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Autore: Lamy_    25/09/2022    1 recensioni
Ariadne Evans è in gabbia, intrappolata in un matrimonio combinato e prigioniera di una madre dispotica. Il suo piano sin dall’inizio era quello di uccidere Mick King, aiutare i suoi fratelli e porre fine alla sua vita da criminale. Ma vuole anche vendicare la morte di Tommy, l’uomo verso cui ha un debito.
Tommy Shelby è un fantasma. La sua famiglia crede che sia morto e i Peaky Blinders sono allo sbando. La città è nelle mani dei nemici e Polly fa fatica a tenere duro. Tommy deve vendicarsi e per questo crea una falsa identità che lo porta a vivere a Londra nelle vesti di pescatore squattrinato.
Tutto cambia quando Ariadne e Tommy si rincontrano per caso. Nel momento in cui i loro sguardi si incrociano, entrambi capiscono che niente e nessuno potrà separarli.
Uniranno le loro forze e cercheranno in tutti i modi di liberarsi, arrivando addirittura a fare accordi con la banda più pericolose del Regno Unito pur di riuscirci.
“Tenendosi per mano, con passi erranti e lenti
attraverso l'Eden presero la loro via solitaria.”
(John Milton, Il Paradiso Perduto)
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thomas Shelby
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7. RITORNO A CASA

"L'Inferno non è mai tanto scatenato quanto lo è una donna offesa."
(William Shakespeare)

 
Polly fissava il nipote come se lo vedesse per la prima volta. Era così diverso, i capelli lunghi e la barba incolta, gli occhi infossati e gli zigomi scarni; non sembrava neanche lui.
“E quindi ti sei finto morto?” stava dicendo Arthur.
“Sì. Era l’unico modo per agire di nascosto e uccidere Mick.” Disse Tommy.
“Ma le cose si sono complicate.” Aggiunse Nadina.
Polly era stata contattata da Olga, la matriarca di Yellow Camp e vecchia conoscente di famiglia, e si era precipitata a Londra senza pensarci due volte. Aveva solo trovato il tempo di spedire un telegramma a Ada per avvisarla della novità.
“Anche noi a Birmingham ce la stiamo vedendo male.” Disse Arthur.
Tommy cacciò fuori il fumo e scrollò la cenere a terra, qualche scaglia incandescente gli finì anche sulle scarpe.
“Lo so, mi sono informato.”
“Ma non hai pensato di farti sentire.” Obiettò Polly.
“Pol…”
La zia alzò l’indice per farlo zittire, aveva la tipica espressione che assumeva quando stava per rimproverare i nipoti.
“Taci, stronzetto. Abbiamo pianto al tuo funerale, abbiamo consolato i tuoi figli e ci siamo presi cura di tua moglie. Vali meno della merda che calpesto sotto i piedi.”
“Era l’unica soluzione per arrivare a Mick.” Si giustificò Tommy.
“Ma intanto Mick è ancora vivo e Changretta fa il re nella nostra città.” Replicò Polly.
Un rumore di ruote sulla breccia allarmò il gruppo. Nadina si affacciò alla finestrella del caravan e vide un’auto lussuosa che si parcheggiava al centro del campo. Scese una donna ben vestita, capelli castani e cappello con piuma.
“E’ una elegantona. La conoscete?”
“E’ Ada, mia sorella.” Disse Tommy.
Andò ad aprire la porta e la prima cosa che vide fu l’espressione incredula di Ada. La donna lo colpì al braccio con i guani appallottolati fra le mani, poi lo abbracciò forte.
“Mi sei mancato, fratellone. Lieta che tu sia vivo.”
“Adesso parliamo di affari.” intervenne Polly.
 
Tommy non capiva perché si trovassero fuori dall’ospedale. Ada guidava, Polly sedeva accanto a lei e lui stava dietro insieme ad Arthur.
“Perché siamo qui?”
“Tra poco capirai.” Disse Polly.
E difatti pochi minuti dopo Finn uscì dall’edificio con Ariadne. La ragazza aveva la testa e i polsi fasciati, ma camminava sicura e sorrideva anche. Tommy scese dall’auto e le andò incontro con le sopracciglia corrugate.
