu...”

Katsuki gli mise una mano sulla spalla: “Siamo entrambi dei pessimi esempi per dei bambini, fidati!”

“Ma con te si divertono” lo interruppe l’altro, “L’ultima volta che siamo usciti a cena con gli altri non hanno fatto altro che ridere e rincorrerti” ricordò con un sorriso dolceamaro.

“Sì, e Daiki si è fatto male” sottolineò il biondo.

“Si è sbucciato un ginocchio, Katsuki. Non ho avuto esattamente un’infanzia normale ma penso che sia piuttosto comune a sei anni” rispose Shouto, smantellando le sue scuse con una semplice osservazione.

“Hai capito cosa intendo, dai!” brontolò il biondo, “E poi dovevamo andare in montagna, avevo già prenotato” ricordò, conscio di essere ormai sul punto di perdere la sua battaglia.

“Lo so, ma possiamo farlo anche il mese prossimo, no?” il rosso, che dal canto suo non condivideva la stessa passione di Katsuki per le arrampicate, si sarebbe sentito terribilmente in colpa se i suoi amici avessero perso fiducia in loro.
Izuku sembrava davvero in difficoltà e, per quanto fosse d’accordo con Katsuki sul non volere bambini intorno, non poteva ignorare la sua richiesta di aiuto. “Insomma, Uraraka è sempre stata disponibile e il mese scorso Izuku ha scambiato i suoi turni con i tuoi per farci fare quel weekend al mare, ricordi? Non pensi che glielo dobbiamo?” disse, dandogli il colpo di grazia.

Il biondo sospirò e si morse un labbro, sconfitto: “Ugh, te l’ho mai detto che ti odio?”


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“Sei in ritardo.”

Katsuki si abbassò gli occhiali da sole per lanciare un’occhiata annoiata alla sua giovane interlocutrice: “Di esattamente tre minuti” rispose, tirando il freno a mano e indicando il retro della sua decappottabile rossa, “Saltate su, avanti! E occhio a dove mettete i piedi, l’ho appena lavata!” si raccomandò con i due gemelli dagli occhi smeraldini che lo aspettavano a braccia conserte sul marciapiede della scuola.

Fumiko, la bambina dalla parlantina fastidiosa e dai tratti identici a quelli di Ochaco, spalancò la portiera e si fiondò dentro con rinnovato entusiasmo, seguita a ruota dal fratello: “Wow, anche io voglio una macchina così quando sarò grande!” esclamò, sistemandosi i codini castani ai lati della testa.

Katsuki aspettò che i due ragazzini si fossero sistemati sui sedili posteriori prima di rimettere in moto l’auto che Shouto gli aveva regalato due anni prima per il compleanno: il biondo non aveva mai nascosto la sua passione per le automobili sportive e Todoroki non era certo il tipo che badava a spese, ma a volte le cose gli sfuggivano di mano; Katsuki non era da meno – a Natale gli aveva regalato un orologio che valeva quanto una Jacuzzi – ma era abbastanza convinto che Shouto provasse un malsano senso di piacere nel vederlo arrossire di fronte ai suoi regali.

Non che a Katsuki dispiacesse farsi viziare o che ci fosse qualcosa di male – quello dell’Eroe era un mestiere a tempo pieno ma era ben retribuito e loro non avevano figli a carico o particolari esigenze economiche, dopotutto – ma lo imbarazzava che Todoroki si comportasse come se fosse il suo cazzo di sugar daddy.

Era a malapena riuscito a girare la chiave nel cruscotto che Daiki si sporse in avanti e iniziò a urlargli in un orecchio: “Zio Kacchan! Ti ho visto ieri, sai? Sei stato... woaah! Ho seguito l’inseguimento al telegiornale... il Quirk di quel tizio era davvero spaventoso, per un attimo pensavo che sarebbe scappato, ma poi sei arrivato tu e BAM! Lo hai steso con il tuo Howzer Impact e poi... poi lo Zio Kiri si è messo in mezzo e BAM! Fa sempre paura quando attiva Unbreakable!” disse tutto d’un fiato, gli occhi verdi ricolmi di ammirazione mentre guardava Bakugou dallo specchietto.

Per quanto il biondo apprezzasse l’assoluta devozione di Daiki nei suoi confronti e per quanto avesse sempre trovato esilarante il fatto che il figlio di Izuku lo venerasse come un Dio, quel bambino assomigliava davvero troppo al padre, e non solo fisicamente.

