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Autore: The Princess of Stars    29/09/2022    1 recensioni
Si dice che le nostre scelte vengano influenzate da quello che ci succede e chi ci sta intorno, i rapporti che creiamo e come affrontiamo le sfide. Sappiamo già come Nihal della Terra del Vento sia giunta a scegliere la via della guerra invece di un'esistenza semplice come pretesa dalla sua società. Ma come sarebbero andate le cose se, nel momento più buio della sua vita, Nihal avesse incontrato qualcuno che credesse davvero in lei fin da subito? Come si sarebbe sviluppato il loro rapporto? Ci sarebbe stato poi posto per Sennar? In questa storia vi racconterò di come Nihal divenne Cavaliere di Drago quando la sua strada si incrociò con quella Samael, un cavaliere ribelle che come lei cercava sé stesso.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nihal, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Combatti senza corazza?”

“Preferisco così”

“Fa come credi… E tu, ragazzo? Anche tu fai lo strano con l’armatura?”

“Io la indosso”

“Almeno uno di voi ha un po’ di sale in zucca” Ido volse gli occhi verso Albedo.

“E la sella?”

“Mi dà fastidio e dà fastidio ad Albedo”

“Mi rimangio quello che ho detto…” e lo gnomo si diresse verso Vesa “Nihal, conosci il piano e sai cosa devi fare. Samael, lo stesso vale per te. Fammi vedere cosa sai fare” Samael annuì e lui e Nihal presero posizione per iniziare l’attacco. Non si rivolsero la parola, né si guardarono. Ido sospirò era una ricetta per il disastro. Li aveva sentiti la notte prima. Era difficile non farlo. Sperava che quella conversazione li smuovesse un minimo e invece sembravano più distanti che mai. Nihal però non riuscì a non guardare Albedo. Quel drago era stupendo e le suscitava molta curiosità. La sua pelle ricoperta da quelle scaglie nate per essere verdi ma che il fato aveva deciso dovessero essere candide, aveva due cicatrici: una sull’ala e una sul muso vicino a quello che si può definire il ‘labbro’ del drago. Corrispondeva esattamente ad una piccola scaglia di drago, quella che portava al collo Samael. Non l’aveva mai vista con la sella, era libera come il suo cavaliere. Non pensava che potessero esistere i draghi albini eppure eccola lì. In più Samael cavalcava un drago femmina, cosa che non faceva nessuno. Si diceva che le femmine di drago fossero troppo imprevedibili per essere delle cavalcature affidabili. Eppure era lì ed era il drago di Samael. Il figlio del Generale Supremo che sceglie come compagno un drago destinato ad essere un reietto. Non doveva aver fatto piacere a Raven la cosa. Samael le aveva promesso che le avrebbe fatte conoscere, ma quel momento non è mai arrivato, si era rovinato tutto prima che potesse succedere.

Ido e Samael presero il volo. Il maestro osservando la situazione dall’alto e l’attendente seguendo gli ordini e volando più avanti aprendo la marcia. Nihal li seguiva dal basso marciando con gli altri soldati silenziosa come un gatto. Quando Samael ordinò ad Albedo di aprire la strada con la prima fiammata seguiti da Ido che guidava le truppe con fermezza, Nihal partì alla carica come una furia. Scatenò tutta la sua rabbia, il suo dolore, la sua voglia di vendicarsi in quella battaglia, uccidendo nemici e compiendo una strage quasi completamente da sola. Se a terra Nihal si distingueva tra i soldati per la foga e l’abilità, in cielo, dopo quella fiammata Samael si limitava a volteggiare. Albedo era irrequieta. Il drago fremeva per buttarsi nella mischia e volare come aveva sempre fatto. Fin da cucciola volava in quel modo per mostrarsi alla pari dei suoi simili e aveva trovato un sostegno in quel giovane che si era preso cura di lei quando altri l’avrebbero lasciata al suo destino. Ogni qual volta che Albedo sembrava volersi lanciare in una qualche evoluzione aerea, Samael stringeva le gambe tirandole la testa verso di sé per intimarle di fermarsi.
Il ragazzo non lasciava Nihal un momento, ma Albedo lo sentiva, sentiva paura. Non aveva mai sentito quell’odore provenire dal suo cavaliere.

“SAMAEL! CHE DIAMINE FAI?! CARICA IL FIANCO SINISTRO! FORZA!” gli ordinò Ido. Il ragazzo non diede cenno di reazione.

“SAMAEL! VIRA E BRUCIA IL FIANCO DELLA CAVALLERIA!”

No… è una curva troppo rischiosa e lascerei Ido scoperto… catapulte…

“SAMAEL DANNAZIONE! MUOVITI!”

No…se ci sono catapulte… sanno come volo, perché non mi attaccano? Poi il ragazzo posò nuovamente lo sguardo tra i soldati e la marea nera e vide Nihal. Era sola in mezzo ai fammin e combatteva come una furia, perfettamente in traiettoria della cavalleria del Tiranno in avvicinamento. Samael smise di pensare. Sarebbe stata travolta o sopraffata per il numero di nemici. Doveva agire.

