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Autore: Zyadad_Kalonharysh    23/09/2022    0 recensioni
[KilluGon]
Gon Freecss è quasi morto. Ed è ormai prossimo ai quindici. La sua avventura con il suo inseparabile gruppo di amici è finita ormai da un anno e mezzo. Non ha contatti con Killua dalla separazione mentre Kurapika e Leorio non ci sono quasi mai. Ha assimilato la solitudine e si è concentrato su altro, ma sa di non stare bene. Il ragazzino esuberante che parlava troppo e agiva in modo impulsivo con il suo volto puro e sorridente sembra ormai un lontano ricordo. Oggi fa più fatica a parlare, balbetta, tende ad essere riflessivo, si chiude a riccio e non esce mai di casa. Ogni notte ha un incubo, si sveglia piangendo e passa la giornata a studiare. Questo è ormai un ciclo continuo, le sue giornate sono tutte così. La vita monotona di Gon continua finché delle vecchie insolite conoscenze non interverranno per invertire questo trend.
In questa dramedy avremo a che fare con le sfide personali di Gon prossimo alla vita adulta, sfide quotidiane molto meno avvincenti di quelle di un tempo. Molte di queste riguarderanno il suo rapporto con Killua post-separazione.
Genere: Angst, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gon Freecss, Jin Freecss, Killua Zaoldyeck, Kurapika, Leorio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4

Una certa notizia scatena un putiferio. Un'avventura diversa dalle altre ha inizio.

Conoscevamo quel ragazzo? 

Con tutto ciò che mi è stato detto sull’adolescenza dalla zia Mito, da Leorio, da Espedito e tante altre persone, ho messo in conto che l’entrare nel vivo di questo periodo mi avrebbe cambiato. Sapevo da tempo, perciò, che avrei fatto cose che prima non avrei nemmeno per sbaglio immaginato di fare.
Ma svegliarmi nudo nel mio letto insieme a un ragazzo e una ragazza è decisamente oltre le mie previsioni.
Non ricordo assolutamente nulla di ciò che è successo questa notte. Disteso accanto a me, con un braccio sul mio petto, c’è Thomas e poco più in là c’è Zoe Sinclair. Mi libero da loro due cercando di non svegliarli e la prima cosa che mi viene da fare è telefonare Espedito.
«Gon, perché mi chiami così presto?»
«Credo di aver fatto una cosa a tre. Sono in camera mia e loro sono ancora qui.»
«Non uscire da quella stanza, sono lì in un minuto.»
Mentre attendo l’arrivo di Espedito per fare non so che cosa, mi siedo per fare mente locale. Qualunque cosa sia successa, non provo imbarazzo e non penso di essere pentito. Sono in pace con me stesso, almeno per quanto riguarda il sesso. Cosa mi dà da pensare? Zia Mito, sopra tutti, perché non so se si sia accorta del fatto che nella mia stanza ci abbiamo dormito (termine ombrello che può includere la qualunque) in tre e non penso che questo colpo lo reggerebbe. La vista di due preservativi usati sul mio comodino mi dà un senso di disgusto misto a sollievo.
Ma la cosa che più mi fa arrovellare è me stesso. Chi sono io?
Conoscevamo quel ragazzo? Conoscevamo Gon Freecss? E chi è lui?
È il vecchio Gon, quel bambino cocciuto e impulsivo che non pensava mai male degli altri? Quello per cui era sempre tutto bianco o nero?
O è il nuovo Gon, questa sorta di star adolescenziale che beve, si veste con griffe e pensa a come lo vedono gli altri?
È il primo un qualcosa che non sono più, figlio di un pensiero infantile, mentre il secondo è la mia vera natura? O il secondo serve come maschera per nascondere i dolori del primo? O è il primo, tra i due, ad essere finzione?
Come ci sono finito in questo pasticcio?