“Quel tipo non aveva scampo, siete stati fortissimi! Un giorno anche io voglio sconfiggere i cattivi come voi! Quando sarò più grande mi insegnerai qualche mossa, vero? Anche tu hai un Quirk di fuoco, quindi...”

“Urgh, vuoi stare zitto?!” una vocina acuta e alquanto infastidita interruppe quel flusso di pensieri infinito prima che potesse farlo Katsuki, “Mi stai facendo venire il mal di testa!”

Fumiko incrociò le braccia sul petto e lanciò un’occhiata velenosa al fratello, che si rabbuiò e mise su un broncio infantile: “Sei solo invidiosa perché con il mio Quirk potrei effettivamente lavorare per lo zio! Vero, zio? Mi assumerai nella tua Agenzia quando sarò un Eroe?!” continuò il mini-Deku alle sue spalle, troppo felice di poter parlare con il suo idolo per preoccuparsi delle parole della sorella.

Effettivamente il potere di Daiki era molto simile a quello di Katsuki, per certi versi: un Quirk con un grande potenziale ma con un alto livello di rischio, difficile da gestire senza qualcuno che ti aiutasse a capirlo.

La prima volta che aveva sputato fuoco erano rimasti tutti scioccati – era rarissimo ereditare i geni mutanti dei nonni – ma col senno di poi aveva senso: Izuku non aveva un Quirk tutto suo, dopotutto.

“Non ti assumerà mai nessuno se non impari a stare zitto!” brontolò Fumiko.

Katsuki non si era mai trovato tanto d’accordo con una bambina di otto anni prima di allora ma ne aveva abbastanza: “BASTA!” sbottò, cercando di riportare l’ordine, “Statemi a sentire, a quest’ora sarei dovuto essere in cima ad una montagna con una bottiglia di birra in mano e...” e possibilmente Shouto tra le mie gambe, “e invece sono costretto a passare la giornata insieme a voi mostriciattoli” ringhiò, approfittando del semaforo rosso per voltarsi e fulminarli con lo sguardo. “Vedete di non farmi arrabbiare, ok?!”.

Seguì qualche istante di silenzio e poi: “Ma tu sei sempre arrabbiato” osservò la piccola Fumiko.

“No che non lo sono” ribadì Katsuki con fermezza.
Stai calmo, ha solo otto anni...

“Sì invece. Mamma dice che è perché mangi troppo piccante” continuò la ragazzina con nonchalance.

“Cosa... no, vostra madre ha sempre avuto uno strano senso dell’umorismo, non l’ascoltate” disse il biondo, scuotendo la testa e chiedendosi per un attimo quante cazzate Ochaco e Izuku raccontassero ai loro figli. Prima che potesse aggiungere qualsiasi cosa, però, un motociclista gli attraversò la strada senza dare la precedenza: “Ehi! Guarda dove vai, coglione! Non vedi che ho dei bambini a bordo?!” gridò il biondo.

Fumiko sembrava non aspettare altro: “Visto?!” gli fece notare, soddisfatta.

Bakugou si morse un labbro e la guardò dallo specchietto, fulminandola con gli occhi cremisi; la bambina non sembrava minimamente preoccupata, però.
Tuo padre ha ragione, mi assomigli fin troppo.

“Non si dicono le parolacce!” intervenne Daiki subito dopo.

Katsuki strinse la presa sul volante: “Ho trent’anni e dico tutte le parolacce che voglio, ok?!”

“Ma...”

“Ci sono momenti nella vita in cui è necessario essere volgari, ok?” sbottò, stanco di giustificarsi con dei bambini, “Lo capirete quando sarete grandi. Se uno è idiota è giusto assicurarsi che lo sappia” disse.

“Ma papà dice che...”

“Non sono vostro padre, ok?” li interruppe Katsuki, “Tutti dicono le parolacce, è naturale! Sono sicuro che ne diciate un sacco quando siete da soli, quindi smettiamola con questa farsa. Non ho intenzione di stare qui a fingere che siate dei santi quando è chiaro che siete più svegli di vostro padre quando aveva la vostra età” tagliò corto, cercando di non mostrarsi troppo irritato.