“Andiamo Albedo!” strinse le gambe e si abbassò. Il drago emise un ruggito e aumentò la velocità del volo. Non aspettava altro. Nihal si vide Albedo planare sopra la testa a pochi metri, tanto che se non si fosse abbassata si sarebbe schiantata a terra per lo spostamento d'aria come i fammin intorno a lei. Il drago riprese quota virando quasi perpendicolarmente per poi sputare delle lingue di fuoco che seminarono panico e distruzione tra le truppe fammin. La cavalleria venne lambita dalle fiamme sparpagliandosi e perdendo la sua carica, chi in fuga e chi arso vivo. Ido aveva lasciato andare Vesa a disseminare distruzione da solo e aveva raggiunto le truppe combattendo a terra. Samael invece rimase in aria volteggiando con Albedo sopra la testa di Nihal. La ragazza alzò lo sguardo e vide il giovane governare il drago con maestria, ma per poi atterrare nelle sue vicinanze. Samael scese da Albedo a seguito di una fiammata e il drago. Un fammin ebbe la malsana idea di attaccarlo alle spalle, ma Samael si girò e fece volare la testa dell’essere a diversi metri, estraendo la spada. Prese lo scudo dalla schiena e iniziò ad aprirsi la strada intorno a Nihal, dandole supporto, dimezzando lentamente i nemici che la incalzavano e aprendole grazie ad Albedo delle vie di fuga se fossero diventati troppi. Non ci misero troppo a finire schiena a schiena. Si mossero in maniera coordinata, uccidendo nemici uno dopo l’altro. Vedere Samael combattere era strano, la spada sembrava poco funzionale con lo scudo, eppur lui la muoveva senza problemi, leggiadra e resistente, sembrava tagliare l’aria prima dei nemici. Nihal poi percepì qualcosa dalla lama. Magia. Ne era certa, ma non si soffermò molto tanto era concentrata sullo scontro. Quando la zona intorno a Nihal fu abbastanza ripulita, Albedo planò su di loro e Samael, coordinatissimo con il drago, le saltò su una zampa tornando in aria.

La battaglia fu vinta molto facilmente. Nonostante la marea nera fosse decisamente più numerosa delle truppe, l’assedio venne sventato. Non si aspettavano due draghi. Albedo e Vesa furono la carta vincente. Una vittoria facile: poche perdite, molti prigionieri. Ido tuttavia era furioso. Quando Samael atterrò nuovamente non molto distante da Nihal, lo gnomo gli andò sotto prendendolo di petto.

“Tu spilungone! Che diamine ti sei messo in testa?! Dovevi volare e sei stato a fluttuare come se fossi in passeggiata! Hai lasciato tutto il fianco scoperto! E tu saresti un Cavaliere esperto?!” tuonò lo gnomo.

“Signore, stavo dando supporto-”

“-A una persona! Non stavi dando supporto alle truppe anche quando avresti potuto! Cavaliere ribelle dei miei stivali! Sei un gattino spaventato che si veste da leone! Non pensare che non sa andato a chiedere informazioni o che le storie su di te non girino ragazzo! E’ pericoloso perché spericolato! Si muove in maniera imprevedibile! Vola come fosse lui il drago! Cialtronerie! Direi che sei pericoloso perché non voli, sei prevedibile, sei troppo cauto e non ti occupi dei tuoi compagni! Forse dovrei pensare che sei diventato Capitano solo per le letterine di papà?”

“Adesso basta, Ido!” sbottò Nihal “Samael è un ottimo cavaliere! Non ha bisogno di Raven per-”

“-Con te faccio i conti dopo, signorinella! Non pensare che non abbia qualcosa da dire anche a te”

“Ha ragione” disse Samael con la voce nuovamente piatta. Ido e Nihal si voltarono nuovamente verso di lui “Non ho eseguito gli ordini. Non ero in una posizione favorevole”

“Non eri in una- Dei Santissimi, ragazzo! Avevi campo aperto! Non mi prendere in giro!”

“Eccolo è lui!” sentirono una voce emergere tra la folla di soldati che si era andata a formare. Era uno dei luogotenenti del plotone di supporto. Marciava verso Samael, furibondo. Non aveva nemmeno guardato Ido. Nonostante la differenza di statura andò sotto a Samael spintonandolo. Il ragazzo oppose solo resistenza ma non reagì. Fece solo un cenno ad Albedo di stare ferma, poiché il drago già aveva iniziato a ringhiare.

“Tu dovevi darci supporto, dannazione! Dove cazzo eri, bastardo?!”

“Tenente, rimani al tuo posto!” Ido provò ad intervenire, ma la sua statura gnomica stavolta era un impedimento.

“Dovevi farci un muro di fiamme per supportarci! Per quale cazzo di motivo non hai ordinato al tuo drago di fare fuoco, eh?”

“Non ero in una posizione favorevole” l’uomo lo spintonò di nuovo.

“Posizione favorevole un cazzo! Avevi campo aperto!”

