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Autore: My Pride    23/09/2022    1 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family ♥
» 200. Cospiracy ~ Bernard x Tim
Non è la prima volta che Bernard passa un mucchio di tempo al computer, ma non gli è mai capitato di starsene quasi mezza giornata alla ricerca di chissà cosa tra forum che parlano di supereroi, siti dedicati e informazioni che dovrebbero teoricamente arrivare dal cosiddetto “dark web”.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: Bruce Wayne, Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent, Richard Grayson
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Thinking about you Titolo: Thinking about you
Autore: My Pride
Fandom: 
Batman
Tipologia: One-shot [ 2806 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Damian Wayne, Jason Todd, Jonathan Samuel Kent (Menzionato)
Rating: 
Giallo
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of Life
Avvertimenti: What if?, Hurt/Comfort
First Aid Kit Challenge: X aiuta pazientemente y a cambiare la medicazione, controllando la guarigione della ferita || Garza sterile: X è stato ferito e Y usa una garza per proteggere la ferita durante il tragitto in ospedale
200 summer prompts: "Stai bruciando" || "Non ne so niente" || Scusami
Warm & Fuzzy Feelings challenge: Vi insegneranno che non bisogna piangere, che bisogna essere forti. Non fidatevi, sputate fuori tutto. Emozioni, lacrime, vaffanculo

 


BATMAN © 1939Bob Kane/DC. All Rights Reserved.

    Non si poteva certo dire che Damian Wayne fosse un codardo.
    Un ragazzo saccente, un testardo, uno troppo sicuro di sé e sempre convinto di avere ragione, ma non un codardo. All'occasione avrebbero anche potuto dire – almeno chi lo conosceva abbastanza profondamente – che era molto empatico e a volte dubbioso per quel che riguardava le relazioni sociali, ma se qualcuno avesse osato dire che non aveva abbastanza fegato per fare qualcosa, molto probabilmente avrebbe segnato la sua condanna a morte. Eppure, mentre osservava il suo petto pieno di cicatrici, Damian non poteva fare a meno di provare una sensazione di vuoto e l’irrefrenabile voglia di scappare.
    Non aveva mai avuto un pensiero del genere in vita sua, nemmeno quando, a dieci anni, aveva letteralmente guardato la morte in faccia e si era poi ritrovato sei piedi sotto terra. Si era ritrovato in situazioni al limite dell’umano, situazioni che un normale ragazzo della sua età non si sarebbe mai sognato di dover affrontare, e in nessuna di esse aveva mai pensato, anche solo per un istante, di fuggire e lasciarsi il problema alle spalle. E la cosa peggiore era che la cosa che lo faceva sentire così non avrebbe dovuto essere, per l'appunto, un problema. Avrebbe dovuto essere un momento in cui avrebbe dovuto sentirsi bene, divertirsi e provare tutt’al più un po’ di goffo imbarazzo tra sorrisi e risatine, non qualcosa che lo faceva sentire come se gli mancasse il fiato nel petto e avesse una stretta al cuore.
    Con un lungo respiro fra i denti, Damian si sfiorò la fasciatura al fianco, già sporca di sangue nonostante Pennyworth l’avesse cambiata appena un’ora prima. Forse non avrebbe dovuto scendere lì in caverna, ma gli era sembrata la soluzione migliore per scacciare i pensieri che avevano cominciato ad affollare la sua mente tutto d’un tratto. E per quale motivo? Aveva provato il desiderio di fare sesso con Jon. Sembrava stupido da dire – il freddo della caverna gli aveva rinfrescato le idee e adesso lo credeva ancora di più –, eppure il solo pensiero l’aveva bloccato in uno strano momento di stasi, fermo fra le braccia di Jon senza pù sapere che cosa avrebbe dovuto fare con le proprie mani.