«Ti avevo detto di divertirti, non di trasformare questo posto nella casa di Schwarzenegger.» Espedito non riesce a trattenere le risate, mentre Thomas e Zoe si vestono in bagno.
«Hai incontrato zia Mito fuori? Cosa sa? Ha visto qualcosa?» il mio cuore perde uno o più battiti mentre attendo la risposta.
«Tua zia ha passato la notte dalla vicina, non sopportava i rumori. Adesso sta stendendo il bucato, penso non sia ancora salita di sopra. Sei salvo.» mi rassicura, proprio mentre i due amanti escono dal bagno vestiti e profumati.
«Ragazzi…» li fermo, mentre si dirigono verso l’uscita. «Voi ricordate qualcosa?»
«Se è una domanda genuina, mi ricordo solo che ci sai fare e che quando vuoi dobbiamo rifarlo. Se è una frase in codice allora no, non è successo nulla.» La risposta di Zoe dovrebbe rappresentare una secchiata d’ansia, in realtà non sento niente.
«Confermo, dobbiamo assolutamente rifarlo.» Thomas si avvicina e mi saluta con un bacio sulla guancia. Questo invece mi fa arrossire.

Tanto per essere coerenti, per incontrare Ging mi decido a restare nel personaggio. Ho preso in prestito da Espedito altri vestiti riciclati: questa volta è il turno di pantaloni e giacca neri luccicanti, con sotto una maglietta con fantasie dorate, sull’etichetta c’è scritto Versace. Mi dà anche un paio di occhiali da sole, dice che creano il giusto distacco quando hai paura di rendere troppo evidenti i tui sentimenti, oltre al fatto che tornano utili quando hai dormito venti minuti a causa di una festa di compleanno piena di drammi e di alcol.
Mi siedo al bar dove ci siamo dati appuntamento, all’esterno e in un luogo poco affollato. Fortunatamente non c’è chiasso in sottofondo. Mi tolgo la giacca e la metto sulle spalle, come mi è stato suggerito prima di venire perché “dà idea di sicurezza”. Mi chiedo se sul serio Ging sia in ritardo, ma vedendo l’orologio capisco di essermi presentato con mezz’ora di anticipo per l’ansia. Decido di ammazzare lo stress con una sigaretta dal pacchetto rubato ieri ad Espedito.
«Questa volta mi hai preceduto!» Ging mi sorprende comparendo dall’angolo della strada, a pochi metri da dove sono seduto. «Abbi pazienza, detesto il fumo di sigaretta. Fa’ con comodo, rimango qui a distanza.» Noto una punta di amarezza nella sua voce e un cambio repentino nel suo sguardo appena scorge il tubicino di carta.
Faccio goffamente altri due tiri e infilo il mozzicone nella ceneriera, per poi allontanarla dal tavolo. Quando Ging prende posto davanti a me, ordiniamo due caffè. Il compleanno mi ha sfiancato e ho un’intera notte di sonno arretrata. In più, ho anche i postumi della sbornia. Non so come riuscirò a reggere un qualsiasi tipo di conversazione con mio padre.
«Andiamo al sodo, io me ne andrò da qui oggi pomeriggio. Sono strapieno di impegni e incarichi…» mi spiega. Fin qui, nessuna notizia shock. «Ma credo di avere un’informazione che ti interessa.»
«In merito a cosa?»
«In merito a Killua.» E lo dice così, senza enfasi nella voce. Una bomba sganciata su quel tavolino di ferro arrugginito con così tanta leggerezza. «In realtà non riguarda solo lui, ma una faccenda di cui ci stiamo occupando con altri hunter…»
«E sta bene? Lo hai incontrato?» da tutti i giri di parole che sta facendo, mi viene da pensare come minimo che si sia fatto male.
«No, non l’ho incontrato io.» Okay, ci sta decisamente mettendo troppo. «Si trova nell’arcipelago delle Congdong, più o meno nelle vicinanze di Zaban. È lì in missione, c’entra con la scoperta di nuove rovine sottomarine.»
Con i postumi di sbornia e venti minuti di sonno, appena ricevute notizie su colui che ha occupato prepotentemente i miei pensieri per un anno e mezzo, lo squillo del cellulare diventa improvvisamente un suono minaccioso. È un messaggio di Espedito.