“Ehi! Falla finita! Ido è al comando, non sta a te cazziarlo!” Nihal provò a mettersi in mezzo, ma l’uomo la spinse via verso Ido.

“TU STANNE FUORI, RAGAZZINA!” Samael si frappose tra l’uomo e Nihal.

“Non ti azzardare a toccarla o a rivolgerti a lei così. Chiaro?”

“Uomini! Basta così!” I due ignorarono lo gnomo.

“Samael, smettila! Non ne vale la pena” Nihal provò a farlo ragionare, ma vide negli occhi di Samael quella stessa rabbia che aveva visto nel suo stanzino quando era stata aggredita. Non sarebbe finita bene. Il tenente gli diede un’altra spinta, sentendosi spalleggiato da alcuni degli uomini.

“Forza parla! Per quale cazzo di motivo non hai ordinato al tuo drago di fare fuoco?! Per colpa tua ho perso cinque uomini! Perché non hai dato l’ordine, eh?! Sei un vigliacco! Dovevano congedarti con disonore quando hai ucciso il Cavaliere Fen! Raccomandato del cazzo!” Nihal stava per sguainare la spada e attaccarlo ma, si paralizzò dalla luce negli occhi di Samael che scattò e in un attimo prese il tenente per la collottola, sollevandolo con tutta l’armatura alla propria altezza.

“Ordinerò ad Albedo di fare fuoco quando io lo riterrò il momento e io sarò pronto! Chiaro?!” gli ringhiò con un tono talmente basso e gelido che perfino Ido sentì i pelucchi dietro al collo alzarsi con un brivido.

“Però per dare manforte alla tua sgualdrinella con le orecchie a punta eri pronto, vero?” In un attimo l’uomo rovesciò indietro la testa con un fiotto di sangue dal naso e un secondo dopo una mano di Samael gli stringeva la gola, mentre la schiena dell’uomo era inarcata pericolosamente sulla sua gamba e un braccio era bloccato in quello di Samael in una leva. Se avesse deciso di gravargli sul collo gli avrebbe rotto la schiena.

“Tu non hai idea con chi hai a che fare…” Fu poi Samael ad indietreggiare con un fiotto di sangue dal labbro. Ido lo aveva colpito con la spada, usando tutto il fodero. Samael lasciò l’uomo arretrando e Nihal si mise in mezzo.

“ADESSO BASTA! Sono io il comandante di questo plotone! E non tollererò questi comportamenti infantili e pericolosi tra i miei uomini” tuonò lo gnomo “Tenente, rimanete al vostro posto. Quegli uomini sono caduti come guerrieri coraggiosi. L’orda, benché in ritardo è stata dimezzata. Non addossate ai vostri compagni colpe che non hanno e soprattutto se c’è da cazziare qualcuno quello è compito mio e basta. Chiaro?” L’uomo tossì, tenendosi il naso.

“Sì, Cavaliere” e poi guardò Samael “Ma lui non è un mio compagno” e tornò verso i commilitoni. Samael non rispose. Sembrava che quella botta sul volto lo avesse risvegliato. Ido si rivolse nuovamente verso di lui.

“Che ti ha preso, Samael? Sei impazzito?!” sentì Nihal sibilargli arrabbiata. Lui non le rispose.

“Nihal, portalo in tenda. Finiremo di parlare lì. Uomini si torna al campo!” disse Ido. Fu allora che vennero fermati da quello che sembrava essere il capo del villaggio e altri cittadini che avevano sostenuto l’assedio. Non dovettero tornare al campo. I soldati furono invitati all’interno della città a festeggiare la vittoria e accolti come degli eroi. Ido accettò l’invito e lui, Nihal e Samael alloggiarono da un mercante che gli offrì ospitalità. Quella sera ci fu baldoria in piazza, con danze e un banchetto improvvisato, con i pochi viveri disponibili, dalle donne battagliere del luogo, che avevano infuso nel cibo tutta la loro riconoscenza per quei soldati.
Nihal non partecipò all’euforia. Tutto quello che voleva era combattere ancora, uccidere altri nemici. Anche nel bel mezzo della festa non riusciva a pensare ad altro. Ripensò alla battaglia e ripensò a Samael. In particolare a quella rissa che la spada infoderata di Ido aveva sventato e di come il suo ex maestro non fosse più lo stesso dalla morte di Fen. Li aveva visti volare insieme e la strigliata di Ido, per quanto furiosa, non aveva sbagliato un punto. Samael era diventato pericoloso, ma stavolta per gli altri oltre che per sé stesso. Eppure per lei c’era. Si era lanciato in suo supporto ed era rimasto finché Nihal non fosse stata di nuovo in grado di gestire lo scontro da sola. Poi pensò alla discussione tra lui e Ido che aveva sentito uscendo dalla stanza.
 