    Era successo due giorni addietro, prima che si distraesse come un idiota durante la pattuglia, venisse ferito e messo in panchina da suo padre. Una serata come tante, una partita ai videogiochi prima di gettarsi fra le strade e svolgere i loro compiti come Robin e Superboy, un punzecchiarsi e ridere tra battute e imprecazioni, e poi qualche momento rubato tra baci e carezze, mani che si cercavano e dita che si intrecciavano. Ed era stato in quel momento che Damian aveva provato il desiderio di spingersi un po' oltre a quelle pomiciate e a quelle toccatine, aveva intrecciato la lingua a quella di Jon e aveva sentito l’eccitazione crescere al punto da pensare di essere pronto al passo successivo quando si era ritrovato a cavalcioni su di lui. Però, quando le mani di Jon si erano insinuate sotto la felpa, le dita avevano giocherellato sulla pelle e sui radi peli dello stomaco ed erano risalite verso il petto, Damian si era irrigidito al pensiero che avrebbe toccato la cicatrice che si era procurato quand'era morto. 
    Lui era un Wayne e, per quanto gli pesasse ammetterlo, era innanzitutto un Al Ghul. La paura non era contemplata, gli era stato insegnato che non bisognava essere sopraffatto da essa né cedere alle proprie emozioni sin da quando aveva mosso i primi passi nel mondo, che la forza era tutto ciò che avrebbe dovuto mostrare ai propri avversari e che non avrebbe mai dovuto dare anche una singola parvenza di compassione, poiché i deboli andavano schiacciati e mai compatiti. Per anni e anni aveva soffocato le proprie emozioni e le proprie lacrime per apparire degno agli occhi di sua madre e suo nonno, aveva affrontato tutte le prove a cui era stato sottoposto e non se n'era mai lamentato, finché tutti gli insegnamenti che aveva impilato anno dopo anno non erano caduti come un castello di carte.
    Vivere con suo padre - ma prima di tutto con Grayson, che ne aveva fatte le veci quando avevano creduto che fosse morto - gli aveva mostrato cosa significasse davvero essere una persona e non un'arma forgiata per gli scopi di qualcun altro. Gli ci era voluto del tempo, molto lavoro su se stesso e soprattutto della vera e propria socializzazione per capire come parlare alla gente e come interagire con essa, ma alla fine ci era riuscito. Aveva imparato che piangere non faceva di lui un debole, che mostrarsi compassionevole voleva dire essere una persona migliore e un vero uomo, e che le emozioni lo rendevano solo più forte, poiché solo così poteva capire le persone che lo circondavano e che cercavano di avvicinarsi a lui. Nel corso degli anni era riuscito a lasciarsi andare, lasciar uscire tutte le sue emozioni fino all'ultima goccia del suo essere, e si era sentito... bene. Aveva ancora i suoi momenti in cui non sapeva come comportarsi o come approcciarsi a qualcuno, quegli attimi in cui preferiva non avere a che fare con nessuno e quelli in cui si comportava come fosse un ragazzino viziato e saccente perché era l'unico modo che conosceva per nascondere le proprie insicurezze, ma in quegli anni era cambiato. E conoscere Jon - in realtà rapirlo, ma quelle erano piccole quisquilie se si teneva conto che all'inizio aveva pensato che fosse un pericolo per se stesso e gli altri - aveva dato quella spinta di cui aveva avuto bisogno sin dal principio.
    La loro amicizia era nata praticamente per caso, inizialmente fingevano persino di non sopportarsi e non la smettevano di litigare o prendersi a pugni, eppure, a distanza di quasi cinque anni, Damian avrebbe ripercorso passo dopo passo ogni singolo momento che lo aveva portato ad innamorarsi di Jon. E il problema non era tanto il mettersi letteralmente a nudo davanti a lui - non era un tipo pudico, non lo era mai stato, aveva diviso docce comuni con Jon e tanti altri Titani e ancor prima aveva avuto le serve di sua madre, quindi non si vergognava a mostrare il proprio corpo -, ma farlo in un momento così intimo come la reciproca scoperta. Jon lo avrebbe guardato con occhi diversi, con gli occhi di chi vedeva il proprio ragazzo e non il proprio compagno di squadra, e Damian avrebbe sentito quelle iridi azzurre passare in rassegna di ogni centimetro del suo corpo, ogni lembo di pelle e ogni cicatrice che si era procurato nel corso degli anni... e sarebbe probabilmente crollato davanti a quello sguardo puntato sulla cicatrice all'altezza del suo cuore.