“Ho ben DUE buone notizie! La prima è che la Harper & Collins ti ha proposto di scrivere una biografia, è sicura al 100% che sarà un bestseller e sarà subito sponsorizzato dal New York Times. La seconda è che sono riuscito a trovarti un posto per ottobre alla Onassis High School, se tutto va bene sarai in classe con Danielle.
N.B.: non hai un recapito né un agente, così per il momento ti seguirà la mia. Ti giro il contatto di Edna.
RICHIAMAMI.”

Okay, è ufficiale.
La mia vita ha ripreso ad essere movimentata.

«Gon? Tutto bene?» Ging è rimasto lì a fissarmi per cinque minuti buoni e io non so cosa dirgli. Da dove comincio? Dal fatto che il mio vuoto interiore ha ripreso a fare male da quando mi ha dato notizie su Killua? Dal fatto che vorrei mollare tutto per andare a scuola? No, non me la sento di raccontargli le cose ora, lo caricherei solo di un peso non richiesto che poi verrebbe riscaricato su di me con gli interessi. Decido, quindi, di mentire per l’ennesima volta. O meglio, operare una sostituzione di verità.
«Ho fatto sesso a tre ieri notte. Non è nulla di personale, continuo a pensarci perché…» mi blocco. Certo, anche quella è una cosa che mi dà da pensare, ma dopo la storia di Killua è diventata subito l’ultimo dei miei pensieri. «Non lo so perché.»
«Era la tua… prima… nel senso… sì, eh?» Bingo, sono riuscito a scioccarlo e lui sembra soffocarsi con il caffè.
«Sì.» E nel dirlo, un po’ mi trema la voce. Sul serio mi sta bene che la prima volta sia stata così? «Ho bevuto, io non volevo. O forse sì. Volevo solo stordire i pensieri.» Mi è uscita una frase di troppo.
«Per prima cosa calmiamoci, eh!» in preda al disagio, Ging alza la voce. Mi domando con chi ce l’abbia. «Non puoi farlo così, senza un minimo di criterio…»
«Eh? Come scusa?» dico, indicando me stesso per far notare da che pulpito viene la predica. Non so da quanto tempo avevo il desiderio nascosto di fargli questa battuta.
«Riformulo… puoi farlo con chi vuoi. Ma farlo e poi non ricordarselo, per giunta ubriacandosi… fai solo del male a te stesso.» Come da copione, non riesce a collegare le frasi. «La tua è un’età difficile, è normale sentirsi smarriti.»
Quest’ultima massima mi fa un po’ cadere le braccia. Non perché non sia vero, lo è. Ma perché da una persona come Ging mi aspetto pensieri più profondi.
«Sto cercando di capire. E lo sto facendo da solo» Non avrei voluto dirglielo. Questa frase è fraintendibile, potrebbe sembrare un tentativo di accalappiamento facendolo sentire in colpa. «Non che io voglia… cioè, ci siamo capiti. Ho solo constatato un semplice fatto.»
«No, no. Ci mancherebbe altro.» risponde, mettendosi la mano sulla nuca in segno di resa. «Ce l’hai qualcuno con cui parlare di queste cose? Non so, una telefonata a…»