“Non dovevi uscire fra due giorni?”
“Ho pagato il medico e mi sono fatta dimettere prima.” Spiegò lei.
“Hai una commozione, è grave. Dovresti restare sotto osservazione in ospedale.”
Ariadne sbuffò, odiava che le venisse fatta la paternale poiché era in grado da sola di stabilire quanto grave fosse la sua condizione.
“Me la cavo, non ti preoccupare. Abbiamo del lavoro da sbrigare, e anche in fretta.”
“Tommy, Ariadne, andiamo!” li chiamò Polly.
“Mi spiegate che cosa succede? Sono confuso.” Disse Tommy.
“Ci servono armi e uomini per cacciare Changretta dalla città, quindi Ariadne ci porterà dai suoi a Camden Town per darci ciò che ci serve.”
“Chi ha tempo non aspetti tempo!” esclamò Ariadne battendo le mani.
Mentre Arthur saliva in auto con Finn, Ariadne e Tommy si ritrovarono vicini sui sedili posteriori. La ragazza allontanò la mano pur di non toccarlo.
“Sei proprio una bambina.” Bisbigliò Tommy.
“Scusami, non ti sento. Il mio cervello è troppo ben sviluppato per ascoltare le stronzate.”
“Ehi, voi due, piantatela!” li rimproverò Polly.
Ada rise mentre ingranava la marcia e sfrecciava verso Charing Cros.
 
Ariadne riconobbe subito la zona industriale di Camden Town con le alte colonne di fumo e l’odore dell’olio dei motori. Ada parcheggiò a pochi isolati dal quartiere ebreo per non allarmare troppo i residenti. Da lì proseguirono a piedi dopo l’arrivo di Arthur e Finn.
La distilleria di Alfie era sempre la stessa: mattoncini a vista, finestre sbarrate e l’insegna che indicava la vendita di farina e pane.
“Signorina Evans! Che piacere!” l’accolse la segretaria.
All’ingresso Jonah aveva piazzato una ragazza ebrea del quartiere per controllare chi entrava e usciva, per avvisare nel caso in cui si fosse presentata la polizia.
“Salve, Routh. Mi servono le chiavi dello scantinato e mi serve che Samuel scenda tra cinque minuti.”
“Come desidera. Ecco a lei!”
Routh le diede le chiavi e chiamò Samuel al telefono. Alfie aveva installato la finta panetteria al primo piano, mentre al secondo si imballava l’alcol con la farina e nello scantinato nascondeva armi e denaro.
Ariadne scortò gli Shelby al piano inferiore, infilò le chiavi nella porta blindata e girò la manovella inserendo il codice segreto di Alfie.
“Qui c’è tutto quello che vi serve.”
Finn e Arthur si fiondarono ad ammirare la parete coperta di pistole. Ada si guardò le unghie con fare annoiato. Polly e Tommy si misero in disparte a bisbigliare.
“Ancora non ci credo che Alfie ti abbia lasciato tutto.” Disse Finn.
“Alfie non mi ha lasciato niente. Mantengo i suoi affari fino al suo ritorno.”
“Pensa di tornare? Essere morto gli fa comodo.” Rifletté Ada.
“Non conosco i piani di Alfie, mi limito a eseguire i suoi ordini. Lui mi dà solo gli strumenti giusti per cavarmela.”
“Quanto vuoi per le armi e per gli uomini?” domandò Tommy.
Ariadne non lo degnò di uno sguardo, non riusciva neanche a guardarlo dopo che in ospedale aveva ridotto il loro rapporto ad una stupida amicizia.
“Quanto avete? La vostra famiglia ha perso molti soldi per colpa di Enea.”
“Diecimila sterline.” Offrì Polly.
Ariadne valutò l’offerta. Quelle armi non erano sue, anzi niente in quel palazzo era suo. Lei faceva solo le veci di Alfie, dunque doveva agire e pensare come lui.
“Quindicimila.”
“E’ una cazzo di rapina!” si lamentò Arthur.
Tommy guardò Ariadne, una parte di lui era fiero di come la ragazza avesse imparato a contrattare. Ma l’altra parte desiderava che lei lasciasse la vita criminale il prima possibile.