I due bambini si zittirono e guardarono fuori dal finestrino con aria colpevole.
A-ha, ho vinto!


Katsuki continuò a guidare per un paio di minuti, facendosi strada tra il traffico intenso delle 16.00, e arrivati ad un certo punto iniziò a guardarsi intorno in cerca di un parcheggio.

“Ehi, zio, che hai fatto sul collo? Ti sei fatto male?” la voce infantile di Daiki lo colse di sorpresa e Bakugou si sentì sbiancare quando capì a cosa si stava riferendo.

“Cosa... oh, questo?” disse, riaggiustandosi la maglia per coprire il succhiotto che Shouto gli aveva lasciato sulla clavicola la sera prima, “Non è niente, sarà stato un insetto” dissimulò con finta nonchalance.

Dio, quante volte gliel’ho detto di starci attento?! Maledetto idiota...

Fumiko aggrottò le sopracciglia, preoccupata: “Eew, che schifo! Anche la mamma ne aveva uno simile la settimana scorsa, che insetto è?” esclamò, disgustata al pensiero che potesse succederle la stessa cosa.

“Niente di cui dovete preoccuparvi, un insetto che punge solo gli adulti” la rassicurò Katsuki, sperando che fosse una scusa sufficiente a far cadere la questione, “Piuttosto tu... che hai fatto al mento?” chiese, lanciando una rapida occhiata a Fumiko e al cerotto che aveva sul mento.

La bambina scrollò le spalle e si rabbuiò: “Sono caduta” mormorò, guardando fuori dal finestrino mentre Katsuki faceva manovra per accostarsi al ciglio della strada.

Il biondo sbuffò: “Hai la stessa capacità di mentire di tuo padre” disse, spegnendo il motore e approfittando della sua influenza per estorcere la verità al fratello, “Daiki?” chiese, lanciandogli un’occhiata eloquente.

Il bambino esitò per un attimo ma, per quanto la sua sorellina a volte fosse spaventosa, l’Eroe Dynamight lo era di più: “Ha fatto a botte con due miei compagni di classe” confessò.

La sorella si voltò verso di lui, oltraggiata: “Sì, perché tu sei stupido e ti lasci calpestare da tutti!”

“Non ti ho chiesto io di aiutarmi, Fumi!” cercò di difendersi l’altro.

Fumiko si arrabbiò ancora di più: “Non posso rimanere a guardare mentre ti prendono in giro in quel modo! Papà non si sarebbe mai fatto trattare così” continuò, e Katsuki si strozzò con la sua stessa saliva.

Subito il suo cervello venne invaso dai ricordi, ricordi di cui non andava per niente fiero: “Piano, piano... che è successo? Chi è che ti prende in giro?” chiese, voltandosi per guardare il piccolo dai riccioli castani che se ne stava rannicchiato sul sedile con gli occhi lucidi per il senso di colpa e per la vergogna.

“Degli idioti” tagliò corto la sorella, senza stare troppo attenta al linguaggio, “Dicono che non diventerà mai un Eroe perché non sa ancora usare bene il suo Quirk. Lo spingono, lo chiamano ‘Alito da Lucertola’, vanno a dire in giro che la sua saliva puzza di zolfo anche se non è vero... e lui non dice nulla!” borbottò, il volto rosso per la rabbia e la frustrazione.

Katsuki si sentì stranamente a disagio e un moto di tristezza lo pervase: un tempo sarei stato io a far piangere questi bambini... che cosa posso dirgli? Non ho alcun diritto di parlare.

Scacciò ogni pensiero negativo e cercò di concentrarsi sul presente: “Ti hanno fatto male?” chiese a Fumiko, sinceramente preoccupato anche se il taglio sul mento era a malapena visibile.

“E’ solo un graffio, quei cretini stanno peggio di me” rispose la bambina con aria fiera.

Bakugou non riuscì a trattenere un sorriso: “Bene” si congratulò, e Fumiko lo guardò con un misto di confusione e sorpresa in volto; non era certamente la risposta che si aspettava da un adulto.

Gli insegnanti l’avevano sicuramente sgridata, e forse anche lui avrebbe dovuto rimproverarla e spiegarle che la violenza non è mai la soluzione, ma Katsuki non era un ipocrita e ai suoi occhi era stata coraggiosa.