 
“Io spero vivamente che tu capisca la posizione in cui ti trovi” aveva esordito lo gnomo “Beh? Che succede? Adesso non rispondi più?” Nihal non riuscì a sentire la risposta.
“Samael, forse non ti è chiara la situazione. O inizi a comportarti come un cavaliere oppure io ti faccio congedare con disonore. È questo quello che vuoi?!” anche lì non riuscì a sentire la risposta.
“Non mi importa Samael! Tu non ti sei comportato da cavaliere, ma da bambinetto spaventato! Dimmi un po’, per cosa combatti?! E non provare a sparami palle” Sentì borbottare di risposta.
“Bene. E poi dopo? Nihal non avrà bisogno di te per sempre e adesso con te in questo stato non ha bisogno affatto! Sai cosa ho visto in questi giorni? Due barili d’olio con una fiaccola molto vicina pronta a farli esplodere cosa che prima o poi succederà con questo atteggiamento!” ci fu un momento di silenzio. Da lì Ido aveva abbassato la voce “Eppure… avuto bisogno… da parte il risentimento… a vicenda. Questo voglio vedere… se non… Fen”
 


Non aveva più sentito nulla se non la porta aprirsi poco dopo e i passi di Ido allontanarsi. Il suo treno di pensieri venne interrotta dalla mano di un ragazzo, uno scudiero piuttosto giovane, che le offrì di ballare con lui. Arrossì. Non aveva mai ballato prima. Era a prima volta in cui qualcuno… no, non era la prima volta in cui qualcuno la trattava da donna. Già qualcuno le aveva dato delle attenzioni trattandola da donna. Già una persona si era relazionata con lei prima con la donna che era e poi con il guerriero che stava diventando. Quella persona si trovava dall’altro lato della piazza e più di una volta Nihal aveva evitato il suo sguardo e più di una volta lo vide circondato da delle ragazze che tentavano di tirarlo nelle danze, ma aveva sempre rifiutato. I suoi occhi tornavano sempre verso di lei e viceversa, entrambi assorti nei loro pensieri e solitudine.

Guardò la mano del giovane che le sorrideva incoraggiante.

Declinò l’invito del ragazzo e rimase assorta nei suoi pensieri, ogni tanto guardando verso l’ombra di quello che era Samael. Sembrava benché la sua figura imponente e vestita con abiti a modo loro eleganti, con una bella camicia bianca portata, come suo solito, con le maniche arrotolate fino al gomito, una fusciacca nera di raso in vita dello stesso colore dei pantaloni sistemati ordinatamente negli stivali di cuoio neri, gli mantenessero quell’aria austera e fascino da cavaliere; i capelli arruffati, la barba incolta e il viso stanco, lo facevano sembrare più un prigioniero di guerra che un eroe. I suoi occhi erano vuoti e pensierosi. Era seduto talmente immobile che se non fosse stato per il movimento meccanico del sorseggiare dal suo boccale una volta ogni tanto, lo si poteva scambiare per una statua. Si muovevano solo i suoi occhi che taglienti si volgevano verso Nihal, che a sua volta rivolse lo sguardo altrove. Quando lo posò nuovamente su di lui, Samael non era più seduto al tavolo, ma era in mezzo alla piazza a danzare con le ragazze del villaggio. Nihal non poté fare a meno che sentire un moto di fastidio a quella improvvisa allegria, ma tentò di scacciarlo. Se era il suo modo di non pensare e sentirsi meglio lei non era nessuno per sindacare. Sentì la mano di Ido posarsi sulla sua spalla e bisbigliare all’orecchio di doverle parlare.
Andarono sotto un porticato dove Nihal per la prima volta assaggiò la birra, bevanda preferita dagli gnomi. Ido naturalmente aveva notato la sua mancanza di voglia di partecipare alle festività e le fece prontamente notare di non essere la sola.

“Mi sembra che lui si stia divertendo…” rispose Nihal.

“Davvero? Guardalo bene. Ti sembra allegro?” disse lo gnomo. Nihal lo guardò meglio e sentì un vuoto. No. Non era allegro. C’era ma non c’era. Cercava di allontanarsi, ma ogni volta che incrociava lo sguardo di Ido, lo abbassava e riprendeva le danze.

“Lo hai obbligato tu?” chiese Nihal.

“Sì. Sono sicuro che sia diventato capitano per propri meriti. Quando ti è venuto in supporto ha fatto una manovra molto complicata. Un cavaliere alle prime armi una virata del genere non la fa, tantomeno senza sella. Voi due siete molto più simili di quanto pensi. Dimmi un po’, cos’è che vi lega?”

“È stato il mio maestro”

“Non prendermi in giro. Se è stato solo il tuo maestro non staresti così e non ti saresti lanciata  per fermarlo dall’iniziare una rissa oggi” Nihal sospirò.

“E’… Era… non lo so… so solo che fino ad un mese fa volevo renderlo orgoglioso nel diventare cavaliere… e mi piaceva passare il tempo con lui… all’Accademia non stavo bene. Samael non mi ha mai fatta sentire sola, al contrario… mi ha allenata come fai tu, ma quando eravamo soli non mi ha mai fatto mancare niente di quello di cui avevo bisogno”

“Hm… quindi perché ce l’hai con lui?” Nihal abbassò lo sguardo

“Io non ce l’ho più con lui… è lui che è arrabbiato con me”

“Perché?” sorseggiò la birra mentre Nihal guardò nel suo boccale.