“Quindicimila vanno bene.”
“Tommy, non abbiamo cinquemila sterline in più.” Notò Polly.
“Le troveremo. Venderemo qualcosa di valore. Non importa.”
Tommy allungò la mano e Ariadne la strinse per suggellare l’accordo. Le loro mani rimasero strette qualche secondo di più prima di staccarsi.
“Io direi di brindare, cazzo!” disse Arthur.
Aveva tirato fuori la sua fiaschetta e stava bevendo come un ingordo, i baffi lucidi di whiskey.
“Signorina, sono qui.” Esordì Samuel dalla porta.
Era un uomo sulla trentina che Jonah aveva assicurato essere uno dei più fidati collaboratori di Alfie. Ariadne si avvicinò a lui e lo portò sulle scale per avere privacy.
“Mi servono venti uomini armati da mandare a Birmingham per aiutare i Peaky Blinders. E’ possibile?”
“Certo, signorina. Me ne occupo io. Entro sera quei venti uomini saranno a Birmingham.”
“Ti ringrazio, Samuel.”
Ariadne fece un respiro profondo e tornò dagli altri che intanto si erano scolati tutto il whiskey della fiaschetta.
“Allora?” fece Polly.
“Venti uomini arriveranno a Birmingham stasera insieme alle armi. Per il deposito dei soldi?”
“Avrai i tuoi soldi stasera. Porta i tuoi uomini da Charlie Strong.” Disse Tommy.
“Affare fatto.”
 
“Ada, posso parlarti un attimo?”
Ada consegnò le chiavi dell’auto a Polly e tornò indietro da Ariadne.
“Dimmi.”
“So che sei stata tu ad aiutare Julian e Rose. Volevo ringraziarti per averli salvati.”
“Una notte Russell ha bussato alla mia porta e in preda all’agitazione mi ha riferito che qualcuno dell’I.R.A. voleva uccidere Julian. A quel punto io e Russell ci siamo messi d’accordo per portare la tua famiglia in salvo. Stanno bene, non ti preoccupare.”
Ariadne abbracciò Ada e la strinse per mostrarle tutta la sua gratitudine.
“Non saprò mai come ringraziarti.”
“Salva Birmingham e il debito sarà saldato.” Disse Ada.
“Lo farò.”
Ada annuì e la salutò con due baci sulla guancia. Finn e Arthur sgommarono nel quartiere prima di lasciarlo per tornare a casa.
“Avevi ragione su Charlotte.” Disse Tommy.
Comparve alle spalle di Ariadne, mani in tasca e sigaretta all’angolo della bocca.
“Avevi dei boccoli troppo perfetti. Mai fidarsi di chi ha dei capelli così belli!”
Tommy abbozzò un piccolo sorriso, poi tornò serio e sospirò. Scese due scalini e si ritrovò accanto a lei.
“Non sono pronto per tornare a Birmingham. Non sono pronto per tornare ad essere Tommy Shelby.”
Ariadne si voltò e lesse negli occhi azzurri di lui una tristezza infinita. Le si spezzò il cuore perché conosceva bene la voglia irrefrenabile di fuggire da quella vita fatta di soldi e corruzione.
“Sii Tommy Shelby per l’ultima volta. Poi cambia vita.”
“Se non sono Tommy Shelby, allora chi posso essere?”
“Sii te stesso.”
 
Erano le sette di sera quando Ariadne fermò il camioncino nel giardino di Charlie Strong. La famiglia Shelby li stava già aspettando.
“Ariadne!” strillò Margaret.
Ariadne a stento trattenne le lacrime. Non vedeva la sua migliore amica da mesi. Non le aveva mai scritto per timore che Mick usasse Margaret contro di lei.
“Margaret!”
Le due ragazze si strinsero in un abbraccio commosso. L’una piangeva sulla spalla dell’altra.
“Mi sei mancata tantissimo.” Sussurrò Margaret.
“Anche tu. Come sta tua sorella?”
“Sta bene. Stiamo tutti bene.”
“Scusate l’interruzione, ma abbiamo uno stronzo da uccidere.” Disse Finn.