«La prossima.»
«Zia Mito…»
«Le stai sparando a caso?» camuffo il mio senso di fastidio con una risata innocente, come se stessi solo cercando di scherzare con lui come avrei voluto fare da sempre. «Comunque, ho già parlato con Espedito questa mattina. Lui ha ventisei anni, Graziina ne ha venti e poi c’è Maxine che ne ha trentadue… diciamo che capiscono.»
«Maxine ha trentadue anni?» un sorriso malizioso compare sulla faccia di Ging e io faccio quanto mi è possibile per ignorare questa cosa. «Comunque… pensi che siano persone in grado di guidarti nella tua crescita?»
Detto così suona triste.
«Sono un po’ eccentrici ma hanno la testa sulle spalle.»
«Mi domando cosa ci trovi, onestamente» sbuffa.
«Mi ascoltano.»
Io giuro che non voglio assolutamente che le mie risposte suonino come frecciatine, ma evidentemente dire le cose come stanno è diventata una faccenda molto spinosa. A questo punto mi chiedo se riportargli le parole di Noko. Quelle sul fatto che chi cresce senza padre passi la vita a interrogarsi sugli uomini. E, per qualche motivo, lo faccio.
«Questa è psicanalisi» mi spiega. «Mi sembra abbastanza stupida quando si parla di donne senza padre, figuriamoci con gli uomini. Quelli a cui piacciono le donne, si intende.»
La presenza di Thomas nel mio letto stasera avrebbe da ridire. Ma ometto questo dettaglio. O forse no. «Una delle due persone di questa notte era un ragazzo.»
«Tu pensi di aver passato la vita interrogandoti sugli uomini?»
No, solo su di te. Ovviamente, mi fermo al «No.»
«Direi che ti sei risposto da solo.»
«Credi che dovrei raggiungere Killua e parlargli?» La compagnia di Espedito, Gracie e Maxine mi ha abituato ai cambi repentini di argomento e alle chiacchiere lunghe. Anche questa mia domanda lo spiazza.
«Riguardo al tizio nel tuo letto?» ridacchia. Quando lo guardo storto per quella battuta, lui capisce e si ricompone. «In merito a cosa, allora?»
«Non c’è un modo di dirlo che non sia imbarazzante.» Improvvisamente il pavimento è molto interessante da guardare. «Vorrei che le cose tornassero come prima. Mi manca.»
«Diventare grandi non è solo vestiti eccentrici e follie notturne. Vuol dire accettare l’ordine delle cose. Sei disposto a farlo?» Con questa storia più quella sulle scuse agli amici, ho subito compreso dove volesse andare a parare. Perciò annuisco. «Io ti direi di farti da parte. Ti sei reso più che reperibile, può trovarti in qualunque momento se vuole. Lasciagli il suo spazio. Se non risponde avrà i suoi buoni motivi, no?» Annuisco.
Vorrei chiedergli cosa fare nel caso Killua non si rifacesse mai più vivo. Ma è una domanda che non ho il coraggio di fare. Come poche volte capita a me, inghiottisco il rospo e ringrazio di quelle risposte che ho già avuto.