“Perché quando aveva bisogno lui di me io non c’ero…”

“Eppure non ha esitato a venirti in supporto e ad inalberarsi ai toni del Tenente prima… e nemmeno tu hai esitato ad aiutarlo” sorseggiò la birra “A proposito di prima. Ti ho guardata con attenzione mentre combattevi, o meglio vi ho guardato entrambi” Nihal non riuscì a trattenere un sorriso e si preparò a ricevere lodi sperticate.

“Se non mentre combattevate insieme, non mi siete piaciuti. Tu non mi sei piaciuta, Nihal” Il sorriso le morì sulle labbra.

“Ho sbagliato qualcosa?”

“No. È il tuo modo di comportarti in battaglia che è sbagliato tanto quanto quello di Samael”

“Non capisco…”

“Lui è un cucciolotto spaventato. Non vola e diventa un intralcio, non guarda gli altri, pensa troppo e poi esplode in scatti d’ira se qualcuno osa sfiorare te. Tu invece ti butti nella mischia senza guardare in faccia a nessuno con l’unico pensiero di distruggere tutto quello che ti si para sul tuo cammino, che guarda un po’ è esattamente come si comporta Samael quando combatte con te. Per un qualunque fante può essere efficacie, ma un cavaliere non combatte così”

Nihal aveva provato a controbattere, ma Ido le smontava ogni obiezione punto per punto. Lei si lasciava trascinare in battaglia, aveva una sete di sangue inestinguibile. Combatteva riversando nello scontro tutto il suo odio e lo stesso faceva il ragazzo a lui affidato. Sembravano due animali in gabbia che tentavano di liberarsi, battendosi come se sul campo ci fossero solo loro due. Ido lo sapeva bene e non esitò a dirglielo: in guerra non è così. Nihal doveva imparare a guardarsi intorno perché un domani avrebbe guidato delle truppe.

“Infine Nihal, combattere è una necessità, non un piacere”

“A me piace combattere, che c’è di male?” sbottò la ragazza.

“A me piace combattere e ho scelto questa strada di mia volontà. A te piace uccidere. È diverso. Ascoltami bene: come in queste truppe non c’è posto per chi non riesce a sopportare una perdita o perché non ha altro da fare, non c’è posto nemmeno per chi è assetato di sangue. Se credi di scendere in campo per dare sfogo all’odio, puoi scordarti di combattere ancora. Chiaro?” Nihal sentì il sangue salirle al volto.

“I fammin hanno ucciso mio padre, la mia gente e Fen. Come faccio a non odiarli?”

“Quell’ultimo pezzo dillo al tuo amichetto che sembra non volerselo ficcare in quella zucca dura” disse fumando tranquillo e senza scomporsi, mentre Nihal sembrò abbassare momentaneamente la guardia, volgendo lo sguardo su Samael che danzava svogliato, trainato dalla massa, accennando solo a sorrisi di cortesia.

“Il Tiranno ha ucciso mio padre, mi ha tolto un fratello e ha schiavizzato la mia gente. Tutti qui hanno storie simili alla nostra e a volte non serve nemmeno quello a quanto pare, basta essere costretti a fare quello che non si vuole tanto da far perdere un senso alla nostra vita, ma tutti cerchiamo di sforzarci a tenere a mente perché combattiamo. Tu perché combatti?” chiese Ido, fissandola con un’intensità che Nihal fu costretta ad abbassare lo sguardo.

“Se non lo sai è ora che ti interroghi se sia il caso di continuare a fare il guerriero”

“Io ho sempre voluto…”

“Basta. Ora vieni a ballare”

“Non so ballare…”

“E’ un ordine”

Senza nemmeno accorgersene, Nihal si ritrovò lanciata in mezzo alla piazza, trascinata dal ritmo. Cosa c’era d sbagliato nell’odiare il Tiranno? Non era forse l’odio che le dava la forza di combattere? Non era giusto odiare i fammin e vivere per sterminarli? Che cosa non andava in quella logica?
Il suo corpo continuava a ballare ma la sua mente era altrove. Danzava e danzava da sola o con un partner a cui dava il cambio. Quante volte aveva sognato di danzare con Fen! Di volteggiare tra le sue braccia con un abito lungo in una sala scintillante di luci. Fantasie. Una scena che non poteva più essere nemmeno più nei suoi sogni. Non importava che fosse uomo o donna, era solo un’arma. Eppure c’era una sola persona con cui nonostante tutto riusciva a sentirsi donna e guerriero: Samael. L’unica persona che l’aveva sempre trattata come entrambe le cose. L’unico che da principio aveva creduto in lei. Lo vide tra la folla. Danzava in modo quasi meccanico e lo sguardo perso finché non sentì gli occhi di Nihal su di sé e le loro iridi si incrociarono.  