Le amiche si staccarono ma si tennero per mano ancora un po’ mentre gli uomini si armavano e decidevano come agire.
“Torna a casa, Margaret. Ci rivediamo presto.” Disse Ariadne.
Margaret sapeva che di lì a poco la situazione sarebbe degenerata, doveva nascondersi il prima possibile.
“Ci vediamo presto, amica mia.”
Si abbracciarono ancora prima di separarsi per chissà quanto tempo. Ariadne si asciugò le lacrime alla svelta, non era opportuno mostrarsi vulnerabile in quel momento.
“Voi restate qui, signorina?” domandò Samuel.
“Vengo con voi. Sono preparata!”
Ariadne scostò la giacca e mostrò la pistola nella fondina. Era una che Jonah le aveva procurato prima del matrimonio, nel caso avesse avuto necessità di difendersi.
“Sai usarla?” la prese in giro Arthur.
“Ho una mira perfetta. Vogliamo testarla su di te?”
Tommy, che osservava la scena da lontano, sghignazzò per la spavalderia della ragazza; una delle qualità per cui si era innamorato di lei.
“Sorridi come un ragazzino alla prima cotta. Imbarazzante.” Commentò Polly.
“Sempre gentile, Pol.”
“Dico solo la verità. Tu e lei non potrete mai stare insieme, quindi non fare il cazzone.”
Tommy inserì la sicura alla pistola con uno scatto di rabbia. Uno degli aspetti peggiori della sua vita criminale era questo: non poter stare con chi amava per non distrarsi, per non apparire debole, per non avere legami con cui essere minacciato.
“Andiamo!”
“Changretta si trova al Kirke, il locale di Byron Davis.” Comunicò Finn.
“Ci sarà da divertirsi.” Mormorò Ariadne fra sé.
 
Ariadne trasalì quando Arthur e Finn assaltarono le guardie appostate all’ingresso del Kirke. All’interno il corridoio, la sala principale e l’ufficio di Byron erano sorvegliati da altri uomini, ma per adesso l’importante era entrare.
“Prima le signore.” Scherzò Arthur.
Ariadne entrò e Tommy la seguì a ruota, fermandosi sull’uscio e tirando fuori la pistola.
“Byron la pagherà cara per aver accolto Enea.” Disse lei.
Tommy si inoltrò lungo il corridoio mentre i Peaky Blinders controllavano ogni angolo per ogni evenienza.
“Interromperai gli affari con Byron? E’ rischioso.”
“E’ ancora più rischioso da parte sua credere di potermi prendere in giro solo perché sono una donna. Se fossi un uomo, mi porterebbe più rispetto.”
L’attimo dopo due mani grosse agguantarono Ariadne per le spalle e la strattonarono. Tommy non ci pensò due volte, puntò la pistola sull’uomo e sparò. Quello cadde a terra e la ragazza si liberò dalla sua presa.
“Stai bene?” domandò Tommy.
Ariadne accettò la sua mano e si issò per rimettersi in piedi. Scrollò le spalle come a volersi togliere di dosso le manacce di quell’omone.
“Sì, sì, sto bene. Grazie.”
“Tommy!” disse Arthur toccandosi l’orecchio.
Era un segnale dei soldati: ascolta. Tommy si mise in ascolto e udì numerosi passi che andavano verso di loro.
“Gli uomini di Byron stanno arrivando. Tenetevi pronti.”
Ariadne si ritrovò incastrata fra Tommy e Finn. I Peaky Blinders e gli uomini di Camden Town avevano formato una specie di testuggine, coltelli e pistole sguainate, espressioni feroci.
Pochi secondi dopo Byron Davis comparve scortato da una trentina di uomini armati di fucili.
“Chi non muore si rivede, eh.”
“Già, peccato che quello morto non sia tu.” Disse Ariadne.
Tommy le diede una leggera gomitata sul braccio come a farle notare che usare il sarcasmo non era d’aiuto.
“Sappiamo che sei in combutta con Enea. Se ce lo consegni, ti lasceremo in vita.”
“Enea è un amico, non posso consegnarlo. A meno che non ci sia una bella somma di denaro per me.”
“Il denaro che ottieni grazie al mio alcol è più che sufficiente.” Disse Ariadne.