    Imprecando a denti stretti, Damian diede un calcio ad uno dei manichini d'allenamento posti nel bel mezzo della caverna, senza preoccuparsi di rialzarlo da terra mentre si dirigeva verso l'infermeria. Forse si stava facendo solo inutili paranoie. Forse non sarebbe successo niente di quello che stava pensando, forse sarebbero stati entrambi così impegnati a baciarsi e a toccarsi che Jon non avrebbe minimamente fatto caso alle sue cicatrici - cicatrici che, gli ricordò il suo cervello, Jon non avrebbe comunque visto per la prima volta -, e forse lui per una volta avrebbe potuto seguire il fiume di emozioni che si sarebbe riversato dentro di lui nel sentirsi finalmente se stesso e amato. Non aveva idea del perché avesse quei pensieri per la testa, non sapeva perché quella vocina beffarda continuava a sussurrargli quelle cose né perché la caverna avesse cominciato a girare, ma non gli importava.
    Si lasciò cadere seduto sul lettino e si passò il dorso della mano sulla fronte, detergendola dallo strato di sudore che la ricopriva. Non sapeva se fosse a causa dell'allenamento o della ferita che aveva ricominciato a sanguinare, ma non avrebbe mai ammesso che aveva fatto una stronzata e che non avrebbe dovuto sfogarsi con i manichini. Piuttosto si sarebbe tagliato la lingua.
    «Alfred non ti aveva consigliato di startene buono di sopra, pulce?»
    Sollevando lo sguardo un po' offuscato - oh, dannazione, forse si sentiva davvero così a causa del sangue che aveva perso -, Damian scorse la figura di Jason che, con la sua solita sigaretta fra le labbra, lo fissava poggiato contro una delle auto a braccia conserte. Non lo aveva nemmeno sentito arrivare, e ciò voleva solo significare che i suoi sensi stavano cominciando ad offuscarsi più di quanto avrebbe voluto.
    «E tu non avresti dovuto essere confinato in chissà quale angolo dei tuoi rifugi a leccarti le ferite, Todd?» rimbeccò, ma il tono che uscì dalle sue labbra fu meno scontrosa di quanto avrebbe voluto, poiché soffiò quelle parole con un fil di voce. E forse fu proprio quello a far sollevare lo sguardo a Jason, il quale roteò gli occhi e si avvicinò a lui.
    «Bel modo di ringraziare chi ti ha salvato il culo l'altra sera».
    «Non ne so niente».
    «Continua a dirtelo, demonietto». Mordendo il filtro della sigaretta spenta, Jason fece scorrere lo sguardo su tutta la sua figura, poi scosse il capo alla vista del sangue che sporcava le bende. «Non riesci proprio a stare fermo, eh?»
    «Sei l'ultimo a poter parlare».
    «Ho solo qualche graffio, non sono io quello che ha uno squarcio sul fianco. Si può sapere a che diavolo stavi pensando, marmocchio?»
    Damian non rispose e per un lungo attimo si limitò solo a ricambiare il suo sguardo, scuotendo debolmente il capo qualche momento dopo.«Niente», disse infine. Si vergognava, si vergognava maledettamente ad ammetterlo e ancor più a dirlo apertamente ad uno come Red Hood.
    Era di pattuglia con lui quando era stato ferito. Se fosse stato da solo come le ultime volte, probabilmente lo avrebbero trovato morto in qualche vicolo solo perché si era distratto come un completo idiota. Avrebbe dovuto essere una serata come tante, una retata in uno dei magazzini di Maschera Nera e un confiscare tutte le armi che avevano, ma era stato così preso dai suoi stupidi pensieri adolescenziali da non vedere l'idiota armato di pistola che gli aveva sparato. Lo aveva preso relativamente di striscio perché si era scansato all'ultimo minuto, ma il proiettile gli aveva lasciato un lungo taglio sull'addome che aveva sanguinato copiosamente finché Red Hood, dopo aver messo fuori combattimento i criminali rimasti, non aveva tirato fuori dalla sua cintura multiuso una garza sterile e, strappandogli il tessuto della tuta con un batarang, non gliel'aveva premuta con ben poco garbo sulla ferita e non lo aveva caricato in moto per portarlo alla clinica di Leslie che distava meno di cinque isolati da lì. Odiava ammetterlo, ma era in debito con Todd.