Ido aveva detto molte cose che l’avevano colpita, ma quando il suo sguardo si posò su Samael, così vicino e allo stesso tempo così lontano, legati solo dai loro sguardi incrociati, le sovvennero alcune parole dello gnomo su di lui. Seguirono quelle che gli aveva detto il ragazzo la sera prima e pensò a come lo aveva visto poca fa. Non lo aveva riconosciuto più in quella battaglia e tantomeno nella rissa che stava per scoppiare. Però non aveva dimenticato quello che aveva detto il tenente e di quanto quelle parole per Samael fossero state una lancia in quel cuore squarciato che il giovane, da più tempo di lei, stava cercando di ricucire. Non era l’ultimo della sua gente, il suo popolo non era schiavo del Tiranno, non aveva perso la famiglia per colpa sua, ma il suo stesso padre gli aveva strappato una persona che lo rendeva felice per perseguire una strada che non era la sua. Non aveva avuto modo di piangere l’uomo che lo aveva addestrato, che per lui era diventato suo fratello maggiore e il suo compagno di volo, per proteggere lei e poi per affrontare la corte marziale. Samael si sentiva in colpa per la morte di Fen.
Li aveva visti in volo: Fen faceva i danni massivi e lui faceva da diversivo per proteggerlo. Era stato un mese chiuso in una cella e lei cosa aveva fatto? Niente. Non gli aveva fatto visita, non aveva mandato gufi. Lui le aveva insegnato quando nessun altro voleva, era tornato in un luogo che odiava per lei, le era stato vicino quando si sentiva cadere a terra in pezzi, aiutandola a raccoglierli e rialzarsi, l’aveva protetta durante il pestaggio, si era preso cura di lei, si era aperto a lei, le era stato vicino quando non era più riuscita a trattenersi e aveva pianto suo padre. E lei? Lo aveva abbandonato eppure in battaglia non aveva esitato a venirle a supporto o a difenderla quando il tenente le aveva mancato di rispetto. Si era comportata da stupida. Era talmente concentrata su sé stessa che aveva dimenticato le basi dell’essere una squadra: sostenersi e affrontare i problemi insieme. In quel momento Nihal capì appieno le parole di Ido su di lui: non aveva un obiettivo. Combatteva a vuoto e si aggrappava a qualunque cosa potesse dare un senso alla sua vita. Prima si ribellava al padre, poi aveva trovato lei e quando gli aveva voltato le spalle, si era attaccato alla promessa a Soana. Tuttavia con Nihal c’era qualcosa di diverso. Lei non era un obiettivo per dare un senso. Lo sentiva quando erano insieme. Avevano piacere di stare insieme. Anche se imbarazzante era stato bello svegliarsi insieme dopo quel momento di connessione che c’era stato. Samael l’aveva sostenuta finora, adesso toccava a lei. Non poteva permettere che lui si smarrisse nel suo dolore, doveva aiutarlo a rialzarsi.

Nihal continuò a danzare finché non gli fu davanti. La sua determinazione sembrò svanire quando furono vicini, uno davanti all’altra, ma quando Nihal alzò lo sguardo e i suoi occhi incontrarono quelli di Samael vide la maschera che nascondeva le sue vere emozioni. I suoi occhi azzurri liquidi erano spenti. Non erano i suoi occhi. Non erano gli occhi di quel ragazzo che non perdeva occasione per stuzzicarla. Non erano gli occhi accoglienti e dolci di quel ragazzo che l’accettava così com’era e la faceva sentire amata.
Le bastò guardare quegli occhi per riprendere coraggio e prendergli le mani per tirarlo nelle danze. Samael la seguì inizialmente, studiandola, poi la fece volteggiare a sé segnale che avrebbe preso lui il controllo e guidato le danze. Non dissero una parola, danzarono, danzarono e danzarono. I loro corpi si muovevano a ritmo di quella musica festosa e allegra, mentre loro si guardavano studiandosi. Solo quando Nihal gli fece un sorriso Samael sembrò abbassare la guardia. Ballarono insieme tutta la sera, smettendo di pensare, tenendosi le mani e lasciando che la musica facesse il resto per loro. Con l’ultima danza a tarda notte, Samael fece volteggiare Nihal per poi terminare il ballo con un casquè. Rimasero fermi immobili per qualche secondo mentre la folla intorno a loro esplose in un applauso di festa. Avevano il fiatone per il ballo, Nihal si rese conto di quanto il so viso fosse vicino a quello di Samael. Lui li rimise in piedi e Nihal nel farlo lo strinse a sé in un abbraccio che venne lentamente ricambiato. Era bello quel calore. In quell’abbraccio Samael sentì Nihal vicina. Sentì il loro legame incrinato brillare di una luce di speranza. Accoccolò la testa a quella della ragazza che d’istinto girò il volto per posargli un bacio sulla guancia, accarezzandogli i capelli. Rimasero stretti in quell’abbraccio per un minuto abbondante, poi si lasciarono e senza dire una parola, Nihal lo prese per mano e lo portò alla casa del mercante che li ospitava, dove incontrarono Ido. Lo gnomo puntò immediatamente le loro mani intrecciate, ma non disse nulla. Li aveva visti danzare ed era contento che Nihal avesse fatto il primo passo verso di lui per risanare quello che si era spezzato.