“Potrei averne di più!” esclamò Byron.
Tommy abbassò la pistola e fece un passo avanti, la mascella irrigidita e lo sguardo infuriato. Indossava di nuovo uno dei suoi completi eleganti, Polly glielo aveva portato da Birmingham. Ma la barba e i capelli erano ancora lunghi, dunque era un mix fra Tommy Shelby il capo-gang e Tom il pescatore.
“In questo preciso istante c’è un cecchino con il fucile puntato su di te. Se non ci consegni Enea, ordinerò al mio uomo di spararti nel cranio.”
“Non è possibile. Non ci sono finestre nel mio locale attraverso cui possa passare un proiettile.”
“Ne sei sicuro? Se ti piace rischiare, va bene.” disse Tommy.
Byron rise e una risata generale si diffuse anche fra i suoi uomini. Ariadne non capiva cosa stesse succedendo, ma notò un ghigno furbesco sotto i baffi di Arthur.
“Byron, consegnaci Enea e ti dimezzo il prezzo dell’alcol.” Propose Ariadne.
“Sei una bambina sciocca. E sei anche stupida. Ecco cosa succede quando ti sposi e perdi il controllo sugli affari.”
“Di che diamine stai parlando?”
Byron lanciò uno sguardo oltre le spalle della donna. Un istante dopo Samuel puntò la pistola sulla nuca di Ariadne.
“Abbassa quella pistola adesso.” Lo minacciò Tommy.
Poiché Samuel non accennava alla resa, Tommy e Arthur gli puntarono le pistole alle tempie. Samuel non tentennò, anzi si aprì in un ampio sorriso.
“Non potete uccidermi. Se voi sparate a me, io sparo a questa stronza e moriamo entrambi.”
Tommy dovette abbassare l’arma, consapevole che era vero che Ariadne sarebbe morta. E non poteva permettersi di perdere una delle persone più care della sua vita. Non poteva perdere la donna che amava.
“Quindi avete tramato tutti alle mie spalle.” Sentenziò Ariadne.
Byron tirò fuori dalla tasca un sigaro, lo accese e si sedette su una poltroncina dell’ingresso.
“Mentre tu eri occupata a fare la mogliettina, io e Samuel abbiamo fatto un accordo. Lui comanda Camden Town e mi vende l’alcol a metà prezzo.”
“Che fine ha fatto Jonah?” chiese Ariadne, preoccupata.
“Chiedilo alla vedova Shelby.” Rise Byron.
Fu quella la miccia che incendiò la rabbia di Tommy. Non solo stavano attaccando Ariadne, ma addirittura erano arrivati a Lizzie e ai bambini.
“Addio, Byron.”
Tutto accadde in breve tempo. Tommy spinse Ariadne mentre Finn si piegava sulle ginocchia e Arthur sparava.
Byron scivolò sul pavimento con un buco sanguinante sulla fronte. I suoi uomini, troppo scioccati dall’accaduto, non ebbero tempo di reagire. I Peaky Blinders spararono su di loro una raffica di proiettili.
“Vai! Allontanati!” gridò Tommy.
Ariadne strisciò sul pavimento fino a nascondersi dietro ad una colonna, al riparo da tutto il trambusto. Urla, sangue, polvere da sparo riempivano l’ria rendendole impossibile respirare.
“Eccoti, puttanella!”
Un uomo di Camden, uno di quelli che si occupavano degli imballaggi, afferrò Ariadne per la caviglia. Lei si dimenò invano, la presa del vecchio era forte.
“Non oggi, bastardo!”
Ariadne nella foga del momento gli tirò un calcio in bocca che costrinse l’uomo a rotolare via. Recuperò la pistola dalla fondina e premette il grilletto. Il sangue le schizzò sui vestiti e sui capelli.
“Ariadne? Ari?”
Ariadne tornò alla realtà quando sentì le mani di Tommy stringerle le spalle. Soltanto allora si accorse che era piombato il silenzio. Gli uomini di Byron erano tutti morti; alcuni Peaky Blinders erano feriti ma salvi; un paio di uomini di Camden Town avevano riportato ferite gravi.