    «E va bene, pulce. Se non hai intenzione di parlare, fammi dare un'occhiata alla tua ferita», affermò Jason, levandosi la sigaretta dalle labbra prima di andare a lavarsi le mani. «Non mi va di sentire le prediche del vecchio se dovessi morire dissanguato».
    Damian storse il naso. «Posso fare benissimo da solo, Todd», volle tenere il punto, ma aveva la vista offuscata e non era certo che sarebbe riuscito a ricucire la ferita come avrebbe voluto.
    «Prima o dopo essere svenuto? Perché in quel caso mi accendo una sigaretta mentre aspetto che crolli».
    Jason sollevò entrambe le sopracciglia e lo fissò attentamente come ad aspettarsi una replica, ma Damian si limitò a brontolare qualcosa fra sé e sé, guardando altrove e mugugnando qualcosa riguardo al fatto che glielo permettesse solo perché non voleva sentirlo blaterare; Jason, per, sapeva che lo diceva perché, per quanto cercasse di dimostrarsi sempre forte, era comunque un ragazzino che aveva avuto un attimo di debolezza. Non aveva idea di che cosa gli fosse successo ma, se c'era una cosa di cui era sicuro, era la bravura di Damian. In tutti quegli anni non era mai successo nulla del genere, ma negli ultimi tempi sembrava più distratto di quanto volesse ammettere e non era qualcosa che nessuno di loro poteva permettersi.
    Non chiese comunque altro - sapeva che sarebbe stato controproducente e avrebbe solo rischiato di far chiudere Damian maggiormente in se stesso -, limitandosi solo ad occuparsi della sua ferita. Gli sciolse la fasciatura con attenzione, cercando di non fargli male per quanto concesso dal sangue che si era già appiccicato alle bende, e si fermò solo quando sentì Damian sibilare, sollevando le mani in segno di resa. 
    «Okay, okay, scusami», accennò. «Farò piano, rilassati».
    Da parte di Damian non giunse nessuna risposta, Jason lo vide solo annuire lentamente e quindi riprese a togliere quella fasciatura, che alla fine venne via con un piccolo scricchiolio di sangue secco; dalle labbra di Damian scappò un altro lamento, ma spronò Jason a continuare e a scoprire del tutto la ferita, che sanguinava pigramente. Era saltato qualche punto e avrebbe dovuto rattopparlo, così afferrò ago e filo e cercò di ricucirlo, almeno finché Jason non sentì Damian cadere in avanti e dovette afferrarlo letteralmente al volo.
    «Ehi, pulce, che hai?» chiese Jason, vedendo Damian respirare pesantemente e a fatica; scottava e aveva il volto imperlato di sudore, tanto che Jason gli piazzò il palmo di una mano sulla fronte e aggrottò le sopracciglia. «Stai bruciando», lo accusò, e Damian cercò di scuotere la testa, anche se non ci riuscì.
    «Sto... bene».
    «Stai bene un par di palle, demonietto».
    Jason lo costrinse a sdraiarsi sul lettino nonostante le sue repliche e il suo continuo insistere di star bene, bloccandolo letteralmente là sopra per continuare a suturare la sua ferita; l'aveva disinfettata per bene e, tenendolo fermo, aveva ripreso a ricucirlo, per quanto Damian avesse cominciato a sussurrare qualcosa in preda ai deliri della febbre. Quell'idiota si era allenato, aveva fatto sì che la ferita si riaprisse e aveva rischiato pure una bella infezione. Avrebbe proprio dovuto prenderlo a schiaffi.
    «Jon», sussurrò ad un certo punto Damian e, sbattendo le palpebre, Jason si fermò un istante per sollevare lo sguardo su di lui e osservarlo stranito, incerto se avesse sentito bene oppure no.