Poco dopo, mi ritrovo a pranzo con Maxine, Espedito e Graziina per discutere del groviglio di problemi insorto nel giro di una giornata. Se con il vecchio gruppo risolvevo missioni e situazioni pratiche, con il nuovo risolvo casini sentimentali e interiori.
«E quindi cosa vorresti fare? Rincorrerlo fino alle isole Nonsocosa e fare il grande gesto?» Espedito è già andato nella modalità pugno di ferro.
«Del tipo “Se qualcuno è contrario parli ora o taccia per sempre”?» Maxine, d’altro canto, non riesce a trattenere le risate. Non so quando si sia parlato di matrimonio, ma considerando che c’è una località tropicale di mezzo è una possibilità da non scartare.
«È così romantico…» la voce eterea e gli occhi da cerbiatto di Graziina catturano momentaneamente la mia attenzione.
«È folle! Che cosa hai intenzione di fare?» Maxine non cerca di offendermi, è solo genuinamente preoccupata.
«Parlargli, chiedergli scusa per non essere stato all’altezza…» mi viene da aprirmi per la prima volta.
«Ho capito…» Maxine per un attimo sembra cambiare idea. «No.»
«Vuoi pensarci almeno un attimo?» le chiedo, irritato.
«No.» Maxine è inamovibile, mentre Espedito in sottofondo si sta rotolando dalle risate.
«Non pensi che sia la cosa giusta da fare? Dopo tutto ciò che lui ha fatto per me?»
«No.» Sembra non saper dire altro. «E se ti manda a quel paese?»
«Perfetto! Incontro per chiusura locale, cosa ne pensate?» cerco di farle capire di aver messo in conto anche questo.
«Vedi, Gon, il problema è che questa scelta avventata avrà delle conseguenze sulla tua vita. La tua esperienza dovrebbe insegnarti a scegliere per te stesso una buona volta e a ponderare le decisioni. Se vuoi mollare la scuola, il libro e qualunque altra cosa perché capisci che non è la vita che tu vuoi, va benissimo. Ma se lo fai per correre dietro a persone che potrebbero tranquillamente ritagliarsi del tempo per una telefonata e risolvere la cosa in un giorno è squallido.» Espedito butta giù l’asso, prendendomi la mano e cercando di parlarmi con serenità. Non riesco a contraddirlo.
«Ha ragione.» interviene Graziina. «Sono una fan dei gesti eroici romantici, davvero. Ma devi considerare la spesa. E non parlo di soldi, parlo della tua salute, delle opportunità che perderesti se dovessi trattenerti lì per troppo tempo…»
«Gon, io lo so che ti manca. Ma devi farmelo dire, cazzo. Un rapporto così intenso non si riesce a recuperarlo in due? Devi per forza sacrificarti da solo?» rincara la dose Maxine, cercando di assumere un tono più calmo. «Non sei più quel bambino che è uscito da questa casa alla ricerca del padre e per sostenere un esame per diventare Hunter. Non puoi decidere di fare cose da un giorno all’altro come se alla fine “in qualche modo” si possano sempre parare tutti i colpi. Noi siamo qui per aiutarti ma anche tu hai la tua parte, bello mio.»
Ed è lei che oggi ringrazio dal profondo del cuore per non avermi mai nascosto la verità. Mi scende una lacrima, ma di commozione.
«Proviamo a fare così.» Graziina interviene per mediare. «Noi quattro andremo in vacanza alle Isole Congdong e ci resteremo due settimane. La condizione è che tu non ti prenda più tempo della nostra vacanza. Il giorno del check-out te ne andrai insieme a noi, che tu sia riuscito nel tuo intento o meno. Siamo adulti, noi tre dobbiamo lavorare e tu avrai i tuoi impegni una volta finita l’estate.»
«E quando ci andremo, tu starai con noi e il principale scopo di questa vacanza sarà staccare la spina e divertirsi. Non ti lasceremo penare giorno e notte, tu sei in vacanza e solo quando ti resta tempo farai qualunque cosa tu voglia fare per Killua.» aggiunge Espedito. Finora mi sembra niente male. «Maxine, tu cosa vuoi dire?»
«Vorrei dirvi che ho altri piani per l’estate.» esordisce, facendomi già perdere tutte le speranze. «Ma non li ho. Perciò, Gon, devo dirti che verrò e ti starò addosso affinché tu non ti autodistrugga. Sarò la tua piaga.»
Lacrime di gioia mi irrorano il volto e non riesco a non gioire ad alta voce. «Vi ringrazio per tutto. Ho solo paura di cosa succederà nel caso in cui… sapete.»
«In quel caso ci saremo. Non devi nemmeno chiederlo.» mi rassicura Maxine, gli altri due annuiscono.
«Perciò non perdiamo tempo e seguiamo la tabella di marcia per oggi.» Espedito prende il comando della situazione. «Oggi pomeriggio hai due ore di studio, dovresti liberarti per le cinque, a quell’ora avrai un appuntamento con l’editore. Fortunatamente, io sarò libero e sarò presente. Devi darmi per stasera la domanda per l’iscrizione alla Onassis, il preside mi rispetta e non gli manderò una cosa copiata o raffazzonata all’ultimo minuto. Trova il tempo di farlo, non concedo proroghe. La domanda dovrà essere grammaticalmente impeccabile e compilata adeguatamente, se farà schifo di’ addio alla scuola.» l’elenco di Espedito mi intimidisce, ma non voglio tirarmi indietro. «Inoltre, dobbiamo fare altre cose dopo cena, ti rivedrai con noi tre.»
«Che cosa?» Sbuffo, non è già sfiancante il pomeriggio che dovrò passare?
«Elaborare un piano per riprenderti quel mostriciattolo dai capelli argentati!» mi canzona Graziina, accarezzandomi la testa.