“Dici che papà si arrabbierà tanto quando lo verrà a sapere?” chiese Fumiko con aria incerta.

Katsuki ci pensò un attimo e prese un profondo respiro: “No, si limiterà a farti una ramanzina infinita per spiegarti l’importanza dell’autocontrollo e ti costringerà a chiedere scusa, ma sappi che se non avesse trent’anni e una reputazione da mantenere andrebbe lui stesso a ‘parlare’ con quei ragazzini” le disse con un sorriso divertito, ripensando allo sguardo omicida di Izuku quando, anni addietro, un bambino aveva spinto sua figlia giù dall’altalena, rompendole un polso. “Onestamente non vorrei essere nel vostro Preside quando vostro padre si presenterà nel suo ufficio” concluse con una mezza risata, e Fumiko lo imitò.

Daiki rimase in silenzio, il volto imbronciato e l’aria pensierosa: “Io e te dobbiamo fare due chiacchiere dopo” continuò il biondo, spettinandogli i capelli in un gesto stranamente affettuoso; non c’era nulla di male nell’avere un carattere più remissivo, anche resistere alle ingiustizie era una forma di coraggio, ma Katsuki sapeva bene come funzionava la mente di un bullo ed era meglio mettere subito le cose in chiaro.

Forse non era la persona più adatta per dare quel genere di consigli, ma almeno poteva dargli una spinta: a volte i bambini si sentivano più a loro agio a parlare con persone esterne, e forse lui e Shouto potevano a aiutarlo a trovare un briciolo di orgoglio. Ne avrebbe parlato anche con Izuku.

“Ora seguitemi” disse, scendendo dall’auto e riscuotendosi dai suoi pensieri.

“Dove stiamo andando?” chiese Daiki con rinnovato entusiasmo, felice di cambiare argomento.

“A fare un po’ di spesa, a meno che non vogliate mangiare soba fredda anche a colazione” spiegò Katsuki, chiedendosi se avesse fatto bene a lasciare Todoroki a casa da solo con Haruka, la figlia più piccola.

Fa che siano ancora vivi, ti prego.

“Possiamo fermarci a prendere un gelato, prima?” chiese Fumiko, gli occhi verdi pieni di speranza.

Katsuki cercò di non farsi comprare: “No, è tardi per il gelato” trovò la forza di dire.

Proprio quando stava per prendere i due marmocchi per mano e trascinarli con sé verso il conbini più vicino, una voce alle loro spalle attirò la sua attenzione: “Ma quello è Dynamight! Oddio, non ci posso credere, quanto è figo?!” un paio di ragazze dovevano averlo visto scendere dalla macchina e stavano sicuramente pensando di venirgli incontro per chiedere un autografo o per fare una foto.

Non guardarle, vai dritto per la tua strada, non voltarti... ma ormai era troppo tardi per scappare.

“Dynamight! Ti prego, posso chiederti un autografo?!” una ragazza dai capelli scuri gli si avvicinò, seguita a ruota da quella che doveva essere l’amica più timida.

Katsuki mise su il suo sorriso più finto e cercò di ricordare le parole di Best Jeanist per convincersi che tutta quella sceneggiata avesse un senso: le urla della ragazza attirarono inevitabilmente altri curiosi e ci vollero cinque minuti buoni prima che Bakugou riuscisse a disperdere la piccola folla che lo aveva accerchiato, talmente concentrata su di lui da non accorgersi minimamente dei due bambini che si portava appresso.

Finalmente libero, Katsuki si voltò verso i due ragazzini che si erano prontamente messi da parte per lasciare spazio ai fan: “Scusate, non pensavo mi avrebbero riconosciuto anche qui, andia...” ma le parole gli morirono in gola non appena realizzò che mancava un bambino all’appello, “dov’è Daiki?!”

La piccola Fumiko si guardò attorno, anche lei confusa: “Oh no” sospirò infine.

Katsuki si sentì morire: “Cosa vuol dire ‘oh no’?!” chiese con il cuore in gola.

A quanto pare Daiki era un bambino piuttosto sbadato e aveva la pessima abitudine di farsi distrarre da tutto quello che lo circondava: stando alle parole della sorella, non era la prima volta che si perdeva per inseguire una foglia o perché aveva visto un cane bellissimo dall’altro lato della strada; in ogni caso, Bakugou non poteva permettersi di tornare a casa con un bambino in meno.
Ecco perché non voglio figli!