“Ho ucciso una persona.” Sussurrò Ariadne.
Tommy cercò di pulirle i sangue dai ricci, anche se ormai si stava seccando e andava solo lavato.
“Ti sei difesa.”
“Ho ucciso una persona. Di nuovo.”
 
 Tommy si lavò le mani e lavò il coltello con cura. Enea Changretta era stato recuperato e portato su una delle barche di Charlie Strong. Arthur aveva imboccato la via del canale che portava fuori città così che nessuno sentisse le grida di Enea. Intanto a Birmingham Finn e il resto della banda cacciavano gli intrusi e si riprendevano il controllo.
“Allora, c’è qualche informazione che vuoi condividere?” riprese Tommy.
Aveva inciso la guancia di Enea col coltello, il taglio sanguinava e presto avrebbe preso infezione. Sperò che bastasse per farlo crollare.
“Uccidetemi prima che lo faccia Mick.”
“Mick ha altri problemi di cui preoccuparsi.” Disse Arthur.
Tommy premette la punta del coltello alla gola di Enea e lo squadrò da capo a piedi.
“Ti conviene parlare, altrimenti ti squarterò pezzetto dopo pezzetto fino a ridurti ad un mucchio di sangue e ossa.”
 
Margaret spazzolava i ricci bagnati di Ariadne lentamente, accarezzandoli a mo’ di conforto. Finn aveva accompagnato Ariadne a casa di Margaret, affidandola alle sue premurose cure.
“Come ti senti?”
“Sto bene. Ho appena ucciso un uomo ma sto bene. Che razza dimostro sono?”
Ariadne distolse lo sguardo dallo specchio, quasi temeva che le spuntassero le corna da diavolo.
“Quel tizio voleva ucciderti. Ti sei giustamente difesa!”
“E quanta altra gente dovrò ancora uccidere per difendermi? Questa vita mi sta trasformando in una assassina.”
Ariadne non provava pentimento per aver ucciso il padre, del resto lo aveva fatto per proteggere Julian. Ma più andava avanti, più si immergeva nella vita criminale, più sentiva di perdere se stessa.
“Prima o poi abbandonerai questa vita.” disse Margaret.
“E tu? Sposando Finn ti metterai nei guai.”
Margaret lasciò la spazzola e si sedette sul letto, di fronte all’amica.
“Non sposerò Finn. Ho deciso di lasciarlo. Ho saputo che a Manchester apriranno una casa di moda e hanno bisogno di sarte. Io e mia sorella vorremmo trasferirci e lavorare lì.”
“Oh, Mag, sono felicissima! Tu e tua sorella meritate una simile occasione d’oro!”
Ariadne abbracciò la biondina, era sinceramente contenta che almeno lei avesse trovato una via di fuga.
“Sai, in parte è anche merito tuo. Ho saputo di Manchester da Betty, la ragazza delle suffragette. Mi sono unita a loro un paio di mesi fa, ovviamente non lo sa nessuno. Mi hanno aperto la mente sul mio ruolo di donna. Posso scegliere come vivere, posso cavarmela da sola senza appoggiarmi ad un uomo. Io posso farcela!”
“Sì, tu puoi farcela!  Noi donne possiamo farcela!” ripeté Ariadne.
Il loro abbraccio fu interrotto dalla porta che si apriva. Il viso tondo di Cindy si affacciò con un piccolo sorriso.
“Ariadne, ci sono visite per te.”
Ariadne alla svelta indosso i vestiti che Margaret le aveva prestato e scese di corsa in salotto. Le si riempirono gli occhi di lacrime per la gioia. C’era tutta la sua famiglia: Julian e Rose, Eric, Barbara con un fagottino tra le braccia e Agnes. Alle loro spalle c’era anche Jonah.
“Signorina Evans, la sua famiglia è al sicuro. Come promesso.”
Ariadne gli strinse entrambe le mani e gli sorrise riconoscente.
“Sei il miglior braccio destro che esiste, Jonah.”
“Fatti stritolare!” esultò Julian.