“Non è stata una bella serata?” disse Ido congedandosi davanti alla porta della sua stanza “Non avete sentito come è bello divertirsi? Apprezzate la vita ragazzi, e allora capirete perché combattete”

Nihal si coricò più confusa che mai, ma non lo fece da sola. Il loro ospite aveva dato a Ido una stanza in quanto anziano, a Nihal un’altra in quando giovane fanciulla e a Samael il divano, unico altro posto in cui poterlo far accomodare. Davanti alla porta della stanza Samael stava per lasciarle la mano, ma Nihal la strinse aprendo la porta della sua stanza.

“Il nostro ospite è molto gentile, ma quel divano è troppo piccolo per te” disse la ragazza guardandolo. Era una scusa, lo sapevano entrambi. Per quanto fosse vero e sensato, era una scusa per invitarlo a dormire con lei senza mettersi in imbarazzo.

“Non mi devi ospitare per forza…”

“Lo so. Ma voglio. E poi abbiamo già dormito insieme, non è un problema” Samael incontrò le sue iridi viola e non vedendo traccia di disagio in esse sembrò tranquillizzarsi.

“Vado a cambiarmi e arrivo”

Nihal si era appena cambiata quando Samael arrivò nella stanza con la coperta e il cuscino prestatogli per la notte e indossando la stessa camicia e un pantalone più morbido. Il ragazzo entrò e chiuse la porta, posando coperta e cucino momentaneamente a terra. Si portò le mani ai lembi della camicia, poi guardò verso Nihal.

“Io dormo senza camicia. Ti dà fastidio?” Se non fossero stati in quei rapporti, Nihal gli avrebbe subito fatto una battuta, ma si limitò a scuotere la testa.

“No, tranquillo, fai pure” disse sistemando il letto prima di alzare le coperte con l’intento di mettersi sotto. Tuttavia non poté fare a meno che volgere lo sguardo verso Samael che si tolse la camicia rivelando il fisico sottostante. Nihal si ritrovò a fissarlo per qualche secondo abbondante. Dire che avesse un fisico statuario era sottovalutare. Samael aveva un fisico atletico e forte come aveva immaginato, spalle larghe e fianco stretto, con una muscolatura così definita da poter vedere e riconoscere ogni singolo muscolo del suo corpo. Sembrava letteralmente una statua. Aveva qualche cicatrice qui e lì, ma una in particolare colse la sua attenzione, quella sulla spalla che doveva essere la cicatrice che si era fatto ferendosi quando conobbe il suo primo amore, ma su di essa sembrava essercene un’altra sopra di cui non riusciva a capire l’origine. Sembrava una cicatrice dovuta ad una lama ma non ne era sicura. La ragazza scosse la testa nel vederlo sistemare un giaciglio a terra. Stava per fermarlo quando Samael mise la camicia da un lato e le diede le spalle per sistemarsi il giaciglio. Sentì alle sue spalle Nihal sussultare. Sulla schiena del ragazzo c’erano due grosse cicatrici a mezze lune, una per spalla. Sembrava che qualcuno gli avesse strappato via la carne dalla schiena o che qualcosa gliel’avesse squarciata.

“Samael” lui si voltò “Cosa… cosa ti è successo?” chiese la mezzelfo avvicinandosi indicandogli la schiena.

“Ah, quelle… possiamo dire che sia colpa di mio padre” rispose lui

“Tuo padre te lo ha fatto?!” sgranò gli occhi. Fino a che punto si sarebbe spinto Raven per sottometterlo? Era davvero arrivato a torturare il suo stesso figlio?

“In un certo senso sì. Lui mi ha tagliato le ali, ho solo concretizzato la cosa”

“Aspetta, in che senso?” lui non sembrò nemmeno sentire la domanda.

“Cioè- non io, Albedo l’ha fatto, gliel’ho detto io. Soana mi ha solo rattoppato” gli scappò una mezza risata “Quel giorno penso mi abbia odiato. Credo di averle rovinato uno dei suoi abiti preferiti” Nihal non stava ridendo.

“No, Samael sono seria” disse posandogli una mano delicata sul braccio per farlo voltare e toccargli la cicatrice sulla schiena “Che cosa-” sobbalzò quando Samael si voltò di scatto prendendole il polso. I loro occhi si incontrarono. Quelli di Nihal attenti e quelli di Samael più addolorati che mai. Le teneva il polso con forza, ma senza farle male. Nihal era rimasta ferma per studiarlo, ma non si era messa sulla difensiva. Non aveva paura di lui, soprattutto non quando la guardava così.

“Non farlo… ti prego” la sua voce non era mai stata più fragile, lo sguardo supplicante.

“Cosa avevi sulla schiena?” chiese in qualche modo decisa.