Finito di mangiare, mi precipito alla mia scrivania. Imposto il timer per un’ora di riposo prima dello studio e sistemo il libro di antropologia per il corso di scienze sociali accanto al mio quaderno per gli appunti. È la prima volta che studio scienze sociali, non era compreso nel programma che mi aveva affidato il governo, ma devo prepararlo per accedere alla Onassis High. Il capitolo di oggi è “coscienza, autocoscienza ed emozioni”. Nonostante il sonno arretrato, non riesco a pensare di riposarmi. Pensieri intrusivi invadono la mia testa e decido di scacciarli scrivendoli sul mio diario personale.
Cosa definisce la mia persona? Cosa sono io rispetto alle mie azioni presenti, passate e future? Sono Gon, hunter professionista il cui Nen è del rafforzamento o sono Gon, onnipresente sul New York Times e studente? Sono quello che non riesce a contenere le emozioni, prende decisioni avventate e che ragiona in maniera semplice. Così mi descrivono gli altri. Ma davvero io non posso essere altro rispetto a questo? Io non posso essere qualcuno che ha pensieri complessi, può scegliere di migliorare in matematica e imparare un approccio alla vita diverso dal fare qualunque cosa catturi il mio interesse nel periodo di trenta secondi?
Quando sarò grande, continuerò a girare il mondo e vivere avventure mozzafiato come mio padre o arriverà il giorno in cui mi sistemerò in una casa, trovato un lavoro fisso e sottoscritto un’assicurazione sanitaria? Ma soprattutto, la mia persona è definita da ciò che non delude gli altri? Funziona che sono io se vado bene e ciò che sbaglio “non è da me”?
In un mondo in costante cambiamento dove ogni vita è in costante cambiamento, ha senso definire una persona?
Mi rendo conto che forse, per gli altri, resterò sempre quel personaggio e non potrò mai essere altro. Chi l’ha detto che Gon Freecss è solo una testa calda che fa solo ragionamenti pratici e non ha un minimo di spessore? Se c’è un motivo per cui ho scelto questo nuovo gruppo, nonostante le critiche che mi hanno sommerso per questo, è perché non mi vedono in quel modo. Loro si comportano come se io potessi davvero essere qualunque cosa, come se le persone potessero cambiare.
La rabbia di tutto ciò mi energizza per affrontare quest’ardua sessione di studio. Volano le due ore e ripeto bene per assicurarmi di aver immagazzinato tutto. Non è facile, non mi riesce naturale, ma non per questo devo astenermi dal farlo.
Non faccio nemmeno in tempo a chiudere i libri che Espedito piomba in camera con il suo portatile, dicendomi di sistemarmi immediatamente per la telefonata. E, dopo essermi messo qualcosa di decente, accendo la videocamera. Dopo qualche minuto di chiacchiere, convenevoli, arriva il momento in cui Samantha – la mia nuova agente editoriale – inizia ad illustrare quello che sarà il progetto.
«Gon, prima di contattarti abbiamo analizzato un po’ il papabile pubblico. In realtà, sei molto amato da quasi tutti i gruppi di età. I bambini ti seguono per ispirazione, gli adulti per affrontare le crisi di mezza età e riflettere sull’eventualità di mollare il lavoro, gli adolescenti, invece, per vivere una realtà alternativa. Sai, per sognare una vita dove sono degli eroi che vivono emozioni ogni giorno e anestetizzare gli effetti della loro vita reale in cui sono delle nullità senza arte né parte.»
Quell’ultimo passaggio di Samantha, detto in maniera fredda, indelicata e crudele, mi ferisce nel profondo. Davvero la mia vita passata è un qualcosa di così elevato moralmente? E davvero la mia vita futura è un qualcosa di così deprimente e degradante? Per una frazione di secondo, mi concentro sull’eventualità di proseguire un’esistenza così miserabile da non essere nemmeno considerata nella sua individualità. In poche parole, io senza Nen ho chiuso e non merito altro.
«Metti insieme il materiale. Diari personali, appunti, lettere… ma vogliamo una cosa» mi dice. «Non vogliamo una ricostruzione, i fatti li conoscono tutti. Vogliamo che ci parli di te, che ci offra uno spaccato della tua vita e dei tuoi pensieri. Sei un personaggio unico ma misterioso, non hai mai fatto interviste e cose del genere. Il punto non sono le tue avventure di per sé. Chi è Gon Freecss? Ecco, questo è il punto.»
È l’occasione perfetta per ricordare tutti i momenti salienti della mia vita con aggiunta di “potevo, volevo, dovevo” e momenti di sano rimuginare. Alla fine, dopo aver concordato varie cose con la supervisione di Espedito, mi decido: firmo il contratto. Ho bisogno davvero di chiudere questo cerchio e questo libro è per me l’occasione di riflettere davvero sulle mie azioni.
«Penso sia superfluo dirti che il discorso sulle vite inutili e adolescenti-nullità non devi prenderlo sul serio», mi raccomanda Espedito mentre raccoglie le sue cose. «Devono vendere libri, le loro sono pure stime demografiche e discorsi basati sulla stampa e i social media. Per “interessante” e “irrilevante” intendono ciò che vende e ciò che non vende. E la tua storia vende, questa è l’unica cosa che devi considerare. Non lasciarti influenzare dal puro marketing.»
Sembra che mi abbia letto nel pensiero, con poche parole è riuscito a darmi tanto sollievo dopo questa giornata. Che bello, però, avere delle persone che sanno sempre qual è la cosa giusta da dire.

