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Autore: nachiko_nene    17/09/2022    0 recensioni
Nina è una cacciataglie piuttosto vivace e, ancor prima, un'umana. Annoiata dalle questioni politiche, riesce ad accendersi solo quando si parla di missioni avvincenti, feste scatenate e storie romantiche, di quelle che fanno battere il cuore.
Ormai rassegnata all'idea che nella galassia non ci sia più posto per gli umani, civiltà alla quale è stata inferta una grave ingiustizia, volge lo sguardo al futuro consapevole che nulla potrebbe più sorprenderla ormai.
E se, durante una missione, Il ricercato più pericoloso e irriverente che abbia mai conosciuto dovesse iniziare a mettere in discussione ogni sua certezza?
DAL CAPITOLO 1:
" Si avvicinava con calma. La visiera della maschera luccicava nell'oscurità donandogli un'aura ancora più sinistra; Indossava un lungo mantello nero dall'aspetto piuttosto pesante che celava armi di vario genere.
(...)
«Sei un completo disastro» La prese in giro, osservandola rantolare sul pavimento, esausta e dolorante. «Dovresti assicurarti di essere all'altezza del nemico prima di uno scontro.»
«Ma stai un po' zitto... » Boccheggiò tenendosi lo stomaco con entrambe le mani. "
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo sei: Due è meglio di uno



Durante il tragitto Nina non gli diede tregua per un momento.

Lo tempestò con la sua vorace curiosità rivolgendogli ogni genere di quesito e, mentre lui si impegnava a fornirle risposte articolate ed esaustive, lei lo interrompeva, ponendogli altre domande.

Per le prime due ore di viaggio Rey si era limitato a risponderle per cortesia: le aveva spiegato la struttura gerarchica della propria casta sacerdotale, alcune funzioni sacre e le varie ricorrenze religiose.
Poi, in preda all'esasperazione, era passato a darle risposte telegrafiche, finendo per scivolare in un profondo mutismo.

Vedendo che Rey non apriva più bocca, Nina decise di prendere in mano le redini della conversazione e parlò ininterrottamente per un'ora.

«... E purtroppo Madre Jezibel e Padre Volkev sono molto malati, quindi mio nonno rimarrà presto l'ultimo nativo terrestre. Triste vero?»

Il biondo rispose emettendo un lungo e sofferto sospiro, ma Nina non ne colse il significato: «Sia chiaro, a lui non pesa per nulla rappresentare gli esseri umani, ritiene sia un onore adempiere ai doveri che gli sono stati affidati... però riesci ad immaginare cosa voglia dire essere l'unico rimasto a custodire una parte così preziosa della nostra storia?»

Nina fece serpeggiare lo sguardo tra le stelle, assorta in una riflessione.

Un secolo prima, quando la sua razza imigrò su Dystòpia, fu sancito il divieto assoluto di transito o sbarco sulla Terra da parte degli umani. Da allora nessun uomo o donna aveva messo piede su quel pianeta.

Il nonno invece era nato lì e fin dal primo vagito i suoi polmoni si erano riempiti di ossigeno terrestre. Aveva trascorso l'infanzia durante il declino ambientale, rincorrendo i gabbiani tra la spuma marina e giocando a Kubb tra i campi secchi di Göteborg.

Rimanendo l'ultimo nativo non avrebbe più trovato il conforto negli occhi di un compagno che come lui, anni orsono, aveva sopportato il dramma dell'esodo.

«... Non avere più nessuno in grado di comprenderti non equivale a rimanere soli?» mormorò la giovane tra sé e sé.

«Ti metti anche a filosofare ora?» ribatté Rey stanco, ma non ottenne risposta.

Di punto in bianco Nina sembrava essersi chiusa in sé stessa, in un remoto anfratto della propria mente. Rivolta verso l'oblò fissava le stelle, o forse stava fissando il suo riflesso sfocato sul vetro, da quell'angolazione Rey non riusciva a capirlo.

La studiò per qualche attimo, colpito da quel cambiamento repentino.

«Immagino sia come dici tu» le rispose allora dopo un lungo silenzio, «Ora però dobbiamo prepararci, manca poco all'atterraggio.»

•••∆•••

XIRRIA

Prima di atterrare Rey optò per sondare la zona dall'alto, assicurandosi che non ci fossero altre navicelle nei paraggi.

Lasciarono la nave ai piedi della cresta montuosa e proseguirono per un sentiero ripido.

Il cielo era coperto da un fitto mantello di nubi scure e presto iniziò a piovere a dirotto rendendo il terreno scivoloso. In poco tempo i due si ritrovarono zuppi e tremanti.

«Rey» chiamò Nina ansante mentre scarpinava a fatica tra le rocce e gli arbusti «Esistono altre vie per arrivare all'ingresso della grotta?»

Lui rallentò un poco l'andatura, permettendole di raggiungerlo.