Il biondo si chinò per parlare con Fumiko, mettendole le mani sulle spalle: “Senti, ti compro un gelato se prometti di non dire a nessuno che ho perso tuo fratello, ok?” le disse.

“Neanche allo zio Shouto?”

Soprattutto allo zio Shouto” rispose Katsuki con prontezza.

Proprio quella mattina Todoroki gli aveva chiesto se era sicuro di poter gestire due bambini da solo e si era offerto di dargli una mano, ma lui aveva rifiutato e gli aveva riso in faccia: il rosso non avrebbe mai smesso di rinfacciarglielo se fosse venuto a sapere che aveva perso un bambino. Sarebbe diventato un incubo.

La bambina ci pensò un attimo: “Due gelati... e domani ci porti a scuola in volo” negoziò.

Deku dice che assomiglia a me ma sto iniziando a pensare che assomigli più a Shouto.

Katsuki strinse i denti, cercando di non pensare a quanto fosse ridicolo per un Eroe del suo calibro lasciarsi ricattare da una bambina di otto anni: “Sai, mi piace il tuo stile” dovette ammettere, allungando la mano per siglare il loro patto di riservatezza, “Affare fatto. Ora aiutami a ritrovare tuo fratello”.


++++


“Siamo tornati!” Katsuki fece appena in tempo ad aprire la porta che i due mocciosi alle sue spalle lo superarono d’urgenza, bisticciando tra loro su chi dei due avrebbe usato per primo il bagno, “Ehi, non correte!” li rimproverò il biondo, pur sapendo che era tutto inutile.

La voce di Shouto li accolse dal salotto, ma era talmente distante che Bakugou non capì esattamente cosa stesse dicendo: brontolò qualcosa al riguardo, richiudendosi la porta alle spalle con un calcio e arrancando fino alla cucina con le braccia addobbate di buste della spesa e le spalle appesantite dagli zaini dei ragazzi.

Dio, come mi sono ridotto? Sembro una cazzo di casalinga....

Lasciò ricadere ogni cosa sul tavolo e sbuffò irritato quando vide il casino che c’era intorno a lui: “SHOUTO! Ti avevo detto di stare lontano dalla cucina!” gridò, trattenendo un’imprecazione.

Sembrava fosse appena scoppiata una bomba: il bancone era interamente coperto di farina, c’erano tracce di uova sul pavimento e ditate su tutti gli scaffali.
Lo uccido. Giuro che lo uccido.

C’erano poche cose a cui Katsuki tenesse più della sua cucina: una di queste era Shouto, in effetti, ma dopo la giornataccia che aveva appena passato sentiva che avrebbe potuto rivedere le sue priorità.

Inspirò a fondo e attraversò il corridoio a passo spedito ma, prima che potesse cacciare un altro urlo, Todoroki spuntò dalla porta del salotto con aria trafelata, fermandosi giusto in tempo per evitare di scontrarsi contro di lui: “Ehi... ti avevo detto di non andare in cucina!” furono le sue prime parole, ma per quanto Bakugou avrebbe voluto insultarlo si ritrovò improvvisamente senza fiato.

Shouto lo stava fissando ad occhi spalancati, i capelli bicolore tenuti indietro da un’innumerevole quantità di spille e mollette colorate, le guance coperte di brillantini e le unghie smaltate di fucsia: era ridicolo e allo stesso tempo bellissimo nella sua innocenza, una boccata di aria fresca in un pomeriggio afoso, una visione che avrebbe dovuto farlo ridere ma che per qualche strano motivo non faceva altro che stringergli il cuore.

“Cosa...” riuscì a balbettare Katsuki in un primo momento di confusione, ma ogni suo tentativo di rimanere lucido andò in fumo quando la piccola Haruka corse verso di loro in un frusciare di capelli verdi e si aggrappò alla gamba di Todoroki.

Il rosso la prese in braccio goffamente mentre con l’altra mano cercava di tenere in equilibrio un vassoio di biscotti bruciati: “Volevamo farvi una sorpresa e Haruka si è ricordata che ti piacciono i brownies” si affrettò a spiegare, mimando uno ‘scusa’ a fior di labbra, conscio di aver combinato un disastro e di non aver cucinato nulla di commestibile.