La prova più difficile della giornata è compilare la domanda per l’iscrizione. Espedito è riuscito a far sì che mi tenessero il posto, ma certamente non avrà semplificato la selezione. Un tema di almeno due facciate sul perché dovrebbero accettare proprio me, più una serie di moduli da compilare pieni di richieste che non comprendo.
Dopo circa quattro tentativi accartocciati e buttati nel cestino, mi rendo conto di avere poco tempo a disposizione. Scelgo, perciò, la via che mi sembra più semplice: l’onestà.
Perché voglio entrare in questa scuola? Per ricominciare. E scrivo su cosa mi sia successo in questi ultimi tre anni (concentrandomi poco sui fatti specifici e dando più spazio a cosa è significato per me) e sul mio desiderio di ricominciare una vita diversa. Di getto, finisco per scrivere quattro facciate. Tanto il massimo era cinque.

«Hai superato le mie aspettative.» Espedito fissa la mia domanda con uno sguardo confuso. Se non mi conoscesse, penserebbe che l’abbia scaricata da internet. «A cosa devo tutta questa onestà?»
«Non avevo tempo di inventarmi cose» rispondo, sempre molto onestamente.
«Mi sembra giusto.» Sorride, mentre la fa leggere alle altre. Graziina addirittura scoppia a piangere leggendola.
«Ma guardati…» Maxine nasconde qualche piccola lacrima. «Stai facendo passi da gigante.»
«Dovrebbero fare un campionato mondiale di crescita personale» dice Graziina, non capisco se sia sarcasmo. Visto che stiamo parlando di lei, sicuramente non lo è. «Bisogna dare valore anche a queste sfide. Dovremmo far leggere queste cose ai bambini, non solo storie di maschi forzuti con i valori morali che passano le giornate a scazzottarsi.»
È uno di quei momenti in cui tutti si voltano verso Graziina riconoscendo il modo in cui sganci dei veri e propri ordigni con naturalezza.
«Proprio per questo la cosa del libro deve andare in porto. Se farai come hai fatto con questa domanda, verrà fuori una cosa rivoluzionaria», dice Espedito. «E ovviamente hai questo fantastico team di supporto per ogni evenienza.»
«Passiamo al piano? Io l’ho chiamato Operazione Hubbell» Graziina è tutta caffeina, con il suo sorriso che rallegra le giornate e il suo perenne atteggiamento naif.
«Hubbell?» chiede Espedito, non avendo ben chiaro il riferimento. «Oh mio Dio, Hubbell!» Adesso ha capito e gli si è illuminato il viso, peccato che io invece non ho capito nulla.
«Robert Redford nel film “Come eravamo”!» spiega Maxine, non notando alcuna reazione da parte mia. «Lui è Hubbell ed è follemente innamorato di Barbra Streisand…»
«Katy!» puntualizza Graziina.
«Però non riesce a stare con lei perché è troppo complicata.» continua Espedito, con un’aria sognante che difficilmente associo a lui.
«Proprio come te!» aggiunge Graziina, mettendomi seriamente in imbarazzo. «Io piango sempre all’ultima scena del film quando Katy vede Hubbell di fronte all’albergo con la sua nuova moglie.»