    «Jon?» ripeté, vedendo Damian alzare e abbassare la palpebre più e più volte prima che si leccasse le labbra.
    «Non... non voglio che tocchi le mie cicatrici». Deglutì, provando ad abbassare lo sguardo su Jason. «Lo so che... è stupido. Jon le conosce, le ha sempre viste. So che non mi guarderebbe mai con occhi diversi, ma--»
    «Frena, pulce, aspetta». Jason sbatté le palpebre, fissandolo attentamente in viso. «Ti sei distratto perché stavi pensando a Jon?»
    Per quanto Jason avesse ricominciato ad occuparsi della ferita e a fasciarla con attenzione, Damian non parve poi molto desideroso di rispondere a quella domanda nemmeno quando Jason terminò e gli porse antidolorifici e antibiotici, costringendolo comunque a stare sdraiato. Infine Damian sospirò pesantemente, sentendosi piuttosto a disagio. «Stavo... stavo pensando al volerci fare sesso. Ma avevo paura che mi trovasse disgustoso, mi sono distratto, io--»
    Il silenzio che susseguì fu abbastanza strano, almeno finché Jason non proruppe in una fragorosa risata che rimbombò contro le pareti di pietra della caverna. «Oh, cristo, non posso crederci!» escalmò divertito, e Damian faticò non poco a portarsi una mano alla testa per massaggiarsi le tempie e borbottargli di smetterla. «La pubertà finalmente ha colpito anche te, eh? Chi l'avrebbe mai detto che eri anche tu un adolescente normale, marmocchio».
    L'espressione di Damian divenne lugubre. «Non c'è niente da ridere, Todd».
    «No, infatti. Perché hai rischiato e sei stato un idiota», lo apostrofò nel guardarlo seriamente. Sembrava che avesse appena indossato una maschera, poiché aveva cambiato espressione in men che non si dica. «Hai sedici anni, sei pieno di ormoni e tutto il resto, ma questa non è una scusa per distrarti mentre siamo di pattuglia. Non dirò una parola al vecchio, ma tu vedi di non farlo mai più. Siamo già il club dei Robin morti senza fare doppietta, io e te».
    Drizzandosi debolmente a sedere, Damian si portò una mano al fianco e, mordendosi il labbro inferiore, fissò Jason negli occhi senza dire una parola per attimi che parvero interminabili. Alla fine annuì, lasciandosi cadere con la testa sul cuscino. «Niente più stronzate».
    «Abbiamo un patto?»
    «Abbiamo un patto».
    «Bene». Soddisfatto, Jason raddrizzò la schiena, incrociando le braccia al petto per sorridere. «E sta' tranquillo, pulce. Spruzzetto di sole non ti farebbe mai un torto... e non solo perché potrebbe beccarsi un proiettile di kryptonite nel culo». Gli fece l'occhiolino, ridendo sguaiatamente quando Damian, ripresosi almeno in parte, gli lanciò contro il rotolo di bende, l'unica cosa che aveva a propria disposizione.
    Quel marmocchio ne aveva fatta di strada, ed era felice che avesse trovato qualcuno con cui avrebbe finalmente potuto essere se stesso.



 
«Ehi, pulce»
«E adesso cosa vuoi?»
«Vedi di scopare, la prossima volta»
«Todd!»





_Note inconcludenti dell'autrice
Allora, anche questa storia è stata scritta per un po' di iniziative... le iniziative #waffchallenge e #200summerprompt indette dal gruppo Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom e per la #FirstAidKitChallenge indetta dal gruppo facebook Hurt/comfort Italia
In realtà per scrivere questa storia ci ho messo letteralmente una vita e l'idea iniziale si è modificata in corso d'opera, dato che non doveva andare così ma Jason e Damian avrebbero dovuto essere in missione insieme e Jason avrebbe solo dovuto prenderlo un po' in giro... invece si è trasformata in tutt'altra cosa e forse sono molto più soddisfatta così
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
A presto! ♥



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