Katsuki capì in quel momento di averlo già perdonato.

“Tieni zio... l’ho fatto per te!” esclamò Haruka con voce sottile, allungandogli un biscotto e guardandolo con immensi occhi castani pieni di aspettative; Katsuki accettò l’offerta e spostò lo sguardo da lei a Shouto mentre fingeva di apprezzare l’impasto carbonizzato.

Shouto si guardò intorno: “Dove sono Daiki e...?” ma prima che potesse finire la frase i due bambini lo assalirono da entrambi i lati, abbracciandolo e facendogli quasi perdere l’equilibrio. “Woah, ehi... ciao anche a voi!” disse il rosso, che chiaramente non si aspettava tutto quell’entusiasmo. “Volete un biscotto?”

Fumiko storse il naso: “Eew, no, puzzano di bruciato!” rispose, e Todoroki lanciò una rapida occhiata a Bakugou per assicurarsi che non aggiungesse nulla, sicuro che sarebbe scoppiato a ridere.

Prima che Shouto potesse ribattere, Daiki lo prese per il polso e lo strattonò per attirare la sua attenzione: “Zio Shouto, vieni, voglio farti vedere la mia nuova mossa! Mi sono ispirato a te, sai?!” e dal suo sguardo si capiva che aveva una marea di cose da chiedergli.

Hah, ora tocca a te, pensò Katsuki, divertito.

Il rosso accennò un sorriso: “Erm... s-sì, arrivo subito, aspettatemi in salotto, ok?!” disse, mettendo a terra Haruka e incoraggiandola a seguire i fratelli più grandi.

“In salotto un corno!” esclamò Katsuki, pensando subito al suo nuovissimo divano in pelle, “Usate i vostri Quirk in casa mia e giuro che vi faccio esplodere in mille pezzettini, capito? Vostro padre dovrà raccogliervi con la scopa” li minacciò, cercando di essere credibile.

I due ragazzini scoppiarono a ridere e scomparvero oltre la porta, prendendo per mano la sorellina minore e lasciando Shouto e Katsuki finalmente soli in mezzo al corridoio.

Katsuki non resistette all’impulso di passargli un pollice sulla guancia: “Mmh, sei molto carino così, sai?” disse, prendendolo in giro e togliendogli una manciata di brillantini dalla pelle chiara.

Todoroki non sembrò cogliere immediatamente: “Oh, questo?” chiese subito dopo, togliendosi una spilla dai capelli, “Diciamo che è stato un pomeriggio... intenso” sospirò.

“Non dirlo a me!” sbuffò il biondo, “Vado a mettere via la spesa prima che vada a male. Si mangia quello che dico io, niente storie, sia chiaro!” brontolò.

Shouto sorrise: “Chiaro” rispose.

Katsuki lo guardò e non poté fare a meno di annullare ogni distanza per unire le loro labbra in un bacio a stampo: “Dio, le cose che ti farei in questo momento” mormorò, appoggiando la fronte a quella di Shouto.

Il rosso deglutì: “K-Katsuki... non siamo soli” gli fece presente, allontanandolo leggermente.

Bakugou schioccò la lingua: “Ed ecco perché non potremmo mai avere figli” constatò.

Shouto rise e il biondo lo baciò di nuovo, ma qualcosa lo colpì violentemente alla caviglia: “No! Lascialo stare, è mio!” una vocina acuta e fastidiosa interruppe il loro casto scambio di effusioni.

Haruka, la dolce bambina che pochi istanti prima gli aveva appena preparato dei biscotti di benvenuto, gli aveva appena dato un calcio in uno stinco: “Uh?” fu tutto quello che Katsuki riuscì a dire.

Daiki e Fumiko arrivarono poco dopo: “Scusate, è scappata...” dissero con aria trafelata.

Katsuki si voltò verso Shouto, che si era chinato sulla bambina per prenderla in braccio ed evitare che si mettesse a piangere: “Ti dispiace spiegare?” chiese, confuso.

Todoroki scosse la testa: “Oh, sì, erm... io e Haruka ci siamo sposati” disse come se fosse la cosa più naturale del mondo. “Mi sono dimenticato di dirtelo”.

“Voi cosa?!

“Ho provato a spiegarle che è troppo piccola e che tra noi non può funzionare ma sembrava molto convinta della sua decisione” confessò con un sospiro. Katsuki era senza parole.