Ariadne si ritrovò nella morsa delle braccia di Julian, invasa dal suo tipico odore di dopobarba e sciroppo di mele. Anche Eric si unì all’abbraccio, e Ariadne gli cinse la vita per aiutarlo a stare in piedi. Al gruppo si avvicinò Barbara e scostò la copertina per mostrare a tutti un visino tondo e paffuto.
“Lei è nostra figlia, è nata due settimane fa. Si chiama Emily Ariadne Evans.”
Ariadne si commosse e si abbandonò ad un pianto commosso. Era bello che suo fratello e sua cognata avessero chiamato la piccola col suo nome. Prese in braccio la piccola e le diede un leggerissimo bacio sul nasino.
“Benvenuta al mondo, Emily. E benvenuta in questa famiglia di pazzi.”
“Di pazzi estremamente affascinanti.” Aggiunse Julian.
“Speriamo che non prenda da Julian il brutto carattere.” Scherzò Rose.
“Colpito e affondato, fratello!” disse Eric.
“Che ne dite di una bella cena tutti insieme?” consigliò Margaret.
“Cucino la mia specialità!” disse Julian.
“Tu non hai una specialità!” lo rimbeccò Barbara.
Ariadne per un momento rimase contro lo stipite della porta ad ammirare quella scena per imprimere nella mente ogni singolo dettaglio. Era lì con la sua migliore amica, i suoi fratelli, le sue cognate e le sue nipoti, e c’era anche il suo braccio destro. Sorrise di gioia perché in quella cucina minuscola c’era tutta la sua vita, le persone a cui voleva bene e per cui avrebbe sacrificato se stessa.
Era tutto perfetto, mancava soltanto l’uomo che amava.
 
“Me la sono svignata quando ho capito che Camden Town era compromessa. Ho raggiunto Eric in Svizzera e mi sono nascosto là per due settimane.”
Jonah e Ariadne a fine cena si erano spostati all’esterno per poter discutere di affari. La ragazza buttò fuori il fumo della sigaretta e scrollò la cenere, e forse sperava anche di poter scrollare i pensieri negativi.
“Alfie lo sa?”
“Sì, infatti nei prossimi giorni tornerà a Londra. La sua copertura è saltata e ha bisogno di proteggere i suoi guadagni.”
“Quindi il mio accordo con lui è concluso?”
“Non lo so, signorina. Gli spedirò una lettera per chiederglielo.” Rispose Jonah.
“Bene. Lizzie e i bambini?”
“Sono al sicuro in una casa degli Shelby fuori città. Finn li ha scortati là qualche giorno fa.”
“Almeno Birmingham è libera adesso. I Peaky Blinders possono tornare.” Disse Ariadne.
Jonah si alzò dalla panchina e si spazzolò i pantaloni eleganti, riusciva ad essere sofisticato anche da fuggitivo.
“Perciò ora possiamo concentrarci solo su Mick King. Ho fatto quello che mi ha chiesto. E’ tutto pronto.”
“Conserviamo quella carta ancora per un po’. Ci sono altre questioni in ballo.”
“Di che tipo?”
“Siediti, Jonah. Devo parlarti di Tyler Nolan.”
 
Tornare al Garrison era stato come tornare a casa dopo la guerra. Tutti i Peaky Blinders e gli amici degli Shelby si erano precipitati al pub non appena si era sparsa la voce che Changretta era stato spodestato.
Adesso Tommy sedeva nel loro solito privé con una bottiglia di whiskey appena stappata e un bicchiere polveroso. Fissava il liquido ambrato e nella sua mente li associava agli occhi di Ariadne. Aveva rischiato di perderla di nuovo, ecco perché gli tremavano le mani e non riusciva a versarsi da bere.
“Vuoi che il whiskey invecchi di trent’anni?”
Polly si chiuse la porta alle spalle e si lasciò cadere sul divanetto con un sospiro di sollievo; era stanca ma non avrebbe dormito dopo quella vittoria eclatante.
“Magari invecchio anche io e mi ritiro.”
“Tommy Shelby ha intenzione di ritirarsi?”
Tommy sbuffò e si rigirò il bicchiere fra le mani. Era esausto. Non era più abituato a quella azione dopo mesi di vita pacifica.
“Sono stanco, Pol.”
“Lo so. Noi due abbiamo dato tutto a questa famiglia e a questa città.”