«Se ti riferisci a delle scorciatoie purtroppo non ce ne sono»

Le sfilò la borsa di dosso e se la caricò in spalla, alleggerendole il cammino.

Impiegarono diversi minuti prima di raggiungere la cima e, quando finalmente furono dinnanzi all'ingresso della grotta, si bloccarono attirati da un rumore sinistro. Percepirono il terreno vibrare e il rombo di un motore crescere sempre di più avvicinandosi a loro. Il cielo a est si illuminò e un'astronave trapassò le spesse nubi sfrecciando come una cometa verso i piedi del monte.

È arrivato, si dissero con gli occhi.

Rey imprecò a bassa voce. Per un attimo si era illuso di risolvere quella faccenda senza spargimenti di sangue.

Rivolse un'occhiata a Nina che si sporgeva dallo strapiombo, cercando con lo sguardo il nemico. Batteva i denti convulsamente, forse perché infreddolita o forse per via dell'agitazione.

L'uomo avvertì un nodo alla gola.
Prima della partenza si era fatto convincere a usarla come diversivo, mentre ora iniziava a sentirsi in apprensione per lei.

Quello l'avrebbe senza dubbio fatta a pezzi.

«Ferma» ordinò l'uomo afferrandola per il cappuccio della giacca «cambio di programma.»
La ragazza si girò guardandolo interrogativa.
«Penserò io ad Haeist. Tu nel frattempo recati al tempio e prendi la reliquia.»

«Cosa? Ma non erano questi gli accordi.» rispose Nina sorpresa, ma Rey era serissimo.

Era la soluzione più ragionevole: avrebbe affrontato quel criminale, magari riuscendo a giustiziarlo. Tuttavia doveva considerare anche le evenienze più drastiche e preferiva sapere che durante il combattimento la reliquia veniva portata in un luogo più sicuro.

«Nina, ascoltami»
Le mise in mano un piccolo e tondo palmare che raffigurava il percorso per arrivare al tempio.
«Se qualcosa dovesse andare storto, promettimi che porterai la reliquia a Kayes.»

Lei fece per ribattere ma, incontrando lo sguardo di Rey, si bloccò. Dopo qualche attimo di titubanza, annuì e strinse tra le dita l'aggeggio.

«Devi resistere, prima di partire ho chiamato la mia squadra e presto saranno qui.»

«Tu hai fatto...COSA?»

«Ma non sanno nulla della reliquia» si affrettò a precisare la ragazza, «sanno solo che Haeist si trova qui!»

L'uomo si massaggiò gli occhi cercando di mantenere la calma. Parlò con un tono di voce pericolosamente tranquillo, senza guardarla in faccia:

«Nina... sono incerto se ammazzare te o Haeist, ti conviene correre.»

La rossa non se lo fece ripetere e sparì a gambe levate nelle profondità dell'antro, venendo inghiottita dalle tenebre.

•••∆•••

Haeist camminava assorto, salendo per il ripido sentiero.

Dopo una lunga discussione con Morlin, aveva deciso di recarsi da solo su quel pianeta. Era una questione che riguardava solo lui e non aveva nessuna intenzione di mettere di nuovo a rischio l'equipaggio.

Da tempo si era promesso di non coinvolgere i ragazzi negli affari personali e, con la missione su Thurania, era venuto meno ai patti. Non aveva costretto nessuno di loro, anzi, si erano offerti di seguirlo in missione, eppure non faceva altro che pensare al pericolo che avevano corso per lui.

Era talmente sovrappensiero che per poco non si accorse della strana figura appollaiata su una roccia a pochi metri di distanza.

Si bloccò di colpo.

C'era un bizzarro uomo avvolto in un mantello color porpora e con un canestro di piume posto sul capo riccioluto. Lo osservò con attenzione mentre si sporgeva in avanti per alzarsi e notò che al collo portava il pendaglio dei Grandi Spiriti.

È un sacerdote. Mi stava aspettando.

Sapeva bene che, una volta libero, Kayes avrebbe contattato qualche sottoposto per fermarlo. Non era uno stupido, ma non si sarebbe mai immaginato una tale rapidità di intervento. Si chiese per quale motivo avesse ingaggiato proprio quel tizio per affrontarlo, non gli parve né forte né sufficientemente equipaggiato per una battaglia. Brandiva un bastone e nulla più. Non una pistola o qualsiasi altra arma.

Le ipotesi erano due: o la gente stava iniziando a sottovalutarlo o era in atto un abbassamento generale dello spirito di sopravvivenza.
Fece vagare lo sguardo su quell'individuo così poco ordinario e in quel momento un fioco raggio di luce penetrò le nubi illuminandolo in uno strano effetto suggestivo.

«Devo essere sincero, speravo proprio di non incontrarti.» disse il sacerdote, indicandolo con il bastone arcuato.


 

  
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