Daiki alzò le spalle e intervenne prima che il biondo potesse fargli notare quanto strana fosse tutta quella situazione: “Oh, sì, è normale. Si è già sposata cinque volte con papà nell’ultimo mese” disse.

Shouto ne approfittò per agganciarsi al discorso: “Mi sono documentato, a quanto pare è una fase che attraversano molte bambine della sua età” spiegò con convinzione.

Mio, lo zio Shouto è mio! Non lo toccare!” continuò a lamentarsi la bambina con uno sguardo che non lasciava spazio alle obiezioni. Katsuki alzò le mani in segno di resa e borbottò un ‘è tutto tuo’ tra i denti.

Bene, e dopo essermi fatto ricattare da una bambina di otto anni litigo con un’infante che di anni ne ha quattro... direi che sta andando alla grande!

“E’ strano però... è la prima volta che la vedo interessata a qualcuno che non sia papà” continuò Daiki, guardando la scena con sincera curiosità.

Fumiko rise: “No, non è strano. A scuola sono tutte innamorate di Shouto” dichiarò.

Katsuki sbuffò: “Tsk, figurati!”

“Sei geloso?” lo stuzzicò la bambina.

“Non ho intenzione di rispondere a queste provocazioni” rispose Katsuki, voltandosi subito verso Shouto, “Portali di là e cerca di non distruggere nulla, vi chiamo quando è pronto” continuò con aria stanca.

“Sì, dobbiamo ancora prendere il tè, ricordi?” si mise in mezzo Haruka, guardandolo con occhi sognanti.

Todoroki la mise a terra e sospirò, esausto. “Va bene, allora... vado a prendere il tè” disse con aria rassegnata, lanciando a Katsuki uno sguardo carico di stanchezza.

Il biondo non riuscì a trattenersi: “A-ha, attento a non scottarti!” e l’ultima cosa che vide prima di muoversi verso la cucina fu il dito medio del suo compagno.




Quella sera si addormentarono presto: dopo cena Haruka li costrinse a guardare cartoni animati tutti insieme ma alla fine crollò sul divano tra le braccia di Bakugou, anche lui esausto; Daiki e Fumiko tempestarono Todoroki di domande sulla Yuuei e su come fossero i loro genitori ‘da giovani’, prendendo sonno poco dopo con un sorriso in volto.

Una volta sistemati i due ragazzini, Shouto tornò in salotto per recuperare Haruka, stando attento a non svegliare né lei né Katsuki: si assicurò di fare una foto al dolce quadretto che gli si parò davanti quando arrivò al divano – l’avrebbe aggiunta alla lista di materiali imbarazzanti che aveva messo da parte per ricattare Bakugou ogni volta che oltrepassava il limite, ma parte di lui voleva semplicemente immortalare quella rara immagine di pace e serenità per portarla sempre con sé – dopodiché prese in braccio la bambina e la portò a letto insieme ai fratelli, rimboccandole le coperte con un sospiro stanco.

Quando tornò in salotto, Katsuki si era destato dal suo sonno ristoratore e lo aspettava ad occhi socchiusi sul lussuoso divano che avevano comprato mesi prima, assicurandosi che fosse abbastanza spazioso per... per tante cose, tra cui dormirci in caso di ospiti inattesi.

Shouto aspettò che il biondo gli facesse spazio tra le sue gambe e si stese sopra di lui, abbracciandolo come avrebbe fatto con un cuscino e appoggiando la testa al suo petto; Katsuki mugolò qualcosa tra sé e sé e gli lasciò un bacio sulla fronte, mezzo addormentato.

Bakugou era sempre vulnerabile quando era in dormiveglia e Shouto sapeva di essere l’unico ad avere il privilegio di vederlo così. Affettuoso.

“Sai, forse Izuku ha ragione... non siamo poi così male” mormorò, accucciandosi meglio tra le sue braccia.

“Dormi” brontolò lui, ma Shouto era sicuro che se avesse alzato lo sguardo lo avrebbe visto sorridere.
 



Ok, avevo troppo voglia di scrivere qualcosa di questo tipo e ammetto di essermi divertita un sacco! Spero di avervi strappato un sorriso e, come al solito, se avete qualche commento da fare è sempre bene accetto!!
Alla prossima!

Ilaria;)

 
  
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