“Non stasera…” la sua voce si era fatta ancora più vulnerabile e lì Nihal si accorse di quanto il filo del loro rapporto su cui camminava si fosse fatto sottile. Samael era in pezzi e lei doveva aiutarlo a raccoglierli, glielo doveva, ma doveva farlo rispettando i suoi paletti. Aveva perso la sua fiducia, doveva dargli il suo tempo, come lui aveva fatto con lei. Sentì il respiro del ragazzo farsi più pesante, quasi come se temesse di averle ancora dato quel dito di fiducia.

“D’accordo” e aprì la mano per fargli intendere che non avrebbe insistito, come se la stesse allontanando da lui. Samael lentamente le lasciò il polso e si voltò per riprendere a sistemare il giaciglio. Nihal però gli prese il cuscino da sotto al naso per posarlo sul letto accanto al suo per poi mettersi sotto le coperte. Samael la guardava in silenzio. La osservò cercando di capirne le intenzioni, aveva ancora il cuore che gli batteva forte da quando gli aveva sfiorato una delle cicatrici. La ragazza non tolse gli occhi da lui e con la mano gli fece cenno di mettersi accanto a lei. Samael esitò un momento, poi si avvicinò e andò a coricarsi con lei. Il letto era piccolo per permettere ad entrambi di avere dello spazio tra loro. Il ragazzo stava per allontanarsi scoraggiato, quando sentì la mano di Nihal prendere la sua. La ragazza non disse nulla, soffiò sulla candela che illuminava la stanza e si voltò su un fianco dandogli le spalle senza lasciare la mano. Un attimo dopo sentì Samael avvicinarsi e il suo petto toccarle la schiena, cingendole il fianco con il braccio e stringendosi a lei. Nihal sorrise nel buio, lasciandolo accoccolare.

“Sono ancora arrabbiato con te” disse sottovoce. Non era una battuta. Era serio.

“Lo so” prese un lungo respiro “Scusa” Samael rispose accoccolandosi, nascondendole il naso nei capelli corti. Seguì il silenzio riempito solo dai respiri regolari di chi era ancora sveglio.

Samael non riusciva a prendere sonno, ogni volta che era sul punto di addormentarsi i suoi sogni iniziavano a diventare incubi di Fen e si risvegliava di soprassalto pur di non proseguire quel sogno. Un paio di volte Nihal lo aveva sentito mugugnare il suo nome, per poi sobbalzare e svegliarsi ancora. Lo sentì sospirare sconfortato, il respiro mozzato dal groppone che gli si stava formando in gola.

“Lo sai che non è stata colpa tua, vero?” disse sottovoce la ragazza.

“Dovevo essere con lui. Dovevo stare più attento… se non mi fossi schiantato Fen sarebbe ancora qui” lì Nihal si voltò e nel buio trovò il suo viso. Poteva solo intravedere la figura del suo volto vicino al suo, ma quel contatto sulla guancia lo fece subito calmare.

“Samael, sei precipitato e sia tu che Albedo eravate feriti. Non potevi fare niente” lo sentì sospirare ma non rispose “Ascoltami, io non saprò mai che rapporto avessi davvero con Fen. Ma se eravate davvero fratelli, per come l’ho conosciuto io, non credo che volesse vederti così. Non avrebbe voluto vederti prenderti delle colpe che non hai” lo sentì scuotere la testa.

“Ho sottovalutato la situazione… mi sono esposto troppo e-”

“-Samael, basta” la voce di Nihal, nonostante la forza con cui disse quelle parole, era gentile “Ci sono alcune cose che non puoi controllare. Fen ha scelto di diventare cavaliere, conosceva i rischi. Quando Sennar mi ha parlato di te al fronte, sì, non era particolarmente entusiasta del tuo modo di fare, ma ha detto che sei bravo e che se c’è un barlume di speranza, quella risiede in te. Perché tu voli così, libero. Cosa ti avrebbe detto Fen se ti avesse visto volare come oggi?” percepì l’accenno di un sorriso sotto la sua mano.

“Mi avrebbe fatto una filippica sull’onore e il dovere che io non avrei ascoltato e quindi mi avrebbe fatto dare uno scappellotto dall’ala di Gaart e sfidarmi ad una gara…”

“Che avresti vinto?”

“Ovviamente. Io ho sempre volato meglio di lui”

“Allora perché non riprendi a farlo? Per Fen” Samael rimase in silenzio riflettendo sulle parole di Nihal.

“Ci posso provare…” Nihal sorrise nel buio, per poi far scivolare via la mano dal suo volto e rigirarsi di nuovo, dandogli le spalle come prima e riprendendo la mano del ragazzo nella sua, mentre lui si accoccolò nuovamente.

“So che puoi riuscirci” portò la mano del giovane alle labbra e gli diede un piccolo bacio sul dorso. Samael rispose sporgendosi e posandole un rapido bacio sulla guancia per poi rimettere la testa sul cuscino.

“Mi sei mancata”

“Anche tu mi manchi”

Silenzio.

“Grazie, Guerriera…”

Finalmente un sonno senza incubi e senza voci li accolse.
  
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