«Poi gli toglie i capelli dalla fronte…» continua Maxine.
«E a quel punto gli dice “La tua ragazza è adorabile, Hubbell”» chiude Espedito, mimando la scena con Graziina di fianco. «E poi, la musica entra maestosa…»
«Memories, like the colors of my mind…» la mora intona la canzone, gli altri iniziano a seguirla in coro mentre io mi guardo intorno senza sapere cosa fare. «In ogni caso, torniamo al piano.»
«Direi che è meglio» dico, un po’ stranito da quella scena.
«Quando arriverai lì, tu dovrai essere stupendo e assolutamente diverso.» inizia Espedito.
«Non pensi sia meglio essere sé stessi per queste cose?» gli chiedo, immaginando già il tipo di risposta che riceverò.
Tutte e tre si guardano tra loro con aria schifata e rispondono in coro: «No!»
«Ormai sei pronto per un nuovo taglio di capelli», continua il biondo. «Nulla di radicale, ci vorrà solo un po’ di lavoro per trattarli, abbassarli e farci qualcosa di carino. Che ne dici di una permanente?»
«Cioè vuoi farlo diventare riccio?» ridacchia Maxine. «Ma, ora che ci penso, non è male. I ragazzi con i capelli ricci e neri erano il mio punto debole al liceo.»
«Ingresso in limousine…» fantastica Espedito.
«Karaoke nei bar più lussuosi…» aggiunge Graziina.
«Tutti ti conoscono e vogliono parlare con te…» chiude Maxine.
«Dite che queste cose faranno colpo su Killua?» io mi domando se abbiano capito bene di che persona stiamo parlando.
«No!» risponde Espedito, guardandomi scocciato. «Non devi fare colpo, non sei un dongiovanni e francamente i dongiovanni sono passati di moda dagli anni ’70. Stiamo parlando del fattore shock, tu devi spaventarlo
«Deve vedere quanto sei cambiato nel profondo e capirà in quel momento quanto gli manca il piccolo Gon che adorava ma che poi ha rifiutato», aggiunge stucchevole la mora. «E lì si dannerà pensando che è troppo tardi…»
«Gli faranno male le palle!» le dà manforte la rossa, facendomi sussultare per l’espressione usata.

Poco più tardi, tornato a casa, la stanchezza mi assale. Non posso che ripensare a tutto il lavoro di riqualificazione che sto facendo sulla mia persona. Quando un mobile è ormai usurato dal tempo, ecco che lo ridipingiamo dandogli una nuova identità, nascondendo il peso di una vita dietro colori e fantasie. Le cose vecchie vengono o riciclate o diventano vintage, in entrambi i casi i loro ruoli nelle nostre vite vengono trasformati.
A questo punto, non posso che mettermi a pensare come funzioni con le persone. Il Gon che i miei vecchi amici avevano conosciuto è oggi un Gon vintage, che all’epoca era un qualcosa di bello mentre oggi trova il suo fascino nell’anacronismo? E, se sì, il Gon ridipinto a decoupage quanto altro lavoro necessita per essere stabile e attuale?
C’è anche una terza parte di me che invece è in via di riciclaggio o, peggio, in un termovalorizzatore?

   
 
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