“Ma non è ancora finita.” Disse Tommy.
Polly volse gli occhi alla luna piena attraverso la finestra, quella notte gli spiriti l’avrebbero contatta per raccontarle segreti e svelare misteri.
“Il mese scorso, durante il plenilunio, lo spirito di tua madre mi ha detto che eri ancora vivo. Mi ha detto anche che secondo lei eri sereno.”
“Serenità, roba sconosciuta.”
Tommy si grattò la nuca, una sensazione di stanchezza e tristezza gli strisciava addosso come una biscia velenosa.
“Tu vorresti essere sereno con una certa rossa al tuo fianco.” Lo schernì Polly.
“Ma piantala.”
“Lo vedo come guardi Ariadne. Hai addirittura finto la tua morte per restare a Londra, e lo sappiamo entrambi che sei rimasto là per Ariadne. Volevi proteggerla.”
“Ma Ariadne si protegge da sola. Non ha bisogno di me.” Ammise Tommy.
“E’ vero che se la cava da sola. Però è anche vero che ti guarda con gli occhi innamorati.”
Polly notò il piccolo sorriso di Tommy. Per lei era ancora quel ragazzino di sedici anni che le dava un bacio prima di andare a spalare il letame per Charlie Strong; era ancora il suo bambino.
“Io e lei andiamo in due direzioni opposte.”
Tommy trasalì quando la zia gli prese la mano e la strinse fra le proprie.
“C’è una cosa che ho imparato nella vita: sopravvive al tempo solo ciò che conta davvero.”
In quel momento Tommy sperò con tutto se stesso che lui e Ariadne sopravvivessero al tempo più di ogni altra cosa o persona nella sua vita.
 
“Qual è il piano? Devi averne uno.” Disse Eric.
Mentre tutti erano andati a dormire, lui e Ariadne si erano intrattenuti in salotto con una tazza di camomilla. Parlavano a bassa voce alla luce fioca di una lampada.
“Ho un piano, ma deve restare segreto perché funzioni.”
“Riguarda anche nostra madre?”
Nonostante Eric non fosse figlio di Marianne, continuava a chiamarla ‘mamma’ dopo tutto il tempo trascorso insieme. Ariadne, invece, desiderava non essere figlia di quella donna meschina.
“Nostra madre sarà un problema. Le ho promesso che le avrei consegnato Birmingham, quindi adesso che la città è di nuovo nelle mani degli Shelby anche grazie a me…”
“Lei si vendicherà in modo crudele e subdolo.” Proseguì Eric.
“Già. Però non è lei il mio problema principale. Devo prima togliermi Mick dai piedi.”
“Ti farai aiutare dai Peaky Blinders?”
“No, è una faccenda privata. Riguarda me soltanto. Sono io che devo combattere i miei mostri.”
Ariadne avvolse le dita intorno alla tazza calda per trarre un pizzico di conforto. I giorni successivi sarebbero stati duri e lei doveva essere pronta a tutto.
“Ci pensiamo io e Julian alla mamma. La possiamo distrarre mentre tu ti occupi di Mick.”
“Lo faresti davvero? Tu e Julian non volete avere a che fare con la mamma.”
Eric si alzò grazie al bastone e si sedette accanto alla sorella, cingendole le spalle con il braccio.
“Sei nostra sorella, Ari. Io e Julian faremmo qualsiasi cosa per te. Ti abbiamo lasciata da sola, abbiamo lasciato che sposassi Mick per ripagare un debito che ho contratto io, abbiamo lasciato che Nolan ti rapisse. Non posso più permettere che tutto ciò accada ancora.”
“Va bene allora. Voi pensate alla mamma e io penso a Mick. Tutto dovrebbe concludersi in pochi giorni.”
“Ce la faremo.” Disse Eric.
Ariadne appoggiò la testa sulla spalla del fratello con un sospiro. Nonostante fosse circondata dalla famiglia e dagli amici, si sentiva terribilmente sola.
 
 
Salve a tutti! ^_^
Finalmente Ariadne ha ritrovato la sua famiglia e Tommy ha riconquistato la sua città, però questa pace durerà molto poco…
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
  
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